Il giudice di legittimità ribadisce la propria incompetenza a statuire sul merito

La Corte trova terreno fertile in un ricorso proposto da un avvocato per ribadire nuovamente la sua incompetenza ad esprimersi su questioni di fatto, rilevabili esclusivamente nei giudizi di merito.

Così la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 13292/2016, depositata il 28 giugno. Il caso. Il Tribunale di Roma, con sentenza numero 15836/06 condannava un avvocato per responsabilità professionale a risarcire i danni alla controparte che era stata sua cliente. Avverso tale sentenza l’avvocato proponeva appello, che la Corte rigettava. Presentava quindi ricorso in Cassazione. Questione di fatto o di diritto? Innanzitutto, vengono denunciate, ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al capo della sentenza che ha dichiarato la sua responsabilità professionale per aver proposto domanda di condanna avverso la società controparte della sua cliente, nella causa che lo vedeva difensore. Il ricorrente lamenta che il Tribunale, nella causa da cui è scaturita la responsabilità professionale, non si era pronunciato sulla domanda principale di condanna della società, proposta dall’avvocato e, allo stesso modo, operando una valutazione prognostica negativa sull’esito di tale domanda, il giudice d’appello ha reputato ininfluente l’omessa pronuncia. Il ricorrente sostiene che la domanda invece era stata presentata in modo ben conformato e aveva trovato riscontro nell’esito dell’istruttoria, argomentando dunque per ottenere dal giudice di legittimità una valutazione di merito e, in particolare, una ricostruzione alternativa dei presupposti fattuali della responsabilità professionale. La Corte ritiene che il contenuto della domanda rientra nell’accertamento della condotta posta in essere dall’avvocato per adempiere al suo mandato, e quindi nell’ambito della cognizione di merito. Il fatto, poi, che per compiere questo accertamento sia necessario un vaglio tecnico per valutare le prevedibili conseguenze della condotta non è rilevante in senso contrario, in quanto tale valutazione non può essere qualificata come questione di diritto, essendo appunto finalizzata alla ricostruzione del fatto storico e per ciò non censurabile in sede di legittimità, se non per il profilo del vizio di motivazione in questo senso, Cass. sentenza numero 3355/14 . Inoltre il ricorrente lamenta - sempre ex art. 360, comma 1, numero 3 c.p.c. - violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c La Corte d’appello ha giudicato errata la citazione della società controparte della sua assistita da parte dell’avvocato, nel giudizio in cui operava come difensore. Ma il ricorrente non si mostra d’accordo, ritenendo invece corretta la citazione effettuata. Anche in questo caso, la Corte ritiene inconsistente la doglianza del ricorrente, in quanto anch’essa rientra nel merito, concernendo l’accertamento dell’inadempimento dell’avvocato al suo mandato – sotto il profilo del legittimato passivo all’azione da proporre – effettuato dal giudice d’appello. Ultrapetizione? Il ricorrente denuncia poi violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’asserita mancanza di un valido consenso informato della cliente dell’avvocato rispetto alla tattica difensiva adottata nel suo interesse dall’avvocato. La cliente infatti aveva lamentato il fatto che avesse dato direttiva all’avvocato affinché agisse nei confronti di una determinata società, mentre questi aveva agito avverso un’altra. Il ricorrente sostiene di aver dimostrato la scienza del cliente in ordine al soggetto che avrebbe citato, lamentando che la corte territoriale sarebbe incorsa in ultrapetizione, avendo essa integrato la domanda della cliente, addebitando all’avvocato di non aver ottenuto un valido consenso. La Corte ritiene invece non sussistente l’asserita ultrapetizione della corte territoriale, in quanto essa avrebbe valutato la questione della scienza” del cliente solo, per completezza, di fronte ad una doglianza non chiara nella prospettazione , richiamando giurisprudenza sull’obbligo dell’avvocato di assolvere i doveri di informazione del cliente. L’onere della prova della responsabilità dell’avvocato. Infine, con l’ultimo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, comma 2, 2236 e 2697 c.c., in quanto il cliente ha l’onere di provare la responsabilità dell’avvocato, mentre nel caso di specie non l’avrebbe fatto. E, inoltre, le questioni oggetto della causa da cui sarebbe derivata la responsabilità dell’avvocato sarebbero state opinabili nella loro soluzione. E, infine, la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la