Il mancato ricorso in Cassazione costa caro all’avvocato negligente

L’avvocato che non elegge domicilio consentendo così che le notifiche avvengano in cancelleria , trascura di verificare l’avvenuto deposito della motivazione e della pubblicazione della sentenza di appello e non controlla l’avvenuta notificazione della stessa pronuncia ad opera della controparte ai fini della decorrenza del termine breve per il ricorso in Cassazione, risponde per responsabilità professionale nei confronti del cliente.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6441, depositata il 31 marzo 2015. Il caso. Il tribunale di Pescara condannava un avvocato, per responsabilità professionale, a risarcire il cliente. La Corte d’appello dell’Aquila confermava la sentenza, rilevando che l’avvocato non aveva eletto domicilio in L’Aquila, così consentendo che le notifiche avvenissero in cancelleria, aveva quindi trascurato di verificare l’avvenuto deposito della motivazione e della pubblicazione della sentenza di appello e non aveva controllato l’avvenuta notificazione della stessa pronuncia ad opera della controparte ai fini della decorrenza del termine breve per il ricorso in Cassazione. Questi comportamenti venivano considerati negligenti, ai sensi dell’art. 1176 c.c. e, di conseguenza, fonte di responsabilità per l’avvocato, non potendo questo giovarsi della limitazione ex art. 2236 c.c. responsabilità del prestatore d’opera . L’avvocato ricorreva in Cassazione, deducendo, innanzitutto, la morte del procuratore della controparte, che avrebbe impedito ogni atto delle parti o del giudice. In violazione di tale preclusione, la sentenza pronunciata in contraddittorio con il nuovo difensore costituito doveva ritenersi nulla. Lamentava, poi, l’inesistenza del nesso eziologico tra il suo preteso inadempimento ed il danno lamentato l’accertamento dell’errore professionale di carattere omissivo del difensore non determinerebbe automaticamente l’imputabilità della responsabilità. Infine, contestava i criteri di risarcimento. Prosecuzione corretta. Il primo motivo viene dichiarato subito inammissibile dalla Corte di Cassazione infatti, solo la parte che ha subito l’evento interruttivo può dolersi dell’irregolare prosecuzione del processo e la costituzione rituale del nuovo avvocato legittima tale prosecuzione nel contraddittorio tra le parti. Il mancato ricorso è da condividere. Per quanto riguarda la contestazione del nesso eziologico, in punto di condotta omissiva e pregiudizievole dei diritti del cliente, questo deve poter condividere le scelte processuali e, di conseguenza, anche la rinuncia a proporre ricorso per cassazione. Quantificazione del danno. Infine, i giudici di legittimità ricordano che la responsabilità professionale dell’avvocato ha natura contrattuale e l’inadempimento determina, se accertato, un obbligo risarcitorio che viene determinato secondo i criteri civilistici del danno emergente e del lucro cessante. Tali criteri erano stati seguiti correttamente dai giudici di merito nella quantificazione del risarcimento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 1 dicembre 2014 – 31 marzo 2015, numero 6441 Presidente/Relatore Petti Svolgimento del processo 1. La Corte di appello dell'Aquila, con sentenza del 12 gennaio 2012- non notificata-ha rigettato l'appello proposto dall'avvocato S.V. , confermando la sentenza del tribunale di Pescara che aveva condannato detto avvocato, per responsabilità professionale, a risarcire a D.L.R.G. la somma di Euro 82.089,53 oltre accessori ed alla rifusione delle spese processuali. Contro la decisione ricorre la amministratrice di sostegno del detto avvocato, deducendo sei motivi di ricorso. Resiste la controparte con controricorso e memoria, deducendo inammissibilità o infondatezza. Per quanto qui ancora interessa, in ordine alla fattispecie di illecito professionale, la corte di appello precisa che risulta accertato in punto di fatto - ed al riguardo non vi è stata impugnazione - che l'avvocato omise di eleggere domicilio in L'Aquila - così consentendo che le notifiche avvenissero presso la Cancelleria - trascurò di verificare lo avvenuto deposito della motivazione e della pubblicazione della sentenza di appello, e neppure controllò l'avvenuta notificazione della sentenza stessa ad opera di controparte ai fini della decorrenza del termine breve per il gravame dinanzi alla cassazione i descritti comportamenti omissivi, secondo la sentenza impugnata ed in conformità con pertinente giurisprudenza - sono qualificabili come negligenza ai sensi dello articolo 1176 c.c. fonte di responsabilità del professionista, non potendo lo stesso giovarsi della limitazione di cui allo articolo 2236 del codice civile . Motivi della decisione 2 Il ricorso non merita accoglimento. Per chiarezza espositiva si offre la sintesi dei motivi ed a seguire la confutazione in diritto. 2.1. Sintesi dei motivi. Nel primo motivo si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli articolo 301 a 304, 100, 125, 132 cod.proc.civile Si insiste nella tesi prospettata nel primo motivo di appello e relativa alla interruzione automatica del processo per effetto della morte del procuratore del D.L. , avvocato Mario Casaccia avvenuta il 14 dicembre 2005, per cui nessun atto processuale poteva essere compiuto dalle parti o dal giudice, e che in relazione a tale preclusione, la sentenza pronunciata nel contraddittorio con il nuovo difensore costituito, è redicalmente nulla. Nel secondo motivo si deduce error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell'articolo 116 c.p.c. e degli articoli 1176, 2697 cc e degli articolo 40 e 41 del codice penale, con correlato difetto di motivazione in ordine allo accertamento della responsabilità professionale. Si insiste nella tesi prospettata ampiamente nel secondo motivo di appello circa la inesistenza del nesso eziologico tra il preteso inadempimento dello avvocato e il danno lamentato e che lo accertamento dello errore professionale