Niente iscrizione all’albo degli Avvocati per chi insegna alla scuola primaria

Per l’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part time , dell’esercizio della professione forense, la nuova legge professionale dà rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge, ma anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, espressamente limitato alle materie giuridiche.

È quanto deciso dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 21949/15, depositata il 28 ottobre. Il caso. Una dipendente del MIUR – insegnante di scuola primaria a tempo indeterminato -, avendo svolto il periodo biennale di pratica professionale e superato l’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense, chiedeva l’iscrizione all’albo degli Avvocati di Milano, ma il COA rigettava la sua istanza sul presupposto che l’esercizio della professione è compatibile solamente con l’insegnamento e l’attività di ricerca in materie giuridiche e il CNF confermava la decisione del Consiglio dell’Ordine. L’insegnante, quindi, ricorre alla Corte di Cassazione. Nella previgente disciplina gli insegnanti di scuola elementare potevano esercitare la professione. Gli Ermellini hanno innanzitutto precisato che, nella previgente disciplina della professione forense, l’art. 3 R.D.L. n. 1578/1933, che prevedeva in via generale l’incompatibilità tra lo svolgimento della professione di avvocato e la sussistenza di un impiego pubblico, stabiliva un’eccezione per professori e assistenti delle Università e di altri Istituti superiori e per professori degli Istituti secondari. Le Sezioni Unite avevano interpretato tale disposizione nel senso che, in presenza dei requisiti richiesti, l’incompatibilità andasse esclusa anche per i docenti delle scuole elementari, dal momento che anche questi ultimi godono della medesima libertà di insegnamento stabilita per gli altri docenti e devono essere in possesso della laurea la loro esclusione, quindi, secondo le Sezione Unite, avrebbe costituito una discriminazione in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza. La nuova legge professionale permette di esercitare solo a chi insegna materie giuridiche. L’art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, invece, continuano i Giudici di Piazza Cavour, non consente di ribadire l’interpretazione estensiva operata dalle Sezioni Unite rispetto al quadro normativo previgente ferma l’incompatibilità dell’esercizio della professione di avvocato con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato, infatti, l’art. 19 l. n. 247/2012 fa salva un’eccezione con riguardo all’insegnamento o alla ricerca in materie giuridiche nell’università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici. In altre parole, per l’operatività dell’eccezione alla regola generale dell’incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part time , la nuova legge dà rilievo non solo al luogo nel quale l’insegnamento o la ricerca si svolge, ma anche all’ambito disciplinare dell’insegnamento o della ricerca, espressamente limitato alle materie giuridiche. Non è, quindi, possibile, ricomprendere nell’ambito dell’eccezione anche i docenti della scuola primaria. Diversamente, non solo non sarebbe rispettata la lettera della norma, ma non si rispetterebbe nemmeno la ratio della riforma, che è quella di ammettere un’eccezione alla regola che sancisce l’incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione e che vale anche per i docenti e i ricercatori, soltanto laddove l’insegnamento e la ricerca si esplichino in un settore disciplinare affine a quello che caratterizza la professione di avvocato. Non rileva che l’istanza di iscrizione all’albo sia precedente alla nuova legge professionale. Né, concludono dal Palazzaccio, essendo stata avanzata l’istanza di iscrizione all’albo della ricorrente prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina della professione forense, può considerarsi cristallizzato” a tale data il quadro normativo applicabile il principio tempus regit actum , infatti, impone al COA territoriale chiamato a provvedere sull’istanza di applicare le disposizioni che intervengono nel corso del procedimento amministrativo. Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte ha rigettato il ricorso in esame.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 20 – 28 ottobre 2015, n. 21949 Presidente Santacroce – Relatore Giusti Ritenuto in fatto 1. - La Dott.ssa B.M., dipendente del Ministero dell'istruzione quale insegnante di scuola primaria a tempo indeterminato part-time per 16 ore settimanali, in data 9 gennaio 2013 ha presentato richiesta di iscrizione all'albo degli avvocati di Milano, a seguito del prescritto periodo biennale di pratica professionale e del superamento dell'esame di abilitazione all'esercizio della professione forense. Con decisione in data 25 luglio 2013, il Consiglio dell'ordine degli avvocati di Milano ha rigettato l'istanza di iscrizione, ritenendo ad essa preclusivo l'art. 19, comma 1, della legge 31 dicembre 2012, n. 247 Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense , ai cui sensi l'esercizio della professione, in deroga a quanto stabilito nell'art. 18, è compatibile esclusivamente con l'insegnamento e l'attività di ricerca in materie giuridiche. 