Reiscrizione negata all’avvocato radiato dall’albo: ammissibile il ricorso “in proprio”?

L'art. 182, comma 2, c.p.c., non è applicabile nel caso in cui il ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense sia presentato personalmente dall'avvocato non iscritto all'albo o sospeso dall'esercizio della professione, perché si tratta di ricorrente privo dello ius postulandi.

Le Sezioni Unite della Cassazione sentenza n. 10414/17, depositata il 27 aprile , in materia di disciplinare avvocati, hanno rigettato il ricorso del professionista radiato dall’albo, condannandolo per di più alle spese di lite. Il caso. Un avvocato, radiato dall’albo professionale, chiedeva, sul presupposto del decorso di un quinquennio dalla esecutività della sanzione di radiazione, la reiscrizione nell’albo. Il Consiglio dell’Ordine di competenza rigettava però tale richiesta, con delibera che veniva impugnata avanti al Consiglio Nazionale Forense. Il CNF rigettava l’impugnazione, osservando che il ricorso era stata sottoscritto in proprio” dal professionista, in quel momento invero semplice dottore”, in quanto soggetto non iscritto all’albo e quindi privo dello ius postulandi . Di conseguenza, secondo il CNF, il richiedente la reiscrizione nell’albo, avrebbe dovuto farsi assistere da un avvocato abilitato al patrocinio avanti alle giurisdizioni superiori. In definitiva, il CNF dichiarava il ricorso inammissibile. L’interessato, questa volta assistito da un avvocato abilitato al patrocinio dinanzi alla Corte di Cassazione e munito di regolare procura speciale, proponeva quindi ricorso per cassazione. Carenza di ius postulandi e applicabilità dell’art. 182 c.p.c Secondo il ricorrente, doveva farsi applicazione delle regole dettate, con valenza generale, dal codice di procedura civile, per cui il fatto che egli non fosse iscritto all'albo non avrebbe potuto portare alla declaratoria immediata di inammissibilità del ricorso, perché la carenza di ius postulandi doveva essere oggetto di sanatoria” ai sensi dell’art. 182 c.p.c Facoltà e non obbligo di conferire mandato ad un avvocato iscritto all’albo speciale e possibilità di ricorso in proprio. Sotto altro profilo, secondo il ricorrente, l’inammissibilità non poteva essere dichiarata anche perché la legge prevedrebbe per il ricorrente al CNF la facoltà ma non l'obbligo di conferire mandato ad un avvocato iscritto nell'albo speciale, potendosi altrimenti difendersi da solo. Infine, si sarebbe dovuto fare applicazione del principio – vigente in ambito penale – per cui all’imputato è consentito di proporre personalmente le impugnazioni. Le Sezioni Unite rigettano il ricorso sotto tutti i punti di vista fatti valere. La normativa relativa al giudizio avanti al CNF, prevista dal r.d.l. n. 1578/1933, è una normativa speciale, per cui il patrocinio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense è consentito soltanto all'avvocato iscritto nell'albo speciale e munito di mandato speciale. L’avvocato sospeso o radiato dall’albo è privo dello ius postulandi. Con la conseguenza, secondo gli Ermellini, che nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, adito contro un provvedimento disciplinare adottato dal Consiglio dell'Ordine, non è consentita la difesa personale svolta dall'avvocato che sia stato sospeso a tempo indeterminato dall'esercizio della professione, difettando in tal caso il requisito indispensabile dello ius postulandi , la cui mancanza è rilevabile, dichiarando perciò inammissibile il ricorso personalmente proposto dall'avvocato sospeso. Analogamente è a dirsi quando trattasi di ricorrente, già avvocato iscritto all'albo, che sia stato radiato ed abbia perso perciò lo ius postulandi , come accaduto nel caso di specie. Anche il motivo teso a far valere la mancata applicazione dell’art. 182 c.p.c. viene rigettato dalle Sezioni Unite. Infatti, secondo gli Ermellini in disparte la discussione circa la possibilità di fare applicazione di tale regola in caso di richiesta procura speciale, quale è quella prescritta per i giudizi dinanzi al CNF , nel caso specifico si è in presenza di una situazione di difetto di ius postulandi . Questo non potrebbe mai essere