L’avvocato non può impugnare in proprio il provvedimento di sospensione dall’albo per mancato versamento dei contributi

In tema di sanzioni disciplinari a carico di avvocati, il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato dall’esercizio della professione priva, fin dal momento della sua adozione, l’avvocato che ne venga colpito, del diritto di esercitare la professione, senza che possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo previsto dall’art. 50, comma 6, r.d.l. n. 1578/1933 per l’impugnazione dinanzi al CNF dei provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari. Da ciò consegue l’illegittimità di un eventuale reclamo proposto in proprio, dinanzi al CNF, dall’avvocato sospeso, avverso il provvedimento disciplinare adottato dal locale Consiglio dell’Ordine.

E’ quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella pronuncia n. 7666/17 depositata il 24 marzo 2017. Il caso. Il Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Roma sospendeva a tempo indeterminato un avvocato dall’esercizio della professione per il mancato pagamento dei contributi dovuti all’Ordine per quattro anni consecutivi. L’avvocato proponeva ricorso al CNF con atto sottoscritto personalmente. Il CNF lo dichiarava inammissibile per mancanza dello ius postulandi in quanto il ricorrente aveva sottoscritto il ricorso in un momento in cui la sospensione dall’esercizio della professione era operante. Il ricorrente propone quindi ricorso in Cassazione. Giurisdizione in materia di contributo di iscrizione all’albo. Innanzitutto, il ricorrente rileva che il contributo per il mancato pagamento del quale egli era stato sospeso costituisce un tributo e, quindi, dovrebbe spettare alla giurisdizione del giudice tributario. Al riguardo, le Sezioni Unite affermano che la natura tributaria del contributo annuale per l’iscrizione al COA non comporta che la questione concernente l’incidenza del mancato pagamento dello stesso sul diritto del professionista al mantenimento della efficacia della iscrizione si risolva in una controversia devoluta alla giurisdizione tributaria. Invero, ciò che viene in discussione è l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’iscrizione all’albo e per poter esercitare la professione, non anche la legittimità della pretesa del pagamento del contributo previsto dalla legge quale onere gravante sul professionista per effetto della iscrizione all’albo. Si resta, dunque, nell’ambito di questioni che rientrano nella competenza dei Consigli dell’Ordine e, in sede di impugnazione, del CNF, non essendo in alcun modo predicabile la giurisdizione del giudice tributario. Il ricorso non sospende l’efficacia del provvedimento di sospensione. Sotto altro profilo, il ricorrente sostiene che l’art. 50 del r.d. n. 1578/1933, nel prevedere l’effetto sospensivo del ricorso proposto in materia disciplinare, dovrebbe essere interpretato nel senso che alla proposizione della impugnazione avverso il provvedimento di sospensione consegue l’immediato ripristino dell’abilitazione del professionista allo svolgimento della professione. In caso contrario, la disposizione risulterebbe contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost., atteso che, per un fatto meno grave di una sanzione disciplinare e disciplinarmente non rilevante, finirebbe col privare il soggetto colpito del diritto di difesa. Nel respingere il motivo di ricorso, le Sezioni Unite richiamano un loro precedente nel quale hanno escluso per l’avvocato la possibilità di impugnare in proprio il provvedimento disciplinare di sospensione a tempo indeterminato all’esercizio della professione. Ciò in quanto si tratta di un provvedimento dotato di efficacia immediata che priva l’avvocato, fin dal momento della sua adozione, del diritto di esercitare la professione, senza che, con riferimento ad esso, possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo – correlato all’impugnazione dinanzi al CNF – previsto, per i provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari, dall’art. 50, comma 6, r.d.l. n. 1578/1933. La nuova disciplina dell’ordinamento forense. Del resto, l’art. 29 l. n. 247/2012, applicabile nel caso di specie ratione temporis , dispone, al comma 6, che coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi dal Consiglio dell’Ordine con provvedimento non avente natura disciplinare e la sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento. Ebbene, gli Ermellini non dubitano della legittimità costituzionale della previsione, atteso che proprio la precisazione che la sospensione in parola non abbia natura disciplinare consente di ritenere differente la posizione dell’avvocato sospeso per mancato pagamento dei contributi dovuti rispetto a quella dell’avvocato nei confronti del quale sia stata applicata la sanzione disciplinare della sospensione la prima, volta a garantire l’esecuzione dell’obbligo di contribuzione gravante in carico agli iscritti la seconda volta a sanzionare un illecito, e quindi attratta nell’ambito di applicazione della sospensione della esecutività della misura disposta dal COA. Senza contare, poi, che la sospensione dell’iscritto dall’Albo per effetto del mancato versamento dei contributi dovuti certamente non comporta una lesione del diritto di difesa dell’interessato, il quale ben può farsi assistere nel ricorso al CNF da altro difensore, non costituendo la difesa personale l’unica soluzione percorribile.