domanda del cliente avverso l’avvocato si fondava su presupposti erronei e non era sorretta da alcun principio di prova. La Corte ritiene tale motivo un affastellamento di doglianze fattuali che vertono sulla pretesa mancanza di prova della responsabilità dell’avvocato. Con ciò dunque si adduce l’infondatezza dell’accertamento di merito, chiedendo una revisione al giudice di legittimità che, invece, non ha la possibilità di esprimersi su tali fatti. Il ricorso viene dunque rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 3 maggio – 28 giugno 2016, numero 13292 Presidente Travaglino – Relatore Graziosi Svolgimento del processo 1. Con sentenza numero 15836/2006 il Tribunale di Roma condannava per responsabilità professionale l'avvocato V.M. a risarcire danni per € 26.978,02, oltre a interessi, alla controparte che era stata sua cliente, Mariotti Srl. Avendo il M. proposto appello contro tale sentenza, la Corte d'appello di Roma lo rigettava, con sentenza del 6 marzo-23 ottobre 2012. 2. Ha presentato ricorso il M., sulla base di quattro motivi il primo denuncia violazione di legge in relazione al capo della sentenza che dichiara la sua responsabilità professionale per avere proposto domanda di condanna nel confronti di Ediltrenta Sri nel giudizio in cui assisteva Mariotti Srl il secondo denuncia ancora violazione di legge sul capo della sentenza che lo ritiene responsabile per avere proposto nel suddetto giudizio azione di arricchimento senza causa il terzo contesta l'asserita mancanza di valido consenso informato della cliente Mariotti Srl il quarto attiene al profilo probatorio e all'effettiva sussistenza o meno di una responsabilità professionale. Mariotti Srl si è difesa con controricorso, nel quale ha chiesto di respingere il ricorso. Entrambe le parti hanno poi depositato memoria ex articolo 378 c.p.c. Motivi della decisione 3. Il ricorso è infondato. 3.1 Il primo motivo, relativo al capo della sentenza che ha dichiarato la responsabilità professionale dell'attuale ricorrente per la proposizione di domanda di condanna, nella causa in cui assisteva Mariotti Srl, della controparte di quest'ultima, Ediltrenta Srl, si scinde in due censure. 3.1.1 In primo luogo vengono denunciate, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c. Nella causa da cui sarebbe scaturita la responsabilità professionale oggetto del presente giudizio, il Tribunale non si era pronunciato sulla domanda principale di condanna di Ediltrenta Sri proposta dal M. peraltro, nella sentenza in questa sede impugnata il giudice d'appello, aderendo pedissequamente - ad avviso del ricorrente - alla posizione assunta dal primo giudice, opera una valutazione prognostica negativa sull'esito di tale domanda, per l'ipotesi in cui fosse stata considerata, giungendo quindi a reputare ininfluente l'omessa pronuncia. Il ricorrente argomenta per dimostrare che la domanda invece sarebbe stata presentata in modo ben conformato e avrebbe trovato riscontro nell'esito dell'istruttoria. Nella sentenza impugnata sarebbe stato violato l'articolo 112 c.p.c. per avere la corte territoriale considerato la domanda proposta dal M. nell'interesse della sua assistita unicamente sotto il profilo lessicale della citazione che aveva avviato il processo da cui sarebbe derivata la responsabilità. Dalla sintesi appena tracciata emerge chiaramente che, lungi dall'identificare una violazione dell'articolo 112 c.p.c. da parte del giudice d'appello, il ricorrente argomenta per ottenere dal giudice di legittimità una valutazione di merito, e precisamente una ricostruzione alternativa rispetto a quella effettuata nell'impugnata sentenza dei presupposti fattuali della responsabilità professionale del ricorrente. Il contenuto della domanda che, secondo la corte territoriale, anche se fosse stata vagliata non avrebbe apportato alcuna modifica agli esiti del giudizio in cui ritiene che l'attuale ricorrente non abbia ben adempiuto al suo mandato professionale rientra nell'accertamento della condotta posta in essere dall'avvocato per adempiere al suo mandato, e pertanto nell'ambito della cognizione di merito. Non incide in senso contrario, poi, l'indiscutibile dato che, per compiere tale accertamento, sia necessario da parte dei giudicante anche un vaglio tecnico al fine di determinare le prevedibili conseguenze della condotta dell'avvocato, poiché tale valutazione non può qualificarsi questione di diritto, in quanto è finalizzata - al punto da rimanervi assimilata - alla ricostruzione di un fatto storico, solo successivamente all'accertamento dei quale la cognizione giurisdizionale potrà operare una valutazione giuridica del fatto stesso cfr. da ultimo Cass. sez. 3, 13 febbraio 2014 numero 3355, per cui nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la valutazione prognostica compiuta dal giudice di merito circa il probabile esito dell'azione giudiziale malamente intrapresa o proseguita, sebbene abbia contenuto tecnico-giuridico, costituisce comunque valutazione di un fatto, censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione e, in generale, nel senso che la prognosi degli effetti dell'attività dell'avvocato è istituzionalmente riservata al giudice di merito v. Cass. sez. 2, 27 marzo 2006 numero 6967 . 