Avvocato stabilito? La condotta deve comunque essere irreprensibile

La circostanza che un cittadino di uno Stato membro si rechi in altro Stato membro per acquisirvi la qualifica professionale di avvocato e poi faccia ritorno nello Stato di cui è cittadino per esercitarvi la professione, non fa venire meno la possibilità di verificare se, attraverso tale percorso, sia stata perseguita la finalità di esercitare la professione di avvocato nonostante la sussistenza di condizioni oggettive e soggettive che precluderebbero l’esercizio della professione.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15694/15, depositata il 27 luglio. Il caso. Un abogado iscritto all’ordine degli Abogados di Lucena Spagna chiedeva l’iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti presso il COA di Roma, autocertificando l’assenza di carichi pendenti e di sentenze di condanna. Acquisita informazione da parte della Procura di Perugia della pendenza di procedimenti penali nei confronti dell’ abogado , nonché di una sentenza comportante la cancellazione emessa nei confronti del medesimo dal COA di Trani, il COA di Roma chiedeva ulteriori accertamenti, all’esito dei quali revocava l’iscrizione del professionista alla sezione speciale dell’albo degli avvocati stabiliti di Roma. Avverso tale provvedimento l’uomo proponeva ricorso al CNF, che lo rigettava sul presupposto che la richiesta di iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti non faceva venire meno la necessità che il professionista fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata prescritta dall’ordinamento forense condotta irreprensibile ai sensi della l. n. 247/2012 . Nel merito, il CNF riteneva che i precedenti penali irrevocabili, unitamente alla falsa autocertificazione in ordine al possesso dei requisiti per l’iscrizione, giustificassero la decisione assunta dal COA. Avverso tale pronuncia, il professionista proponeva ricorso, depositando contestualmente istanza di sospensione dell’esecutorietà della decisione impugnata. Sosteneva il ricorrente che il COA fosse sprovvisto di ogni potere in ordine all’iscrizione nella sezione speciale degli avvocati stabiliti, e lamentava, inoltre, che le vicende considerate dal COA di Roma per la revoca dell’iscrizione erano relative a periodi precedenti a quest’ultima e, pertanto, irrilevanti a fini disciplinari. Anche per l’avvocato stabilito devono sussistere i requisiti di onorabilità ai fini dell’iscrizione all’albo. I Giudici di Piazza Cavour osservano preliminarmente che l’istanza del ricorrente appare carente del requisito del fumus boni iuris , dal momento che l’iscrizione richiesta dall’ abogado all’albo degli avvocati stabiliti appare connotata da elementi che lasciano fondatamente ipotizzare la natura abusiva della richiesta. Il professionista, infatti, all’atto del deposito della richiesta di iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti, aveva depositato un’autocertificazione attestante l’insussistenza di carichi pendenti e di condanne penali – autocertificazione in seguito confutata dalla segnalazione da parte del COA di Trani di una sentenza disciplinare con la quale era stata disposta la cancellazione del ricorrente dal registro dei praticanti avvocati e dall’informazione acquisita da parte della Procura di Perugia circa l’esistenza di numerosi precedenti penali a carico del medesimo. Ed invero, tali circostanze non sono state contestate dall’ abogado nella loro obiettività, essendosi lo stesso limitato ad invocare la preclusione di ogni valutazione da parte del COA in ordine alla sussistenza dei requisiti di onorabilità ai fini dell’iscrizione all’albo degli avvocati stabiliti. Sul punto gli Ermellini hanno precisato che, in conformità alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, non può considerarsi abusiva la condotta del cittadino di uno Stato membro che si rechi in altro Stato membro per acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia poi ritorno, anche dopo poco tempo, nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale acquisito d’altro canto, prosegue il Supremo Collegio, ciò non fa venire meno la possibilità di verificare se, attraverso tale percorso, il cittadino dello Stato membro persegua la finalità di esercitare la professione di avvocato nonostante versi in condizioni oggettive e soggettive tali che al cittadino italiano precluderebbero l’esercizio della professione. Nel caso di specie, la verifica effettuata dal CNF ha evidenziato che sussistono gli elementi per ritenere che un cittadino italiano che si trovasse nella medesima situazione del ricorrente non potrebbe certamente svolgere l’attività che quest’ultimo con l’iscrizione nell’albo degli avvocati stabiliti – poi revocata – avrebbe potuto svolgere. Di tale quadro, del resto, il ricorrente appare consapevole. Per queste ragioni, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno rigettato l’istanza di sospensione dell’esecutorietà della sentenza del CNF.

