La liquidazione dei compensi agli avvocati in 4 sentenze

A prima vista si potrebbe pensare che le quattro sentenze della Seconda Sezione Civile della Cassazione recanti i numeri, rispettivamente, 7504, 7505, 7508 e 7511, tutte pubblicate il 31 marzo 2014, tutte in materia di liquidazione dei compensi di avvocato siano correlate, o come si suol dire gemelle” sulla falsariga, per capirsi, delle celeberrime quadrigemellari nn. 26972/08 e le tre seguenti in tema di danno non patrimoniale . In realtà così non è, e d'altra parte la n. 7504/14 vede anche una parziale diversa composizione per quel che concerne i magistrati.

La ripetizione della tematica, ad ogni buon conto, consente di trattarne in un unico commento, la cui premessa fondante deve peraltro essere il richiamo al fatto che in tutti e quattro i casi stiamo parlando di liquidazioni effettuate sotto la vigenza della vecchia tariffa forense oramai non più in vigore dal momento in cui è entrato in vigore il Decreto del Ministero della Giustizia numero 140/2012 pubblicato in Gazzetta Ufficiale numero 195 del 22 agosto 2012. Liquidazione dei compensi da trattare in composizione collegiale? La sentenza numero 7504/14 verte in tema di liquidazione a mezzo del procedimento ex artt. 28, 29 e 30 Legge numero 794/1942 procedimento abrogato dal d.lgs. numero 150/2011, tranne che per le controversie pendenti all'entrata in vigore del predetto decreto legislativo, per le quali ne è stata prevista espressamente l'ultrattività . La Cassazione ha accolto il ricorso dell'avvocato fondato sul fatto che il tribunale aveva deciso in composizione monocratica, allorquando come avevano ricordato le Sezioni Unite nella sentenza numero 12609/2012 le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l'opera prestata nei giudizi avanti al Tribunale rientrano tra quelle che devono necessariamente essere trattate in composizione collegiale, secondo al riserva di cui all'art. 50 bis , comma 2, c.p.c La transazione deve essere provata per iscritto. La sentenza numero 7505/14 prende le mosse da una sentenza di condanna da parte del giudice di pace per compensi professionali liquidati nella misura di € 338,72, sentenza che era stata appellata e poi giungeva all'attenzione della Suprema Corte. In questo caso una delle parti ha cercato di sostenere la sussistenza di un accordo, relativamente ai compensi professionali, transattivo le parti, accordo che sarebbe stato desumibile dalle registrazioni fonografiche. Nel rigettare il motivo di ricorso la Seconda Sezione afferma la correttezza dei giudici del merito che non hanno considerato valida una transazione non risultante da atto scritto ma dalla trascrizione di colloqui telefonici. La transazione deve, infatti essere provata per iscritto ex art. 1967 c.c. e la trascrizione di conversazioni non costituisce ‘documento’ né integra una riproduzione meccanica di un documento Cass. numero 8219/96 . Valore indeterminabile? La sentenza numero 7508/14 è di nuovo relativa al procedimento ex artt. 28 e 29 Legge numero 794/1942, ma sotto il diverso profilo rispetto a quanto visto sopra della omessa liquidazione degli onorari per talune attività effettivamente svolte. I giudici della Seconda Sezione hanno accolto il ricorso, riconoscendo il difetto di motivazione per aver il Tribunale espunto talune voci che non erano nemmeno state contestate, omettendo peraltro qualsiasi spiegazione per tale mancato riconoscimento. Per quanto attiene la determinazione del valore della causa, viene ricordato il principio per cui deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al giudice Cass. numero 14586/2005 . Infine, la sentenza numero 7511/14 riguarda la liquidazione dei compensi da parte del Tribunale in misura inferiore ai minimi tariffari, motivo di censura accolto dalla Seconda Sezione al pari dell'omessa liquidazione di voci di diritti dei quali era stata invece liquidata la corrispondente voce degli onorari e della speculare omissione, ovvero quella di voci di onorari dei quali era stata liquidata soltanto la voce relativa ai diritti. Rimborso forfetario delle spese generali. La sentenza è inoltre di interesse per quel che concerne il rimborso forfetario delle spese generali che, sia detto incidenter tantum , è stato reintrodotto nel nuovo Decreto del Ministro di Giustizia del 10 marzo e non ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale, dopo la scomparsa” ad opera del d.m. numero 140/12 . Il principio della spettanza automatica del rimborso forfetario delle spese generali, senza bisogno di apposita richiesta, opera nei casi in cui il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanni la parte soccombente al rimborso delle spese processuali a favore dell'altra parte. Al di fuori dei casi di condanna alle spese, non v'è spazio per una liquidazione ex officio del compenso forfetario, essendo necessaria la domanda del professionista .