sanato mediante rilascio di procura alle liti in favore dello stesso soggetto che si è costituito in giudizio, sia pure irregolarmente, come è per la fattispecie disciplinata dal secondo comma dell'art. 182 c.p.c Si dovrebbe, infatti, consentire la costituzione in giudizio di altro soggetto, diverso dal ricorrente, ma iscritto nell'albo speciale dell'art. 33 del r.d.l. n. 1578/1933, previo rilascio di mandato speciale evidentemente, la fattispecie è diversa da quella disciplinata dalla norma, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti in giudizio. Il principio espresso in tema di applicabilità dell’art. 182 c.p.c In conclusione, secondo le Sezioni Unite, va affermato che l'art. 182, comma 2, c.p.c., non è applicabile nel caso in cui il ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense sia presentato personalmente dall'avvocato non iscritto all'albo o sospeso dall'esercizio della professione, perché si tratta di ricorrente privo dello ius postulandi .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 4 – 27 aprile 2017, numero 10414 Presidente Canzio – Relatore Barreca Fatti di causa 1. Con la sentenza impugnata, pubblicata il 12 luglio 2016, il Consiglio Nazionale Forense ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal dottor C.C. avverso la delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di che aveva rigettato la sua istanza di reiscrizione all’albo, avanzata nel presupposto del decorso del quinquennio dall’esecutività della sanzione della radiazione. Il C.N.F. ha constatato che il ricorso era stato sottoscritto dal ricorrente in proprio. Ha quindi osservato che il dottor C.C. non era iscritto all’albo degli Avvocati tenuto dall’Ordine di , né ad altro albo. Ha concluso rilevando che, essendo il ricorrente privo di ius postulandi e non avendo egli ritenuto di farsi assistere da un avvocato abilitato al patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori, come prescritto dall’art. 60, comma 4, R.D. numero 37 del 1934, richiamato dall’art. 36, comma 1, della legge numero 247 del 2012, il ricorso era inammissibile. 2. C.C. , assistito da avvocato abilitato al patrocinio dinanzi a questa Corte di Cassazione, munito di regolare procura speciale, ha proposto ricorso con un solo motivo. L’Ordine degli Avvocati di si è difeso con controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con l’unico motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 182 cod. proc. civ., in relazione all’art. 37 della legge numero 247 del 2012 nonché all’art. 60, comma 4, del R.D. numero 37 del 1934. Sostiene che nel procedimento disciplinare a carico degli avvocati trovano applicazione le norme di procedura dettate dalla legge professionale, ma, in mancanza, ed in via integrativa, quelle del codice di procedura civile che il fatto che il ricorrente non fosse iscritto all’albo non avrebbe potuto portare alla declaratoria immediata di inammissibilità del ricorso che la carenza dello ius postulandi avrebbe dovuto essere sanata in forza della nuova formulazione dell’art. 182 cod. proc. civ., comma 2, innovato dalla legge 18 giugno 2009, numero 69, come interpretato da Cass. S.U. numero 28337/11. Aggiunge che, comunque, l’inammissibilità non avrebbe potuto essere dichiarata in riferimento all’art. 60, comma quarto, del R.D. numero 37 del 1934, perché la norma dovrebbe essere interpretata nel senso che il ricorrente al CNF ha facoltà e non l’obbligo di conferire mandato ad un avvocato iscritto nell’albo speciale, altrimenti può difendersi da solo. Precisa che questa conclusione sarebbe valida anche nel caso in cui si tratti di ricorrente non iscritto ad alcun albo, dovendosi applicare la disciplina del giudizio penale, che consente all’imputato di proporre personalmente le impugnazioni. 