L’avvocato si affida alla posta per la notifica, quello che succede dopo non dipende più da lui

Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte dalla legge, cioè alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario. Non può, di conseguenza, essere accusato di negligenza professionale l’avvocato che ha affidato al servizio postale la notifica di un atto di opposizione a decreto ingiuntivo, a soli 5 giorni dalla scadenza dei termini perentori, non potendo prevedere che la notifica mediante servizio postale si sarebbe perfezionata oltre il termine.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8395, depositata il 24 aprile 2015. Il caso. La Corte d’appello di Milano condannava un avvocato al risarcimento dei danni subiti da un cliente a causa della sua negligenza professionale in una causa definita con sentenza del 2001. Secondo i giudici di merito, doveva essere considerato negligente il comportamento dell’avvocato che aveva affidato al servizio postale la notifica di un atto di opposizione a decreto ingiuntivo, a soli 5 giorni dalla scadenza dei termini perentori. In questo modo, si era assunto il rischio della decadenza dall’opposizione nell’eventualità di un ritardo nel perfezionamento della notifica. Il legale ricorreva in Cassazione, contestando alla Corte territoriale di non aver considerato che non può ritenersi negligente la condotta di un professionista che, in conformità agli artt. 638 e 645 c.p.c., provvede a notificare l’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo presso il procuratore indicato nel ricorso prima della scadenza del termine. La richiesta di notifica di un atto 6 giorni prima della scadenza non poteva integrare negligenza professionale, non potendo prevedersi che una notifica a mezzo del servizio postale si sarebbe perfezionata oltre il termine. Perfezionamento della notifica. La Corte di Cassazione richiama la pronuncia n. 477/2002 della Consulta in tale occasione, era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell’art. 149 c.p.c. e dell’art. 4, comma 3, l. n. 890/1982, nella parte in cui era previsto che la notificazione si perfezionava , per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario, anziché a quella antecedente di consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario. Attività di soggetti terzi. Di conseguenza, è irragionevole, e lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un’attività riferibile non al notificante, bensì a soggetti diversi l’ufficiale giudiziario e l’agente postale come suo ausiliario , quindi estranea alla sfera di disponibilità del primo. Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono essere quindi ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte dalla legge, cioè alla consegna dell’atto da notificare all’ufficiale giudiziario. In ogni caso, resta comunque fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell’atto, attestata dall’avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo. Avendo la pronuncia della Corte Costituzionale effetti retroattivi, i giudici di legittimità ritengono fondate le ragioni dedotte dal ricorrente. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Milano.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 dicembre 2014 – 24 aprile 2015, n. 8395 Presidente Berruti – Relatore D’Amico Svolgimento del processo L.R. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Monza, l'avv. A.D.N. chiedendo di accertare l'errore commesso dal professionista nella causa definita con sentenza n. 2784/01 e di condannare lo stesso al relativo risarcimento ed alla restituzione di tutti i compensi ricevuti nel giudizio RG 112/00 davanti al Tribunale di Monza. L'avv. D.N. si costituì contestando le doglianze di controparte, propose domanda riconvenzionale e chiese di chiamare in causa, onde esserne garantito, la Compagnia Sara Assicurazioni. Il Tribunale di Monza, con sentenza 2006/2007 dell'8 giugno 2007, in accoglimento delle domande attrici, condannò il D.N. al pagamento, in favore del R., della somma di € 2.878,00, oltre accessori, a titolo di risarcimento danni dichiarò la terza chiamata obbligata a tenere indenne ed a rifondere al convenuto gli esborsi in favore dell'attore rigettò la domanda riconvenzionale svolta dal D.N Propose appello quest'ultimo. Si costituirono entrambi gli appellati. La Corte d'appello di Milano, pronunciando sull'appello proposto dall'avv. A.D.N., ha respinto gli appelli avverso la sentenza n. 2006/2007 dell'8 giugno 2007 del Tribunale di Monza. Ha condannato gli appellanti principale e incidentale a rifondere all'appellato, in via solidale, le spese del grado. Propone ricorso per cassazione l'avv. A.D.N. con tre motivi e presenta memoria. Resiste con controricorso L.R Motivi della decisione Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 645 638 c.p.c. e 1176 c.c. in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. e, comunque, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c Ad avviso del ricorrente la sentenza della Corte d'appello si è limitata a riprendere l'iter argomentativo sviluppato dal giudice di prime cure, trasfuso de plano nella sentenza impugnata, senza che a tale statuizione il giudice d'appello sia pervenuto attraverso l'esame della fondatezza dei motivi di gravame. Con tale generica motivazione, sostiene il ricorrente, la Corte d'appello ha omesso di considerare 1 che non può ritenersi negligente la condotta di un professionista che, in conformità di quanto previsto dagli artt. 638 e 645, 1° comma, provvedeva a notificare l'atto di citazione in opposizione a d.i. presso il procuratore indicato nel ricorso prima della scadenza del termine indicato nei 40 giorni 2 non può integrare negligenza professionale l'aver richiesto la notifica di un atto ben 6 giorni prima della scadenza, non potendosi prevedere che una notifica a mezzo del servizio postale si sarebbe perfezionata oltre detto termine. Il motivo è fondato. L'impugnata sentenza ha ritenuto negligente il comportamento dell'avvocato che aveva affidato al servizio postale la notifica di un atto di opposizione a decreto ingiuntivo, a soli cinque giorni dalla scadenza dei termini perentori ed ha ritenuto che egli si è assunto così il rischio della decadenza dall'opposizione nell'eventualità di un ritardo nel perfezionamento della notifica stessa. Tale assunto è errato. La Corte costituzionale infatti, con decisione efficace nella vicenda in esame, ha stabilito che è costituzionalmente illegittimo il combinato disposto dell'art. 149 del codice di procedura civile e dell'art. 4, comma terzo, della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell'atto da parte del destinatario anziché a quella, antecedente, di consegna dell'atto all'ufficiale giudiziario. Ha in tal senso ritenuto palesemente irragionevole, oltre che lesivo del diritto di difesa del notificante, che un effetto di decadenza possa discendere dal ritardo nel compimento di un'attività riferibile non al notificante, ma a soggetti diversi l'ufficiale giudiziario e l'agente postale come ausiliario di questo , e perciò del tutto estranea alla sfera di disponibilità del primo. Gli effetti della notificazione a mezzo posta devono, dunque, essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle attività a lui direttamente imposte dalla legge, ossia alla consegna dell'atto da notificare all'ufficiale giudiziario resta, naturalmente, fermo, per il destinatario, il principio del perfezionamento della notificazione solo alla data di ricezione dell'atto, attestata dall'avviso di ricevimento, con la conseguente decorrenza da quella stessa data di qualsiasi termine imposto al destinatario medesimo Corte cost., 22 ottobre 2002, n. 477 . La retroattività della pronuncia della Corte costituzionale comporta l'accoglimento del primo motivo. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c. in riferimento all'art. 360 co. 3 c.p.c. e, comunque, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2721, 2729 e 2697 c.c. in riferimento all'art. 360 co. 3 cpc e, comunque, omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione all'art. 360 n. 5 C.P. c L'accoglimento del primo motivo comporta l'assorbimento della trattazione del secondo e del terzo motivo. In conclusione, deve essere accolto il primo motivo, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione, che si atterrà nella decisione ai suddetti principi e deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo assorbiti gli altri. Cassa e rinvia alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.