La partecipazione al collegio sindacale di una società non dà diritto ai minimi tariffari

Le tariffe forensi non possono essere applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni che richiedono solo un’approfondita conoscenza del diritto, senza alcun riferimento a una pratica o affare determinato e che non siano attribuibili all’esterno al singolo componente.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 22761 del 27 ottobre 2014. Il caso. Un avvocato ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento del compenso dovutogli quale componente del collegio sindacale di una società. Al termine del giudizio di opposizione instaurato da quest’ultima, il professionista viene condannato a restituire una parte della somma ricevuta in ragione dell’esistenza di un accordo per la liquidazione dei compensi sulla base dei minimi previsti per i dottori commercialisti. Tale pronuncia è però riformata in sede d’appello in virtù del rilievo per cui, in mancanza di delibera societaria sull’ammontare del compenso, la definizione di quest’ultimo non poteva essere pattuita da organi rappresentativi della società non autorizzati dall’assemblea, sicché lo stesso andava liquidato secondo le tariffe quale criterio sussidiario individuato dall’art. 2233 c.c. , sulla base della qualifica professionale dell’avvocato ingiungente. La società opponente si rivolge, quindi, alla Corte di Cassazione. Delibera assembleare per la determinazione del compenso degli amministratori. In primo luogo, la ricorrente interroga la Suprema Corte in merito alla validità dell’accordo sul compenso intercorso tra il professionista e l’organo amministrativo della società, in assenza di deliberazione assembleare. Ebbene, un simile accordo è ritenuto illegittimo dalla Suprema Corte, la quale reputa condivisibile la statuizione sul punto dei Giudici di merito. In particolare, gli Ermellini sottolineano la natura onerosa dell’incarico di componente del collegio sindacale di una società, da cui consegue, ove l’entità del compenso non sia stabilita nell’atto costitutivo né fissata dall’assemblea, l’obbligo per il giudice che ne sia richiesto di procedere alla sua determinazione, ai sensi dell’art. 2233 c.c., non rappresentando un ostacolo la clausola dello statuto che demanda alla stessa assemblea la predetta scelta. Le Sezioni Unite, nella pronuncia n. 21933/2008, hanno poi chiarito che qualora la determinazione della misura del compenso degli amministratori di società di capitali non sia stabilita nello statuto ai sensi dell’art. 2389, comma 1, c.c., è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio . Pertanto, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dalla norma citata, salvo che un’assemblea convocata solo per l’approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori. Incompatibilità delle tariffe forensi con attività estranee alla professione legale. Sotto altro profilo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per aver ritenuto che per l’attività di componente del collegio sindacale di una s.p.a. fosse utilizzabile la tariffa forense, la quale sarebbe invece applicabile solo se riferita alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari. Nel condividere la censura, la Suprema Corte richiama un principio già in precedenza affermato Cass. n. 27919/13 n. 2966/14 , secondo cui le tariffe professionali degli avvocati sono applicabili solo per quelle attività tecniche, o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico, che siano considerate nella tariffa oggettivamente proprie della professione legale, in quanto specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari. Pertanto le suddette tariffe non possono essere applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni svolte nell’ambito di una commissione mista”, i cui atti siano imputabili esclusivamente all’organo collegiale. Sulla scorta di tale principio, la Suprema Corte procede quindi alla cassazione della sentenza impugnata, che era ancorata alla competenza giuridica e al conseguente apporto dell’avvocato, sotto tale veste, quale componente del collegio sindacale.