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 15 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7504 Presidente Bursese – Relatore Scalisi Svolgimento del processo L'avv. S.G. ha agito in monitorio per il pagamento di Euro 540.060, 67 a titolo di compensi per l'attività professionale resa a favore della SAI poi divenuta Fondiaria SAI nella causa svoltasi dinnanzi al Tribunale di Roma e definita con sentenza n. 11486/2005. Avverso il decreto ingiuntivo n. 18970 del 2009 proponeva opposizione la Fondiaria Sai spa., lamentando l'errata individuazione dello scaglione di valore applicabile. Riferiva, altresì, di accordi non formalizzati e di prassi relative alla misura degli onorari pagati al legale, non chiedeva, tuttavia, uno specifico accertamento, ma si limitava a chiedere al giudice la liquidazione secondo tariffa della parcella in base al valore ritenuto congruo e previa valutazione dei normali parametri quantità e qualità dell'opera svolta, risultato ottenuto ecc. . Il Tribunale di Roma premesso che, in applicazione dell'art. 30 delle legge 794/42, la controversia andava decisa con ordinanza non impugnabile ai sensi del precedente articolo 29 della stessa legge, con ordinanza del 2 marzo 2011 revocava il decreto ingiuntivo opposto e per l'effetto condannava la Fondiaria Sai a pagare all'avv. S. la somma di Euro. 153.665,47, oltre interessi al saggio di cui all'art. 5 Dlgs. 231 del 2002 su Euro. 125.569,68 dalla data dell'ordinanza al saldo. Condannava la stessa Fondiaria Sai al pagamento dei due terzi delle spese del giudizi e compensava il residuo. A sostegno di questa decisione il Tribunale di Roma osservava a che lo scaglione di valore applicabile non era quello individuato dal Giudice di prime cure, atteso che la Fondiaria Sai era stata chiamata in garanzia da altra società e, pertanto, il valore della causa di garanzia era limitata al 5% del danno per ciascun anno. La cassazione di questa ordinanza è stata chiesta dall’Avv. S.G. per cinque motivi. La Fondiaria Sai spa., ha resistito con controricorso. Motivi della decisione In via preliminare va chiarito che l'ordinanza che decide il merito dell'opposizione a decreto ingiuntivo relativo ad onorari di avvocato è impugnabile solo con il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 111, comma settimo, Cost., essendo qualificata inoppugnabile dalla legge, ovvero dall'art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794. 1.- Con il primo motivo S. lamenta la violazione degli artt. 29 e 30 della legge 13/6/1942 n. 794 e dell'art. 50 bis ultimo comma cpc. in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3 cpc. Secondo il ricorrente posto che, ai sensi dell'art. 30 della legge 794/1942, l'opposizione contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari diritti e spese degli avvocati per prestazioni giudiziali è decisa dal Tribunale in Camera di Consiglio con ordinanza non impugnabile, il Giudice Unico decidendo da solo 'opposizione si è arrogato un diritto che non aveva, e ciò è tanto più grave posto che l'attuale ricorrente aveva chiesto espressamente che la causa venisse rimessa in collegio. L'inosservanza della regola sulla composizione collegiale del Tribunale è causa di nullità del provvedimento adottato. 1.1.