Da considerare il valore complessivo dell’affare, alla luce, però, dell’interesse della parte

Nel valutare il compenso professionale spettante al professionista, per l’incarico svolto, non si deve tener conto solo del valore complessivo dell’affare convenzionalmente stabilito nel contratto, ma bisogna, altresì, tener presente l’interesse della parte, che ha conferito l’incarico, rispetto al risultato da raggiungere.

E’ stato così deciso dalla Corte di Cassazione nella sentenza 19406, depositata il 15 settembre 2014. Il caso. Una società si opponeva al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da un avvocato per il pagamento degli onorari, per l’attività stragiudiziale svolta come da lettera di incarico. La società deduceva che il legale non aveva effettuato tutte le prestazioni indicate nel ricorso e che la somma pretesa a titolo di compenso era eccessiva. Secondo la lettera di incarico il professionista doveva predisporre una convenzione urbanistica integrativa, per la stipula della convenzione urbanistica con il Comune. La decisione di primo grado il compenso va calcolato sull’effettivo valore dell’oggetto della convenzione. Il Tribunale accoglieva l’opposizione, stabilendo che il compenso richiesto non doveva essere calcolato su un valore di 3 miliardi, ma sull’effettivo valore dell’oggetto della convenzione. La decisione di secondo grado il compenso va commisurato al valore complessivo dell’affare. I giudici di secondo grado accoglievano, poi, il gravame proposto dal legale, stabilendo che il compenso doveva essere commisurato al valore complessivo delle opere ossia 3.000.000 miliardi di lire , come risultante dalle lettera di conferimento. Secondo i giudici territoriali il compenso doveva essere liquidato in base alle tariffe inderogabili e sulla base del valore convenzionale dell’affare, indicato chiaramente nella lettere di incarico. Il ricorso in Cassazione mancava la motivazione. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la società, lamentando l’errore della Corte d’appello che non aveva condiviso l’individuazione dell’oggetto, così come ricostruito attraverso l’istruttoria svolta in primo grado e non aveva ritenuto di svolgere l’istruttoria, reputando sufficiente e necessaria la sola prospettazione della lettera di incarico, indicante il valore convenzionale dell’affare. La tesi della ricorrente lamentava anche l’errore della Corte territoriale in quanto aveva violato l’art. 5 n. 5 della Tariffa Stragiudiziale Forense, d.m. n. 127/2004. In sostanza i motivi di ricorso censuravano l’impugnata sentenza con riguardo alla valutazione e alla mancata motivazione della Corte territoriale all’individuazione dell’oggetto della prestazione professionale stragiudiziale richiesta dal professionista. Da considerare anche l’interesse della parte che ha conferito l’incarico. Effettivamente la Corte territoriale, spiega la Cassazione, non ha mai in alcun modo affrontato la questione posta circa la determinazione del valore dell’oggetto dell’incarico, essendosi limitata a considerare che la sola indicazione dell’importo di 3 miliardi contenuta nell’oggetto della lettera d’incarico riguardasse il valore convenzionale attribuito all’oggetto del contratto, prescindendo da ogni ulteriore valutazione in ordine alla situazione nella quale si trovava la lottizzazione e al relativo iter , così da poter meglio definire quale fosse l’effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l’incarico rispetto al risultato dello stesso . Rilevata la carenza motivazionale. La Corte non ha nemmeno motivato perché il valore dell’incarico si dovesse desumere dal solo richiamo effettuato nell’oggetto a tale importo, invece che considerare che tale importo potesse servire alla maggiore specificazione ed individuazione della lottizazione. Rilevate le carenze motivazionale, la Corte Suprema accoglie il ricorso e cassa la sentenza con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 26 maggio – 15 settembre 2014, n. 19406 Presidente Bursese – Relatore Parziale Svolgimento del processo 1. Con atto di citazione in opposizione notificato in data 16/12/97, la SAN BASILIO S.r.l. si opponeva al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dall'Avv. L.S.F. per il pagamento di onorari per L. 59.915.000 per la attività stragiudiziale svolta come da lettera di incarico del 2/08/1994. Deduceva che il legale non aveva effettuato tutte le prestazione indicate nel ricorso e che la somma pretesa a titolo di compenso era eccessiva. Secondo la lettera d'incarico il professionista doveva predisporre una convenzione urbanistica integrativa, finalizzata alla stipula della convenzione urbanistica con il Comune di Castiadas per l'ultimazione della lottizzazione Cala Pira. 2. Il Tribunale di Cagliari, con sentenza n. 326/05, accoglieva l'opposizione. Stabiliva che il compenso richiesto non doveva essere calcolato su un valore di tre miliardi, ma sull'effettivo valore dell'oggetto della convenzione. La convenzione integrativa aveva come oggetto della prestazione solo la proroga dei tempi di attuazione delle opere di urbanizzazione, delle relative garanzie fideiussorie e delle cessioni sugli standards su richiesta dell'amministrazione comunale, e delle opere di urbanizzazione secondaria, con valore delle opere residue pari a L. 342.761.000 ”. Di qui la liquidazione della somma di Euro 7.398,25. 