3.1.2 In secondo luogo, lamenta il ricorrente, ex articolo 360, primo comma, numero 3 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c. Il giudice d'appello ha osservato che l'attuale ricorrente, come difensore della Mariotti Srl, avrebbe dovuto citare PreBlock Srl, anziché Ediltrenta Srl, che aveva invece convenuto a quest'ultima, infatti, si riferivano solo le bolle di consegna, mentre a PreBlock Srl erano intestate le fatture. Questo rilievo della carte territoriale ad avviso dei ricorrente non sarebbe condivisibile, perché l'intestazione della fattura non dimostra l'esistenza di un contratto con il 1 soggetto cui è intestata. Anche questa doglianza rientra nel merito, cioè concerne l'accertamento dell'inadempimento dell'avvocato al suo mandato sotto il profilo dell'identificazione dei legittimato passivo all'azione da proporre effettuato dal giudice d'appello. Peraltro, nella motivazione accurata che offre la corte territoriale il dato della intestazione delle bolle di accompagnamento e della intestazione delle fatture è solo uno degli elementi che sono stati considerati per ricostruire nella vicenda la posizione delle due società - PreBlock Sri ed Ediltrenta Srl - con cui la Mariotti s.r.l. aveva interagito nella vicenda commerciale per cui aveva poi conferito al M. il mandato ad litem. Tutto il primo motivo, dunque, non dimostra consistenza. 3.2 Passando poi al capo della sentenza che ritiene sussistente la responsabilità professionale dell'avvocato per avere proposto azione di arricchimento senza causa, il secondo motivo del ricorso denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 102 ss. e 112 c.p.c. il giudice d'appello ha ritenuto che detta azione era improponibile perché PreBlock Srl era obbligata in solido con Ediltrenta Sri ma, se così fosse stato, secondo il ricorrente dovrebbe reputarsi che il giudice d'appello abbia inteso riconoscere un'ipotesi ex articolo 102 c.p.c., per cui avrebbe dovuto disporre integrazione dei contraddittorio nei confronti della PreBlock Srl. E se poi da quest'ultima Ediltrenta Srl avesse ritenuto di aver diritto ad essere manlevata, Ediltrenta Srl avrebbe dovuto chiedere l'autorizzazione a chiamarla in causa. Questo motivo non trova riscontro nell'effettivo contenuto della sentenza motivazione, pagina 6 , che anzi tenta di deformare. Il giudice d'appello, infatti, ha fondato - in conformità con la consolidata lettura giurisprudenziale - la sua valutazione di responsabilità professionale dell'attuale ricorrente per improponibilità dell'azione ex articolo 2041 c.c. sulla sussidiarietà di tale azione che concretamente veniva a valere in un contesto in cui proprio dalla prospettazione fornita dal M. nell'atto di citazione emergeva l'esistenza di un altro debitore solidale cfr. ex multis, Cass. sez. 3, 11 ottobre 2012 numero 17317 Cass. sez. 1, 26 gennaio 2011 numero 1833 S.U. 8 ottobre 2008 numero 24772, Cass. sez. 3, 17 novembre 2003 numero 17375 Cass. sez. 1, 5 agosto 2003 numero 11835 , lungi dall'accertare l'esistenza di un litisconsorzio necessario né tantomeno appare inseribile nel suo percorso argomentativo la configurazione di una necessità di integrare il contraddittorio sotto il diverso profilo della chiamata ex articolo 106 c.p.c. Il motivo risulta quindi manifestamente infondato. 