Se l’avvocato non assolve l’onere probatorio sullo stesso incombente, la decisione del giudice delegato non è più sindacabile

In tema di provvedimento con cui il giudice delegato nell’esercizio della competenza esclusiva attribuitagli dalla legge art. 25, n. 6, legge fall., nel testo modificato dal d.lgs. n. 5/2006 liquida i compensi per l’opera prestata dagli incaricati a favore del fallimento, il parere del curatore consiste in una mera dichiarazione di scienza senza alcun valore certificatorio, spettando al giudice che ha provveduto alla nomina ogni accertamento della prestazione svolta dall’incaricato oltre che della relativa entità e dei risultati.

E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza n. 22103 depositata il 29 ottobre 2015. Il caso. Il Tribunale territorialmente competente rigettava il reclamo proposto dal professionista avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva liquidato il suo compenso – per un ammontare ritenuto inadeguato rispetto all’attività espletata – relative a prestazioni professionali svolte dallo stesso per la costituzione di parte civile a favore del Fallimento di una Spa. In particolare, il Collegio rilevava che la causa sulla base della quale era stata redatta la notula era da ritenersi di valore indeterminabile poiché nell’atto di costituzione non risultava specificata alcuna richiesta la quale, nello specifico si limitava solo ad una richiesta di risarcimento di danni generica. Inoltre, i giudici di merito osservavano che non risultava depositato alcun verbale del procedimento e nella specie, non era stata data la prova dell’espletamento dell’attività istruttoria chiesta e svolta del legale ai fini della dimostrazione del danno connesso alla costituzione di parte civile. Sussisteva, poi una duplicazione di voci relative ad onorari concernente la complessiva situazione degli imputati che avevano concorso al danno verso la fallita che non poteva essere scissa in relazione alle varie fasi processuali come anche sottolineato dal curatore nell’ambito del suo parere. Generiche, infine risultavano essere le voci indicate nella notula per attività che non trovavano riscontro alcuno negli stessi verbali acquisiti agli atti. Il professionista proponeva così ricorso per Cassazione avverso la decisione resa dal Tribunale. Spetta al professionista l’onere di allegare e provare i fatti costitutivi del diritto azionato. Nella specie, gli ermellini hanno ritenuto nel merito fondati i rilievi dei giudici di prime cure sulla scorta della circostanza che il legale incaricato dal fallimento non era riuscito a fornire la prova nel corso del giudizio dell’espletamento dell’attività effettivamente prestata in relazione alla quale pretendeva il riconoscimento dei diritti e degli onorari previsti dalla corrispondente voce della tariffa in relazione allo scaglione individuato in base al valore della controversia. Nel caso di specie, invece gli importi riportati nella parcella del professionista erano stati ritenuti dai giudici fuori luogo posto che nel rispetto delle previsioni delle tariffe forensi la legge attribuisce esclusivamente al giudice delegato la competenza a verificare di ufficio la sussistenza del diritto del legale al compenso tenuto anche conto della tutela di interessi di ordine generale e pubblico connessi con la funzione e finalità della procedura concorsuale. In merito, persino rispetto al parere del curatore – che consiste in una mera dichiarazione di scienza senza alcun valore certificatorio – risultano insindacabili sia il decreto reso dal giudice delegato sia, a maggior ragione il provvedimento del tribunale fallimentare, adito come nella specie, dal professionista, in sede di reclamo ex art. 26 legge fallimentare. Concludendo. Ciò premesso, il Collegio aveva correttamente rigettato il proposto reclamo in quanto il ricorrente non era riuscito ad assolvere l’onere probatorio sullo stesso incombente in particolare, non aveva specificato il contenuto della domanda formulata con la costituzione di parte civile risultando, pertanto, del tutto generici i riferimenti contenuti in proposito nell’ambito del ricorso non aveva redatto la notula onde dimostrare la specificità delle voci ivi indicate.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 settembre – 29 ottobre 2015, numero 22103 Presidente Piccialli – Relatore Migliucci Svolgimento del processo l.- Il Tribunale di Roma rigettava il reclamo proposto dall'avv. G.S. avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva liquidato la somma di euro 120.000, 00, relative alle prestazioni professionali dal medesimo svolte per la costituzione di parte civile a favore del Fallimento FIN.COM . s.p.a. I Giudici osservavano quanto segue il valore della causa, sulla base del quale era stata redatta la notula, doveva ritenersi di valore indeterminabile in quanto non risultava specificata nell'atto di costituzione alcuna richiesta, che si limitava a una domanda di risarcimento danni generica, - non risultava depositato alcun verbale del procedimento, in particolare, non era dimostrata l'attività istruttoria chiesta e svolta dal legale ai fini della dimostrazione del danno connesso alla costituzione di parte civile sussisteva duplicazione di voci relative agli onorari che concerne la complessiva situazione degli imputati, a danno dei quali era stata operata una unica costituzione di parte civile che avevano concorso al al danno verso la fallita, che non poteva essere scissa in relazione alle varie fasi processuali susseguitesi GUP o giudizio dibattimentale ecc. , come sottolineato anche dal Curatore nel suo parere vi era ripetizione della voce esame e studio nell'ambito della stessa fase processuale generiche erano alcune voci indicate nella notula per attività che non trovavano riscontro nel deposito dei verbali 2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione 1'avv. S. sulla base di due motivi. Non ha svolto attività difensiva l'intimato. Motivi della decisione 1.