Il credito dell’avvocato per onorari professionali è credito di valuta e non di valore. E gli interessi? Da quando decorrono?

Quando insorge una controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28, l. 13 giugno 1942 n. 794, sicché è da quella data — e nei limiti di quanto liquidato dal giudice — che va riportata la decorrenza degli interessi.

L’ordinanza n. 11587 depositata dalla sez. VI Civile della Corte di Cassazione il 4 giugno 2015 ribadisce alcuni interessanti principi in materia di compensi professionali degli avvocati, soprattutto per quanto riguarda la natura del credito di valore o di valuta e l’automaticità della messa in mora del cliente inadempiente”. Il caso. Un avvocato aveva assistito un Comune in un maxiprocesso per mafia costituendosi parte civile. A conclusione del mandato aveva chiesto il pagamento di una parcella di quasi 100 mila euro somma che il Comune aveva rifiutato di corrispondere. In primo grado il Tribunale aveva condannato il Comune a corrispondere all’avvocato la minor somma di circa 19 mila euro, riducendo quindi fortemente la pretesa iniziale. Il professionista proponeva appello che però veniva rigettato. I limiti del giudizio di legittimità. I primi motivi del ricorso per cassazione vengono di fatto respinti perché inerenti a valutazioni di merito sottratte alla competenza della Suprema Corte. Da qui l’occasione per gli Ermellini per ribadire il principio, appunto più volte affermato, per cui i vizi della sentenza, posti a base del ricorso per cassazione, non possono risolversi nel sollecitare una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, né possono attenere al difforme apprezzamento dei fatti dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte. Questo genere di censure è dunque inammissibile. La presunta violazione degli artt. 2, 4 e 5 del d.lgs. n. 231/2002 il problema della messa in mora e del momento da cui decorrono gli interessi. Anche questo motivo di ricorso viene rigettato dalla Suprema Corte. A questo proposito viene richiamato un altro principio, secondo cui in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico del cliente, la disposizione comune alle tre tariffe forensi civile, penale e stragiudiziale contenuta nel d.m. 14 febbraio 1992 n. 238 prevede che gli interessi di mora decorrano dal terzo mese successivo all'invio della parcella. Tuttavia, quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28, l. 13 giugno 1942 n. 794 che è di particolare, sollecita definizione , sicché è da quella data — e nei limiti di quanto liquidato dal giudice — e non da prima che va riportata la decorrenza degli interessi. E la svalutazione monetaria? Ci vuole una specifica domanda Infatti, il credito dell’avvocato per onorari professionali è credito di valuta e non di valore, avendo ad oggetto una somma di denaro. Ne consegue che la sopravvenuta svalutazione monetaria non consente una rivalutazione d’ufficio del credito vantato, occorrendo una domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno nei limiti previsti dall’art. 1224, comma 2, c.c. e il soddisfacimento del relativo onere probatorio inoltre, essendo applicabile l’art. 429 del c.p.c., la svalutazione potrà essere riconosciuta solo qualora l’opera dell’avvocato si configuri come attività continuativa e coordinata tipica dei cosiddetti rapporti di parasubordinazione. Nel caso di specie, in assenza di alcuna specifica prova quanto alla richiesta di riconoscimento della svalutazione monetaria, la Cassazione ha rigettato anche sotto tale profilo il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 26 novembre 2014 – 4 giugno 2015, n. 11587 Presidente Petitti – Relatore Scalisi Fatto e diritto Rilevato che il Consigliere designato, Dott. A. Scalisi, ha depositato ai sensi dell'art. 380 bis cd. proc. civ., la seguente proposta di definizione del giudizio Preso atto che l'avv. G. , con atto ex art. 702 bis cpc, del 13 aprile 2012 chiedeva la liquidazione della parcella relativa alla prestazione professionale fornita al Comune di Mussomeli quale difensore di parte civile nel giudizio a carico di M.F. più 43 celebratosi davanti al Tribunale di Palermo. Il Tribunale in composizione collegiale ritenendo che il procedimento de quo esulasse dall'ambito applicativo dello speciale procedimento ex art. 28 legge 794 del 1942 e art. 14 dlgs. 150 del 2011 rimetteva il processo davanti al Giudice monocratico. Il