Abogado e insegnante… il COA respinge la richiesta di iscrizione all’albo

La nuova disciplina dell’ordinamento forense prevede un regime di incompatibilità generale tra la professione di avvocato con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, eccetto

Lo spiega la Suprema Corte con sentenza n. 18176/17 depositata il 24 luglio. Il caso. Il COA di Perugia respingeva la domanda dell’abogado di iscrizione all’albo ordinario degli avvocati sulla base del fatto che riteneva ostativo il rapporto di impiego dell’istante come docente scolastico di materie scientifico-economiche. Il CNF confermava la decisione del COA di Perugia sostenendo l’incompatibilità, per gli avvocati stabiliti, tra la professione di avvocato e qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, salvo l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche in università o nelle scuole superiori. L’abogado decide, pertanto, di ricorrere in Cassazione. Incompatibilità. Gli Ermellini ritengono opportuno richiamare la disciplina contenuta nel r.d. n. 1578/1933 secondo la quale vi è un’incompatibilità generale tra lo svolgimento della professione di avvocato e la sussistenza di un impiego pubblico, salvo che per i professori e gli assistenti delle Università e degli altri Istituti superiori ed i professi degli Istituti secondari . Con l’art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, però, ferma restando l’incompatibilità tra professione di avvocato con qualsiasi rapporto di lavoro subordinato anche ad orario limitato , viene disciplinata l’eccezione dell’ insegnamento o ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed entri di ricerca e sperimentazione pubblici . È evidente, dunque, che per quanto l’insegnamento costituisca un’eccezione rilevante anche nel nuovo ordinamento forense, questo deve comunque essere improntato a materie esclusivamente giuridiche. Iscrizione all’albo. Inoltre, prosegue il Collegio, ai fini dell’esclusione dell’applicazione del citato art. 19, a nulla rileva il fatto che l’abogado si fosse iscritto nella sezione speciale dell’albo degli avvocati stabiliti prima che entrasse in vigore la nuova disciplina dell’ordinamento forense. È con il compimento del triennio e con l’iscrizione all’albo ordinario degli avvocati, infatti, che si acquisisce ufficialmente il titolo di avvocato. Pertanto, essendo la richiesta di iscrizione a quest’ultimo albo pervenuta dopo l’entrata in vigore della disciplina, vige, per l’abogado, il regime dell’incompatibilità. La S.C. è costretta, per tutti questi motivi, a rigettare il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 18 – 24 luglio 2017, n. 18176 Presidente Rordorf – Relatore Giusti Fatti di causa 1. - Il Consiglio dell’ordine degli avvocati di Perugia, nella seduta del 20 maggio 2016, ha respinto la domanda dell’abogado T.M. , presentata in data 4 gennaio 2016, di iscrizione all’albo ordinario degli avvocati di Perugia, ritenendo ostativo il rapporto di impiego dell’istante come docente di scuola media superiore in materie scientifico-economiche. 2. - Il Consiglio nazionale forense, con sentenza in data 31 dicembre 2016, ha rigettato il ricorso dell’interessato. Il CNF ha rilevato che il regime delle incompatibilità per gli avvocati stabiliti va esaminato alla stregua degli artt. 18 e 19 della legge professionale forense n. 247 del 2012. Queste disposizioni prevedono l’incompatibilità tra la professione di avvocato e qualsiasi rapporto di lavoro subordinato, fatto salvo l’insegnamento o la ricerca in materie giuridiche nell’università o nelle scuole medie superiori. Secondo il CNF, inoltre, l’espressione avvocati già iscritti agli albi alla data di entrata in vigore della presente legge , contenuta nel comma 3 dell’art. 65 della legge professionale forense, non è applicabile agli avvocati stabiliti, non rilevando la circostanza che l’abogado T. fosse già iscritto all’albo nella sezione speciale degli avvocati stabiliti al momento dell’entrata in vigore della nuova legge forense. 3. - Per la cassazione della sentenza del CNF il T. ha proposto ricorso, con atto notificato il 29 e il 30 marzo 2017, sulla base di due motivi. Il Consiglio dell’ordine e gli altri intimati non hanno resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo violazione ed errata interpretazione degli artt. 1, 5 e 12 del d.lgs. n. 96 del 2001 il ricorrente contesta che le incompatibilità non presenti nell’abogado T. al momento della sua iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti siano poi divenute tali per effetto, non di cambiamenti in fatto dei suoi requisiti soggettivi, bensì per la sopravvenienza di una diversa norma gli artt. 18 e 19 della legge n. 247 del 2012 regolante le incompatibilità. Ad avviso del ricorrente, il regime delle incompatibilità, essendo anche in precedenza identico tra avvocati stabiliti e avvocati ordinari, andrebbe considerato unitariamente al momento dell’iscrizione nell’albo degli avvocati stabiliti, come momento iniziale di un percorso graduale di integrazione del professionista abilitato in altro Stato dell’Unione che, permanendo le sue compatibilità originarie al termine del periodo triennale, dovrebbe potersi concludere positivamente con la piena assimilazione di status ai colleghi italiani. Avrebbe errato il CNF a considerare la domanda d’iscrizione all’albo ordinario degli avvocati dell’abogado T. come domanda nuova, anziché come un semplice momento di verifica della permanenza delle precedenti condizioni soggettive legittimanti l’iscrizione. Con il secondo motivo violazione ed errata applicazione dell’art. 65, comma 3, della legge n. 247 del 2012, in relazione agli artt. 11 e 12 delle preleggi si sostiene che la sentenza impugnata avrebbe errato nel non considerare che l’art. 65, comma 3, della legge n. 247 del 2012 avrebbe la funzione di consentire il transito allo status di avvocato ordinario degli avvocati stabiliti iscritti nella vigenza del precedente regime delle incompatibilità. Ci si troverebbe di fronte, ad avviso del ricorrente, ad una illegittima applicazione retroattiva degli artt. 18 e 19 della legge n. 247 del 2012. 