3. Avverso tale decisione proponeva appello l'Avv. L.S. , rilevando che il corrispettivo della prestazione doveva essere commisurato al valore complessivo delle opere e cioè a 3.000.000.000 tre miliardi di lire come risultava dal lettera di conferimento dell'incarico datata 2 agosto 1994. 4. La Corte d'Appello di Cagliari accoglieva l'impugnazione, rigettando l'opposizione. Osservava la Corte che il compenso doveva essere liquidato in base alle tariffe inderogabili e sulla base del valore convenzionale dell'affare, che risultava chiaramente indicato nella lettera di incarico del 2 agosto 1994, accettata dal professionista. Le valutazioni operate dal giudice di primo grado per individuare il valore reale dell'affare risultavano irrilevanti a fronte della determinazione del valore convenzionalmente operata dalle parti. 5. Avverso detta sentenza propone impugnazione la società SAN BASILIO con tre motivi. Resiste con controricorso l'intimato, che ha depositato memoria. Motivi della decisione 1. I motivi del ricorso. 1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. in relazione agli artt. 115 c.p.c., 2697 c.c. e 24 Cost., nonché in relazione all'art. 2233 c.c. e 115 c.p.c. ”. La Corte di Appello di Cagliari non aveva condiviso l'individuazione dell'oggetto, così come ricostruito attraverso l'istruttoria svolta davanti del Tribunale non aveva ritenuto di svolgere istruttoria, reputando sufficiente e necessaria la sola prospettazione della lettera d'incarico del 2 agosto 1994 valore convenzionale dell'affare . Osserva la ricorrente che nella lettera d'incarico, il valore di 3 miliardi di lire è menzionato unicamente nell'oggetto della stessa lettera, solo per identificare la lottizzazione la lettera prosegue con estrema chiarezza, indicando in dettaglio il lavoro [ ] nell'ambito della ultimazione della Lottizzazione Cala Pira ”. Osserva ancora che la ultimazione della Lottizzazione consistette [ ] nella Redazione contratto convenzione urbanistica integrativa , così come da Relazione dell'Ufficio Tecnico del Comune di Castiadas, portata a termine due mesi prima, nella quale veniva specificato dallo stesso Comune quali fossero le richieste e le incombente ulteriori relativamente al residuo stato di consistenza della Lottizzazione ”. Il vero nodo della questione era rappresentato dall'individuazione dell'oggetto della prestazione, e, al riguardo, la SAN BASILIO S.r.l. aveva provveduto a fornire ogni elemento probatorio utile ai sensi dell'art. 2697 c.c., allegando documenti sufficienti e rilevanti per la prova della riduzione della prestazione espletata dall'Avv. L.S. ” relazione dell'Ufficio Tecnico del Comune di Castiadas e Convenzione integrativa . Secondo parte ricorrente, la Corte d'Appello, violando l'art. 115 c.p.c., unitamente all'art. 2697 c.c., ha completamente omesso di motivare il perché ha ritenuto di non utilizzare né l'istruttoria di primo grado, né i documenti allegati, né di procedere ad ulteriore istruttoria, [ ] pronunciandosi, pertanto, in totale contrasto con le prove acquisite, male applicando l'art. 115 ed omettendo di statuire sulla contestazione principale, cioè il reale oggetto della prestazione ”. Ancora secondo parte ricorrente, il vizio di motivazione deve essere individuato nell'assenza di un iter logico e in una serie di carenze, incongruenze ed incoerenze logiche. Viene formulato il seguente quesito Può il Giudice di secondo grado, nel fondamentale suo ruolo di eventuale ultimo giudice del merito, allorquando non espliciti affatto la propria motivazione ovvero utilizzi in essa argomentazioni carenti, superficiali ed incongruenti, disattenderne tutti gli elementi proba tori di una delle parti, senza così incorrere in vizio di motivazione e ledendo gravemente i potenziali diritti di difesa della parte stessa ”. 