Tribunale di Caltanissetta con ordinanza ex art. 702 bis cpc, in composizione monocratica condannava il Comune di Mussomeli al pagamento in favore dell'avv. G. della somma di Euro 18.702,01 oltre Iva e CPA come per legge e oltre gli interessi legali dalla data del provvedimento al soddisfo a fronte di una richiesta di Euro. 98.548,46, compensava un terzo delle spese processuali e poneva la restante parte di un terzo a carico del Comune. Avverso questa ordinanza proponeva appello l'avv. G. lamentando che il Giudice di primo grado erroneamente non aveva riconosciuto alcune attività svolte e documentate, chiedeva, pertanto la riforma dell'ordinanza del primo Giudice e il riconoscimento integrale dei diritti e degli onorari già richiesti in primo grado. Si costituiva il Comune di Mussomeli eccependo l'inammissibilità dell'appello e chiedendone il rigetto. La Corte di Appello di Caltanissetta con sentenza n. 71 del 2013 rigettava l'appello e confermava l'ordinanza impugnata, condannava l'avv. G. al pagamento delle spese processuali relative al secondo grado del giudizio. La Corte nissena osservava a che l'avv. G. posto che difendeva un Ente che era costituito parte civile in un maxiprocesso per reati di mafia e che i reati che vedevano parte offesa, il Comune, erano stati dichiarati estinti per prescrizione, non ha potuto svolgere un'attività della complessità da egli descritta b dall'esame dei verbali di udienza non emergeva il concreto spiegamento di alcuna attività difensiva ulteriore rispetto alla presenza in aula c tutte le voci di spese non liquidate son o state segnalate dal Tribunale come non provate e il ricorrente aveva formulato una contestazione generica d la compensazione di un terzo delle spese giudiziali operata dal Tribunale appariva corretta posto che era connesso al solo parziale accoglimento della domanda. La cassazione di questa sentenza è stata chiesta dall'Avv. G. per quattro motivi. Il Comune di Mussomeli ha resistito con controricorso. Considerato che 1.- L'avv. G. lamenta. a con il primo motivo, l'omessa motivazione sulla mancata applicazione dei criteri previsti dal comma 3 dell'art. 1 della T.F.P. Secondo il ricorrente, la Corte di appello di Caltanissetta a non avrebbe tenuto conto che l'art. 1 della T.P. laddove prevede che il giudice possa raddoppiare la parcella per particolari circostanze e tra queste la durata della fase procedimentale e dibattimentale, oppure la continuità dell'impegno necessario, oppure il disagio dipendente dalla necessità di frequenti trasferimenti fuori sede o di incombenti da compiere in ore diverse da quelle abituali . La presenza dei requisiti avrebbe legittimato, cosi come richiesto espressamente dall'appellante, la maggiorazione richiesta e non concessa. B integrerebbe gli estremi dell'ultra petita l'osservazione del giudice di appello quando afferma che per i fatti contestati a M. erano maturati i termini della prescrizione atteso che nel presente giudizio nessuna eccezione in merito era stata formulata dalla difesa del Comune di Mussomeli. b Con il secondo motivo, la contraddittoria motivazione sull'assenza dei requisiti dell'art. 1 del T.F.P. Secondo il ricorrente la Corte nissena avrebbe ignorato totalmente il concreto e documentato sforzo intellettuale e materiale. compiuto dal difensore posto che il Giudice di primo grado ha comunque accertato che l'avv. G. aveva partecipato ad almeno 56 udienze, aveva dovuto esaminare atti processuali, relativi, pur sempre, ad un maxi processo di mafia per impostare la propria strategia difensiva. 1.1.- Entrambi i motivi in esame, che esaminati congiuntamente per l'innegabile connessione che esiste tra gli stessi dato che prospettano, sia pure sotto profili diversi, una stessa questione relativa all'esclusione che l'attività prestata dall'avv. G. fosse particolarmente complessa e decisiva, sono infondati. A parte la considerazione che, entrambi i motivi, sostanzialmente, si risolvono nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie, non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione effettuata dal Giudice del merito non presenta vizi logici né giuridici, la sentenza impugnata, è adeguatamente e sufficientemente motivata e nel suo complesso da ragione adeguata della decisione assunta. Come, la Corte di Caltanissetta, ha avuto modo di chiarire visti i limitati poteri della parte civile, considerato che