Domanda risarcitoria milionaria dichiarata inammissibile: qual è il valore della causa per la liquidazione del compenso dell’avvocato?

In tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al difensore, il criterio del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile ha quanto alla individuazione dello scaglione di tariffa applicabile un valore parametrico e di massima, sicché non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi da quel parametro, scendendo al di sotto di esso, ogni qual volta ciò sia giustificato dalla natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso.

La Seconda Sezione civile della Cassazione sentenza n. 10876/16 depositata il 25 maggio , ha rigettato il ricorso di un avvocato che contestava la liquidazione a suo favore del compenso riguardante l’attività prestata a favore di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Ancora una volta la discussione verte attorno allo scaglione di valore da prendere in considerazione per la liquidazione del compenso. Il caso domanda proposta per soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Un avvocato difendeva un Fallimento in un giudizio definito in primo grado con una sentenza di inammissibilità della domanda, in ragione della sottoposizione della controparte alla procedura di amministrazione straordinaria. Essendo stato il Fallimento ammesso al gratuito patrocinio, il Tribunale provvedeva alla liquidazione delle spettanze a favore del difensore, facendo riferimento ad un valore indeterminabile medio anziché a quello indicato in atti era stata avanza una richiesta risarcitoria di oltre 44 milioni di euro . L’importo riconosciuto era quindi complessivamente pari a poco più di 5 mila euro. Contro il decreto di liquidazione l’avvocato proponeva opposizione, che veniva però rigettata. Secondo il giudice, il criterio del decisum nel regolare le spese è applicabile non solo in caso di soccombenza e di condanna alle spese della controparte, ma anche al rapporto avvocato-cliente, ed è logicamente estensibile alla fattispecie in esame, ovvero al caso in cui il giudice non ha riconosciuto neppure una parte del più ampio quantum richiesto dall'attore ammesso al gratuito patrocinio, definendo la controversia con una pronuncia di rito sfavorevole all'attore medesimo. Il principio in materia di spese a carico dello Stato. In tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, il combinato disposto degli artt. 82 e 130 T.U. spese giustizia, comporta che i compensi spettanti al difensore sono liquidati in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, e sono ridotti della metà. La misura della liquidazione, pertanto, non può superare la metà dei valori medi delle tariffe professionali vigenti. Conta il decisum o il disputatum? Per gli Ermellini, non v'e dubbio che, in linea generale, il valore della controversia ai fini della individuazione della scaglione di tariffa applicabile si determina dal tenore della domanda secondo i criteri fissati dal codice di procedura civile non senza tuttavia considerare che - poiché il criterio fondante, sotteso alla disciplina delle tariffe professionali approvata con il Decreto Ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 applicabile ratione temporis , è quello della proporzionalità ed adeguatezza degli onorari all'attività professionale svolta - il disputatum nel momento iniziale della lite non è risolutivo, dovendo tenersi conto dell'effettiva decisione il decisum del giudice che fissa la dimensione reale della lite stessa. Si deve inoltre tener conto dell’impegno professionale Quando, poi, si passa alla disciplina della liquidazione dei compensi spettanti al difensore che ha assistito una parte ammessa al patrocinio a spese della Stato, è la stessa norma di fonte primaria - l'art. 82 del T.U. spese giustizia - a puntualizzare che il giudice deve liquidare l'onorario tenuto conto della natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa . Tale ultima disposizione - nel contemperare ragionevolmente la necessità di assicurare la difesa tecnica del non abbiente e di retribuire l'attività dell'avvocato con l'incidenza del relativo costo sull'intera collettività – consente al giudice di scendere al di sotto dei parametri di normale riferimento tutte le volte in cui l'attività in concreto svolta dal difensore sia di grado modesto, avuto riguardo alla sua incidenza sulla posizione processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o all'effettiva consistenza della lite. Il valore della domanda ha valenza solo” parametrica e di massima. In altri termini, sempre secondo la Suprema Corte, in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al difensore, il criterio del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile ha quanto alla individuazione dello scaglione di tariffa applicabile un valore parametrico e di massima, sicché non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi da quel parametro, scendendo al di sotto di esso, ogni qual volta ciò sia giustificato dalla natura dell'impegno professionale, in relazione all'incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso. La