Nei giudizi non compiuti, all’avvocato spettano gli onorari per l’opera prestata

Nei giudizi iniziati ma non compiuti il cliente deve all’avvocato ed al procuratore gli onorari ed i diritti per l’opera svolta sino alla cessazione del rapporto. La ratio del legislatore è quella di riconoscere al professionista un compenso commisurato all’opera prestata, anche se cessata prima del termine del procedimento al quale era riferita.

Questa la decisione della Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1528, depositata il 27 gennaio 2015. Il fatto. Il Giudice di pace accoglieva la domanda di accertamento negativo proposta dal cliente di un avvocato in merito alle ragioni creditorie vantate nei suoi confronti per l’opera prestata in sua rappresentanza in due procedimenti. Il Tribunale di Cosenza, decidendo sull’appello dell’avvocato, ne respinse il gravame rilevando che, sebbene l’appellante avesse dimostrato l’infondatezza dell’assunto del cliente, producendo copia degli atti introduttivi dei due giudici con la procura sottoscritta ed autenticata, non avrebbe provato di aver comunicato la rinunzia all’incarico al cliente. Riteneva il Tribunale che solo a seguito di rinunzia o di compimento dell’incarico debitamente comunicati sarebbe nato il diritto ad esigere il compenso. L’avvocato ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, lamentando che erroneamente il Giudice d’appello ha ritenuto che il compenso per la sua opera fosse condizionato alla dimostrazione della rinunzia all’incarico e non all’effettuazione dello stesso. Il Collegio ha ritenuto il ricorso dell’avvocato fondato. Cause non giunte a compimento e previsioni normative. Riporta sul punto quanto stabilito dall’art. 7 della l. n. 794/1942, abrogato dalla l. n. 1051/1957, che così disponeva Cause non giunte a compimento. Per le cause iniziate, ma non compiute ovvero nel caso di revoca della procura o di rinunzia alla stessa il cliente deve all’avvocato gli onorari corrisposti all’opera prestata . Tale statuizione è stata, poi, riprodotta sia nell’art. 3 del d.m. n. 585/1994 con tale formulazione Giudizi non compiuti. Nei giudizi iniziati ma non compiuti il cliente deve all’avvocato ed al procuratore gli onorari ed i diritti per l’opera svolta sino alla cessazione del rapporto , sia nell’art. 3 del d.m. n. 127/2004. La ratio legis. Afferma, pertanto, il Collegio che, in questi testi risulta evidente la ratio del legislatore, cioè quella di riconoscere al professionista un compenso che sia commisurato all’opera prestata, anche se finita prima del termine del procedimento al quale era riferita. Appare, dunque, priva di alcun riscontro normativo l’interpretazione data dal Tribunale, il quale aveva fatto dipendere l’insorgenza del diritto al compenso professionale dall’accertamento della comunicazione al cliente della rinunzia all’incarico, riguardando tale aspetto, invece, la sola determinazione del quantum . Per tali ragioni, la S.C. ha accolto il ricorso e cassato la decisione impugnata con rinvio della causa al Tribunale che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame dell’appello e regolerà le spese anche del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 13 novembre 2014 – 27 gennaio 2015, numero 1528 Presidente e Relatore Bianchini Dato atto che F.F. adì il Giudice di Pace di Filadelfia perché venisse accertata l'inesistenza delle ragioni creditorie vantate nei suoi confronti dall'avv S.M. per l'opera prestata in rappresentanza di esso F. innanzi al Tribunale di Cosenza nei procedimenti nnumero r.g. 4095/05 e 4092/05 negò di aver mai conferito un incarico al professionista per tali cause, riconoscendo invece l'esistenza di un mandato per altri procedimenti il cui corrispettivo sarebbe stato azionato con due successivi decreti ingiuntivi del Giudice di Pace di Paola e di quello di Filadelfia che l'avv M. si costituì confermando il conferimento dell'incarico e la corrispondenza di quanto richiesto alla liquidazione operata dal competente Consiglio dell'Ordine che l'adito Giudice di Pace accolse la domanda di accertamento negativo il Tribunale di Cosenza, decidendo sull'appello dell'avv. M., ne respinse il gravame rilevando che, sebbene l'appellante avesse dimostrato l'infondatezza dell'assunto del cliente, producendo la copia degli atti introduttivi dei due giudizi, recanti la procura sottoscritta dallo stesso ed autenticata da esso esponente, non avrebbe però provato di aver comunicato la rinunzia all'incarico al cliente, ritenendo che, a mente dell'art. 7 della legge numero 794/1942, solo a seguito della rinunzia o del compimento dell'incarico debitamente comunicati sarebbe nato il diritto ad esigere il compenso. che per la cassazione di tale pronunzia l'avv. M. ha proposto ricorso, affidandolo a due motivi il F. non ha svolto difese. che è stata depositata relazione ex art. 380 Gir cpc del seguente tenore I Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta la violazione o falsa applicazione dell'art. 7 della legge 794/1942 , nonché vizio di motivazione, laddove il giudice dell'appello ha ritenuto che il compenso per l'opera prestata fosse condizionato alla dimostrazione della rinunzia all'incarico e non già all'effettuazione dello stesso. II Con il secondo motivo viene denunziata la violazione del principio della ripartizione dell'onere della prova e, nuovamente, un vizio di motivazione, laddove il giudice del gravame ha ritenuto decisiva , al fine di accogliere la domanda di accertamento negativo, la mancata prova della comunicazione della rinunzia, mentre tale circostanza avrebbe avuto un rilievo, semmai, nella determinazione del quantum debeatur. III I due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro stretta connessione logica, appaiono fondati. III.a L'art. 7 della legge 794/1942, abrogato ad opera della legge 7 novembre 1957 numero 1051 stabiliva che Cause non giunte a compimento. Per le cause inibiate ma non compiute ovvero nel caso di revoca della procura o di rinuncia alla stessa il cliente deve all'avvocato gli onorari corrispondenti all'opera prestata tale statuizione è stata riprodotta sia nell'art 3 del d.m. 5ottobre 1994 numero 585 Giudizi non compiuti Nei giudizi inkUiati ma non compiuti il cliente deve all'avvocato ed al procuratore gli onorari ed i diritti per d'opera svolta sino alla cessazione del rapporto , sia nell'art. 3 del d.m. 8 aprile 2004 numero 127 con formulazione presso chè identica in tutti i predetti testi normativi appare evidente che la ratio legis è quella di riconoscere al professionista un compenso che sia esattamente commisurato all'opera svolta , anche se cessata prima del termine del procedimento al quale essa si riferisca. III.a.1 E' pertanto priva di riscontro normativo e logico I' interpretazione che della norma sopra richiamata dà il giudice dell'appello che fa dipendere l'insorgenza stessa del diritto al compenso professionale dall'accertamento della circostanza della comunicazione al cliente della rinunzia dell'incarico, riguardando invece tale aspetto solo la determinazione del quantum debeatur. IV Si formula pertanto la proposta di definizione del ricorso in camera di consiglio con declaratoria di manifesta fondatezza. Ritenuto Che la relazione è condivisibile e parte intimata non ha svolto difese che dunque il ricorso va accolto e cassata la gravata decisione, con rinvio al Tribunale di Lamezia 'Terme, in diversa composizione soggettiva, il quale, alla luce del principio di diritto sopra esposto, provvederà a novellato esame dell'appello e regolerà le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte Accoglie il ricorso cassa la decisione impugnata nei termini esposti nella parte motiva rinvia al Tribunale di Lamezia Terme in diversa composizione soggettiva, che provvederà anche alla ripartizione dell'onere delle spese del giudizio di cassazione.