Società tra avvocati multidisciplinare? La Cassazione rimanda al Massimario

In tema di società tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti al relativo albo, la Cassazione, dopo aver rilevato una situazione di incertezza normativa, rimanda all’Ufficio del Massimario e del Ruolo affinché operi una ricostruzione completa del quadro normativo e dei contributi anche dottrinali sul tema.

Così ha deciso la Cassazione con l’ordinanza interlocutoria n. 15278/17 depositata il 20 giugno. Il caso. Il Consiglio Nazionale Forense rigettava il ricorso di due avvocati contro la delibera con cui il Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Perugia aveva respinto la loro domanda di iscrizione all’albo dello studio legale come società Professionale in accomandita semplice, costituito dagli stessi avvocati ed una dott.ssa in economia. Avverso tale sentenza gli avvocati ricorrevano in Cassazione. Silenzio assenso. Il primo motivo di doglianza dei ricorrenti riguarda la violazione e falsa applicazione dell’art. 45 d.lgs. n. 59/2010 concernente il silenzio assenso decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione per averne il CNF escluso l’applicazione in favore della disciplina speciale dell’art. 17, comma 7, l. n. 247/12 legge professionale . A tal riguardo la Corte ritiene impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del ricorso. Società multidisciplinare. Con riguardo al secondo motivo di ricorso i due avvocati lamentano la violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 10, l. n. 183/11, nella parte in cui la pronuncia impugnata non ha ritenuto applicabile agli avvocati tale norma per l’esercizio di attività professionali, secondo i modelli regolati dal codice civile. Tale norma, infatti, ha introdotto la facoltà di costituire società anche di capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o società di capitali. In relazione a tale doglianza la Corte rileva che in occasione dell’emanazione della legge professionale per gli avvocati l. n. 247/12 il legislatore dispose, con l’art. 5, comma 2, lett. a della stessa legge, una delega al Governo affinché introducesse la previsione che l’esercizio della disciplina forense in forma societaria fosse consentito a società, di persone o di capitali o cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritto all’albo , tale delega è scaduta senza che abbia ricevuto attuazione. In tale stato di vuoto normativo, i ricorrenti obiettano che con lo scadere del termine della delega sia venuto meno anche il divieto di cui all’art. 5, comma 2, lett. a , l. n. 247/2012, e che di conseguenza, resterebbe applicabile la normativa generale di cui al cit. art. 10, commi da 3 a 11, l. n. 183/2011 . Una differente ipotesi ricostruttiva, rilevata dalla Corte invece, fa leva sul rilievo che il comma 9 del cit. art. 10 l. n. 183/2011 espressamente fa salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della legge per l’effetto, ritiene pur sempre attuale il decreto legislativo n. 96/2001 . Tale ipotesi ricostruttiva, sottolinea la Corte, dovrà poi scindersi in ulteriori due sotto ipotesi, tra loro alternative. La prima prevedrebbe che anche dopo l’art. 10 l. n. 183/2011 l’unico tipo di società tra avvocati sarebbe quello di cui alla lex specialis contenuta nel citato d.lgs. n. 96/2001 nota con l’acronimo STA . La seconda che ammetterebbe, oltre al primo tipo di società, ai sensi dell’art. 10 l. n. 183/2011 anche società tra professionisti acronimo STP , e quindi, società anche di capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o soci di capitale . Per questi motivi, la Corte, dopo aver rilevato l’importanza e la novità del tema trattato, rinvia la causa a nuovo ruolo per acquisire una relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo affinché operi una ricostruzione completa del quadro normativo e dei contributi anche dottrinali in materia.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 23 maggio – 20 giugno 2017, n. 15278 Presidente Rordorf – Relatore Manna In fatto e in diritto 1. Con sentenza pubblicata il 24.11.16 il Consiglio Nazionale Forense ha rigettato il ricorso degli avvocati Filippo e F. C. contro la delibera 29.11.13 con cui il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Perugia aveva respinto la loro domanda di iscrizione all’albo dello Studio Legale F.F. C. Società Professionale in accomandita semplice degli avvocati F. e F.C. & amp C., società costituita fra i medesimi avvocati C. ed un terzo socio, la dott.ssa Ce.Fr. , laureata in economia, quest’ultima con una partecipazione del 20%. 2. In proposito il CNF ha ritenuto inapplicabile agli avvocati la disciplina di cui all’art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011 ed ha altresì escluso che nel caso di specie si sia formato, ex art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010, il silenzio-assenso sulla domanda di iscrizione. 3. Per la cassazione della sentenza ricorre lo Studio Legale F.F. C. Società Professionale in accomandita semplice degli avvocati F. e F.C. & amp C., affidandosi a due motivi. 4. Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Perugia non ha svolto attività difensiva. 