Il giudice, in presenza di una nota specifica relativa alle competenze professionali, può eliminare o ridurre le voci del precetto

Il precetto, in quanto atto che precede l'esecuzione, può comprendere anche l'intimazione al pagamento delle spese ad esso relative, senza che occorra una apposita liquidazione da parte del giudice dell'esecuzione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 22300 del 21 ottobre 2014. La vicenda. Nell’ambito di un processo per espropriazione forzata di crediti presso terzi promosso contro il Ministero dell'Economia, nel quale il terzo pignorato era la Banca d'Italia, un avvocato antistatario ossia che ha anticipato le spese di giudizio e che, dunque, ne chiede il pagamento diretto da parte dell'avversario ha proposto opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. contro l'ordinanza di assegnazione delle somme, ritenendola illegittima in quanto il giudice avrebbe espunto d'ufficio alcune voci del precetto, assegnando quindi una somma inferiore a quella richiesta. In seguito alla declaratoria di inammissibilità della domanda pronunciata dal giudice di primo grado, l’avvocato antistatario ha proposto quindi ricorso per Cassazione. L’anticipazione delle spese da parte dell’avvocato. L’art. 93 c.p.c., nel contemplare l’istituto della distrazione delle spese a favore del difensore, dispone che tale soggetto è legittimato a chiedere al giudice, nella medesima sentenza con la quale si procede alla condanna della controparte alle spese, che distragga a suo favore gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipato al proprio cliente. Ai fini di una maggiore comprensione della controversia in esame occorre precisare che secondo il giudice di merito, posto che la conoscenza legale del provvedimento impugnato doveva ritenersi acquisita il giorno in cui l'opponente aveva chiesto il rilascio di copie autentiche dell'atto, l'opposizione era irrimediabilmente tardiva, risultando ampiamente superato il termine di 20 giorni previsto dall'art. 617 c.p.c. Pertanto il Tribunale ha, da un lato, dichiarato inammissibile l'opposizione, per essere stata la stessa tardivamente proposta e, ha, dall'altro, ritenuto l'opposizione stessa in ogni caso infondata. Il giudice deve verificare che la quantificazione del credito operata nel precetto sia corretta. La Suprema Corte - richiamando quanto affermato in altre sentenze di legittimità – evidenzia che, nell'ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente all’emissione dell'ordinanza di assegnazione, il giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere di verificare l'idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi si veda Cass. n. 5510/2003 . Infatti, il fatto che il debitore abbia il potere di contestare l'ammontare del credito azionato nei suoi confronti, non significa che, nell’ipotesi in cui non lo faccia, il giudice dell'esecuzione debba limitarsi ad assumere il credito esposto dalla parte istante nel precetto o nella istanza di assegnazione, senza poter verificare la corrispondenza della sua liquidazione al titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione delle spese di precetto. La giurisprudenza sulla valenza della parcella dell’avvocato. La Cassazione, quindi, si sofferma sulla qualifica della parcella dell’avvocato. In proposito, numerosi precedenti provvedimenti della Suprema Corte – anche a Sezioni Unite - hanno affermato che la parcella dell'avvocato costituisce una dichiarazione unilaterale assistita da presunzione di veridicità, in quanto l'iscrizione all'albo del professionista rappresenta una garanzia della sua personalità. Di conseguenza, le poste o le voci in essa elencate, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non possono essere disconosciute dal giudice cfr. Cass. SSUU n. 14699/2010 Cass. n. 5321/2003 , riguarda i rapporti tra avvocato e cliente e nulla ha a che vedere con la problematica oggetto del presente giudizio, la quale attiene invece esclusivamente al generale potere di verifica officiosa in ordine alla correttezza della nota spese redatta dall'avvocato. Il precetto può comprendere anche l’intimazione al pagamento delle spese. Pertanto, non è in discussione che il precetto, in quanto atto che precede l'esecuzione, ben possa includere anche l'intimazione al pagamento delle spese ad esso relative, senza che occorra una apposita liquidazione da parte del giudice dell'esecuzione, costituendo le stesse