Il Giudice può valutare il compenso dell’avvocato anche in proporzione al valore della causa

La Cassazione afferma che in tema di liquidazione di compensi professionali il Giudice possa operare una determinazione della somma anche in proporzione al valore della causa.

Cosi ha deciso la Cassazione con l’ordinanza n. 20790/17, depositata il 5 settembre. Il caso. Un avvocato ricorre in cassazione lamentando l’erronea liquidazione del compenso per la prestazione fornita come avvocato. Il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. del d.m. n. 140/12, per non aver il Tribunale tenuto conto dei parametri del decreto e aver operato una diminuzione dei compensi di oltre il 50% senza fornire un’adeguata motivazione. Liquidazione compensi. La Cassazione afferma che, nel caso di specie, il Giudice abbia applicato correttamente quanto contenuto nel d.m. n. 140/12. È previsto, infatti, nel decreto che il giudice possa sempre diminuire o aumentare ulteriormente il compenso del professionista in considerazione delle circostanze concrete. Nel caso in esame, il valore della causa ammontava a euro 296 per cui, la Corte ritiene che la liquidazione di euro 125 come compenso professionale sia adeguatamente proporzionato all’esiguità del valore della causa. Per questo motivo, la Cassazione rigetta il ricorso per l’insostenibilità delle ragioni di censura prospettate e condanna il ricorrente al pagamento di una somma di 1.000,00 euro al contro ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 22 giugno – 5 settembre 2017, n. 20790 Presidente Amendola – Relatore Vincenti Fatto e diritto Ritenuto che P.S. , con ricorso affidato ad un unico motivo, ha impugnato la sentenza del Tribunale di Roma, in data 14 gennaio 2016, che rigettava il suo appello avverso la decisione del Giudice di Pace della medesima Città che, a sua volta, accogliendo l’opposizione ex art. 615 cod. proc. civ. avverso cartella esattoriale per la somma di Euro 296,23, quale sanzione per infrazione al codice della strada, aveva liquidato, in base al d.m. n. 140 del 2012, Euro 125,00 per compensi ed Euro 55,00 per spese, oltre accessori di legge che resiste con controricorso Roma Capitale, mentre non ha svolto attività difensiva in questa sede Equitalia Sud S.p.A. che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è stata comunicata alle parti costituite, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale la ricorrente ha depositato memoria che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata. Considerato che, con l’unico motivo, è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. e del d.m. n. 140 del 2012, per non aver il Tribunale tenuto conto dei parametri di cui al predetto d.m., operando una diminuzione dei compensi di oltre il 50% senza adeguata motivazione che il motivo è manifestamente infondato, giacché il Tribunale, proprio nell’ottica dell’art. 11, comma 1, del d.m. n. 140 del 2012 - per cui i parametri per la determinazione del compenso degli avvocati sono, di regola , quelli di cui alla allegata tabella A, ma il giudice può sempre diminuire o aumentare ulteriormente il compenso in considerazione delle circostanze concrete, ferma l’applicazione delle regole e dei criteri generali di cui agli articoli 1 e 4 - ha provveduto ad evidenziare le circostanze in forza delle quali ha ritenuto potersi liquidare la somma di Euro 125,00 per compensi professionali, facendo riferimento alla esiguità del valore della causa Euro 296 , alla natura meramente documentale e alla estrema semplicità e ripetitività delle questioni proposte omessa notificazione del verbale di accertamento e prescrizione dell’obbligazione sanzionatoria che, inoltre, tale statuizione si colloca armonicamente nel contesto di cui al citato d.m. n. 140 del 2012, che è stato emesso in base all’art. 9 del d.l. n. 1 del 2012 convertito, con modificazione, dalla legge n. 27 del 2012 - abrogativo delle tariffe delle professioni regolamentate nel sistema ordinistico - il quale dispone, all’art. 1, comma 7 in coerenza con detta abrogazione , che In nessun caso le soglie numeriche indicate, anche a mezzo di percentuale, sia nei minimi che nei massimi, per la liquidazione del compenso, nel presente decreto e nelle tabelle allegate, sono vincolanti per la liquidazione stessa cfr. anche Cass. n. 18167/2015 , fermo restando il limite nella specie non affatto superato di cui all’art. 2233, comma 2, c.c., che preclude di liquidare, al netto degli esborsi, somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione in tale prospettiva, cfr. Cass. n. 25804/2015 e anche Cass. n. 24492/2016 che, invero, tale ultima pronuncia è stata richiamata nella memoria della ricorrente a sostegno delle ragioni di censura, là dove, però, diversamente da quanto dedotto con la stessa memoria, Cass. n. 24492/2016 non ha deciso in una fattispecie molto simile a quella in esame , giacché - al di là della stessa materia ivi rilevante quella fallimentare - il valore della causa ammontava a ben Euro 1.708.971,81 che il ricorso va, pertanto, rigettato e il ricorrente condannato al pagamento, in favore di Roma Capitale, delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo in conformità ai parametri di cui al d.m. n. 55 del 2014 che non occorre provvedere alla regolamentazione di dette spese nei confronti della società intimata, non avendo essa svolto attività difensiva in questa sede che la palese insostenibilità delle ragioni di censura prospettate con il ricorso e ribadite con la memoria , in contrasto con l’exacta di ligentia richiesta professionalmente ai fini della proposizione dell’impugnazione di legittimità cfr. Cass. n. 20732/2016, ma anche, tra le tante, Cass. n. 19285/2016 e Cass. n. 3376/2016 , è idoneo presupposto per la condanna della ricorrente, ex art. 96, comma 3, cod. proc. civ., al pagamento, in favore della parte controricorrente, della somma, equitativamente determinata, di Euro 1.000,00. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore della parte controricorrente, in Euro 650,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge condanna, altresì, la ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, della somma di Euro 1.000,00. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.