1.1. Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 45 d.lgs. n. 59 del 2010, per averne il CNF escluso l’applicazione concernente il silenzio assenso decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda di iscrizione in base all’erroneo presupposto dell’applicabilità al caso in esame, quale disciplina speciale, dell’art. 17, comma 7, legge 31.12.2012 n. 247 legge professionale , malgrado la sua emanazione in epoca successiva alla formazione di detto silenzio assenso, atteso che la domanda di iscrizione della società era stata presentata, mediante notifica del relativo atto costitutivo, il 16.5.12. 1.2. Con il secondo motivo ci si duole di violazione, falsa ed errata applicazione dell’art. 10 legge n. 183 del 2011, nella parte in cui la pronuncia impugnata ha ritenuto inapplicabile agli avvocati tale norma per l’esercizio di attività professionali secondo i modelli regolati dai titoli V e VI del libro V del codice civile, norma che ha introdotto la facoltà di costituire società anche di capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o di soci di capitale. 2.1. Impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del primo motivo di ricorso, sul secondo osserva la Corte che il comma 4 dell’art. 10 legge n. 183 del 2011 prevede la possibilità di costituire società, anche di capitali, fra professionisti e soci non professionisti sia pure con alcune peculiari disposizioni concernenti i rapporti fra di essi, le maggioranze all’interno della società e l’esercizio dell’attività professionale con i relativi obblighi deontologici . Tale è la disposizione normativa su cui si basa la richiesta di iscrizione all’albo della società ricorrente. In occasione dell’emanazione della nuova legge professionale per gli avvocati la n. 247 del 2012 il legislatore ritenne di inserire - con l’art. 5, comma 2, lett. a - una delega al Governo contenente, fra i principi e criteri direttivi, la previsione che l’esercizio della professione forense in forma societaria fosse consentito a società, di persone o di capitali o cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritti all’albo. Tale delega è scaduta il 4.8.13, senza che il Governo abbia provveduto ad esercitarla. Si legge nella sentenza impugnata che il divieto di società tra avvocati con la partecipazione anche di soci non professionisti previsto nell’art. 5, comma 2, lett. a legge n. 247 del 2012 sarebbe sopravvissuto, quanto a mero contenuto precettivo, pur dopo lo scadere del termine per l’esercizio della delega, con l’effetto di consentire agli avvocati soltanto la costituzione di società di cui al decreto legislativo n. 96 del 2001 di attuazione della direttiva 98/5/CE , che tra prevede, tra avvocati, solo la costituzione di società di persone nella forma della S.n.c., applicabile salvo quanto specificamente previsto nel medesimo d.lgs. e senza la partecipazione di soggetti privi di tale titolo professionale. Si obietta in ricorso il venir meno del divieto di cui all’art. 5, comma 2, lett. a legge n. 247 del 2012, con lo scadere della delega di conseguenza, resterebbe applicabile la normativa generale di cui al cit. art. 10, commi da 3 a 11, legge n. 183 del 2011. Invece altra ipotesi ricostruttiva, anche prescindendo dalla sorte della legge delega di cui sopra, fa leva sul rilievo che il comma 9 del cit. art. 10 legge n. 183 del 2011 espressamente fa salvi i diversi modelli societari e associativi già vigenti alla data di entrata in vigore della legge per l’effetto, ritiene pur sempre attuale il decreto legislativo n. 96 del 2001. Si tratta di ipotesi ricostruttiva che, a sua volta, si scinde in due sottoipotesi alternative fra loro a pur dopo l’art. 10 legge n. 183 del 2011 l’unico tipo di società tra avvocati sarebbe quello di cui alla lex specialis contenuta nel citato d.lgs. n. 96 del 2001 b oltre a tale tipo di società note con l’acronimo STA disciplinato dal cit. d.lgs. n. 96 del 2001, gli avvocati potrebbero costituire anche società tra professionisti note con l’acronimo STP ai sensi dell’art. 10 legge n. 183 del 2011 e, quindi, società anche di capitali, multidisciplinari e con la presenza di professionisti iscritti in altri albi o di soci di capitale. 2.2. Ritiene la Corte che - sempre impregiudicata ogni valutazione sulla fondatezza o meno del primo motivo di ricorso - l’importanza e la novità del tema afferente al secondo motivo di doglianza consigli di rinviare a nuovo ruolo la causa per acquisire una relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo che operi una ricostruzione completa del quadro normativo di riferimento e dei contributi, anche dottrinari, concernenti la questione della legittimità o non di società tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti al relativo albo e, in particolare, della questione attinente al significato da attribuire alla clausola di salvaguardia contenuta nel comma 9 del cit. art. 10 legge n. 183 del 2011, che espressamente fa salvi i diversi modelli societari e le associazioni professionali già vigenti alla data di entrata in vigore della legge. P.Q.M. rinvia la causa a nuovo ruolo per acquisire relazione dell’Ufficio del Massimario e del Ruolo.