Il compenso dell’avvocato si determina in base al valore del decreto ingiuntivo opposto

Ai fini della liquidazione dell’onorario dell’avvocato, il valore della controversia avente ad oggetto l’opposizione a decreto ingiuntivo, deve essere determinato con riferimento all’importo del decreto opposto, non potendo la somma ivi risultante sommarsi a quella chiesta dagli opponenti in restituzione di quanto versato per la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, né, tantomeno, a quella precedentemente versata sempre in esecuzione del medesimo decreto.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza n. 11454 depositata il 3 giugno 2015. Il caso. La pronuncia in commento origina da una controversia relativa al pagamento degli onorari richiesti da un professionista per l’attività svolta. I debitori proponevano opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti, munito di provvisoria esecuzione, ottenendo l’accoglimento della domanda e la restituzione delle somme versate. I giudici di merito ritenevano infatti che, in base al tenore letterale della quietanza emessa dal professionista, risultava che egli avesse già ricevuto il pagamento della prestazione eseguita solo parzialmente. Il professionista impugna la pronuncia con ricorso in Cassazione, denunciando, oltre ad infondati vizi procedurali, l’omessa o contraddittoria motivazione in ordine all’estensione della quietanza di pagamento a tutte le prestazioni effettuate e la violazione dei criteri ermeneutici a tal fine applicati dai giudici di merito. Il primo profilo di doglianza è inammissibile per la mancata formulazione del momento di sintesi con indicazione del fatto controverso e del quesito di diritto, mentre in merito all’interpretazione delle convenzioni intervenute tra le parti, la Corte di legittimità afferma che la sentenza impugnata ha correttamente tenuto conto delle espressioni letterali usate, traendone l’univocità della dichiarazione del creditore ed escludendo qualsiasi dubbio in ordine al fatto che la somma indicata era stata corrisposta e riscossa a titolo di saldo finale delle prestazioni effettivamente realizzate. Valore della controversia e onorari dell’avvocato. Fondata risulta invece l’ultima doglianza con cui il ricorrente denuncia la mancata considerazione del valore della controversia ai fini della liquidazione degli onorari del giudizio d’appello che si poneva in violazione dei massimi della tariffa forense. In effetti, sottolineano i Giudici di legittimità, in relazione al valore della controversia andava applicato lo scaglione della tariffa forense di cui al decreto n. 127/2004 compreso fra € 2.600,00 e € 5.200,00 , con la conseguenza che l’importo liquidato dal giudice d’appello per gli onorari dell’avvocato supera i massimi tariffari vigenti che ponevano un limite di € 1.015,00. A tal proposito, la S.C. coglie l’occasione per chiarire che il valore della controversia doveva essere determinato con riferimento all’importo del decreto ingiuntivo opposto e che dunque, la somma ivi risultante non avrebbe potuto sommarsi a quella chiesta dagli opponenti in restituzione di quanto versato per la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo, né, tantomeno, a quella che i medesimi avevano precedentemente versato sempre in esecuzione del medesimo decreto. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il quarto motivo del ricorso e rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata limitatamente al motivo accolto e, decidendo nel merito, ridetermina gli onorari di avvocato liquidati a favore degli opposti nel giudizio di appello.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 aprile – 3 giugno 2015, numero 11454 Presidente Bucciante – Relatore Migliucci Svolgimento del processo 1. - Il tribunale di Trani accoglieva l'opposizione proposta da D.P.F. e I.R. avverso il decreto con cui era stato loro ingiunto di pagare a D.I.R. la somma di L. 6.099.598 a titolo di saldo degli onorari per l'attività professionale redazione progetto calcoli strutture in cemento armato e direzione lavori relativa a un fabbricato da costruirsi. Con sentenza dep. il 9 dicembre 2008 la Corte di appello di Bari confermava la revoca dell'opposto decreto, accogliendo la domanda degli opponenti di restituzione della somma Euro 3.874,42 dai medesimi versata in esecuzione del decreto munito di provvisoria esecuzione. Per quel che interessa ancora nella presente sede, i Giudici di appello ritenevano che, in base al tenore della fattura quietanzata numero 3/98 emessa