Corsa contro il tempo: all’avvocato l’onere della prova

Nella prescrizione presuntiva il debitore, eccipiente, deve provare soltanto il decorso del termine previsto dalla legge, mentre il creditore ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito. Quest’ultima prova può essere fornita solo con il deferimento del giuramento decisorio, oppure avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8735, depositata il 15 aprile 2014. Il caso. Il Tribunale di Cosenza dichiarava prescritto il credito azionato da un avvocato nei confronti di un proprio cliente, per il pagamento di onorari professionali in merito ad una specifica causa, in quanto riteneva applicabile, con riferimento allo specifico credito azionato, la prescrizione presuntiva, prevista dall’art. 2957 c.c Tale norma stabilisce che il termine della prescrizione, per i crediti degli avvocati, decorre dalla decisione della lite, dalla conciliazione delle parti, dalla revoca del mandato o, per gli affari non terminati, dall’ultima prestazione. L’avvocato ricorreva in Cassazione, lamentando che l’onere di provare l’avvenuto pagamento della prestazione professionale non fosse a suo carico, bensì a quello del cliente, almeno con l’esibizione della fattura quietanzata, che, a suo giudizio, avrebbe dovuto essere emessa dal suo studio legale e, in ogni caso, con la copia dei registri IVA dell’impresa del suo cliente. Inoltre, lamentava la violazione dell’art. 2959 c.c., in quanto il suo cliente avrebbe implicitamente ammesso di non aver estinto l’obbligazione, non avendo fornito la prova di averlo fatto. La norma codicistica afferma, infatti, che l’eccezione di prescrizione è rigettata, se il debitore ammette in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta. Differenza tra prescrizioni. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che, nel caso specifico, si verteva in tema di prescrizione presuntiva, diversa da quella estintiva. La prima, infatti, muove dalla presunzione che un determinato credito, data la sua natura, sia stato pagato o si sia estinto per qualche causa. Al contrario, la prescrizione estintiva riguarda una vicenda estintiva del diritto che consegue al mancato esercizio del diritto stesso per un determinato periodo di tempo, al fine di perseguire l’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici. Perciò, la prescrizione presuntiva veniva definita dalla Corte una presunzione legale iuris tantum con limitata possibilità di prova contraria, cioè l’ammissione della controparte della non estinzione dell’obbligazione art. 2059 c.c. e il deferimento di giuramento art. 2060 c.c. . Pagamento presunto. Di conseguenza, tale forma di prescrizione è fondata su una presunzione mista di avvenuto pagamento del debito, in cui chi la oppone si espone al suo rigetto, sia nel caso in cui ammetta di non aver estinto l’obbligazione, sia se ne contesta la stessa insorgenza. Onere probatorio diverso. Nella prescrizione presuntiva, perciò, è diverso l’onere probatorio a carico di debitore e creditore. Infatti, mentre il primo, eccipiente, deve dimostrare il decorso del termine previsto dalla legge, il secondo ha l’onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito. Quest’ultima prova può essere fornita solo con il deferimento del giuramento decisorio, oppure avvalendosi dell’ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l’obbligazione non è stata estinta. Alla luce di tali considerazioni, risultavano erronee le censure del ricorrente, secondo cui il cliente avrebbe dovuto provare di avergli corrisposto il pagamento per l’attività professionale prestata, non per tutto il contenzioso intercorso, ma per una specifica causa. Infatti, in forza della prescrizione presuntiva, la prova era a carico del professionista, il quale, ai sensi dell’art. 2960 c.c., avrebbe potuto deferire il giuramento per accertare se si fosse verificata l’estinzione del debito. Inoltre, non ricorreva, nel caso specifico, neanche l’ipotesi, di cui all’art. 2959 c.c., in quanto mancava qualsiasi elemento da cui dedurre che il cliente avesse ammesso in giudizio l’estinzione dell’obbligazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 20 febbraio – 15 aprile 2014, n. 8735 Presidente Goldoni – Relatore Bursese Svolgimento del processo L'avv. S.A. propone ricorso per cassazione ex art. 111 Cost. avverso l'ordinanza resa, ai sensi degli artt. 28 e 29 L. n. 794/42 depositata in data 1.3.2006, con la quale, il Tribunale di Cosenza in composizione monocratica, in accoglimento dell'opposizione a decreto ing. rilasciato in favore dello stesso avv. S. per il pagamento di onorari professionali, proposta dall'ingiunto P.D. , dichiarava la prescrizione del credito azionato dal legale e per l'effetto revocava il provvedimento monitorio opposto. Il tribunale aveva infatti ritenuto che nella fattispecie era applicabile la prescrizione presuntiva ex art. 2957 c.c. con riferimento allo specifico credito azionato. Il ricorso per cassazione si articola in 3 mezzi P.D. non ha svolto difese. Motivi delle decisione Con il 1 motivo del ricorso l'esponente, denunciando la violazione e falsa applicazione dell'art. 99 c.p.c. deduce che, contrariamente a quanto affermato dal tribunale di Cosenza, per il principio della domanda, era l'opponente P.D. , e non l'opposto convenuto avv. S.A. , che aveva l'onere di fornire la prova dell'avvenuto pagamento della prestazione professionale almeno con l'esibizione della fattura quietanzata, che ai sensi di legge, avrebbe dovuto essere emessa dallo studio dell'avv.to S.A. e in ogni caso con la copia dei registri IVA dell'impresa di costruzioni di P.D. . Peraltro lo stesso professionista per tutte le altre cause che aveva promosse per conto del P. aveva esibito in giudizio la relativa documentazione. Il motivo si conclude con il seguente quesito di diritto