- Il motivo è fondato. Va qui evidenziato che le SS. UU. di questa Corte con sentenza n. 12609 del 20/07/2012 ha definitivamente chiarito che le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l'opera prestata nei giudizi davanti al Tribunale, ai sensi degli artt. 28, 29 e 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794, rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall'art. 50 bis, secondo comma, cod. proc. civ., come peraltro confermato dall'art. 14, secondo comma, del d. lgs. 1 settembre 2011, n. 150, per i procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso. Pertanto, è nullo il provvedimento adottato dal Tribunale di Roma in composizione monocratica - e non collegiale - all'esito di opposizione a decreto ingiuntivo oggetto del presente giudizio proposta ai sensi dell'art. 30 della legge 13 giugno 1942, n. 794. 2 - il ricorrente lamenta, ancora a Con il secondo motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 645 cpc e degli artt. 29 e 30 legge 13/6/1942 n. 794 in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente l'opposizione era improcedibile perché avrebbe dovuto essere instaurata con ricorso e non con citazione e se proposta con citazione sarebbe stata valida se depositata in cancelleria entro i quaranta gironi dalla ingiunzione. Ora nel caso in esame, eccepisce il ricorrente, l'opposizione è stata proposta con citazione, ed, ancora, l'ingiunzione è stata notificata il 10 novembre 2009 e il deposito in cancelleria dell'opposizione avvenne il 23 dicembre 2009. L'improcedibilità derivava per altro dal medesimo art. 645 cpc, il cui ultimo comma dispone che in seguito all'opposizione i termini di comparizione sono ridotti a metà. Ed in effetti, anche sotto questo profilo, la conseguenza è identica visto che la citazione venne notificata il 15 dicembre 2009 e la causa iscritta a ruolo il 23 dicembre 2012 vale a dire dopo otto giorni, invece, di cinque previsti dalla norma. b con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 636 cpc e degli artt. 29 della legge 13/6/1942 n. 794 e degli artt. 5, comma 3, e 6, comma 2 del DM. 8/4/04 n. 127 in relazione all’art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente il Tribunale nel caso specifico non aveva il potere di ridurre la parcella di cui si dice posto che a la parcella dell’avvocato è assistita di una presunzione di veridicità avvalorata e rafforzata e in un certo senso certificata, nel caso in esame, dal parere di congruità dell'Ordine professionale b non vi erano contestazioni specifiche da parte dell'opponente. b Con il quarto motivo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3,4,5 del decreto legislativo 9/10/01 n. 231 in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. Avrebbe errato il Tribunale di Roma nell'aver stabilito che gli interessi moratori decorrevano dalla data della sua decisione nonostante l'art. 3 del Dlgs. 231 del 2002 stabilisce che il creditore ha diritto alla corresponsione degli interessi moratori e il successivo articolo sancisce che gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine ove questo non sia stabilito dopo trenta giorni dal ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. c Con il quinto motivo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 29 sesto comma della legge 13/6/1942 n. 794 in relazione all'art. 360 n. 3 cpc. Secondo il ricorrente il Tribunale non gli avrebbe liquidato il costo sostenuto per ottenere il parere obbligatorio del Consiglio dell'Ordine nonostante l'art. 29, sesto comma, della legge n. 794 del 1942 dispone che il giudice liquida le spese del procedimento intrapreso dall'avvocato per ottenere quanto dovutogli. 3.1.- Queste censure rimangono assorbite dall'accoglimento del primo motivo atteso che l'accertamento di merito dovrà essere riformulato e, comunque, compiuto dal Tribunale in composizione collegiale. In definitiva, va accolto il primo motivo, rigettato il secondo, dichiarati assorbiti il terzo, il quarto e il quinto. L'ordinanza impugnata va cassata e la causa va rinviata ad Tribunale di Roma in altra composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti gli altri. Cassa l'ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Roma in composizione collegiale, anche per le spese del presente giudizio di cassazione.