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, ordinanza 21 – 27 luglio 2015, n. 15694 Presidente Cicala – Relatore Petitti Ritenuto in fatto L'Abogado V.V.Z., iscritto all'ordine degli Abogados di Lucena Spagna dal 7 gennaio 2012, chiedeva in data 12 marzo 2012 l'iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma di Roma, autocertificando l'assenza di carichi pendenti e di sentenze di condanna. In data 15 marzo 2012 il COA di Roma iscriveva l'istante all'Albo degli Avvocati stabiliti e gli chiedeva di comprovare i requisiti autocertificati cosa che l'Abogado Z. faceva depositando certificato generale dei casellario e dei carichi pendenti presso il Tribunale di Alessandria. Acquisita informazione da parte della Procura di Perugia della pendenza di procedimenti penali nei confronti dello Z., nonché di una sentenza disciplinare comportante la cancellazione, emessa nei confronti del medesimo avvocato dal COA di Trani, il COA di Roma richiedeva ulteriori accertamenti e, all'esito, con delibera dei 20 novembre 2012, revocava la sua iscrizione alla sezione speciale dell'Albo degli Avvocati stabiliti di Roma. L'Abogado Z. proponeva ricorso al CNF che, con sentenza depositata il 10 marzo 2015, lo rigettava. In particolare, il CNF riteneva che la richiesta di iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti non facesse venire meno la necessità che il professionista fosse in possesso del requisito della condotta specchiatissima e illibata, prescritta dall'ordinamento forense condotta irreprensibile ai sensi della legge n. 247 del 2012 , anche per le sezioni speciali dell'Albo degli Avvocati, non potendosi limitare la possibilità di verifica del requisito alla mera segnalazione al Consiglio dello Stato membro per i provvedimenti di competenza. Il CNF osservava, infatti, che se così fosse il COA nazionale non potrebbe svolgere alcun accertamento sul rispetto, da parte dell'iscritto alla sezione speciale, delle regole deontologiche. Nel merito, il CNF riteneva che i precedenti penali irrevocabili, unitamente alla falsa autocertifcazione in ordine al possesso dei requisiti per la iscrizione, giustificassero la decisione assunta dal COA. Avverso questa sentenza V.V.Z. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, cui ha resistito, con controricorso, il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma. Il ricorrente ha depositato istanza di sospensione della esecutorietà della decisione impugnata. Acquisite le conclusioni della Procura generale, è stata fssata la trattazione della istanza per la camera di consiglio del 21 luglio 201.5. In prossimità dell'adunanza camerale il COA di Roma ha depositato memoria. Considerato in diritto 1. - Deve essere preliminarmente disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso e dell'istanza per vizio della notifcazione dei ricorso e per mancata notificazione della istanza di sospensione. Quanto al ricorso, è sufficiente rilevare che ogni possibile invalidità della notificazione dello stesso risulta sanata dall'avvenuta costituzione dei Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma. Quanto alla istanza di sospensione, è ben vero che la stessa è stata solo depositata dai ricorrente presso la cancelleria di questa Corte, e non notificata. Tuttavia, ai sensi dell'art. 36, comma 7, della legge n. 247 del 2012, il quale prevede che l'esecuzione delle decisioni del CNF considerate nel medesimo articolo può essere sospesa da queste Sezioni Unite, in camera di consiglio, su istanza del ricorrente, sono state richieste al P.M. presso questa Corte le conclusioni scritte che sono poi state notificate al difensore costituito dei COA di Roma, il quale ha quindi potuto svolgere le proprie difese nel merito della istanza di sospensione proposta. Tanto basta per escludere che vi sia stata alcuna violazione del contraddittorio e per ritenere, quindi, procedibile la richiesta di sospensione. 2. - Il ricorrente sostiene che il COA sarebbe sprovvisto di ogni potere in ordine alla iscrizione nella sezione speciale degli Avvocati stabiliti e rileva che le vicende considerate dal COA di Roma per revocare l'iscrizione erano relative a periodi precedenti alla iscrizione e quindi irrilevanti a fini disciplinari. 