3.3 Il terzo motivo, rubricato come violazione e falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., concerne l'asserita mancanza di un valido consenso informato della Mariotti Srl rispetto alla tattica difensiva adottata nel suo interesse di cliente dal M Mariotti Srl aveva addotto di aver dato direttiva all'avvocato perché agisse nei confronti di PreBlock Srl, mentre questi agi avverso Ediltrenta Srl. Nel motivo si sostiene che l'attuale ricorrente avrebbe dimostrato la scienza dei cliente in ordine al soggetto che avrebbe citato. La corte territoriale avrebbe integrato la domanda della Mariotti Srl addebitando all'avvocato di non aver ottenuto un valido consenso informato, ma ciò sull'erroneo presupposto che il legale rappresentante della società non avesse gli strumenti culturali per comprendere la portata della domanda proposta avverso Ediltrenta Srl. Inoltre, in tal modo la corte territoriale sarebbe incorsa in ultrapetizione. Anche questa doglianza non merita accoglimento. Anzitutto, deve rilevarsi che la corte territoriale non è incorsa in ultrapetizione, bensì, a fronte del quarto motivo d'appello, ha valutato la questione della scienza del cliente solo, per completezza, di fronte ad una doglianza non chiara nella prospettazione richiamando giurisprudenza sull'obbligo dell'avvocato di assolvere i doveri di informazione del cliente motivazione, pagina 7 . In verità, la corte territoriale osserva che nel quarto motivo l'appellante in sostanza riproponeva, per contestarla, la prospettazione della società Mariotti secondo cui avrebbe prospettato . la necessità di agire esclusivamente nei confronti della società Pre-Block , al riguardo, appunto per completezza , replicando che un avvocato, per essere esonerato da responsabilità, non può limitarsi a sostenere di aver aderito a indicazioni dei cliente, ma deve dare prova di una corretta informazione riguardo il verosimile esito dell'azione da intraprendere, soprattutto in presenza di un cliente non esperto di diritto . L'assunto della corte territoriale è perfettamente corrispondente alla consolidata giurisprudenza di legittimità oltre a Cass. sez. 2, 30 luglio 2004 numero 14597, citata dalla corte territoriale, v. da ultimo Cass. sez. 3, 20 maggio 2015 numero 10289 che così ben sintetizza la tematica La responsabilità professionale dell'avvocato, la cui obbligazione è di mezzi e non di risultato, presuppone la violazione del dovere di diligenza media esigibile ai sensi dell'art. 1176, secondo comma, c. c. tale violazione, ove consista nell'adozione di mezzi difensivi pregiudizievoli al cliente, non è esclusa né ridotta quando tali modalità siano state sollecitate dal cliente stesso, poiché costituisce compito esclusivo del legale la scelta della linea tecnica da seguire nella prestazione dell'attività professionale e v. pure Cass. sez. 6-3 ord. 5 settembre 2013 numero 20379 nonché Cass. sez. 2, 28 ottobre 2004 numero 20869 in particolare a proposito dell'obbligo di informazione v. Cass. sez. 3, 20 novembre 2009 numero 24544 . Il motivo, in conclusione, non mostra fondatezza. 3.4 Il quarto motivo, infine, denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 1176, secondo comma, 2236 e 2697 c.c., perché il cliente ha l'onere di provare la responsabilità dell'avvocato, e nel caso in esame non l'avrebbe fatto. Inoltre, le questioni oggetto della causa da cui sarebbe derivata la responsabilità dell'avvocato sarebbero state opinabili nella loro soluzione. E a ciò dovrebbe aggiungersi che la condotta dell'avvocato non avrebbe danneggiato il cliente, perché quando Mariotti Srl agì contro di lui non era ancora prescritto il diritto che aveva cercato di fare valere a mezzo della sua attività professionale, cioè il diritto al pagamento di una fornitura di calcestruzzo. Così la corte territoriale avrebbe omesso di considerare che la domanda della Mariotti Srl avverso l'avvocato si fondava su presupposti erronei e non era sorretta da alcun principio di prova. Il motivo, come si evince dalla sintesi, è un affastellamento di doglianze fattuali che vertono direttamente sulla pretesa mancanza di prova della responsabilità dell'avvocato, sostenendosi che la società da lui assistita non avrebbe adempiuto al relativo onere probatorio il che significa addurre l'infondatezza dell'accertamento di merito sulla cui riserva istituzionale ai giudici, appunto, di merito anche per un inadempimento inevitabilmente intriso di elementi tecnici che in questo caso sono giuridici si è già detto più sopra e chiederne una revisione al giudice di legittimità come se il presente fosse un grado assimilabile nella sua ontologia giurisdizionale ai due gradi precedenti. È dunque un motivo inammissibile. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione a Mariotti Srl delle spese processuali, liquidate come da dispositivo. Sussistono ex articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2012 i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere a Mariotti Srl le spese processuali, liquidate in un totale di € 5200, oltre a € 200 per esborsi e agli accessori di legge. Ai sensi dell'articolo 13, comma 1 quater, d.p.r. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dei comma 1 bis dello stesso articolo 13.