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7505 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con atto di citazione 8.5.2002 l'Avv. P.F. conveniva in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Firenze, D.M.A. per sentirlo condannare al pagamento del proprio compenso professionale. Il giudizio era riassunto, ex art. 50 c.p.c., innanzi al Giudice di Pace di Roma, sez. dist. di Ostia, territorialmente competente, il quale, con sentenza n. 922/04, condannava il convento al pagamento della somma di Euro 338,72, oltre interessi compensando fra le parti le spese di lite. Avverso tale sentenza proponeva appello il D.M. resisteva l'Avv. P. avanzando appello incidentale. Con sentenza depositata il 14.2.2007 il Tribunale di Roma, sez. dist. di Ostia, confermava la sentenza di primo grado e rigettava l'appello incidentale condannando il D.M. al pagamento delle spese del grado. Osservava il giudice di appello che il primo giudice aveva motivatamente fondato il convincimento che dalle risultanze istruttorie e dalla tariffe di legge residuasse un saldo a favore del P. che erroneamente il D.M. aveva sostenuto l'esistenza di una transazione sulle base delle trascrizioni dei colloqui telefonici fra le parti. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso D.M.A. formulando cinque motivi accompagnati da quesiti di diritto, illustrati da successiva memoria. Resiste P.F. con controricorso e ricorso incidentale affidato a cinque motivi. Motivi della decisione Il ricorrente principale deduce 1 motivazione illogica e violazione dell'art. 346 c.p.c. il giudice di appello aveva esaminato le richieste avanzate con l'atto di citazione in riassunzione omettendo l'esame dei motivi di appello sul punto viene formulato il seguente quesito di diritto se l'avere esaminato le domande contenute in un atto del giudizio di primo grado, in particolare l'atto di citazione in riassunzione, anziché quelle contenute nell'atto di appello costituisce vizio della motivazione e violazione dell'art. 346 c.p.c. 2 carente, insufficiente motivazione e violazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. con conseguente nullità della sentenza, per avere la Corte di merito omesso di motivare sui motivi di appello, limitandosi ad aderire per relationem alla motivazione della sentenza di primo grado e fondando la conferma della statuizione sulla compensazione delle spese processuali di primo grado sulla reciproca soccombenza delle parti, non considerando che il primo giudice aveva solo accolto parzialmente la domanda dell'attore 3 violazione degli artt. 2233 - 2712 c.c. 91 e 92 c.p.c. 88-89-116 c.p.c. 2043 e 345 c.c. nonché omessa motivazione sulla fondatezza dei motivi di appello e su fatti controversi rilevanti per il decidere con riferimento all'accordo transattivo tra le parti sulla misura delle competenze professionali, desumibile dalle registrazioni fono-grafiche non contestate e di cui, in violazione dell'art. 2712 c.c., non era stata ammessa la audizione illegittimità della statuizione sulla compensazione delle spese di lite di primo grado e sulla domanda di risarcimento danni, erroneamente qualificata domanda nuova 4 violazione dell'art. 115 c.p.c. ed omessa motivazione in ordine alla mancata ammissione delle prove richieste registrazioni e C.T.U. 5 motivazione illogica e vizio di omessa pronuncia sulla domanda di restituzione somme nonché violazione dell'art. 336 c.p.c. Con il ricorso incidentale l'Avv. P. lamenta a il giudice di appello si era limitato a definire illogica” l'eccezione preliminare di inammissibilità dell'appello senza ulteriore motivazione, non tenendo conto che la costituzione in giudizio dell'appellato, oltre il termine previsto per proporre gravame, comportava il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, stante l'inapplicabilità dell'art. 164 c.p.c. b nullità ed inammissibilità dell'atto di appello per indeterminatezza dell'oggetto della domanda e difetto di motivazione sulla relativa eccezione violazione dell'art. 345 c.p.c. avendo il Tribunale ammesso la produzione in appello del prospetto delle competenze, spese ed onorari , non allegato all'atto di citazione e prodotto tardivamente all'udienza del 27.4.06 3 omessa motivazione sul fatto controverso e decisivo per il giudizio, avendo il Tribunale rigettato l'appello incidentale, limitandosi ad un giudizio di condivisione della statuizione del primo giudice ed omettendo di motivare sulle ragioni per cui si era discostato dal parere espresso dal Consiglio dell'Ordine di Firenze, laddove aveva dimezzato gli onorari senza tener conto della natura e complessità della causa 4 omessa motivazione sul mancato riconoscimento delle competenze