3. - Deve preliminarmente essere affermata l'ammissibilità della proposta istanza di sospensione, atteso che l'art. 36, comma 1, della legge n. 247 dei 2012, attribuisce al CNF competenza giurisdizionale, tra l'altro, sui reclami avverso i provvedimenti disciplinari nonché in materia di albi, elenchi e registri e che il comma 7 del medesimo articolo, come già rilevato, stabilisce che la proposizione del ricorso avverso le decisioni giurisdizionali del CNF non ha effetto sospensivo, prevedendo tuttavia, che l'esecuzione possa essere sospesa da queste Sezioni Unite, in camera di consiglio, su istanza del ricorrente. 4. - L'istanza deve essere rigettata. Invero, a prescindere dalla questione se il COA possa procedere ad autonoma valutazione della sussistenza dei requisiti prescritti dalla legge nazionale per la iscrizione all'Albo degli Avvocati anche con riferimento alle domande di iscrizione alla sezione speciale dell'Albo degli Avvocati stabiliti, e se, per effetto di tale autonoma valutazione, possa poi procedere in autotutela alla revoca della iscrizione già disposta, osta all'accoglimento della istanza, sotto il profilo della carenza del requisito del fumus boni iuris, il rilievo che l'iscrizione richiesta dal ricorrente all'Albo degli Avvocati stabiliti appare connotata da elementi che lasciano fondatamente ipotizzare la natura abusiva della richiesta. 4.1. - In proposito, deve rilevarsi che dalla sentenza impugnata emerge che il ricorrente ebbe a depositare, unitamente alla richiesta di iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti, una autocertificazione attestante la insussistenza di carichi pendenti e di condanne penali che la segreteria del COA di Trani ha trasmesso al COA di Roma una sentenza disciplinare dei 17 novembre 1992, con la quale era stata disposta la cancellazione dell'Avvocato Z. dal registro dei praticanti avvocati che il sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia ha inoltrato al COA di Roma una segnalazione circa l'esistenza di numerosi precedenti penali a carico dell'Abogado Z Tali circostanza non sono, nella loro obiettività, state contestate dal ricorrente, il quale invoca la preclusione di ogni valutazione, da parte del COA, in ordine alla sussistenza dei requisiti di onorabilità ai fini della iscrizione all'Albo degli Avvocati stabiliti. 4.2. - Tale condotta, ad avviso dei Collegio, appare ad una prima delibazione, strettamente finalizzata alla decisione sulla istanza cautelare, sintomatica dell'esistenza di un abuso dei diritto. Invero, se deve escludersi l'abusività della condotta del cittadino di uno Stato membro che si rechi in altro Stato membro al fine di acquisirvi la qualifica professionale di avvocato a seguito del superamento di esami universitari e faccia poi ritorno, anche dopo poco tempo, nello Stato membro di cui è cittadino per esercitarvi la professione di avvocato con il titolo professionale ottenuto nello Stato membro in cui tale qualifica professionale è stata acquisita Corte di Giustizia dell'Unione europea, sentenza 17 luglio 2014, resa nelle cause riunite C-58/13 e C-59/13 , è altresì vero che non viene meno la possibilità di verificare se, attraverso tale percorso, il cittadino dello Stato membro persegua la finalità di esercitare la professione di avvocato versando in condizioni oggettive e soggettive tali che al cittadino italiano precluderebbero comunque l'esercizio della professione stessa. E, nella specie, la verifica di tali elementi effettuata dal CNF nella sentenza impugnata evidenzia la sussistenza di entrambi gli elementi, atteso che un cittadino che si trovasse nelle medesime non contestate condizioni dell'Abogado Z. non potrebbe certamente svolgere l'attività che invece il ricorrente, con l'iscrizione nell'Albo degli Avvocati stabiliti, poi revocata, avrebbe potuto svolgere d'altra parte, emerge evidente la consapevoiezza, da parte del ricorrente, della impossibilità di svolgere la professione di avvocato in Italia, se non attraverso un utilizzo improprio della normativa comunitaria e di quella nazionale di attuazione, volte a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica. 5. -- In conclusione, deve ritenersi insussistente il fumus boní iuris per l'accoglimento della istanza cautelare, che va quindi rigettata. La regolamentazione delle spese del procedimento va rimessa alla decisione sul merito del ricorso. P.Q.M. La Corte, pronunciando a Sezioni Unite, rigetta l'istanza di sospensione della esecutorietà della sentenza del CNF n. 14 del 2015.