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 maggio – 27 ottobre 2014, n. 22761 Presidente Oddo – Relatore D’Ascola Svolgimento del processo 1 Con tredici censure, raggruppate in 6 motivi di ricorso, la Pellegrini spa si duole della sentenza della Corte di appello di Venezia, del 5 luglio 2007. Con essa, in accoglimento del gravame interposto dall'avv. P.G. M., è stato confermato il decreto ingiuntivo emesso dal pretore di Venezia il 15 maggio 1998, che condannava la società a pagare al professionista la somma di 4.209,12 Euro. L'avv. P. ha resistito con controricorso illustrato da memoria. Il tribunale di Venezia nell'accogliere l'opposizione a decreto ingiuntivo aveva ritenuto che il compenso dovuto all'avvocato, quale componente del collegio sindacale della società per l'anno 1995 e l'anno 1996, fosse pari a Euro 2.943,80 e aveva condannato il professionista a restituire alla società la somma di Euro 1712,05. La Corte di appello con la sentenza qui impugnata ha invece rigettato l'opposizione. Motivi della decisione 2 Secondo l'ingiungente, la prestazione quale membro del collegio sindacale doveva essere liquidata sulla base delle tariffe professionali all'epoca vigenti per gli avvocati. Il tribunale di Venezia ha respinto questa pretesa, perché ha ritenuto fondata la tesi dell'opponente società, secondo la quale esisteva un accordo per la liquidazione dei compensi sulla base dei minimi previsti per i dottori commercialisti. In mancanza di una determinazione in atto costitutivo o da parte dell'assemblea dei soci, il tribunale ha ritenuto che l'accordo, pur mai formalizzato, risultasse comprovato dalle acquisizioni della consulenza tecnica d'ufficio, dalla quale era risultato che tra il 1984 e il 1996 era stato seguito detto criterio o addirittura erano state fatte liquidazioni inferiori. Liquidazione maggiore, a favore dell'avv. P. , vi era stata solo nel 1995. La Corte di appello di Venezia ha accolto due motivi di gravame. Il terzo motivo, relativo all'estensione dell'esame della consulenza tecnica a documentazione contabile e societaria non tempestivamente prodotta in causa, messa a disposizione del consulente dalla Pellegrini spa. Il sesto motivo, relativo alla insussistenza, secondo il legale, di un accordo. A tal fine ha osservato che in mancanza di delibera societaria ex art. 2402 c.c. sull'ammontare del compenso nei limiti del minimo tariffario per i commercialisti, la definizione del compenso non poteva essere pattuita da organi rappresentativi della società non autorizzati dall'assemblea. Ha considerato pertanto non rilevante e pertinente la prova testimoniale dedotta dalla società per comprovare accordi verbali. Tardiva la ulteriore documentazione prodotta con la comparsa di costituzione in appello. Ha quindi liquidato il compenso secondo il criterio sussidiario di cui all'art. 2233 c.c., sulla base della qualifica professionale dell'avvocato ingiungente. 3 Conviene avviare l'esame del ricorso Pellegrini dal quarto motivo, giacché i primi tre, che gravitano intorno alla consulenza tecnica di ufficio e alla relativa documentazione, possono risultare superati dall'esito delle questioni principali sollevate con le altre censure. La ricorrente muove dal presupposto che era esistito un accordo tra la società e il professionista in ordine alla determinazione del compenso che questo accordo era validamente intercorso con l'organo amministrativo, ancorché in assenza di deliberazione assembleare, assenza che poteva rilevare solo nei rapporti societari interni. Formula il seguente quesito Dica la S.C. se è legittimo che un componente dell'organo sindacale e una società per azioni, in assenza di determinazione del'assemblea o di indicazione nell'atto costitutivo del compenso del predetto sindaco, si accordino su i tale aspetto per il tramite dell'organo amministrativo, ai sensi dell'art. 2384, 2384 bis, su criteri di calcolo della remunerazione nell'ipotesi rimetta la salutazione al Giudice di rinvio cassando la sentenza 853/07 della Corte adottata su errato diverso presupposto e/o motivazione. La censura è infondata. Va infatti dato seguito al seguente principio L'incarico di competente dal collegio sindacale anche nella società cooperativa è, ai sensi dell'art. 2402 cod. civ. richiamo dall'art. 2516 cod. civ., nel testo ratione temporis” vigente , necessariamente oneroso, in quanto non riflette solo interessi corporativi, ma concorre a tutelare, a garanzia dei terzi e del mercato, la serietà, l'indipendenza e l'obiettività della funzione ne consegue che, ove l'entità del compenso non sia stabilita nell'atto costitutivo né fissata dall'assemblea, il giudice che ne sia richiesto - nella specie, in sede di opposizione allo stato passivo del fallimento dell'ente - ha l'obbligo di procedere alla sua determinazione, ai sensi dell'art. 2233 cod. civ., non rappresentando un ostacolo la clausola dello statuto che demanda alla stessa assemblea la predetta scelta, attesa l'invalidità di tale previsione la quale si risolve nell'affermazione dell'opposta regola della gratuita dell'incarico”. Coerente con tale principio è l'insegnamento delle Sezioni Unite, riassunto da Cass. 21933/08 Con riferimento alla determinazione