relative alla richiesta del parere di congruità della parcella al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Firenze 5 omessa motivazione sulla illegittima compensazione delle spese del giudizio di primo grado, difettando la sussistenza di giusti motivi,considerato il notevole scarto tra quanto dovuto per competenze professionali e quanto pagato dal D.M. . Va preliminarmente disposta, ex art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi in quanto proposti avverso la medesima sentenza. Sul ricorso principale il primo motivo ed il relativo quesito sono inammissibile in quanto privi del requisito di specificità, non avendo il ricorrente trascritto i motivi di appello di cui lamenta il mancato scrutinio. del pari inammissibile, per genericità, è il secondo motivo, non essendo stati specificati i motivi di gravame dei quali viene lamentato il rigetto con motivazione insufficiente. La terza doglianza è infondata posto che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la sentenza si è pronunciata sull'accordo transattivo, affermando che non poteva essere validamente opposta una transazione risultante non da atto scritto, ma dalla trascrizione di colloqui telefonici. Va aggiunto che la transazione deve essere provata per iscritto ex art. 1967 c.c. e che la trascrizione di conversazioni non costituisce documento né integra una riproduzione meccanica di un documento Cass. n. 8219/96 . Sotto il profilo della quantificazione dei compensi, la censura è, peraltro, priva di specificità, non essendo riportato il tenore del relativo motivo di gravame, che la sentenza ha rigettato condividendo il convincimento del Giudice di Pace sul saldo di onorari spettante al P. in base alle risultanze istruttorie ed alle tariffe di legge la sentenza ha, inoltre, condiviso tutte le ulteriori argomentazioni del Giudice di Pace, compresa quella di compensazione delle spese rispetto a cui il Giudice stesso aveva esercitato un potere discrezionale. Quanto alla domanda di condanna al risarcimento del danno, è sufficiente rilevare che il giudice di appello ha affermato che essa era inammissibile per la sua novità ed il ricorrente non indica in quale atto ed in quali termini l'avesse tempestivamente formulata sicché la censura difetta di autosufficienza l’eventuale domanda, ex art. 96 c.p.c., sarebbe pure inammissibile in presenza di una soccombenza dell'istante. Il quarto motivo, sulla mancata ammissione della prova per registrazione, è inammissibile non essendo, comunque, consentite nuove produzioni probatorie in appello quanto alla mancata ammissione di C.T.U., la doglianza è priva di autosufficienza, non essendo stata indicato quale sarebbe stata la sua rilevanza rispetto alle prove già acquisite e poste a fondamento della decisione e trattandosi di mezzo istruttorio riservato al potere discrezionale del giudice di merito. Il quinto motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso che l'accoglimento, sia pure parziale della domanda dell'attore, comportava l'insussistenza di somme da restituire. Passando all'esame del ricorso incidentale, si osserva il primo motivo sull'ammissibilità dell'appello in assenza del rispetto del termine di comparizione, è infondato. Al riguardo, questa Corte ha evidenziato che la disciplina dettata dal nuovo testo dell'art. 164 c.p.c., applicabile anche in appello, in virtù del richiamo di cui all'art. 359 c.p.c., opera una distinzione quanto alle conseguenze della costituzione del convenuto, giacché mentre i vizi afferenti alla vocatio in ius sono sanati con effetto ex tunc , quelli relativi alla editio actionis sono sanati con effetto ex nunc con la conseguenza che, ove nell'atto di appello manchino l'indicazione del giorno dell'udienza di comparizione e l'avvertimento di cui all'art. 163, terzo comma, n. 7 c.p.c., e l'appellante provveda, di sua iniziativa, ad una nuova notifica con la correzione degli elementi mancanti, la costituzione del convenuto sana la nullità del primo atto di appello con effetto retroattivo, valendo ad escludere il passaggio in giudicato della sentenza di primo grado Cass. n. 17951/2008 . In ogni caso, la violazione del termine di comparizione imponeva al giudice di appello solo di disporre la rinnovazione della citazione di secondo grado, nella specie