domanda proposta era manifestamente improponibile giusta la riduzione del compenso al legale. La decisione di merito è quindi giusta, secondo gli Ermellini. Infatti, il giudice ha considerato che la domanda risarcitoria proposta dal Fallimento ammesso al patrocinio a spese delle Stato ai sensi dell'art. 144 del T.U. spese giustizia, pur essendo di valore elevato oltre 44 milioni di euro , era manifestamente improponibile, e con tale pronuncia in rito è stata definita, stante la sottoposizione della convenuta alla procedura concorsuale dell'amministrazione straordinaria. Per questo il giudice dell'opposizione ha applicato, anziché lo scaglione tariffario derivante da un'applicazione rigida del criterio del disputatum ossia del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile , lo scaglione del valore indeterminabile, consentendo questo una liquidazione più adeguata alla fattispecie concreta e all'effettiva decisione assunta nel processo presupposto.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 – 25 maggio 2016, n. 10876 Presidente Bucciante – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - L’Avv. D.V.G. è stato difensore del Fallimento Gigli s.r.l. nel giudizio trattato con rito societario iscritto al R.G.N. 166/2009, definito dal Tribunale di Isernia con sentenza n. 173/2011 dichiarativa di inammissibilità della domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 2497 cod. civ. proposta dalla stessa Gigli s.r.l. in fallimento avverso IT Holding s.p.a. in amministrazione straordinaria, proprio in virtù della sottoposizione della convenuta a tale procedura concorsuale. Essendo stato il Fallimento Gigli ammesso al patrocinio a spese dello Stato ex art. 144 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia , il Tribunale ha provveduto alla liquidazione delle spettanze dell’Avv. D.V. ex art. 82 dello stesso d.P.R., ponendo a base del computo un valore della causa indeterminabile medio in luogo del valore di Euro 44.000.000 circa dichiarato da parte attrice ha così liquidato Euro 7.200 per onorari, Euro 4.555 per diritti ed Euro 102,95 per spese, e, ridotto detto importo della metà ex art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, ha determinato le spettanze complessive in Euro 5.926,47, oltre spese generali al 12,5%, IVA e CAP come per legge. Avverso tale decreto di liquidazione l’Avv. D.V. ha proposto opposizione, ai sensi dell’art. 170 del d.P.R. n. 115 del 2002. 2. - Il Giudice del Tribunale di Isernia, con ordinanza depositata il 7 dicembre 2011, ha rigettato l’opposizione, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese processuali. 2.1. - Secondo il Giudice del Tribunale, il criterio del decisum nel regolare le spese è applicabile non solo in caso di soccombenza e di condanna alle spese della controparte, ma anche al rapporto avvocato-cliente, ed è logicamente estensibile alla fattispecie oggetto di esame, ovvero al caso in cui il giudice non ha riconosciuto neppure una parte del più ampio quantum richiesto dall’attore ammesso al gratuito patrocinio, definendo la controversia con una pronuncia di rito sfavorevole all’attore medesimo. Diversamente, ad avviso del Giudice di Isernia, si rischierebbe di dare la stura ad un possibile uso distorto dell’istituto del patrocinio a spese dello Stato, nel senso che l’ordinamento consentirebbe alla parte ammessa al gratuito patrocinio di proporre domande di ingente valore, dalla stessa indicato, ovviamente sulla base degli elementi fattuali e/o documentali in suo possesso, come nel caso di specie, ma per ipotesi destinate a soccombere su questioni processuali, e per ciò solo di vincolare l’organo giudicante a liquidare importi elevatissimi in sede di emissione del decreto di cui al citato art. 82 del testo unico, con un esborso destinato peraltro a gravare integralmente sull’erario. In sostanza, secondo il giudice a quo , in base ad una lettura costituzionalmente orientata, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., delle disposizioni del testo unico sulle spese di giustizia, in tema di gratuito patrocinio, il criterio del decisum si pone come generale parametro di quantificazione degli onorari anche al di là dell’ipotesi di parziale accoglimento della domanda proposta, tutte le volte in cui si palesa, alla luce degli esiti del giudizio, una manifesta iniquità e sproporzione tra la liquidazione dell’onorario secondo il parametro del deductum e l’opera professionale concretamente svolta, senza che ciò implichi in alcun modo valutazioni di merito in ordine alla professionalità, alla diligenza e alla perizia del procuratore della parte, nello svolgimento dell’incarico alla base della liquidazione richiesta, se non nei limiti del citato art. 82 del testo unico, che presuppone, a monte, l’individuazione dello scaglione di riferimento. Di qui la conclusione che il Collegio ha correttamente operato provvedendo, alla luce della complessità delle questioni affrontate e della natura in rito della decisione adottata nel giudizio a quo, a liquidare gli onorari e i diritti ancorandoli allo scaglione indeterminabile medio e provvedendo alla loro quantificazione conformemente al dettato degli artt. 82, 83 e 130 del testo unico. 