l'ambito di suo intervento era, comunque, circoscritto ad episodi marginali nell'economia complessiva del detto maxiprocesso, tenuto conto del fatto che le ragioni del Comune dovevano essere tutelate nei confronti di un unico imputato e senza dimenticare che i fatti contestati a questo unico imputato M.F. non erano nemmeno aggravati dall'art. 7 della legge 203 del 19911 poiché non connotati dal metodo o dalle finalità mafiose. . non può sottacersi che per i fatti contestati erano maturati i termini di prescrizione molto prima della conclusione del dibattimento . E date queste premesse, appare, del tutto convincente e, comunque, plausibile la conclusione cui è pervenuta la Corte di Caltanissetta e cioè che l'avv. G. non poteva, quindi, dolersi del fatto che non si sia tenuta in considerazione la complessità del procedimento, visto che in presenza di tali evidenti circostanze, l'opera professionale da lui prestata non poteva considerarsi in se particolarmente complessa né decisiva . E di più, la Corte nissena ha ulteriormente chiarito che non vi erano ragioni, quindi, per applicare gli aumenti richiesti che apparivano ingiustificati, perché non correlati a circostanze obiettive, né peri applicare, in base alla tariffa, voci relative ad attività ulteriori di udienza che siano solo indicate dal difensore e non specificamente dimostrate. In verità, a fronte di queste considerazioni, il ricorrente contrappone le proprie, ma, della maggiore o minore attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice del merito, non è certo consentito discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il riesame del merito sol perché la vantazione delle accertate circostanze di fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le sue aspettative e confutazioni. 2.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione della tariffa forense, omesso esame di fatti e documenti decisivi discussione e di deposito atti 3 sia per l'attività di assistenza alle conclusioni, discussioni e requisitorie 4 per l'indennità di assistenza all'esame e controesame degli imputati e dei testi per la mancata liquidazione degli onorari per la redazione e il deposito dell'atto di costituzione di parte offerti in produzione ed espressamente eccepiti in appello, omessa motivazione sulle eccezioni solevate in appello. Secondo il ricorrente la Corte nissena avrebbe omesso di dare una motivazione a tutti i capi dell'appello ed a tutte le puntuali e specifiche eccezioni sollevate dall'appellante. In particolare, la Corte di merito a avrebbe negato il diritto agli onorari per nove udienze ritenendo che l'attuale ricorrente non fosse presente e neppure tramite sostituto processuale, epperò risulterebbe dagli atti processuali che l'avv. G. a quelle udienze è stato sostituito per delega da altro difensore. b non avrebbe spiegato le ragioni 1 per riconoscere l'indennità nella misura di Euro 20,00 per udienza e non invece Euro 20, per ogni ora o frazione di ora, nonostante l'avv. G. avesse depositato tutti i verbali di causa da cui risulterebbe sia l'ora di inizio che l'ora della fine 2 sia per l'attività di civile, 5 per la mancata liquidazione dei compensi per l'attività di corrispondenza e sessioni fuori studio 6 per la mancata liquidazione degli onorari relativi alle informative telefoniche che con colleghi di Palermo e le relative spese 7 per l'attività di investigazioni difensive relativa alla preliminare consultazione di atti bandi e verbali di gara e di appalto del Comune di Mussomeli 8 per il mancato riconoscimento del diritto al rimborso delle spese vive 9 per l'onorario relativo alla relazione e presentazione della relazione al Comune di Mussomeli il 10 agosto 2009. 2.1- Il motivo è infondato ed essenzialmente perché reiterando le pretese fatte valere nel giudizio di appello si risolve in una mera doglianza in ordine alle valutazioni compiute dalla Corte nissena senza però indicare l'errore in cui sarebbe incorsa la Corte di merito. Come ha avuto modo di chiarire tra l’altro e sia pure in forma sintetica, la Corte nissena, nell'atto di impugnazione l'avv. G. lamenta di aver subito tagli sulla propria parcella deduce che non sono state inserite tutte le voci delle tariffe nel calcolo effettuato in primo grado, si interroga sull'effettiva esperienza del giudice di primo grado riguardo le attività che si prestano nel giudizio penale, ma poi non offre alcun