un accessorio di legge a quelle processuali, come avviene per le spese inerenti agli atti successive e conseguenti alla sentenza cfr. Cass. n. 19791/2011 . Il giudice dell’esecuzione può eliminare o ridurre le voci non dovute. Di conseguenza, il giudice del merito, in presenza di una nota specifica relativa alle competenze professionali, può eliminare o ridurre le voci a suo giudizio non dovute o dovute in misura inferiore, purché motivi adeguatamente la scelta decisoria adottata. Tuttavia, l’avvocato ricorrente non si duole di ciò, giacché ha svolto le sue censure esclusivamente in chiave di violazione di legge, omettendo anche qualsivoglia specificazione in ordine alle voci del precetto espunte dall'ordinanza di assegnazione, e tanto, a tacer d'altro, in palese violazione del criterio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione. In conclusione, quindi la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 24 settembre – 21 ottobre 2014, n. 22300 Presidente Finocchiaro – Relatore Amendola Svolgimento del processo e motivi della decisione È stata depositata in cancelleria la seguente relazione, regolarmente comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti. Il relatore, cons. Adelaide Amendola esaminati gli atti, osserva 1. L'avvocato F. , procuratore antistatario in un processo per espropriazione forzata di credili presso terzi promosso innanzi al Tribunale di Roma contro il Ministero dell'Economia e delle Finanze - processo nel quale il terzo pignorato era la Banca d'Italia - propose opposizione agli atti esecutivi, ex art. 617 cod. proc. civ., avverso l'ordinanza di assegnazione di somme emessa dal giudice dell'esecuzione in data 16/21 marzo 2011, assumendone l'illegittimità, per avere il giudice d'ufficio espunto alcune voci del precetto, così assegnando una somma inferiore a quella richiesta. Domandò, quindi, che gli venisse riconosciuto l'importo di Euro 645,57, con vittoria di spese. 2. Con sentenza del 27 gennaio 2012, nella contumacia del convenuto, il giudice adito ha dichiarato inammissibile, e ha comunque rigettato l'opposizione. Per la cassazione di detta pronuncia ricorre a questa Corte F.S. , formulando due motivi e notificando l'atto al Ministero della Giustizia e alla Banca d'Italia. Nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva. 3. Il ricorso è soggetto, in ragione della data della sentenza impugnata, successiva al 4 luglio 2009, alla disciplina dettata dall'art. 360 bis, inserito dall'art. 47, comma 1, lett. a della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esso può pertanto essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ. per esservi rigettato. Queste le ragioni. 4. Con il primo motivo l'impugnante denuncia violazione degli artt. 617, secondo comma, e 176 cod. proc. civ., ex art. 360, nn. 3 e 4 cod. proc. civ Oggetto delle critiche è l'affermazione del giudice di merito secondo cui, considerato che la conoscenza legale del provvedimento impugnato doveva ritenersi acquisita il 25 marzo 2011, giorno in cui l'opponente aveva chiesto il rilascio di copie autentiche dell'atto, l'opposizione, proposta il 21 aprile 2011, era irrimediabilmente tardiva, risultando ampiamente superato il termine di venti giorni previsto dall'art. 617 cod. proc. civ Il ricorrente, ricordato che spetta al giudice di merito verificare, attraverso l'esame del fascicolo d'ufficio, la tempestività o meno dell'opposizione, a fronte della specifica deduzione dell'opponente che la notifica da parte della cancelleria era avvenuta il 9 settembre 2011, evidenzia che, nella fattispecie, le copie, richieste il giorno 25 marzo 2011, gli erano state rilasciate il successivo primo aprile di talché, rispetto a tale data, l'opposizione era assolutamente tempestiva. Con il secondo mezzo, lamentando violazione degli artt. 112 e 615 cod. proc. civ., nonché del D.M. 9 aprile 2004, ex art. 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., l'esponente segnala che egli aveva contestato la legittimità dell'eliminazione di alcune voci di spesa indicate in precetto, sostenendo che, in mancanza di opposizione del precettato, il giudice non poteva espungerle o ridurle d'ufficio, di talché l'arresto del Supremo Collegio richiamato dal decidente, non aveva alcuna attinenza con la fattispecie dedotta in giudizio, nella quale non era in discussione l'ammontare del credito il cui pagamento era stato intimato all'obbligato. 