dal professionista, era risultato che il D.I. aveva ricevuto dagli opponenti la somma di L. 3.000.000 a saldo della prestazione parziale eseguita ovvero per redazione progetto e calcoli strutture in cemento armato, posto che era venuta meno la parte della prestazione relativa alla direzione dei lavori, come era desumibile dalla causale menzionata nella stessa fattura per la non avvenuta realizzazione dell'opera e che il saldo era liquidato per una prestazione parziale ovvero ridotta. Né, al riguardo poteva assumere rilevanza - secondo la sentenza impugnata - che soltanto successivamente alla emissione della fattura, i committenti ebbero a revocare al professionista l'incarico della direzione dei lavori, posto che - attesa la ricordata indicazione contenuta nella stessa fattura - il D.I. era consapevole che tale prestazione era venuta meno e la prestazione si era ridotta. 2. - Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il D.I. sulla base di quattro motivi illustrati da memoria. Resistono con controricorso gli intimati. Le parti hanno depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione 1.1. - Il primo motivo denuncia che la sentenza di appello era stata emessa lo stesso giorno 14-11-2008 in cui scadeva il termine per il deposito delle memorie di replica, che pertanto non era stato possibile depositare, con conseguente violazione del principio del contraddittorio. 1.2.- Il motivo è infondato. Deve ritenersi che la sentenza impugnata era stata deliberata in camera di consiglio il 14-11-2008 senza che fino al termine di chiusura delle cancellerie l'attuale ricorrente avesse depositato alcuna memoria di replica al riguardo, va rilevato che, nonostante quanto in proposito controdedotto dai resistenti con il controricorso, il ricorrente non ha formulato alcuna contestazione ovvero non ha neppure allegato di avere presentato memoria di replica prima della chiusura delle cancellerie nel giorno in cui la decisione è stata deliberata. 2.1. - Il secondo motivo denuncia l'omessa e contraddittoria motivazione in merito alla natura di quietanza di saldo di tutte le prestazioni effettuate dal professionista attribuito dai Giudici della fattura numero 3 del 1998, la quale faceva riferimento soltanto ad alcune. 2.2.- Il motivo è inammissibile. Ai sensi dell'articolo 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall'articolo 6 del d.lgs. numero 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità articolo 375 numero 5 cod. proc. civ., dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'articolo 360 primo comma numero 1 , 2 , 3 , 4 cod. proc. civ.,e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione. Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di diritto nei casi previsti dall'articolo 360 primo comma numero 1 , 2 , 3 , 4 cod. proc. civ., nell'ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi omologo del quesito di diritto ,separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall'esposizione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità S.U.20603/07 . In tal caso, l'illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia sia ricondotta nell'ambito delle attribuzioni conferite dall'articolo 360 numero 5 cod. proc. civ. al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l'analisi del provvedimento impugnato,non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l'esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l'esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l'esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa. Nella specie, il motivo non contiene la formulazione del momento di sintesi con la indicazione del fatto controverso e del vizio di motivazione. 3.1. - Il terzo motivo denuncia la violazione dei criteri ermeneutici nell'interpretazione, del contenuto della c.d. convenzione del 10/3/1998. I Giudici avevano proceduto a una interpretazione del documento, che, in violazione dell'articolo 1362 cod. civ., non aveva considerato il tenore letterale della fattura numero 3/98 estraendone conseguenze che non trovavano riscontro nella volontà del solutore, che non poteva essere desunta dalla prova orale né in quella dei committenti che soltanto un anno dopo ritenevano di revocare l'incarico non si era tenuto conto del comportamento anche successivo al contratto posto in essere dalle parti, che deve essere convergente ovvero comune nella specie, non era univoco il comportamento tenuto dai controricorrenti che non potevano sostenere di avere saldato l'intero rapporto se poi soltanto