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 15 novembre 2016 – 24 marzo 2017, numero 7666 Presidente Rordorf – Relatore Petitti Fatti di causa 1. - Con provvedimento in data 13 febbraio 2014, il COA di sospendeva a tempo indeterminato dall’esercizio della professione l’Avvocato I.G.P.M. , per il mancato pagamento dei contributi annuali dovuti per gli anni dal 2008 al 2012. Avverso questo provvedimento, l’Avvocato I. proponeva ricorso al CNF con atto sottoscritto personalmente. 2. - Il CNF, con sentenza depositata l’11 giugno 2016, dopo avere disatteso la richiesta di rinvio formulata dal ricorrente per ragioni di salute, ritenute non integranti impedimento assoluto, dichiarava inammissibile il ricorso, in quanto sottoscritto personalmente dal ricorrente in un momento in cui la sospensione dall’esercizio della professione era operante. Risultava pertanto insussistente lo ius postulandi , con conseguente inammissibilità del ricorso. 3. - Avverso questa sentenza l’Avvocato I. ha proposto ricorso sulla base di tre motivi, formulando altresì istanza di sospensione della efficacia del provvedimento impugnato. Il COA di ha resistito con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo, rubricato violazione, falsa ed erronea applicazione ex articolo 360 numero ri 3 e 5 c.p.c. dell’articolo 50, comma 6, del r.d. numero 1578/33 - Interpretazione costituzionalmente orientata Illegittimità costituzionale eventuale - Abuso di potere , il ricorrente sostiene che l’articolo 50 del r.d. numero 1578 del 1933 dovrebbe essere interpretato nel senso che la proposizione della impugnazione avverso il provvedimento di sospensione ne sospende l’efficacia, con immediato ripristino dell’abilitazione del professionista allo svolgimento della professione il che, nella specie, avrebbe dovuto indurre il CNF, conformemente, del resto, ad un parere dal medesimo espresso il 10 dicembre 2014, a prendere in esame, nel merito, il ricorso proposto. Il ricorrente rileva poi che la citata disposizione, ove non potesse essere interpretata nel senso suindicato, risulterebbe contrastante con gli artt. 3 e 24 Cost., atteso che, per un fatto meno grave di una sanzione disciplinare e disciplinarmente non rilevante, finirebbe col privare il soggetto colpito del diritto di difesa. 2. - Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 360 co. 1 numero 1 c.p.c. - Eccesso di potere per difetto di giurisdizione - Violazione dell’articolo 102 Costituzione , sostenendo che il contributo per il mancato pagamento del quale egli è stato sospeso dall’esercizio della professione, costituisce un tributo e, quindi, le controversie ad esso relative dovrebbero spettare alla giurisdizione del giudice tributario. D’altra parte, il CNF costituisce un giudice speciale ai sensi dell’articolo 102, sicché l’attribuzione ad esso della giurisdizione in materia di debenza del contributo violerebbe l’articolo 102 Cost 3. - Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 23 Cost., eccesso di potere, abuso di diritto. Premessa la natura tributaria del contributo dovuto dagli iscritti per il funzionamento dei Consigli dell’ordine e del CNF, nonché la necessaria destinazione degli stessi al funzionamento degli enti, il ricorrente sostiene che la pretesa di versamento del contributo in tanto sarebbe legittima in quanto ne fossero determinati o quanto meno determinabili i criteri per la quantificazione dell’importo dovuto il che, con particolare riferimento al contributo dovuto al COA di XXXX non potrebbe in alcun modo essere sostenuto, atteso che i contributi degli iscritti vengono utilizzati dal COA per le attività più varie. 4. - Il secondo motivo di ricorso, all’esame del quale occorre procedere in via prioritaria, è infondato. Il fatto che il contributo annuale per l’iscrizione al COA di appartenenza abbia natura tributaria non comporta, invero, che la questione concernente l’incidenza del mancato pagamento dello stesso sul diritto del professionista al mantenimento della efficacia della iscrizione si risolva in una controversia che debba essere devoluta alla giurisdizione del giudice tributario. Ciò che viene in discussione, invero, è l’accertamento della sussistenza delle condizioni per l’iscrizione all’albo e per poter esercitare la professione, non anche la legittimità della pretesa del pagamento del contributo previsto dalla legge quale onere gravante sul professionista per effetto della iscrizione all’albo. Si rimane, dunque, nell’ambito di questioni che rientrano appieno nella competenza dei consigli dell’ordine e, in sede di impugnazione, del Consiglio nazionale forense, non essendo in alcun modo predicabile la giurisdizione del giudice tributario. Del resto, lo stesso ricorrente, a fronte della richiesta del COA di pagamento dei contributi per gli anni dal 2008 al 2012, non ha introdotto una controversia tributaria per sentire accertare l’insussistenza della pretesa del COA, ma ha adito, in via di impugnazione, il Consiglio nazionale forense, secondo le norme dell’ordinamento professionale forense con la conseguenza che deve escludersi la possibilità di far valere, in questa sede il difetto di giurisdizione del giudice, ancorché speciale, dal medesimo professionista adito. 