5. Ciò posto, si osserva. Come emerge dalla esposizione delle censure, il Tribunale ha, da un lato, dichiarato inammissibile l'opposizione, per essere stata la stessa tardivamente proposta e, ha, dall'altro, ritenuto l'opposizione stessa in ogni caso infondata. Ora, a prescindere dalla verifica dell'assolvimento dell'onere probatorio in ordine alla tempestività del mezzo e dagli accertamenti da svolgersi, sul punto, anche d'ufficio, accertamenti che presuppongono l'acquisizione del fascicolo processuale, allo stato non ancora trasmesso dalla cancelleria del giudice a quo, malgrado la richiesta formulata dal ricorrente, ex art. 369 cod. proc. civ., assorbente è il rilievo della assoluta infondatezza delle critiche relative al merito della scelta decisoria adottata. 6. Questa Corte ha già avuto modo di stabilire, in termini definitivi ed appaganti, che, nell'ambito del pignoramento presso terzi, preliminarmente alla emissione dell'ordinanza di assegnazione, il giudice dell'esecuzione ha il potere - dovere di verificare l'idoneità del titolo e la correttezza della quantificazione del credito operata dal creditore nel precetto, con un accertamento dallo stesso impugnabile nei modi e nei termini della opposizione agli atti esecutivi confr. Cass. civ. 8 aprile 2003, n. 5510 . E invero, il fatto che il debitore abbia il potere di contestare l'ammontare del credito azionato nei suoi confronti, non significa che, ove non lo faccia, il giudice dell'esecuzione debba limitarsi ad assumere il credito esposto dalla parte istante nel precetto o nella istanza di assegnazione, senza poter verificare la corrispondenza della sua liquidazione al titolo esecutivo e la correttezza della quantificazione delle spese di precetto. Né si vedono le ragioni per le quali l'ufficio, in mancanza di rilievi dell'esecutato, debba astenersi da qualsivoglia controllo su queste ultime. 7. La giurisprudenza richiamata dall'impugnante non è, ad avviso del relatore, conducente. Il principio, a più riprese ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la parcella dell'avvocato costituisce una dichiarazione unilaterale assistita da presunzione di veridicità, in quanto l'iscrizione all'albo del professionista è una garanzia della sua personalità, di talché le poste o le voci in essa elencate, in mancanza di specifiche contestazioni del cliente, non possono essere disconosciute dal giudice confr. Cass. civ. sez. un. 18 giugno 2010, n. 14699 Cass. civ. 4 aprile 2003, n. 5321 , attiene ai rapporti tra avvocato e cliente e nulla ha a che vedere con la questione oggetto del presente giudizio, la quale riguarda piuttosto il generale potere di verifica officiosa in ordine alla correttezza della nota spese redatta dall'avvocato. 8. Ne deriva che, mentre non è in discussione che il precetto, in quanto atto che precede l'esecuzione, ben può contenere anche l'intimazione al pagamento delle spese ad esso relative, senza che occorra una apposita liquidazione da parte del giudice dell'esecuzione, costituendo le stesse un accessorio di legge a quelle processuali, come avviene per le spese inerenti agli atti successivi e conseguenti alla sentenza confr. Cass. civ. 28 settembre 2011, n. 19791 , va qui ribadito che il giudice del merito, in presenza di una nota specifica relativa alle competenze professionali, è legittimato a eliminare o ridurre le voci a suo giudizio non dovute o dovute in misura inferiore, purché motivi adeguatamente la scelta decisoria adottata confr. Cass. civ. 16 luglio 1981, n. 4652 Cass. civ. 23 ottobre 1979, n. 5337 . Sennonché non di questo si duole l'impugnante, posto che lo stesso, pur avendo richiamato nell'intestazione del secondo motivo di ricorso anche il n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., ha poi svolto le sue censure esclusivamente in chiave di violazione di legge, omettendo anche qualsivoglia specificazione in ordine alle voci del precetto espunte dall'ordinanza di assegnazione, e tanto, a tacer d'altro, in palese violazione del criterio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione . A seguito della discussione sul ricorso, svoltasi in camera di consiglio, il collegio ha condiviso le argomentazioni in fatto e in diritto esposte nella relazione. Ne deriva che il ricorso deve essere rigettato. La mancata costituzione in giudizio della parte vittoriosa preclude ogni pronuncia in ordine alle spese di giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.