Accerti la S.C. se nel caso specifico v'è stata violazione dell'art. 99 c.p.c. atteso che era onere dell'opponente P.D. , titolare dell'omonima impresa di Costruzioni , di fornire la prova di avere provveduto al pagamento delle prestazioni professionali all'avv. S.A. relativamente al procedimento civ. n. 64/84 RGAC. da lui incoato davanti al Tribunale di Cosenza . Con il 2 motivo viene dedotta l’omessa o insufficiente motivazione in quanto il tribunale dopo aver dato atto del conferimento ed espletamento dell'incarico professionale, nulla ha rilevato relativamente al mancato pagamento delle spese, dei diritti e degli onorari di avvocato per la causa di cui sopra . Segue l'irrituale quesito di diritto essendo stato dedotto solo un vizio di motivazione Accerti la Corte .se nel caso di specie v'è stata violazione del primo comma n. 5 dell'art. 360 cpc, atteso che non può assurgere a dignità di prova la semplice affermazione dell'opponente il decreto ingiuntivo di avere adempiuto, senza fornire alcuna prova scritta, l'obbligazione . Con il terzo motivo si deduce la falsa applicazione dell'art. 2957 c.c Il P. avrebbe implicitamente ammesso di non aver estinto l'obbligazione, non avendo fornito la prova di averlo fatto. A conclusione del motivo segue il seguente quesito di diritto accerti la S. C. di Cassazione se vi è stata violazione dell'art. 2959 c.c. atteso che le prescrizioni presuntive previste dagli artt. 2954 a 2956 c.c. hanno caratteristica non di determinare l'estinzione dell'obbligazione, ma quella di presumere, salvo prova contraria, che nel caso di specie è stata documentalmente fornita con l'esibizione di fatture professionali saldate dal geometra P.D. per diversi altri procedimenti giudiziari che il debito trascorso un certo termine è stato saldato . Le doglianze di cui sopra - esaminate congiuntamente attesa la loro stretta connessione - non hanno pregio. Giova premettere che nella fattispecie in esame si verte in tema di prescrizione presuntiva la quale ha natura e disciplina radicalmente diversa rispetto alla prescrizione estintiva. Quest'ultima viene definita alla stregua di una vicenda estintiva del diritto che consegue al mancato esercizio del diritto stesso per un determinato periodo di tempo e cioè al fine di perseguire l'insopprimibile esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici. La prescrizione presuntiva o impropria invece ha tutt'altra struttura e finalità, in quanto essa muove dalla presunzione che un determinato credito, data la sua particolare natura, sia stato pagato, o che si sia comunque estinto per effetto di una qualche causa vi sono infatti alcuni rapporti della vita quotidiana nei quali l'estinzione del debito avviene di regola contestualmente all'esecuzione della prestazione ovvero non molto tempo dopo. In sintesi la prescrizione presuntiva può definirsi una presunzione legale iuris tantum con limitata possibilità di prova contraria artt. 2059 e 2060 c.c. . Questa S.C. ha così evidenziato le caratteristiche e le differenze tra i due istituti giuridici La prescrizione estintiva e la prescrizione presuntiva sono ontologicamente differenti, logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi, in quanto elementi costitutivi della prima sono il decorso del tempo e l'inerzia del titolare del diritto fatto valere in giudizio che estinguono il debito, sicché il debitore può giovarsene, liberandosi dalla pretesa, sia che contesti l'esistenza del credito sia che ammetta di non aver adempiuto l'obbligazione mentre la seconda è fondata su una presunzione iuris tantum, ovvero mista, di avvenuto pagamento del debito, esponendosi colui che la oppone al suo rigetto non solo se ammette di non aver estinto l'obbligazione ma anche se ne contesta la stessa insorgenza . Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3443 del 21/02/2005 . Poste tali premesse è dunque ben diverso l'onere probatorio posto a carico rispettivamente del debitore e del creditore nell'ambito della prescrizione presuntiva. Ed invero In tema di prescrizione presuntiva, mentre il debitore, eccipiente, è tenuto a provare il decorso del termine previsto dalla legge, il creditore ha l'onere di dimostrare la mancata soddisfazione del credito, e tale prova può essere fornita soltanto con il deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell'ammissione, fatta in giudizio dallo stesso debitore, che l'obbligazione non è stata estinta. Cass. n. 785 del 27/01/1998 . Considerate le suesposte argomentazioni, appaiono del tutto inconferenti ed erronee le indicate censure che hanno ad oggetto il mancato assolvimento dell'onere probatorio da parte del cliente, il quale - secondo il ricorrente - avrebbe dovuto provare di aver corrisposto il pagamento come da lui sostenuto all'avv. S. per l'attività professionale prestata, non per tutto il contenzioso intercorso, ma per una specifica causa procedimento civ. n. 64/84 RGAC davanti al Tribunale di Cosenza . Sennonché, proprio in forza dell'invocata prescrizione presuntiva, la prova è posta a carico del professionista, il quale ai sensi dell'art. 2960 c.c., avrebbe potuto deferire giuramento per accertare se si fosse verificata l'estinzione del debito. D'altra parte, neppure ricorre nella fattispecie l'ipotesi di cui all'art. 2959 c.c. in quanto come ha giustamente ritenuto il Tribunale, il debitore non ha comunque ammesso in giudizio che l'obbligazione non è stata estinta . Manca al riguardo un qualsiasi elemento da cui dedurre tale circostanza, in quanto il P. nell'opporsi al decreto ing. ha affermato l'avvenuto adempimento della prestazione richiesta in sede monitoria dallo S. v. ordinanza impugnata pag. 2 . Conclusivamente il ricorso dev'essere rigettato poiché l'intimato non ha svolto alcuna attività difensiva, non si provvederà sulle spese. P.Q.M. Rigetta il ricorso.