5. - Il primo motivo di ricorso è infondato. Con sentenza numero 9491 del 2004, queste Sezioni Unite hanno affermato il principio per cui in tema di sanzioni disciplinari a carico di avvocati, il provvedimento di sospensione a tempo indeterminato all’esercizio della professione, adottato ex legibus nnumero 536 del 1949 e 576 del 1980 e dotato di efficacia immediata, priva, fin dal momento della sua adozione, l’avvocato che ne venga colpito, del diritto di esercitare la professione, senza che, con riferimento ad esso, possa ritenersi realizzabile l’effetto sospensivo - correlato all’impugnazione dinanzi al Consiglio nazionale forense - previsto, per i provvedimenti applicativi di altre e diverse sanzioni disciplinari, dall’articolo 50, comma sesto, del r.d.l. numero 1578 del 1933. Da ciò consegue l’illegittimità di un’eventuale reclamo proposto in proprio, dinanzi al Consiglio nazionale forense, dall’avvocato sospeso, avverso il provvedimento disciplinare adottato dal locale Consiglio dell’ordine . Il CNF a tale principio si è attenuto, dichiarando inammissibile il ricorso proposto dall’Avvocato I. in proprio. 5.1. - La soluzione non muta alla luce della nuova disciplina dell’ordinamento forense. L’articolo 29 della legge numero 247 del 2012, infatti, dispone al comma 6 che coloro che non versano nei termini stabiliti il contributo annuale sono sospesi, previa contestazione dell’addebito e loro personale convocazione, dal consiglio dell’ordine, con provvedimento non avente natura disciplinare. La sospensione è revocata allorquando si sia provveduto al pagamento . Tale disposizione, applicabile nel caso di specie ratione temporis , prevede che la sospensione sia esecutiva sino alla revoca della stessa per effetto del pagamento dei contributi dovuti. Né potrebbe dubitarsi che la previsione sia costituzionalmente illegittima, atteso che proprio la precisazione, come per il passato, che la sospensione disposta ai sensi delle citate leggi non ha natura disciplinare, consente di ritenere differente la posizione dell’avvocato sospeso per mancato pagamento dei contributi dovuti rispetto a quella dell’avvocato nei confronti del quale sia stata applicata la sanzione disciplinare della sospensione la prima, volta a garantire l’esecuzione dell’obbligo di contribuzione gravante in carico agli iscritti la seconda volta a sanzionare un illecito, e quindi attratta, in una logica di maggiori garanzie, nell’ambito di applicazione della sospensione della esecutività della misura disposta dal COA. D’altra parte, la sospensione dell’iscritto dall’Albo, per effetto del mancato versamento dei contributi dovuti, certamente non comporta una lesione del diritto di difesa dell’interessato, il quale ben può farsi assistere nel ricorso al CNF da altro difensore, non costituendo la difesa personale l’unica soluzione percorribile, ed essendo indubbio che l’iscritto sospeso mantiene inalterata la possibilità di comparire dinnanzi al Consiglio ed, evidentemente, di interloquire personalmente attraverso dichiarazioni spontanee. 6. - Il terzo motivo di ricorso è inammissibile. Una volta accertata la infondatezza del primo motivo di ricorso, infatti, ogni ulteriore questione che in ipotesi sia stata prospettata al CNF quale ragione di impugnazione del provvedimento del COA - e, nella specie, dalla sentenza impugnata non emerge che la questione della violazione dell’articolo 23 Cost. sia stata dedotta dal ricorrente non può essere ulteriormente prospettata in sede di impugnazione, restando assorbita dalla statuizione in rito di insussistenza dello ius postulandi . 7. - In conclusione, il ricorso va respinto. In considerazione della particolarità della controversia nonché della situazione che ha dato luogo alla sospensione del ricorrente dalla iscrizione all’albo e alla conseguente inammissibilità del ricorso dallo stesso proposto al CNF, il Collegio reputa sussistenti le condizioni per poter disporre la compensazione delle spese del giudizio di cassazione. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell’articolo 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, numero 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater all’articolo 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115 - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta il ricorso compensa le spese del giudizio di cassazione. Ai sensi dell’articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall’articolo 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13.