non necessaria a fronte dell'avvenuta costituzione dell'appellato Cass. n. 13128/2010 n. 25391/04 . Il motivo sub b , con cui viene riproposta l'eccezione di inammissibilità dell'appello per indeterminatezza dell'oggetto delle domande e di nuovi documenti in appello, è inammissibile per difetto di interesse, sia quanto ai documenti che alle domande proposte in appello, considerato che non sono stati valutati i primi né accolte le seconde, da parte del giudice di secondo grado. La censura sub c è inammissibile, avendo la Corte di merito condiviso, quanto ai compensi, la decisione del primo giudice né il motivo è pertinente laddove fa riferimento al valore indeterminato di una causa nella quale viene chiesto il pagamento di una specifica somma. Inammissibile per carenza d1 interesse è pure la quarta censura in quanto nel giudizio ordinario,in tema di liquidazione degli onorari di avvocato e dei diritti di procuratore, l'esibizione del parere del consiglio dell'ordine è necessaria solo allorché la parte domanda la liquidazione degli onorari in misura superiore al massimo della tabella pertanto, per il criterio della causalità applicabile in materia di spese processuali, il rimborso della tassa corrisposta per detto parere ed i diritti di procuratore relativi, vanno attribuiti solo ove il giudice riconosca giustificato il superamento dei massimi tabellari, con la conseguenza, in caso contrario, che la spesa inerente alla richiesta del parere in questione non può essere accolta alla controparte che ad essa non ha dato causa Cass. n. 839/1986 . È, infine, inammissibile, per difetto di autosufficienza, il quinto motivo, non essendo stato riportato il tenore del motivo di appello. In conclusione, alla stregua dei rilievi svolti, entrambi i ricorsi vanno respinti. Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio di legittimità, stante la loro reciproca soccombenza. P.Q.M. La Corte riuniti ricorsi, li rigetta entrambi spese del giudizio di legittimità integralmente compensate fra le parti.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7508 Presidente Oddo – Relatore Nuzzo Svolgimento del processo Con ricorso, ex artt. 28 e 29 L. n. 794/1942, notificato il 9.10.2006, l'Avv. G.L. adiva il Tribunale di Roma per ottenere il pagamento della somma di Euro 249.341,27, quale compenso per l'attività professionale svolta in favore della Società dell'Acqua Pia Antica Marcia s.p.a., nel giudizio civile di risarcimento danni, instaurato innanzi al Tribunale di Roma ed avente ad oggetto la responsabilità contrattuale e precontrattuale dell'Università La Sapienza di Roma,riguardo alla vendita dell'immobile sito in omissis , denominato omissis . Costituitasi in giudizio la resistente non contestava le voci dei diritti ma solo gli onorari in relazione al valore della controversia. Con ordinanza depositata il 26.3.2007 il Tribunale liquidava, in favore dell'Avv. G. ed a carico della resistente, la somma di Euro 32.665,33, oltre interessi, ritenuta la causa di valore indeterminato rilevante, in ragione della complessità delle questioni trattate , applicando, per gli onorari, il D.M. 585/94, in vigore al momento dell'ultima prestazione e raddoppiandone, ex articolo 5 D.M. 585/94, l'importo relativo in considerazione della complessità della materia ,per un totale di Euro 19.674,88 per la determinazione dei diritti applicava il D.M.24/11/90 n. 392 ed il D.M. 585/94, in vigore al momento delle singole prestazioni. Avverso tale provvedimento proponeva ricorso straordinario, ex articolo 111 Cost., l'Avv. G.L. formulando cinque motivi con i relativi quesiti di diritto. Resiste con controricorso la Società dell'Acqua Pia Antica Marcia s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Il ricorrente deduce 1 violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 6 del D.M. 585/94, per non avere il Tribunale determinato il valore della controversia secondo l'articolo 12 c.p.c., da applicarsi quando il valore effettivo della controversia non risulti manifestamente diverso da quello presunto,considerato che, nella specie, le domande svolte dalla SIMA s.r.l. poi incorporata nella società controricorrente nel giudizio nei confronti della Università degli Studi la Sapienza, avevano ad oggetto la responsabilità contrattuale, ex articolo 