2. - Il Consiglio nazionale forense, con sentenza depositata il 12 marzo 2015, ha respinto il gravame della B Il CNF ha affermato che, in base alla disciplina dettata dagli artt. 18 e 19 della legge n. 247 del 2012, la professione di avvocato è incompatibile con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato, e che l'attività di insegnante, seppur part-time, in una scuola primaria statale resta al di fuori delle esenzioni di legge. Secondo il CNF, con il nuovo ordinamento è stata superata la precedente, più generica disciplina di cui all'art. 3, quarto comma, lettera a , del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, nella legge 22 gennaio 1934, n. 36 oggi infatti l'eccezione alla norma sulla incompatibilità riguarda espressamente quale previsione eccezionale soltanto gli insegnanti di materie giuridiche. Né - ha proseguito il Consiglio nazionale forense - rileva la circostanza che la B. ha presentato l'istanza di iscrizione in data 9 gennaio 2013, e dunque prima dell'entrata in vigore, il 2 febbraio 2013, della nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense, dettata dalla legge n. 247 del 2012 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica il 18 gennaio 2013 . Infatti, il principio tempus regit actum impone all'organo chiamato a provvedere in via amministrativa nella specie, il COA di Milano , di dare applicazione alle disposizioni normative che intervengono nel corso del procedimento amministrativo, malgrado l'atto di impulso di parte sia stato posto in essere in data anteriore al nuovo quadro normativo. 3. - Per la cassazione della sentenza del CNF la B. ha proposto ricorso, con atto notificato l'8 maggio 2015, sulla base di un motivo. L'intimato Consiglio dell'ordine non ha svolto attività difensiva in questa sede. Considerato in diritto 1. - Con l'unico motivo, la ricorrente prospetta violazione di legge od errata applicazione dell'art. 19 della legge n. 247 del 2012, ed omessa applicazione dell'art. 3, quarto comma, lettera a , del regio decreto-legge n. 1578 del 1933. Deduce la ricorrente che, secondo il previgente ordinamento, nell'interpretazione ad esso data dalle Sezioni Unite con la sentenza 12 ottobre 2010, n. 22623, l'insegnamento in una scuola elementare non impediva l'iscrizione all'albo. Se il principio considerato da tutelare è quello della libertà di insegnamento, allora la specificazione insegnamento o [ .] ricerca in materie giuridiche”, introdotta dalla nuova normativa, verrebbe a confliggere con tale principio. Di qui, ad avviso della ricorrente, l'errata applicazione dell'art. 19 della nuova legge professionale la Dott.ssa B. , pur essendo maestra elementare e pur non insegnando certamente materie giuridiche, ha comunque diritto a poter liberamente insegnare ed anche a esercitare la professione forense come avvocato . Nella specie, in ogni caso, avrebbe dovuto trovare applicazione la previgente normativa, sia perché costituzionalmente orientata, sia perché la domanda di iscrizione era stata presentata prima della entrata in vigore della legge n. 247 del 2012. Poiché il procedimento finalizzato alla iscrizione all'albo era iniziato nella vigenza della precedente normativa, esso avrebbe dovuto concludersi facendo applicazione di quella normativa, senza possibilità di applicazione della nuova. La disciplina che dovrebbe trovare applicazione - sostiene la ricorrente - sarebbe quella in vigore all'inizio della fase istruttoria in questo momento, infatti, viene definita la decisione finale rispetto alla quale il provvedimento conclusivo costituirà solo un mero epilogo. Qualsiasi modifica normativa, che dovesse intervenire sullo svolgimento dell'istruttoria, rappresenterebbe un inquinamento delle conclusioni dell'intero procedimento ed un potenziale pregiudizio per le situazioni giuridiche dei soggetti interessati . 2. - Il motivo è infondato. 2.1. - Nel vigore della precedente disciplina dell'ordinamento della professione di avvocato, l'art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, nel prevedere in via generale l'incompatibilità tra lo svolgimento della professione di avvocato e la sussistenza di un impiego pubblico, stabiliva anche un'eccezione quarto comma, lettera a per i professori e gli assistenti delle Università e degli altri Istituti superiori ed i professori degli Istituti secondari”. Con la sentenza 8 novembre 2010, n. 22623, le Sezioni Unite hanno interpretato la disposizione derogatoria contenuta nel citato art. 3, quarto comma, lettera a , nel senso che, sussistendone i requisiti, l'incompatibilità è esclusa anche per i docenti delle scuole elementari. A tale conclusione questa Corte è giunta sul rilievo che anche i docenti della scuola elementare godono della medesima libertà di insegnamento stabilita per gli altri docenti e devono essere in possesso della laurea, sicché la loro esclusione dall'eccezione prevista dall'ordinamento professionale si risolverebbe in una discriminazione in contrasto con il principio costituzionale di eguaglianza. Si è trattato, in quel contesto, non di stabilire una nuova eccezione alla regola, bensì di esplicitare quanto era già individuabile nel contenuto della norma in coerenza con l'identità di ratio di quanto espressamente previsto . 