1.2 Col secondo motivo di ricorso si deduce Violazione e falsa applicazione degli art. 1346 e 1349 del codice civile ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. ”. La Corte d'Appello di Cagliari ha anche errato nella delimitazione dell'oggetto della prestazione, omettendo completamente l'analisi sull'oggetto della prestazione, senza tener conto della cronologia dei fatti ed in particolare della relazione del Capo dell'Ufficio tecnico del Comune 3 maggio 1994 , la quale quantificava il residuo delle opere da realizzare pari a Lire 174.101.000. Pertanto, secondo parte ricorrente, alla data della lettera d'incarico, il cui oggetto era la convenzione integrativa, la sorte sulla quale si sarebbero basati i compensi del professionista era rappresentata da quest'ultima cifra e non, dalla lettera d'incarico del 2 agosto 1994 ”, sia perché successiva alla relazione comunale e sia perché in palese contrasto con il reale stato di avanzamento delle opere. [ ] Si trattava di redigere la convenzione integrativa col Comune, integrativa perché il più del lavoro era già stato svolto ”. In più, dall'art. 5 della convenzione integrativa, risultava che il complessivo valore era pari a Lire 342.761.000. Conclusivamente, la ricorrente chiede che si dia risposta negativa al seguente quesito di diritto In forza degli articoli 1346 e 1349 del codice civile, nell'ambito della necessaria ricostruzione dell'oggetto della prestazione professionale ai fini della determinazione del relativo compenso stragiudiziale, può il Giudice non tener in alcun conto le prove scritte documentali e non svolgere istruttoria, basandosi unicamente sul proprio convincimento discrezionale? ”. 1.3. Col terzo motivo di ricorso si deduce Violazione e falsa applicazione dell'art. 5 n. 5 della Tariffa Stragiudiziale Forense, DM 127 del 2004, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c. ”. L'errore della Corte d'Appello è anche consistito nell'aver violato l'art. 5 della Tariffa Stragiudiziale Forense, posto che l'interesse sostanziale del cliente , di cui all'art. 5, è agevolmente riscontrabile, nell'ottenimento della convenzione integrativa per l'ultimazione della Lottizzazione Cala Pira. Viene formulato il seguente quesito A norma dell'art. 5, n. 5, tariffa stragiudiziale, ai fimi dell'individuazione dello scaglione tariffario per le prestazioni relative a pratiche amministrative, deve il valore essere ricercato anche tenendo conto dell’interesse sostanziale del cliente e non solo il presunto valore della controversia che potrebbe, al contrario, ledere il diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione? ”. 2. Il ricorso è fondato e va accolto per quanto di seguito si chiarisce. 2.1 I tre motivi possono essere esaminati congiuntamente perché strettamente tra loro connessi, avendo riguardo, nella sostanza, alla valutazione, ed alla relativa motivazione, data dalla Corte territoriale all'individuazione dell'oggetto della prestazione professionale stragiudiziale richiesta al professionista. Al riguardo, la Corte territoriale, a fronte dell'ampio materiale probatorio acquisito e delle risultanze del giudizio di primo grado, si è limitata ad affermare che contrariamente a quanto affermato nella motivazione in esame, nella lettera di incarico e indicato espressamente il valore dell'affare in tre miliardi di Lire per cui, in applicazione del disposto dell'articolo 2233 del Codice civile, al professionista e dovuto un compenso in base alle tariffe professionali inderogabili, ma comunque sempre sulla base del valore convenzionale dell'affare”, ulteriormente rilevando che In tale situazione è evidente che il Giudice non potesse disattendere la richiesta dell'odierno appellante se non sulla base di un accertamento della violazione dei limiti massimi fissati nella previsione normativa ovvero ritenendo, sulla base di una motivata argomentazione, che il compenso richiesto dovesse essere determinato in misura minore di quanto richiesto, naturalmente sempre nell'ambito della differenza tra il minimo ed il massimo previsti per legge per lo scaglione di valore ”. In definitiva, la Corte territoriale non ha in alcun modo affrontato la questione posta circa la determinazione del valore dell'oggetto dell'incarico, essendosi limitata a considerare che la sola indicazione dell'importo di tre miliardi contenuta nell'oggetto della lettera d'incarico riguardasse il valore convenzionale attribuito all'oggetto del contratto, prescindendo da ogni ulteriore valutazione in ordine alla situazione nella quale si trovava la lottizzazione e al relativo iter , così da poter meglio definire quale fosse l'effettivo e specifico interesse della parte che conferiva l'incarico rispetto al risultato dello stesso. Né alcuna motivazione la Corte territoriale fornisce sul perché il valore dell'incarico si dovesse ricavare dal solo richiamo effettuato nell'oggetto a tale importo, piuttosto che considerare che tale importo potesse servire alla maggiore specificazione ed individuazione della lottizzazione. 3. In conclusione, il ricorso va accolto per le carenze motivazionali indicate. La sentenza impugnata va cassata e rimessa ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari, che rivaluterà la questione posta in relazione alla individuazione del valore dell'oggetto dell'incarico conferito in relazione alla specificità dello stesso e, all'esito, pronuncerà anche sulle spese del giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Cagliari.