3. - Per la cassazione dell’ordinanza del Giudice del Tribunale di Isernia l’Avv. D.V. ha proposto ricorso, con atto notificato il 14 febbraio 2012, sulla base di tre motivi. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva in questa sede. In prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato una memoria illustrativa. Considerato in diritto 1. - Con il primo motivo, il ricorrente denuncia nullità dell’ordinanza e del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per non avere il Tribunale considerato a che la domanda risarcitoria era stata proposta nella misura di Euro 44.833.062,11 sulla base di una consulenza tecnica disposta dagli stessi organi della procedura, e b che egli aveva a più riprese fatto presente a questi ultimi che la domanda, a seguito della sottoposizione della convenuta alla procedura di amministrazione straordinaria, era inevitabilmente destinata alla declaratoria di improcedibilità e/o di inammissibilità, suggerendo l’abbandono della domanda e la presentazione dell’istanza di ammissione al passivo. Il ricorrente si duole che l’ordinanza impugnata abbia liquidato il compenso sulla base di un valore della controversia indeterminabile medio, citando una giurisprudenza inconferente, siccome relativa alla liquidazione delle spese di lite a carico del soccombente applicazione del criterio del decisum in luogo di quelle del disputatum , piuttosto che quella a carico del cliente, senza peraltro indicare quali voci di diritti ed onorario abbia considerato. Con il secondo motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 12 delle preleggi, 10, 11 e 14 cod. proc. civ. e 1 della legge 7 novembre 1957, n. 1051, con riferimento agli artt. 5 e 6 del d.m. 8 aprile 2004, n. 127, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. si lamenta che il Tribunale non abbia tenuto conto che, quando il valore della causa sia in concreto dichiarato, il valore va determinato sulla base della domanda, non potendosi far carico a differenti criteri, peraltro applicabili solo al soccombente e, in via analogica, esclusivamente in mancanza di una disciplina propria della fattispecie. Con il terzo mezzo, il ricorrente denuncia omessa o contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., per non avere il Tribunale motivato la ragione per cui ha applicato analogicamente la giurisprudenza formatasi in tema di liquidazione degli onorari a carico del soccombente, in un contesto nel quale gli organi del fallimento erano pienamente consapevoli del valore della controversia, determinato sulla base di una consulenza tecnica sull’ammontare del danno risarcibile da essi stessi disposta e condivisa, e dunque dell’ammontare degli onorari per essa dovuti . 2. - I tre motivi - da esaminare congiuntamente, stante la stretta connessione - sono infondati. 2.1. - Innanzitutto non sussiste la prospettata divergenza tra il chiesto ed il pronunciato che si assume derivante dal fatto che il giudice dell’opposizione non avrebbe tenuto conto che l’attività professionale in relazione alla quale è stata chiesta la liquidazione degli onorari è stata svolta su specifica richiesta degli organi del fallimento, anche dopo che il difensore aveva rappresentato per iscritto che l’esito del giudizio sarebbe stato la dichiarazione di inammissibilità della domanda e aveva suggerito l’abbandono della domanda e la presentazione dell’istanza di ammissione al passivo in un contesto in cui quegli organi erano pienamente consapevoli del valore della controversia, determinato sulla base di una consulenza tecnica sull’ammontare del danno risarcibile da essi stessi disposta condivisa, e dunque dell’ammontare degli onorari per essa dovuti . La denuncia non coglie nel segno, posto che il giudice dell’opposizione al decreto di liquidazione non ha messo in discussione che la domanda di ingente valore sia stata proposta dal Fallimento sulla base degli elementi fattuali e/o documentali in suo possesso , e neppure ha avanzato dubbi in ordine alla professionalità, alla diligenza e alla perizia del procuratore della parte, nello svolgimento dell’incarico in base alla liquidazione richiesta ma - espressamente statuendo sulla richiesta dell’opponente ed adottando il provvedimento indispensabile per la risoluzione del caso concreto - ha escluso, nel merito, la fondatezza della tesi difensiva posta dall’Avv. D.V. a base della pretesa di una diversa liquidazione del compenso a lui spettante secondo la disciplina del patrocinio a spese dello Stato. 