2.2. - L'art. 19 del nuovo ordinamento della professione forense, di cui alla legge n. 247 del 2012, avente ad oggetto la disciplina delle eccezioni alla norma sulla incompatibilità, ha un contenuto diverso, che non consente di ribadire l'interpretazione estensiva operata dalle Sezioni Unite con riferimento al quadro normativo precedente. Infatti - ferma l'incompatibilità dell'esercizio della professione di avvocato con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato” art. 18, comma 1, lettera d - l'art. 19, al comma 1, fa salva un'eccezione con riguardo all'”insegnamento o [al]la ricerca in materie giuridiche nell'università, nelle scuole secondarie pubbliche o private parificate e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione pubblici”. Ai fini dell'operatività dell'eccezione alla regola generale dell'incompatibilità con qualunque attività di lavoro subordinato, anche part-time, la nuova legge da quindi rilievo non solo al luogo nel quale l'insegnamento o la ricerca si svolge nelle università, nelle scuole secondarie e nelle istituzioni ed enti di ricerca e sperimentazione , ma - e ciò costituisce una novità rispetto al testo precedente - anche all'ambito disciplinare dell'insegnamento o della ricerca, il quale, per espressa previsione, è esclusivamente quello delle materie giuridiche”. L'univoco tenore letterale dell'art. 19 non ne consente una lettura e-stensiva tale da ricomprendere nell'ambito dell'eccezione, in nome dell'unitarietà della funzione docente, anche i docenti della scuola primaria, che insegnanti in materie giuridiche non sono. Una diversa interpretazione non solo non si muoverebbe nel rispetto delle potenzialità obiettive del dato testuale, ma anche non terrebbe conto della ratio della riforma, che è quella di ammettere un'eccezione, alla regola che sancisce l'incompatibilità con qualsiasi rapporto implicante subordinazione e che vale anche per i docenti e i ricercatori, soltanto là dove l'insegnamento e la ricerca costituenti la prestazione lavorativa si esplichino in un settore disciplinare materie giuridiche” comune a quello che tipicamente caratterizza la professione di avvocato. 2.3. - Sfugge, d'altra parte, alla censura della ricorrente la statuizione del CNF di ritenere applicabile al rapporto controverso la più restrittiva disciplina dettata dalla legge n. 247 del 2012. Sebbene, infatti, la domanda di iscrizione all'albo della Dott.ssa B. tragga origine da un'istanza depositata in data 9 gennaio 2013, quando era ancora in vigore l'art. 3 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, il relativo procedimento amministrativo è stato definito dal Consiglio dell'ordine territoriale il 25 luglio 2013, successivamente, quindi, all'entrata in vigore, il 2 febbraio 2013, dell'art. 19 della legge n. 247 del 2012. La circostanza che l'istanza di iscrizione all'albo sia stata avanzata prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina delle incompatibilità della professione forense, non cristallizza a tale data il quadro normativo applicabile. Il principio tempus regit actum impone infatti al Consiglio dell'ordine territoriale, chiamato a provvedere sull'istanza, di dare applicazione alle disposizioni che intervengono nel corso del procedimento amministrativo, malgrado l'atto di impulso di parte sia stato posto in essere in data anteriore al nuovo quadro normativo. Questa soluzione è coerente sia con la natura costitutiva dell'iscrizione all'albo degli avvocati cfr. Sez. lav., 28 novembre 1978, n. 5575 Sez. lav., 20 aprile 2006, n. 9232 Sez. I, 23 settembre 2009, n. 20436 Sez. II, 24 ottobre 2013, n. 24124 sia con il rilievo che la scadenza del termine fissato dalla legge per la deliberazione del Consiglio dell'ordine sulla domanda di iscrizione v. art. 24 del regio decreto-legge n. 1578 del 1933, e, successivamente, art. 17 della legge n. 247 del 2012 si colloca nella specie dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense sia, infine, con la considerazione che - per espressa disposizione contenuta nella disposizione transitoria di cui all'art. 65 della legge n. 247 del 2012 - il citato art. 19 non si applica agli avvocati già iscritti agli albi alla data di entrata in vigore della presente legge, per i quali restano ferme le disposizioni” precedenti, laddove la Dott.ssa B. , alla data di entrata in vigore della legge, non era ancora iscritta all'albo né era scaduto il termine per provvedere, da parte del Consiglio dell'ordine, sulla relativa richiesta. 3. - Il ricorso è rigettato. Non vi è luogo a pronuncia sulle spese, non avendo l'intimato svolto attività difensiva in questa sede. 4. - Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi dell'art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto il comma 1-quater all'art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma I-bis dello stesso art. 13.