2. - I motivi - da esaminare congiuntamente, in ragione della loro stretta connessione - sono infondati. 3. - Occorre premettere che nel vigore della precedente disciplina dell’ordinamento della professione di avvocato, l’art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, nel prevedere in via generale l’incompatibilità tra lo svolgimento della professione di avvocato e la sussistenza di un impiego pubblico, stabiliva anche un’eccezione quarto comma, lettera a per i professori e gli assistenti delle Università e degli altri Istituti superiori ed i professori degli Istituti secondari . L’art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, di cui alla legge n. 247 del 2012, reca una disciplina delle eccezioni alla norma sulla incompatibilità diversa da quella precedente. Infatti - ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato art. 18, comma 1, lettera d - l’art. 19, al comma 1, fa salva un’eccezione con riguardo all’ insegnamento o al la ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici . Ai fini dell’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge dà quindi rilievo anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle materie giuridiche . A differenza di quanto avveniva nel precedente ordinamento della professione forense, l’insegnamento di materie scientifico-economiche nella scuola secondaria superiore non rientra più, a seguito della nuova disciplina dettata dalla legge n. 247 del 2012, nell’ambito dell’eccezione alla regola dell’incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione. 4. - Tanto premesso, il quesito che il ricorso pone, con i suoi due articolati motivi, è se all’avvocato stabilito, già iscritto nella sezione speciale dell’albo degli avvocati con il titolo professionale di abogado alla data di entrata in vigore della nuova disciplina dell’ordinamento professionale forense, il quale presenti, al compimento del triennio di esercizio della professione con il titolo di origine, la domanda di iscrizione nell’albo degli avvocati, possa estendersi, ai fini della disciplina della incompatibilità, la disciplina transitoria dettata dall’art. 65, comma 3, della legge n. 247 del 2012, che, per gli avvocati già iscritti, esclude l’applicazione del citato art. 19, mantenendo ferma la più favorevole disciplina dettata dall’art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933. A tale quesito deve darsi risposta negativa. Infatti, come si ricava da una lettura coordinata del d.lgs. n. 96 del 2001, recante attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l’esercizio della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale, l’iscrizione nella sezione speciale dell’albo ai fini dell’esercizio permanente della professione di avvocato con il titolo professionale di origine non determina, ancora, l’acquisizione del titolo di avvocato, tant’è vero che nell’esercizio della professione l’avvocato stabilito è tenuto a fare uso del titolo professionale di origine, indicato per intero nella lingua o in una delle lingue ufficiali dello Stato membro di origine, in modo comprensibile e tale da evitare confusione con il titolo di avvocato. L’integrazione nella professione di avvocato e l’esercizio di questa con il corrispondente titolo si realizzano soltanto con l’iscrizione nell’albo degli avvocati. Tale iscrizione è subordinata alla sussistenza delle condizioni previste dall’art. 12 del citato d.lgs. l’avvocato stabilito deve avere esercitato in Italia in modo effettivo e regolare per almeno tre anni a decorrere dalla data di iscrizione nella sezione speciale il che consente di ottenere la dispensa dalla prova attitudinale di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 115 del 1992 , e devono concorrere le altre condizioni previste dalle disposizioni in materia di ordinamento forense . In altri termini, l’avvocato stabilito, già iscritto alla data di entrata in vigore della legge n. 247 del 2012 nella sezione speciale dell’albo, il quale presenti, successivamente all’entrata in vigore della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, domanda di iscrizione nell’albo degli avvocati per esercitare la professione con il titolo di avvocato, è soggetto, ai fini dell’iscrizione nell’albo, alla normativa sull’incompatibilità dettata da quest’ultima legge, senza che possa operare l’ultrattività della disciplina più favorevole dettata dall’art. 3 del precedente ordinamento forense, applicabile soltanto agli avvocati già iscritti, non anche agli avvocati stabiliti iscritti nella sezione speciale dell’albo. 5. - Il ricorso è rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato Consiglio dell’ordine svolto attività difensiva in questa sede. 6. - Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1-quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.