Avvocato sospeso e debitore nei confronti del cliente… fino a che punto le SS.UU. possono “aiutarlo”?

Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. Il controllo di legittimità sull’accertamento del fatto, sulla sua rilevanza e sulla scelta della sanzione è possibile solo quando

si sia in presenza di un palese sviamento di potere . Lo ribadiscono le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione con sentenza n. 19163/17 depositata il 2 agosto. Il caso. L’avvocato veniva sospeso dall’esercizio della professione per 6 mesi dal COA di Lucca per aver omesso di versare al suo assistito, che lo aveva citato in giudizio per responsabilità professionale, la somma corrispostagli dall’assicurazione chiamata in garanzia e per aver mantenuto nei confronti dell’ufficiale giudiziario, al momento dell’esecuzione della sentenza, un comportamento ostruzionistico e non collaborativo. Il CNF riqualificava gli illeciti alla luce del nuovo codice deontologico e stabiliva che la somma corrisposta dall’assicurazione a titolo di garanzia spettava di fatto all’avvocato, confermava invece la sanzione della sospensione in ordina alla condotta tenuta nel corso dell’esecuzione della sentenza con l’ufficiale giudiziaria. L’avvocato ricorre per cassazione lamentando, fra l’altro, violazione del diritto di difesa ed eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti, per non aver il CNF considerato che il credito posto in esecuzione dal suo ex cliente era provvisorio, in quanto non accertato con sentenza definitiva, essendo pendente il ricorso per cassazione. Impugnabilità delle decisioni del CNF. Gli Ermellini, nel disattendere tale doglianza, rilevano che, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, le decisioni del CNF in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite solo per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge. L’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali , afferma la Corte, non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo si traducano in un palese sviamento di potere , ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello conferitogli. Per questo motivo, dovendosi la S.C. limitare ad esprimere un giudizio di congruità, adeguatezza della decisione ai principi vigenti, dichiara il ricorso proposto dal ricorrente inammissibile.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 7 marzo – 2 agosto 2017, n. 19163 Presidente Rordorf – Relatore Scrima Fatti di causa Il COA di Lucca applicò la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per sei mesi nei confronti dell’avv. P.P.A. , incolpato della violazione degli artt. 5, 6 e 41 del codice deontologico, per aver omesso di versare ad un suo assistito - che lo aveva citato in giudizio per responsabilità professionale e che aveva ottenuto nei suoi confronti la condanna al risarcimento dei danni -, la somma corrispostagli dall’assicurazione chiamata in garanzia e per aver mantenuto nei confronti dell’ufficiale giudiziario, in sede di esecuzione della citata sentenza, un comportamento ostruzionistico e non collaborativo. Il Consiglio Nazionale Forense, in sede di gravame, con sentenza depositata il 17 febbraio 2016, riqualificati gli illeciti alla luce del nuovo codice deontologico, escluse quello di cui al nuovo art. 30 gestione di denaro altrui , in quanto la somma corrisposta dall’assicurazione a titolo di garanzia era di spettanza dell’avv. P. , ritenne, invece, censurabile la condotta tenuta dal professionista nel corso dell’esecuzione iniziata nei suoi confronti e gli irrogò la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione forense per la durata di due mesi. Avverso tale sentenza l’avv. P.P.A. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi. Con ordinanza n. 4877 del 27 febbraio 2017 è stata rigettata l’istanza dí sospensione dell’esecuzione della sanzione. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ. e ha spedito documenti. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Ragioni della decisione 1. Il ricorso è stato notificato anche al Consiglio Nazionale Forense ma, quanto a quest’ultimo, esso va qualificato inammissibile, atteso che il CNF è il giudice che ha emesso la decisione qui impugnata e che per definizione non può essere parte del procedimento di impugnazione Cass., sez. un., 2/12/2016, n. 24647 Cass., sez. un., 22 luglio 2016, n. 15207 Cass., sez. un., 24 gennaio 2013, n. 1716 . 2. Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 9, 63 e 64 del codice deontologico ed eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità manifesta e sviamento, lamenta che il CFN non abbia escluso anche l’illecito di cui al capo b , consistente nel mancato pagamento a seguito del precetto notificatogli dal suo creditore, atteso che tale contestazione sarebbe stata formulata sul presupposto che la somma corrispostagli dall’assicurazione fosse di spettanza del suo ex cliente. 2.1. Il motivo va rigettato. 2.2. Ed invero l’illecito contestato al capo b della incolpazione si riferisce alla condotta tenuta dal professionista nel corso del processo esecutivo e, in particolare, dopo la notifica allo stesso dell’atto di precetto da parte del Pi. , analiticamente descritta nella sentenza impugnata in questa sede, sicché non può ritenersi che l’addebito di cui al capo b sia una duplicazione dell’addebito di cui al capo a , ritenuto infondato dal CNF, né potendosi, quindi, al primo addebito estendere, contrariamente all’assunto del ricorrente, le medesime considerazioni poste a base, nella sentenza impugnata, della ritenuta infondatezza dell’addebito di cui al capo richiamato per ultimo. 