1358 c.c. della stessa o, subordinatamente, quella precontrattuale e che il valore della causa, ai sensi dell'articolo 12 c.p.c., era di L. 260 miliardi, corrispondente al prezzo della vendita dell'immobile oggetto di detto giudizio o, in subordine,di venti miliardi come precisato nelle conclusioni, all'udienza del 22.4.1998 in relazione alla domanda di risarcimento danni correlata al prezzo della vendita stessa 2 violazione e falsa applicazione degli artt. 12 disp. gen. 5 e 6 del D.M. 585/94 e 12 c.p.c., in relazione al valore della controversia ai fini della liquidazione delle competenze, posto che, secondo il canone ermeneutico di cui all'articolo 12 disp. gen. c.c. significato delle parole , il valore della controversia va stabilito presuntivamente secondo le norme del codice di procedura civile, ai sensi dell'articolo 12 c.p.c. che impone di fare riferimento al peso economico della controversia ovvero al valore in denaro dell'oggetto del contendere 3 violazione e falsa applicazione dell'articolo 9 D.M. 5.10.1994, per avere il Tribunale omesso di liquidare, in difetto di motivazione, gli onorari per la redazione delle memorie e l'assistenza ai mezzi di prova 4 violazione dell'articolo 9 del D.M. 5.10.1994 per omessa liquidazione, in assenza di motivazione sul punto, degli onorari relativi all'attività di partecipazione ed assistenza alle udienze di trattazione, per la somma di Euro 6.432,00, pari a 16 udienze 5 violazione e falsa applicazione dell'articolo 9 D.M. 5.10.1994 per assoluta carenza di motivazione del provvedimento impugnato in ordine al riconoscimento delle spese imponibili riferite a tutti i diritti specificati nella nota redatta dall'Avv. G. e quantificati nei limiti della minor somma non contestata da controparte. Premesso che anche il ricorso per cassazione, proposto ai sensi dell'articolo 111 Cost., è soggetto al regime di cui all'articolo 366 bis c.p.c. Cass. n. 14562/2001 , va evidenziata la genericità ed astrattezza del quesito formulato con riferimento al motivo sub 1 , posto che esso non investe la prospettata violazione degli artt. 10 e 12 omettendo di precisare il valore effettivo della controversia e quello presunto del codice di procedura civile, ponendo la questione se costituisce violazione di legge e, segnatamente, del combinato disposto degli artt. 5 e 6 del D.M. 585/94, la determinazione, da parte dell'organo giudicante, del valore della causa nell'inosservanza dei criteri e principi espressamente previsti dalle norme del codice di procedura civile, allorquando il valore effettivo della controversia medesima non risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile . La censura è, comunque, infondata sotto tutti i profili dedotti non essendo stati chiesti né la risoluzione né l'adempimento del contratto, non era stato posto in discussione il rapporto giuridico obbligatorio tra le parti ed il compenso non poteva, quindi, essere parametrato ad esso quanto al risarcimento, va rammentato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di liquidazione dell'onorario spettante all'avvocato, la determinazione del valore della causa,anche ai fini dell'individuazione dello scaglione tariffario applicabile, va effettuata a norma del codice di procedura civile, con la conseguenza che, in difetto di concreti elementi di stima precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, deve ritenersi di valore indeterminabile la domanda di risarcimento, nella quale gli elementi di valutazione del danno, di cui si chiede il ristoro, costituiscano l'oggetto o uno degli oggetti dell'accertamento e della quantificazione rimessi al giudice Cass. n. 14586/2005 . Quanto alla considerazione, nei riguardi del cliente, del valore effettivo della controversia, la stessa è una facoltà ed, in ogni caso, il valore effettivo della controversia non risulta accertato nel giudizio che si era concluso, a detta del ricorrente, con il rigetto delle domande risarcitorie. Non è pertinente il quesito formulato con riferimento alla seconda censura se costituisce violazione di legge e, segnatamente, del combinato disposto, rispettivamente, degli artt. 12 disposizioni generali, 5 e 6 del d.m. 585/94 e 12 c.p.c., la determinazione, da parte dell'organo giudicante, del valore della causa nell'inosservanza della