di carattere omissivo in capo al difensore non determina in via automatica l'imputabilità della responsabilità. V. ampius ff 6 a 15 del ricorso. Nel terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione analogia delle regole di cui agli articolo da 1362 a 1371 del codice civile con correlato difetto di motivazione insufficiente su punto decisivo. Si riproduce la censura svolta a ff 12 dello appello secondo cui non si concorda con la interpretazione restrittiva data dal primo giudice sulla domanda di pagamento dello aumento del valore del terreno su cui è stata edificata la palazzina, in regime di comunione legale, per la ragione che anche la moglie si avvale di tale maggior valore. Si aggiunge in sede argomentativa l'error in procedendo per extrapetizione. Nel quarto motivo si deduce error in procedendo per violazione dell'articolo 112 c.p.c. ed in iudicando per la violazione degli articolo 1362 e ss del codice civile, nonché degli articolo 159, 177, 934, 935, 836, 1223, 2033, 2056 del codice civile correlato al difetto di motivazione su punti decisivi. Si assume che la corretta interpretazione della domanda doveva condurre ad una riduzione del risarcimento dovuto alla moglie in regime di comunione. Il danno doveva essere valutato globalmente in tutti i suoi coefficienti attivi e passivi. Nel quinto motivo si deduce ancora error in iudicando per violazione e falsa applicazione degli articolo 1223, 1226 e 2056 e dello articolo 116 c.p.c. sotto ulteriore profilo, correlato alla insufficiente motivazione su punto decisivo. La tesi è che la motivazione è carente sul punto decisivo della perdita delle chances, che non coincide ontologicamente con il valore della res litigiosa. Nel sesto motivo si deduce error in iudicando in relazione alla mancata pronuncia di compensazione delle spese, sul rilievo che la somma risarcita è pari a circa un decimo del chiesto. 3. Confutazione in diritto. Il ricorso ratione temporis non è soggetto al regime dei quesiti mentre per il vizio di motivazione resta ancora soggetto al regime ordinario ante novellazione ultima, inoltre trova applicazione anche la regola dell'articolo 360 bis del codice di rito in relazione a consolidata giurisprudenza di questa corte ed in relazione alla corretta applicazione dei principi del giusto processo. Vedi sul punto Cass. 16 giugno 2011 numero 132002 e 8 febbraio 2011 numero 3142 ed la recente SU 2014 N 9623. Alla luce dei rammentati principi,che attengono allo ius conditum ed al giusto processo,si procede allo scrutinio dei singoli motivi. Il primo motivo di ricorso è inammissibile ai sensi dello articolo 360 bis del codice di rito, sia sotto il profilo del contrasto tra la tesi dedotta come eccezione di nullità, che contrasta con consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui solo la parte che ha subito l'evento interruttivo può dolersi della irregolare prosecuzione del processo e che la costituzione rituale del nuovo avvocato legittima tale prosecuzione nel contraddittorio tra le parti -VEDI i precedenti citati di Cass 24025 DEL 2009 e 26310 del 2006 e la recente SU 2014 N 96230,sia sotto il profilo della esigenza di speditezza del giusto processo,con la rimozione degli ostacoli anche processuali che non incidono sul contraddittorio,che si è regolarmente svolto nel rispetto dei diritti delle difese. IL secondo motivo è inammissibile nella parte che deduce un difetto di motivazione in correlazione con il dedotto error in iudicando, perché non formula specificamente la ragione che rende la motivazione inadeguata, mentre è infondato per l'error in iudicando, avendo il CORTE chiaramente indicato la ratio decidendi, come res non controversa, in punto di condotta omissiva e pregiudizievole dei diritti del cliente, che deve poter condividere le scelte processuali e quindi anche la rinuncia a proporre ricorso per cassazione. IL terzo motivo è inammissibile per la mancata specificazione del vizio motivazionale, ed è infondato sia per l'error in procedendo, posto che le ragioni ed i criteri di risarcimento sono stati considerati, sia per l'error in iudicando per la ragione che la responsabilità professionale dello avvocato ha natura contrattuale e lo inadempimento determina, ove accertato, un obbligo risarcitorio che viene determinato secondo i criteri civilistici del danno emergente e del lucro cessante, di guisa che la censura sul plusvalore della palazzina di per sé non è idonea a dimostrare che il danno risarcito, peraltro in misura piuttosto contenuta, sia maggiore del dovuto. IL quarto motivo, cumulativo, è inammissibile per la sua complessità e per il catalogo delle norme che si assumono violate e in ordine alle quali vale il principio della compiuta specificazione. ulteriore profilo di inammissibilità deriva dal limite intrinseco al giudizio di legittimità che è a devoluzione delimitata, di guisa che il giudice di legittimità non può integrare motivi ermetici o complessi, essendo un terzo arbitro imparziale. IL quinto motivo è inammissibile sia per la sua ermeticità,sia perché nuovo e contrasta con la chiara ratio decidendi espressa dalla corte di appello, che non considera l'eventuale credito del coniuge in comunione, che non appartiene al devolutum della presente controversia. inammissibile infine il sesto motivo, posto che correttamente la corte di appello ha applicato la liquidazione in base al principio della soccombenza ed ha commisurato quanto agli importi l'entità del risarcimento riconosciuto. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo,considerando la novellazione in tema di integrazione del contributo unificato. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente S.B.M. nella qualità a rifondere a D.L.R.G. le spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 8200 di cui 200 per spese. AI SENSI dello articolo 13 comma 1 quater del DPR numero 115 DEL 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente,dello ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.