elemento specifico per superare i suddetti dati oggettivi, verificabili dagli atti che danno ampia contezza delle ragioni per le quali gli onorari sono stati fissati nella misura indicata dal provvedimento impugnato. nemmeno si è curato dell'affermazione del giudice di primo grado a pag. 6 del provvedimento dove si indicano una per una le udienze alle quali risulta assente e non risulta in atti alcuna delega a sostituto. Tutte le altre voci di spesa non liquidate sono segnalate specificamente dal Tribunale come non provate e il ricorrente formula una contestazione generica sul punto . Piuttosto, assume rilievo, a tale riguardo, il principio, più volte affermato da questa Corte e pienamente condiviso dal collegio, che i vizi della semenzai posti a base del ricorso per Cassazione non possono risolversi nel sollecitare, una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito soprattutto, Cass. 25 agosto 2003, n. 12467 , o che siano attinenti al difforme apprezzamento dei fatti dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte soprattutto, Cass. 7 agosto 2003, n. 11918 . 3.- Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 4 e 5 del Dlgs. 231/2002, omessa motivazione. Secondo il ricorrente, sia il Tribunale che la Corte di appello avrebbero errato a non considerare che l'atto del 10 agosto del 2009 contenesse un'espressa richiesta di pagamento con i requisiti di un vero e proprio atto di messa in mora. Pertanto la Corte di appello avrebbe dovuto riconoscere la rivalutazione monetaria e gli interessi con decorrenza dal 10.9.2009 rectius 10.08.2009 data di richiesta delle somme al Comune di Mussomeli. 3.1.- Anche questo motivo è infondato. Piuttosto la decisione della Corte di appello è coerente con i principi, ripetutamente affermati da questa Corte, ed in particolare a con il principio secondo cui in tema di liquidazione di diritti ed onorari di avvocato e procuratore a carico del cliente, la disposizione comune alle tre tariffe forensi civile, penale e stragiudiziale contenuta nel D.M. 14 febbraio 1992, n. 238 prevede che gli interessi di mora decorrano dal terzo mese successivo all'invio della parcella, tuttavia quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento della L. 13 giugno 1942, n. 794, ex art. 28, sicché è da quella data - e nei limiti di quanto liquidato dal giudice, e non da prima, che va riportata la decorrenza degli interessi cfr. Cass. n. 2431 del 2011 I1777del 2005, 5240 del 1999, 13586/1991, 5004 del 1993 3995 del 1988 . b con il principio, richiamato anche dalla Corte nissena, secondo cui Il credito dell'avvocato per onorari professionali è credito di valuta e non di valore, avendo ad oggetto una somma di denaro. Ne consegue che la sopravvenuta svalutazione monetaria non consente una rivalutazione d'ufficio di esso, occorrendo una domanda del creditore di riconoscimento del maggior danno nei limiti previsti dall'art. 1224, secondo comma, cod. civ. ed il soddisfacimento del relativo onere probatorio, ed essendo applicabile l'art. 429 cod. proc. civ., come modificato dalla legge n. 533/1973, solo quando l'opera dell'avvocato si configuri come attività continuativa e coordinata tipica dei cosiddetti rapporti di parasubordinazione . Epperò come ha chiarito la Corte nissena, nella fase di appello, l'avv. G. non ha svolto alcuna attività al fine di assolvere l'onere della prova conseguente alla sua domanda di rivalutazione monetaria. In definitiva, Si propone il rigetto del ricorso . Tale relazione veniva comunicata ai difensori delle parti costituite. Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cpc. Il Collegio, letta la memoria del ricorrente, condivide argomenti e proposte contenute nella relazione ex art. 380 bis cpc, rilevando, altresì, che le osservazioni espresse dal ricorrente con la memoria depositata in prossimità della camera di consiglio non consentono di superare le argomentazioni di cui alla relazione. In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio che verranno liquidate con il dispositivo. Il Collegio, ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto peri il ricorso principale a norma del comma i-bis dello stesso art. 13. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200 per esborsi oltre spese forfettarie e accessori come per legge. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 da atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.