della misura del compenso degli amministratori di società1 di capitali, ai sensi dell'art. 2389, primo comma cod. civ., nel testo vigente prima delle modifiche, non decisive sul punto, di cui al d.lgs. n. 6 del 2003 , qualora non sia stabilita nello statuto, è necessaria una esplicita delibera assembleare, che non può considerarsi implicita in quella di approvazione del bilancio, attesa la natura imperativa e inderogabile della previsione normativa, discendente dall'essere la disciplina del funzionamento delle società dettata, anche, nell'interesse pubblico al regolare svolgimento dell'attività economica, oltre, che dalla previsione come delitto della percezione di compensi non previamente deliberati dall'assemblea art. 2630, secondo cornea cod. civ., abrogato dall'art. 1 del d.lgs. n. 61 del 2002 la distinta previsione delle delibera di approvazione del bilancio e di quella di determinazione dei compensi art. 2364 n. 1 e 3 cod. civ. la mancata liberazione degli amministratori dalla responsabilità di gestione, nel caso di approvazione del bilancio art. 2434 cod. civ. il diretto contrasto delle delibere tacite ed implicite con le regole di formazione della volontà1 della società1 art. 2393, secondo comma, cod. civ. . Conseguentemente, l'approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è idonea a configurare la specifica delibera richiesta dall'art. 2389 cit., salvo che un'assemblea convocata solo per l'approvazione del bilancio, essendo totalitaria, non abbia espressamente discusso e approvato la proposta di determinazione dei compensi degli amministratori”. 4 Il rigetto del quarto motivo rende inammissibili i tre precedenti, che erano relativi alla consulenza e alla produzione documentale volta a dar corpo all'accordo dedotto da parte opponente. Sopravviene infatti, quanto ad essi, carenza di interesse di parte ricorrente. 5 Il quinto motivo, che è logicamente subordinato al precedente, in quanto presuppone la insussistenza di un valido accordo sul compenso, si articola in due censure. La prima di esse mira a negare che per l'attività di componente del collegio sindacale di una spa sia utilizzabile la tariffa forense, che sarebbe applicabile solo se riferita alla conseguenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziari. La seconda mira a negare che si potesse determinare l’onorario al di sopra dei minimi legali, non avendo il professionista allegato alcun fatto in ordine alla difficoltà dell’incarico e non potendo essere utilizzato il parere di congruità del Consiglio forense, stante l’assenza di voi e tariffe nel dm 585/94. La doglianza è infondata. La Suprema Corte ha affermato che Le tariffe professionali degli avvocati sono applicabili solo per quelle attività tecniche, o comunque collegate con prestazioni di carattere tecnico, che siano considerate nella tariffa, oggettivamente proprie della professione legale in quanto specificamente riferite alla consulenza o assistenza delle parti in affari giudiziari o extragiudiziali, e non possono essere pertanto, applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all’albo, alle prestazioni svolte nell’ambito di una commissione mista, i cui atti siano imputabili esclusivamente all’organo collegiale” Cass. 27919/13 2966/14 . Quest'ultima sentenza ha ricordato opportunamente che le tariffe forensi, vigenti al tempo di cui si discute, non possono essere applicate, solo perché rese da un professionista iscritto all'albo, alle prestazioni che richiedono solo un’approfondita conoscenza del diritto, senza alcun riferimento a una pratica o affare determinato Cass. 19 agosto 1994, n. 7438 e che non siano attribuibili all'esterno al singolo componente. Cade in tal modo il fondamento della sentenza impugnata, che era proprio ancorata alla competenza giuridica e al conseguente apporto dell'avvocato, sotto tale veste, quale componente del collegio sindacale. La sentenza va cassata sul punto e la causa rinviata alla Corte di appello per nuovo esame del gravame da condurre alla luce del principio di diritto ribadito in questo paragrafo. 6 Il sesto motivo resta assorbito, poiché attiene alla materia della congruità dei pagamenti già effettuati, che dipende dall'esito della questione già risolta. La cognizione va rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Venezia anche per la liquidazione delle spese di questo giudizio. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibili primi tre motivi di ricorso. Rigetta il quarto Motivo. Accoglie il quinto. Dichiara assorbito il sesto. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Venezia, che provvederà anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.