successivamente avevano revocato l'incarico il comportamento non era comune alle parti, posto che, da un lato, il creditore aveva rilasciato quietanza per una parte del debito e, dall'altro, i debitori ritenevano di non avere saldato l'intera prestazione la interpretazione era in contrasto con quanto previsto dall'articolo 1364 cod. civ., posto che la quietanza, essendo stata rilasciata per alcune prestazioni, non poteva essere stata rilasciata a saldo anche di quelle relative alla direzione dei lavori, che sarebbe stata revocata successivamente l'inciso identificato in prestazione parziale per la per la non avvenuta realizzazione dell'opera, non poteva estendersi fino a ricomprendere una prestazione che non è stata né considerata né menzionata era stato altresì violato l'articolo 1369 cod. civ 3.2.- Il motivo è infondato. La sentenza, interpretando la fattura quietanzata, ha correttamente tenuto conto della espressione letterale usata, ritenendo univoca la dichiarazione del creditore che non dava adito a dubbi, laddove si dava atto che la somma ivi indicata era corrisposta e riscossa a saldo delle prestazioni effettivamente realizzate ovvero prestazione parziale per la non avvenuta realizzazione dell'opera progettazione e calcolo in c.a Pertanto, appare immune dalle lamentate censure, la sentenza la quale ha ritenuto che, in base alle risultanze della quietanza rilasciata, la stessa si riferiva senza ombra di dubbio al pagamento di quelle che doveva considerarsi le attività professionali effettuate e che era stata rilasciata a saldo della prestazione parziale, essendosi tenuto conto del mancato svolgimento della direzione dei lavori, laddove si indicava che l'opera da costruire non era stata mai realizzata. Peraltro, deve escludersi che potesse essere indagata la ricerca della comune intenzione delle parti e il comportamento dalle medesime tenuto, dovendo considerarsi che in tema di atti unilaterali fra i quali rientra la fattura trovano applicazione le norme sull'interpretazione dei contratti articoli 1362 segg. cod. civ. in quanto siano compatibili, per cui non può aversi riguardo alla comune intenzione delle parti, che non esiste, ma deve indagarsi l'intento proprio del soggetto che ha posto in essere il negozio, senza che possa farsi ricorso, per determinarlo, alla valutazione del comportamento dei destinatari dell'atto stesso. 4.1. Il quarto motivo denuncia che, tenuto conto del valore della controversia Euro 3.150,18 , la liquidazione degli onorari del giudizio di appello era stata compiuta dalla sentenza impugnata in violazione dei massimi della tariffa forense. 4.2. - Il motivo è fondato. Tenuto conto del valore della controversia andava applicato lo scaglione della tariffa forense, di cui al decreto numero 127 del 2004, compreso fra Euro 2.600,00 ed Euro 5.200,00, per cui l'importo di Euro 3.600,00 liquidato dalla sentenza impugnata per gli onorari di avvocato è superiore ai massimi della tariffa forense vigente che non avrebbe potuto essere determinato in un compenso superiore a Euro 1.015,00 è appena il caso di chiarire che il valore della controversia era da determinare con riferimento all'importo del decreto ingiuntivo opposto e che, al tal fine, la suddetta somma non avrebbe potuto sommarsi a quella chiesta dagli opponenti in restituzione ovvero a quella che questi ultimi avevano corrisposto sempre in esecuzione del medesimo decreto, come erroneamente sostenuto dai resistenti. Pertanto, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa va decisa nel merito ai sensi dell'articolo 384 cod. proc. civ. l'importo relativo agli onorari di avvocato del giudizio di appello - al pagamento dei quali è stato condannato l'opponente in favore degli opposti - va rideterminato e liquidato in Euro 700,00. In considerazione del marginale accoglimento del ricorso, le spese della presente fase possono compensarsi per 1/4 mentre vanno poste nella misura di 3/4, a carico del ricorrente, risultato per il resto soccombente. P.Q.M. Accoglie il quarto motivo del ricorso rigetta gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, determina gli onorari di avvocato liquidati a favore degli opposti nel giudizio di appello nella somma di Euro 700,00 Condanna il ricorrente al pagamento in favore dei resistenti dei 3/4 delle spese relative alla presente fase che liquida in totale in Euro 1.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.300,00 per onorari di avvocato oltre spese forfettarie e accessori di legge, dichiarando compensato il residuo 1/4.