L’indebita ritenzione di somma spettante al cliente configura un illecito deontologico “permanente”

Ai sensi dell'art. 51 R.d.l. 27 novembre 1933 n. 1578, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, definibile in termini penalistici permanente o continuata, dalla data di cessazione della condotta stessa.

Le Sezioni Unite della Cassazione sentenza n. 13379/16 depositata il 30 giugno hanno confermato la sanzione disciplinare inflitta ad un avvocato per indebita ritenzione di somma riscosse per un cliente. Il caso. Un avvocato veniva disciplinarmente condannato per aver indebitamente ritenuto somme riscosse per conto di un suo cliente una banca , con sospensione dell’esercizio della professione per 11 mesi. Essenzialmente si discuteva circa l’intervenuta prescrizione dell’illecito disciplinare prescrizione esclusa sia, in prima battuta, dal Consiglio dell’Ordine di competenza, sia, in seconda battuta, dal Consiglio Nazionale Forense, in virtù della considerazione che la violazione deontologica risultava integrata da una condotta protrattasi nel tempo, applicando quindi il principio per cui l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, definibile in termini penalistici permanente o continuata, dalla data di cessazione della condotta stessa. Questione, quella della prescrizione, riproposta alle Sezioni Unite. La tesi del ricorrente. Secondo il ricorrente sarebbe maturato il termine quinquennale di prescrizione dell’illecito disciplinare calcolando detto termine dal giorno successivo alla riscossione delle somme a quello dell’apertura del procedimento disciplinare. Nessun riferimento sarebbe quindi possibile alla condotta protratta nel tempo. La censura, secondo gli Ermellini, è infondata. Infatti, ai sensi dell'art. 51 del R.d.l. n. 1578/33, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, dalla data di cessazione della condotta stessa. Del resto è pacifico, in fatto, che l’avvocato avesse incassato dal Tribunale, attraverso alcuni mandati di pagamento a se stesso intestati, somme spettanti alla propria cliente banca e che dette somme non sono state restituite fino all’inizio del procedimento disciplinare. La continuità della violazione deontologica. II disposto dell'art. 44, ultimo comma, del codice deontologico forense vigente ratione temporis , secondo cui l'avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa , contrariamente all'assunto del ricorrente, non può essere interpretato nel senso della irrilevanza della successiva indebita ritenzione del denaro riscosso. La condotta del professionista, nel caso in esame, presenta i connotati tipici della continuità della violazione deontologica, per tale sua natura destinata a protrarsi fino alla restituzione delle somme che il medesimo avrebbe dovuto mettere a disposizione del cliente. Ne consegue che il protrarsi di tale condotta fino alla decisione del Consiglio dell’Ordine è ostativa al decorso della prescrizione. , come ritenuto della sentenza Impugnata. Ciò non senza rilevare che analogo carattere permanente va riconosciuto alle correlate e contestate violazioni di cui agli artt. 7 dovere di fedeltà , 8 diligenza , 38 inadempimento del mandato . Il termine di prescrizione della nuova legge professionale 6 anni. Non va dimenticato che la nuova legge professionale legge 31 dicembre 2012, n. 247 - Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense , stabilisce in 6 anni il termine di prescrizione. Infatti, l’art. 56 Prescrizione dell’azione disciplinare , al primo comma prevede L’azione disciplinare si prescrive nel termine di sei anni dal fatto .

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 7 – 30 giugno 2016, n. 13379 Presidente Rordorf – Relatore Iacobellis Svolgimento del processo L'avv. L.C. ha proposto ricorso per la cassazione della decisione del CNF n. 166/2015 con la quale è stato rigettato il ricorso dal medesimo proposto avverso la decisione dei COA di Campobasso dell'8/4/2013, con la quale esso ricorrente era stato ritenuto responsabile dell'indebita ritenzione di somme riscosse per conto di un cliente Banco di Sicilia-, così violando gli articoli 7, comma 1 Dovere di fedeltà , 8 Dovere di diligenza , 38 comma 1 Inadempimento al mandata 41, commi 1, 2 e 3 Gestione di denaro altrui , con irrogazione della sospensione dall'esercizio della professione per mesi 11. Il CNF riteneva infondata l'eccezione di prescrizione formulata dal C. sul rilievo che la violazione deontologica risultava Integrata da una condotta protrattasi nel tempo, richiamando in proposito l'orientamento espresso con le decisioni n. 208 dei 28/12/2012, n. 55 del 10/4/2013, n. 132 dei 8/9/2011, nonché di queste SS.UU. n. 14620 dell'1/10/2003. Il ricorso è fondato su unico motivo. Nessuna attività difensiva ha svolto il CNF. Motivi della decisione Assume il ricorrente la violazione dell'art. 51 del r.d.l. 1578/1933, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., laddove il CNF ha ritenuto il carattere permanente della condotta da lui avuta. Afferma il C. che la data di commissione dell'illecito andrebbe individuata nel giorno successivo alla riscossione delle somme 11/10/2006-, come peraltro ritenuto dall'istituto bancario mandante che aveva richiesto al tribunale di Milano d.l. in danno di esso ricorrente con interessi decorrenti per l'appunto dalla suddetta data da ciò conseguirebbe l'avvenuto decorso del termine di prescrizione quinquennale alla data di apertura dei procedimento disciplinare 31/5/2012-. La censura è infondata. Ai sensi dell'art. 51 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, l'azione disciplinare nei confronti dell'avvocato si prescrive nel termine di cinque anni, che decorrono dal giorno di realizzazione dell'illecito, ovvero, se questo consista in una condotta protratta, dalla data di cessazione della condotta stessa. E' circostanza pacifica che il C. per conto del Banco di Sicilia s.p.a., attraverso mandati emessi a suo nome dal Cancelliere del Tribunale di Larino, abbia riscosso, in data 11/10/2006, la somma di € 161.151,61 e che tale somma non sia stata versata al Banco di Sicilia s.p.a. fino all'inizio del procedimento disciplinare l'avv. C. avrebbe ripetutamente promesso la restituzione delle somme senza a ciò provvedere-. II disposto dell'art. 44, ultimo comma, del codice deontologico forense vigente ratione temporis, secondo cui l'avvocato è tenuto a mettere immediatamente a disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa , contrariamente all'assunto del ricorrente, non può essere interpretato nel senso della irrilevanza della successiva indebita ritenzione del denaro riscosso. La condotta del professionista, nel caso in esame, presenta i connotati tipici della continuità della violazione deontologica, per tale sua natura destinata a protrarsi fino alla restituzione delle somme che il medesimo avrebbe dovuto mettere a disposizione del cliente. Ne consegue che il protrarsi di tale condotta fino alla decisione del COA è ostativa al decorso del termine prescrizionale di cui all'art. 51 cit., come ritenuto dalla sentenza Impugnata. Ciò non senza rilevare che analogo carattere permanente va riconosciuto alle correlate e contestate violazioni di cui agli artt. 7 dovere di fedeltà , 8 diligenza , 38 inadempimento del mandato . Nulla per le spese in assenza di attività difensiva. Al sensi dell'art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il ricorrente e tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, il ricorrente è tenuto a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.