- I1 primo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli arti. 25 numero 4 R.D. 267 DEL 1942 e 61 R.D.L. 1578 DEL 1933, censura il provvedimento impugnato che, nel liquidare l'onorario di avvocato, non aveva tenuto conto della gravità e del numero delle questioni trattate, non avendo fatto cenno al caso concreto. Sostiene che il giudice non aveva considerato le attività, dettagliatamente descritte nella parcella svolte nel processo durato 16 anni nei confronti di quaranta imputati con la partecipazione a numerosissime udienze senza che fossero state indicate le voci ritenute non dovute e senza che fosse stato minimamente esaminato il voluminoso faldone prodotto in atti. Erroneamente, il giudice aveva ritenuto di valore indeterminabile la domanda di risarcimento dei danni proposta in sede di costituzione di parte civile, quando in essa era ripetuto che il danno arrecato alla massa fallimentare era di lire 32.206.344.000 Richiama il principio secondo cui, nel liquidare la parcella dell'avvocato, il giudice è tenuto a indicare separatamente i diritti e gli onorari non dovuti, per cui il tribunale avrebbe dovuto separatamente indicare quali diritti erano stati esclusi e quali voci erano state ridotte. 2- Il secondo motivo, lamentando violazione e falsa applicazione degli articolo 58 R.D.L. 1578/ 1933 e 1, primo e quarto comma, cap.II d.m. numero 127 del 2004, denuncia che, secondo il citato art. 58 l'onorario va determinato con riferimento al valore della controversia, al grado dell'autorità chiamata a conoscerne e per i giudizi penali anche alla durata di essi, mentre secondo la tariffa penale si deve tenere conto della natura, della gravità della causa, delle contestazioni e delle imputazioni, del numero e dell'importanza delle questioni trattate e della loro rilevanza patrimoniale, della durata del procedimento e del processo nonchè del pregio della opera prestata. Il tribunale aveva determinato il valore della controversia, ignorando quanto precisato in sede di comparsa conclusionale dall'avv. S. che aveva indicato in venti milioni di euro il danno subito dalla massa non aveva compiuto alcun accertamento in ordine allo svolgimento della prestazione durata 16 anni e che aveva richiesto l'esame della posizione particolare dei singoli imputati non aveva considerato che la trattazione era orale e quindi il professionista non era in grado di esibire alcun verbale. Richiama il valore di prova della parcella in assenza di contestazione della controparte - nella specie da individuarsi nel curatore fallimentare - il quale aveva dato atto delle prestazioni professionali analiticamente indicate ove non avesse condiviso il parere il tribunale avrebbe avuto l'obbligo di indicare specificamente le poste non dovute e quelle ridotte. 3. I motivi - che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati. In primo luogo, va osservato che nel procedimento con il quale chiede la liquidazione delle competenze professionali nei confronti del cliente, l'avvocato ha, ai sensi dell'art. 2697 cod. civ., l'onere di allegare e provare i fatti costitutivi del diritto azionato ovvero 1' espletamento delle attività effettivamente prestate in relazione alle quali pretende il riconoscimento dei diritti e degli onorari previsti dalla corrispondente voce della tariffa in relazione allo scaglione individuato in base al valore della controversia. Il riferimento al valore della parcella e alla necessaria contestazione di controparte appaiono fuori luogo posto che, nel rispetto delle previsioni della tariffa forense, il giudice delegato di ufficio deve verificare il diritto del legale al compenso tenuto conto della tutela di interessi generali e pubblici connessi con la funzione e le finalita della procedura concorsuale. Al riguardo si ricorda che in tema di provvedimento, con cui il giudice delegato, nell'esercizio della competenza esclusiva al riguardo attribuitagli dalla legge art. 25 numero 6 legge fall., nel testo modificato dal d.lgs. numero 5 del 2006 , liquida i compensi per l'opera prestata dagli incaricati a favore del fallimento, il parere del curatore consiste in una mera dichiarazione di scienza senza alcun valore certificatorio, spettando al giudice che ha provveduto alla nomina ogni accertamento della prestazione svolta dall'incaricato oltre che della relativa entità e dei risultati ne consegue l'insindacabilità, rispetto al predetto parere, sia del decreto del giudice delegato, sia, a maggior ragione, del provvedimento del tribunale fallimentare, adito dall'incaricato in sede di reclamo ex art. 26 legge fall. . Ciò premesso, va rilevato il difetto di autosufficienza del ricorso laddove a non trascrive il contenuto della domanda formulata con la costituzione di parte civile, riportando le conclusioni con le quali era stata formulata la domanda di danni, in modo da consentire alla Corte di verificare la fondatezza della censura non avendo accesso diretto agli atti , essendo del tutto generici i riferimenti contenuti in proposito nel ricorso b non riporta il contenuto della notula in modo da dimostrare - contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale - la specificità delle voci ivi indicate Orbene, con accertamento di fatto, riservato al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, che non è stato neppure denunciato, il tribunale ha ritenuto che il ricorrente non aveva assolto l'onere probatorio al medesimo incombente in particolare, non erano stati depositati i verbali di udienza, dai quali comunque sarebbe dovuta risultare la presenza del legale e, per cui non era possibile compiere alcuna valutazione dell'attività svolta, in particolare di quella istruttoria, chiesta e svolta dal legale per la prova del danno connesso alla costituzione di parte civile. Evidentemente, il ricorrente avrebbe dovuto denunciare il vizio di omesso esame, trascrivendo i verbali di udienza da cui doveva necessariamente risultare la partecipazione del legale alle udienze, per le quali erano state indicate le voci della tariffa pretese. Il ricorso va rigettato. Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle spese relative alla presente fase, non avendo l'intimato svolto attività difensiva. P.Q.M. Rigetta il ricorso.