Avvocato evasore: nessuna cancellazione dall’albo

Il nuovo Codice Deontologico Forense non prevede più sanzioni per il legale che evade le imposte e fa salvi i procedimenti in corso alla data in vigore del suddetto Codice perché a questi si applicano le disposizioni più favorevoli all’incolpato.

Così la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18394/16, depositata il20 settembre. Il caso. Un avvocato, a seguito del procedimento disciplinare scaturito dalla segnalazione dell’avvenuta richiesta di rinvio a giudizio per i reati di evasione d’imposte ed effettuazione prestiti, e dopo che il procedimento penale era stato definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta estinzione dei reati pe prescrizione, veniva ritenuto responsabile dal COA di Bari della violazione dell’art. 15 del Cod. Deon., per i fatti oggetto del rinvio a giudizio. Nei suoi confronti veniva dunque applicata la sanzione della cancellazione. Il ricorso proposto dal legale al CNF veniva rigettato. Per la cassazione della sentenza del CNF ha proposto ricorso in Cassazione l’avvocato. Doglianze dell’avvocato. Con il primo motivo il ricorrente si duole del fatto che il CNF non abbia dichiarato la prescrizione dell’illecito, pur se l’articolo 65, comma 5, della l. n. 247/2012 prevede l’applicazione delle norme contenute nel nuovo Codice anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevole all’incolpato. Con il secondo, il ricorrente deduce che il CNF, da un lato, non avrebbe tenuto conto della mancanza di un giudizio in sede penale dall’altro, non avrebbe ammesso erroneamente la prova richiesta ancora, non avrebbe adeguato la sanzione alla reale entità dei fatti, anche alla luce del lasso di tempo trascorso dai fatti stessi. Censure prive di rilievo. Per il Collegio il primo motivo di ricorso è infondato. Per l’istituto della prescrizione, infatti, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicché è inapplicabile lo jus superveniens. Quanto alla sussistenza dei fatti addebitati, secondo la Suprema Corte, la sentenza impugnata ha rilevato che la valutazione del Coa era scaturita dall’esame di copiosa documentazione acquisita nell’ambito delle indagini preliminari, non disconosciuta dallo stesso ricorrente, il quale aveva ammesso di aver percepito redditi di gran lunga superiori a quelli indicati motivo per cui appaiono prive di rilievo le censure svolte dal ricorrente in ordine ad una asserita mancata ammissione di prove, avendo la sentenza impugnata dato atto che il Coa aveva concesso al ricorrente un termine per il deposito di una relazione tecnica, senza che a tale richiesta il ricorrente avesse poi dato seguito . Nessuna sanzione della cancellazione. A detta della Suprema Corte la sanzione applicata dal CNF non ha tenuto conto delle modifiche introdotte dal nuovo Codice che, secondo il disposto dell’art. 65, comma 5 della l. n. 247/2012, si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso, se più favorevoli all’incolpato. Il secondo motivo è infatti fondato quanto alla sanzione irrogata. Il nuovo Codice non prevede la sanzione della cancellazione e la sentenza impugnata deve quindi essere cassata con riferimento alla sanzione applicata, con rinvio al CNF affinché, in diversa composizione, provveda nuovamente in ordine al trattamento sanzionatorio applicabile per gli illeciti accertati.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 24 maggio – 20 settembre 2016, n. 18394 Presidente Canzio – Relatore Petitti Svolgimento del processo L’Avvocato D.M. , a seguito di procedimento disciplinare scaturito dalla segnalazione dell’avvenuta richiesta di rinvio a giudizio per i reati di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 74 del 2000 evasione imposte e degli artt. 106 e 132 d.lgs. n. 385 del 1993 effettuazione prestiti , e dopo che il procedimento penale era stato definito con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta estinzione dei reati per prescrizione, veniva ritenuto responsabile dal COA di Bari della violazione dell’art. 15 cod. deon., per i fatti oggetto del rinvio a giudizio. Nei suoi confronti il COA di XXXX applicava la sanzione della cancellazione. Il ricorso proposto dal D. al CNF veniva rigettato con sentenza n. 21 del 2015. Il CNF, disattesa la richiesta di prescrizione dell’illecito avanzata dal P.G. in sede di udienza per effetto dell’art. 65, comma 5, della legge n. 247 del 2012, sul rilievo che le modifiche dell’ordinamento disciplinare non avrebbero interessato l’intero impianto del detto ordinamento, riteneva che correttamente il COA avesse utilizzato per la propria decisione il materiale acquisito nell’ambito del procedimento penale, sottoponendolo ad autonoma valutazione quanto all’attitudine probatoria sul piano disciplinare. Sulla base della documentazione acquisita, il CNF riteneva quindi provata la sussistenza dell’illecito contestato. Quanto alla sanzione, il CNF riteneva che l’entità dell’evasione accertata rilevante anche nella minore misura riconosciuta dal professionista e il non contestato svolgimento dell’attività di prestito di denaro, giustificassero senz’altro la sanzione applicata. Per la cassazione della sentenza del CNF il D. ha proposto ricorso affidato a due motivi. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva. Avendo il ricorrente proposto contestuale istanza di sospensione della esecuzione della sentenza del COA, questa Corte, con ordinanza n. 21829 del 2015, adottata all’esito della discussione all’adunanza camerale del 20 ottobre 2015, ha disposto la sospensione della sanzione disciplinare di cui alla impugnata sentenza del CNF. La trattazione del ricorso nel merito è quindi stata fissata per l’udienza del 24 maggio 2016. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo il ricorrente si duole del fatto che il CNF non abbia dichiarato la prescrizione dell’illecito, pur se l’art. 65, comma 5, della legge n. 247 del 2012 prevede l’applicazione delle norme contenute nel nuovo codice deontologico anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli all’incolpato. Con il secondo motivo, rubricato violazione di legge, inosservanza e/o erronea applicazione della legge n. 247 del 21 dicembre 2012, art. 53, comma 4, artt. 2, 5 e 21 nuovo codice deontologico , il ricorrente, nel contestare la sanzione applicata, deduce che il CNF, da un lato, non avrebbe tenuto conto della mancanza di un giudizio in sede penale dall’altro, erroneamente non ha ammesso la prova richiesta dall’altro ancora non avrebbe adeguato la sanzione alla reale entità dei fatti, anche alla luce del lasso di tempo trascorso dai fatti stessi. Il ricorrente sostiene altresì che la decisione impugnata non avrebbe chiaramente individuato il precetto normativo violato, avendo fatto generico riferimento alla violazione dei doveri di cui all’art. 5 del codice disciplinare. 2. - Il primo motivo di ricorso è infondato. Questa Corte ha avuto modo di affermare che in materia di sanzioni disciplinari a carico degli avvocati, l’art. 65, comma 5, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, nel prevedere, con riferimento alla nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense, che le norme contenute nel nuovo codice deontologico si applicano anche ai procedimenti disciplinari in corso al momento della sua entrata in vigore, se più favorevoli per l’incolpato, riguarda esclusivamente la successione nel tempo delle norme del previgente e del nuovo codice deontologico. Ne consegue che per l’istituto della prescrizione, la cui fonte è legale e non deontologica, resta operante il criterio generale dell’irretroattività delle norme in tema di sanzioni amministrative, sicché è inapplicabile lo jus superveniens introdotto con l’art. 56, comma 3, della legge n. 247 cit. Cass., S.U., n. 11025 del 2014 S.U., n. 1822 del 2015 . Si è quindi ulteriormente precisato che in tema di azione disciplinare nei confronti degli avvocati, il nuovo e più mite regime della prescrizione di cui alla l. n. 247 del 2012 non si applica ai procedimenti in corso, giacché il principio di retroattività della lex mitior non riguarda il termine di prescrizione, ma solo la fattispecie incriminatrice e la pena cfr. Corte cost. n. 236 del 2011 Cass., S.U., n. 14905 del 2015 Cass., S.U., n. 23364 del 2015 Cass., S.U., n. 23836 del 2015 . Alla stregua di tali decisioni, che il Collegio condivide e alle quali intende dare continuità, il primo motivo di ricorso deve essere rigettato. 3. - Il secondo motivo è fondato quanto alla sanzione irrogata. 3.1. - Sono inammissibili le censure concernenti la valutazione della sussistenza dei fatti addebitati. La sentenza impugnata ha, infatti, rilevato che la valutazione del COA era scaturita dall’esame di copiosa documentazione acquisita nell’ambito delle indagini preliminari e che detta documentazione, sostanzialmente non disconosciuta dallo stesso ricorrente, se non per profili strettamente quantitativi, era all’evidenza dimostrativa dei due illeciti contestati mancato pagamento di imposte ed effettuazione di prestiti. Va sottolineato che il CNF ha dato atto che lo stesso ricorrente aveva ammesso di avere percepito per gli anni 1998, 1999 e 2000, redditi di gran lunga superiori a quelli dichiarati, e ha poi ricordato le risultanze delle informazioni assunte presso le Compagnie di assicurazione con le quali il ricorrente aveva avuto rapporti professionali, riscuotendo i risarcimenti dovuti ai suoi clienti, mentre le deduzioni del ricorrente in ordine alla contestazione relativa alla effettuazione di prestiti erano state del tutto generiche. D altra parte, appaiono prive di rilievo le censure svolte dal ricorrente in ordine ad una asserita mancata ammissione di prove, avendo la sentenza impugnata dato atto che il COA aveva concesso al ricorrente un termine per il deposito di una relazione tecnica, senza che a tale richiesta il medesimo ricorrente avesse poi dato seguito. Ed ancora, inidonee ad inficiare la correttezza della motivazione della decisione impugnata sono le deduzioni del ricorrente in ordine ad una pretesa non determinatezza degli illeciti contestati, risultando gli stessi chiaramente delineati nel capo di incolpazione. Le deduzioni del ricorrente si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione del materiale istruttorio che il CNF, con motivazione immune da censure, ha ritenuto adeguatamente valutato dal COA. 3.2. - Sono, invece, meritevoli di accoglimento le deduzioni del ricorrente relative alla sanzione irrogata. La sanzione applicata dal CNF con la sentenza qui impugnata, deliberata il 25 ottobre 2013 e depositata in data 11 marzo 2015, non tiene, infatti, conto delle modificazioni introdotte dal codice deontologico forense, entrato in vigore il 15 dicembre 2014. Ai sensi dell’art. 65, comma 5, della legge n. 247 del 2012, le disposizioni del codice deontologico si applicano anche ai procedimenti in corso se più favorevoli. Orbene, il nuovo codice deontologico forense non prevede la sanzione della cancellazione, applicata dal COA e confermata dal CNF con la sentenza qui impugnata. La sentenza impugnata deve quindi essere cassata con riferimento alla sanzione applicata, con rinvio al Consiglio Nazionale Forense perché, in diversa composizione, provveda nuovamente in ordine al trattamento sanzionatorio applicabile per gli illeciti accertati. 4. - Le spese del presente giudizio possono essere compensate, in considerazione del limitato accoglimento del ricorso. P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, accoglie il ricorso per quanto di ragione cassa la sentenza impugnata limitatamente alla sanzione applicata, e rinvia la causa al Consiglio Nazionale Forense, in diversa composizione.