2.2. - Né è configurabile il denunciato vizio di omessa o contraddittoria motivazione. Va infatti rilevato, per un verso, che il sindacato sulla motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. nel testo, ratione temporis applicabile, anteriore alle modifiche apportate dall’art. 54 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 si riferisce soltanto alla ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito la motivazione carente o contraddittoria su una questione di diritto non comporta cassazione, qualora sia conforme a diritto il dispositivo della sentenza impugnata la quale ha applicato la giurisprudenza formatasi in tema di liquidazione degli onorari a carico del soccombente , poiché in tal caso la motivazione viene corretta dalla stessa Corte, che rigetta così il ricorso art. 384, quarto comma, cod. proc. civ. . D’altra parte, va osservato che le circostanze di cui il ricorrente lamenta l’omessa o la contraddittoria motivazione l’essersi l’attività professionale dell’Avv. D.V. svolta su specifica richiesta degli organi fallimentari, pienamente consapevoli del valore della controversia perché determinato sulla base di una consulenza tecnica sull’ammontare del danno da essi disposta e condivisa , non sono decisive, giacché tali circostanze non avrebbero potuto comunque determinare una decisione diversa da quella adottata. 2.3. - Invero, in tema di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile, il combinato disposto degli artt. 82 e 130 T.U. spese giust. comporta che i compensi spettanti al difensore sono liquidati in modo che, in ogni caso, non risultino superiori ai valori medi delle tariffe professionali vigenti, e sono ridotti della metà. La misura della liquidazione, pertanto, non può superare la metà dei valori medi delle tariffe professionali vigenti. Non v’è dubbio che, in linea generale, il valore della controversia ai fini della individuazione dello scaglione di tariffa applicabile si determina dal tenore della domanda secondo i criteri fissati dal codice di procedura civile non senza tuttavia considerare che - poiché il criterio fondante, sotteso alla disciplina delle tariffa professionale approvata con il decreto ministeriale 8 aprile 2004, n. 127 applicabile ratione temporis , è quello della proporzionalità ed adeguatezza degli onorari all’attività professionale svolta - il disputatum nel momento iniziale della lite non è risolutivo, dovendo tenersi conto dell’effettiva decisione il decisum del giudice che fissa la dimensione reale della lite stessa cfr. Sez. Un., 11 settembre 2007, n. 19014 . Un correttivo al principio secondo cui il valore della controversia si determina dal disputatum , ovvero dalla domanda, emerge infatti inequivocabilmente dall’art. 6, comma 2, della suddetta tariffa Nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, può aversi riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile . Quando, poi, si passa alla disciplina della liquidazione dei compensi spettanti al difensore che ha assistito una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato, è la stessa norma di fonte primaria - l’art. 82 del T.U. spese giust. - a puntualizzare che il giudice deve liquidare l’onorario tenuto conto della natura dell’impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale della persona difesa . Tale ultima disposizione - nel contemperare ragionevolmente la necessità di assicurare la difesa tecnica del non abbiente e di retribuire l’attività dell’avvocato con l’incidenza del relativo costo sull’intera collettività - consente al giudice di scendere al di sotto dei parametri di normale riferimento tutte le volte in cui l’attività in concreto svolta dal difensore sia di grado modesto, avuto riguardo alla sua incidenza sulla posizione processuale del soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato o all’effettiva consistenza della lite. In altri termini, in tema di patrocinio a spese dello Stato, ai fini della liquidazione del compenso al difensore, il criterio del valore della controversia determinato a norma del codice di procedura civile ha - quanto alla individuazione dello scaglione di tariffa applicabile - un valore parametrico e di massima, sicché non è esclusa la possibilità per il giudice di discostarsi da quel parametro, scendendo al di sotto di esso, ogni qualvolta ciò sia giustificato dalla natura dell’impegno professionale, in relazione all’incidenza degli atti assunti rispetto alla posizione processuale del soggetto difeso. In questo contesto, la decisione del giudice del merito sfugge alla censure che ad essa sono state rivolte. Infatti, il giudice a quo ha considerato che la domanda risarcitoria proposta dalla società fallita, ammessa al patrocinio a spese dello Stato ai sensi dell’art. 144 del T.U. spese giust., pur essendo di valore elevato oltre Euro 44.000.000 , era manifestamente improponibile, e con tale pronuncia in rito è stata definita, stante la sottoposizione della convenuta alla procedura concorsuale dell’amministrazione straordinaria. Per questo il giudice dell’opposizione, anziché lo scaglione tariffario derivante da un’applicazione rigida del criterio del disputatum , ossia del valore della causa determinato a norma del codice di procedura civile, ha applicato lo scaglione del valore indeterminabile, consentendo questo una liquidazione più adeguata alla fattispecie concreta e all’effettiva decisione assunta nel processo presupposto. 3. - Il ricorso è rigettato. Nessuna statuizione deve essere adottata sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attività difensiva in questa sede. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.