2.3. Quanto poi ai lamentati vizi motivazionali, le censure proposte sono inammissibili. Al riguardo deve, infatti, rilevarsi che il presente ricorso è, ratione temporis, soggetto all’applicazione dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., riformulato dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 e, in relazione a tale modificazione, queste Sezioni Unite hanno avuto modo di precisare il principio - che si applica anche al procedimento disciplinare v. Cass., sez. un., 2/12/2016, n. 24647 Cass., sez. un., 20/09/2016, n. 18395 Cass., sez. un., 25/07/2016, n. 15287 - che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione sicché è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali anomalia che si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico , nella motivazione apparente , nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile , esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione Cass., sez. un., 7/04/2014, nn. 8053, 8054 e Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257 , non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del n. 4 del medesimo art. 360 c.p.c. Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928 v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300 . 2.4. Neppure risulta configurabile nella specie uno sviamento del potere. 3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 24, secondo comma, Cost. e dei principi generali sul diritto di difesa ed eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti, per non aver il CFN considerato che il credito posto in esecuzione dal suo ex cliente era un credito provvisorio , in quanto non ancora accertato con sentenza definitiva, essendo pendente il ricorso per cassazione. 3.1. Il motivo va disatteso in base ai seguenti rilievi la sentenza posta in esecuzione dal cliente del ricorrente era provvisoriamente esecutiva, il P. aveva a disposizione il denaro per far fronte puntualmente all’obbligazione nei confronti del proprio ex cliente e di cui alla predetta sentenza, il puntuale adempimento delle proprie obbligazioni da parte dell’avvocato sicuramente non implica alcuna menomazione del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost 3.2. Inoltre, va evidenziato che, secondo la giurisprudenza consolidata di legittimità v., ex multis, Cass., sez. un., 2/12/2016, n. 24647 Cass., sez. un., 20 settembre 2016, n. 18395 Cass., sez. un., 22 luglio 2016, n. 15203 v. anche Cass., sez. un., 4/02/2009, n. 2637 , Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 56 del r.d.l. n. 1578 del 1933, soltanto per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, con la conseguenza che l’accertamento del fatto, l’apprezzamento della sua rilevanza rispetto alle imputazioni, la scelta della sanzione opportuna e, in generale, la valutazione delle risultanze processuali non possono essere oggetto del controllo di legittimità, salvo che si traducano in un palese sviamento di potere, ossia nell’uso del potere disciplinare per un fine diverso da quello per il quale è stato conferito non è, quindi, consentito alle Sezioni Unite sindacare, sul piano del merito, le valutazioni del giudice disciplinare, dovendo la Corte limitarsi ad esprimere un giudizio sulla congruità, sulla adeguatezza e sull’assenza di vizi logici della motivazione che sorregge la decisione finale . E nella specie, rimarcato che, in questa sede, non può procedersi a un diverso accertamento in fatto rispetto a quello operato dal CNF, cui sembra, invece, tendere il ricorrente in base a quanto rappresentato nell’illustrazione del motivo all’esame, e che non sono delibabili vizi revocatori, ritiene il Collegio che la sentenza impugnata resiste alle censure proposte con il mezzo all’esame. 4. Con il terzo motivo l’avv. P. deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 65 della legge n. 247 del 2012 e non 2014, come, per evidente lapsus, è indicato nella rubrica del mezzo all’esame ed eccesso di potere per illogicità e travisamento dei fatti, sostenendo che il CFN, pur avendo correttamente riqualificato i fatti descritti nell’atto di incolpazione alla stregua delle disposizioni del nuovo codice deontologico, non avrebbe tuttavia considerato che tali disposizioni si applicano anche agli illeciti commessi prima della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, né che l’inadempimento delle obbligazioni è attualmente sanzionabile solo in caso di accertata gravità della condotta, omettendo ogni specifico accertamento a tale riguardo. 4.1. Il motivo è infondato. 4.2. Ribadito quanto già evidenziato nel § 3.2., osserva il Collegio che il CNF nella sentenza impugnata ha esaminato, del tutto correttamente, e senza incorrere nei vizi denunciati in questa sede, fatti addebitati al ricorrente, rilevandone la gravità e conseguentemente ritenendo la sua condotta inscrivibile tout court nella fattispecie della violazione di molteplici doveri deontologici probità, dignità, decoro professionale , integrante, pertanto, gli illeciti disciplinari di cui all’art. 63 e 64 del codice deontologico. 5. Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato nei confronti degli intimati diversi dal CNF. 6. Non vi è luogo a provvedere per le spese del giudizio di cassazione non avendo gli intimati svolto attività difensiva in questa sede. 7. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306 . P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del CNF e rigetta il medesimo ricorso proposto nei confronti degli altri intimati ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.