2. Il motivo è infondato sotto entrambi i profili. Quanto al secondo, è sufficiente richiamare l’interpretazione univoca, oltre che letterale, dell’art. 60, comma quarto, del R.D.L. 27 novembre 1933 numero 1578 - che, come nota lo stesso ricorrente, è norma speciale - per la quale il patrocinio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense è consentito soltanto all’avvocato iscritto nell’albo speciale di cui all’art. 33 dello stesso R.D.L., munito di mandato speciale. Con la conseguenza che nel giudizio dinanzi al Consiglio Nazionale Forense adito contro un provvedimento disciplinare adottato dal Consiglio dell’Ordine non è consentita la difesa personale svolta dall’avvocato che sia stato sospeso a tempo indeterminato dall’esercizio della professione, difettando in tal caso il requisito indispensabile dello ius postulandi, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio cfr. Cass. S.U., 8 agosto 2001, numero 10956, Cass. S.U., 7 maggio 2002, numero 6490 , dichiarando perciò inammissibile il ricorso personalmente proposto dall’avvocato sospeso cfr. Cass. S.U., 7 novembre 2011, numero 23022 Cass. S.U., 8 maggio 2008, numero 11253 Cass. S.U., 16 novembre 2009, numero 24180 Cass. S.U., 10 settembre 2013, numero 20697 . Analogamente è a dirsi quando trattasi di ricorrente, già avvocato iscritto all’albo, che sia stato radiato ed abbia perso perciò lo ius postulandi, come accaduto nel caso di specie. 3. Parimenti infondato è il riferimento al secondo comma dell’art. 182, cod. proc. civ., come modificato dall’art. 46 della legge 18 giugno 2009, numero 69. Infatti, a prescindere dalla questione posta dal controricorrente secondo cui la norma non potrebbe operare in caso di procura speciale come affermato da Cass. 11 giugno 2012, numero 9464 e Cass. S.U., 13 giugno 2014, numero 13431 per la procura speciale necessaria per il giudizio di cassazione ai sensi dell’art. 365 cod. proc. civ. quale è quella richiesta per i giudizi dinanzi a CNF dall’art. 60, comma 4, R.D. numero 37 del 1934- il caso di specie esula comunque dall’ambito di applicazione dell’art. 182, comma secondo, cod. proc. civ Come detto, si è in presenza di una situazione di difetto di ius postulandi. Questo non potrebbe mai essere sanato mediante rilascio di procura alle liti in favore dello stesso soggetto che si è costituito in giudizio, sia pure irregolarmente, come è per la fattispecie disciplinata dal secondo comma dell’art. 182 cod. proc. civ. Si dovrebbe infatti consentire la costituzione in giudizio di altro soggetto, diverso dal ricorrente, ma iscritto nell’albo speciale dell’art. 33 del R.D. L. numero 1578 del 1933, previo rilascio di mandato speciale evidentemente, la fattispecie è diversa da quella disciplinata dalla norma, che presuppone la regolarizzazione in favore del soggetto o del suo procuratore già costituiti in giudizio. Palese perciò è anche la diversità tra la situazione in oggetto e quella posta all’attenzione di questa Corte nel precedente richiamato in ricorso di cui a Cass. S.U., 22 dicembre 2011, numero 28337 col quale le S.U. hanno cassato la decisione del Consiglio Nazionale Forense che aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso avverso un provvedimento disciplinare emesso da un Consiglio territoriale sul rilievo che il difensore era sfornito della procura speciale . In conclusione, va affermato che l’art. 182, comma secondo, cod. proc. civ., nel testo modificato dall’art. 46 della legge 18 giugno 2009, numero 69, non è applicabile nel caso in cui il ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense sia presentato personalmente dall’avvocato non iscritto all’albo o sospeso dall’esercizio della professione, perché si tratta di ricorrente privo dello ius postulandi. 4. Giova aggiungere che sono inammissibili i rilievi svolti dal ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., con la quale, richiamando il precedente di cui a Cass. S.U. 1 febbraio 2017, numero 2614, si richiede che questa Corte voglia disporre che il COA dimostri la legittimità delle elezioni tenutesi nel febbraio 2015, in conformità con le disposizioni della legge numero 247 del 2012, art. 28, commi 2 e 3 . Si tratta infatti di una questione nuova sia perché non posta col ricorso quindi non proponibile con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. sia perché non risulta che sia mai stata avanzata nel corso del procedimento disciplinare concluso col provvedimento impugnato. Il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. numero 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.