norma del codice di procedura civile articolo 12 che dispone il criterio per calcolare il valore della controversia ovvero, nell'inosservanza del principio che impone comunque di fare riferimento al peso economico della controversia o in altri termini al corrispondente in denaro dell'oggetto del contendere . Va rilevato che in ordine alle cause relative a somme di denaro l'articolo 14 costituisce una norma specifica che non può essere derogata da un'interpretazione analogica sistematica. I successivi motivi, da esaminarsi congiuntamente per che connessi, sono, invece, fondati. Il Tribunale, premesso che non erano state contestate le singole voci di tariffa e che aveva, quindi, solo provveduto a rettificare, in relazione al valore indeterminabile della causa, le voci esposte dal professionista, ha affermato di avere espunto dalla parcella voci non provate e non dovute, così incorrendo nel vizio di difetto e contraddittorietà di motivazione, laddove, pur dando atto della non contestazione delle voci, ha provveduto ad espungere alcune di esse senza alcuna menzione di qual fossero e senza indicare le ragioni del mancato riconoscimento di detti voci. Alla stregua di quanto osservato, vanno accolti il 3^, 4^ e 5^ motivo di ricorso con il rigetto degli altri. Consegue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione del Tribunale di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il 3^, 4^ e 5^ motivo di ricorso rigetta gli altri cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione del Tribunale di Roma che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 22 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7511 Presidente Oddo – Relatore Picaroni Ritenuto in fatto 1. - È impugnato il provvedimento del Tribunale di Nola, depositato il 6 novembre 2008, che ha deciso sul reclamo proposto dall'avv. R.M. avverso il decreto in data 26 giugno 2008, di liquidazione del compenso dovutole per le prestazioni svolte nell'interesse del Fallimento della Deter Napoli s.a.s. di N. G., nonché di costui in proprio. 1.1. - Il giudice delegato del Tribunale di Nola aveva liquidato l'importo di Euro 20.800,00, comprensivo anche delle spese vive. L'avv.to R. aveva proposto reclamo, ritenendo che la liquidazione non rispettava i minimi tariffari. 2. - Il Tribunale, dopo aver precisato che l'attività svolta dall'avv. R. era consistita nella proposizione di un giudizio di revocatoria fallimentare nei confronti della Banca di Campania per l'importo di Euro 823.958,14, nella notifica di un precetto, in un accesso per il pignoramento e nella redazione di un parere, procedeva alla liquidazione assumendo a base della stessa lo scaglione tariffario relativo alle cause di valore compreso tra 516.500,00 e 1.459.400,00 Euro, diversamente da quanto aveva fatto il giudice delegato. Nondimeno, il reclamo era rigettato. 2.1. - Il Tribunale osservava che la causa promossa dall'avv. R. nell'interesse della curatela fallimentare era semplice, poiché nella materia gli argomenti utilizzati a sostegno dei diversi orientamenti giurisprudenziali erano standardizzati e non richiedevano studio né presentavano difficoltà di calcolo. Quanto al parere, successivamente richiesto dal giudice delegato ai fini della valutazione sulla prosecuzione della procedura, si trattava di atto in parte riepilogativo di tutta l'attività già espletata”. Lo stesso Tribunale dava atto che, stante la mancata produzione dei verbali di causa, la decisione si basava su quanto rappresentato dalla reclamante nell'atto introduttivo e non contestato dalla curatela che si doveva presumere che la consultazione con il cliente e la ricerca di documenti fossero avvenute una sola volta che, infine, poiché la reclamante aveva chiesto di acquisire gli atti del Fallimento, erano stati esaminati, ai fini della decisione, la richiesta di liquidazione dell'avv. R. , il parere del curatore e i decreti del giudice delegato. 2.2. - All'esito della rideterminazione attuata secondo i criteri indicati, il compenso spettante alla professionista risultava pari ad Euro 15.931,58, importo che doveva essere ridotto per la detrazione della ritenuta d'acconto, ed aumentato con l'aggiunta delle spese vive, quantificate in Euro 1.107,10. Si trattava di importo inferiore a quello liquidato dal giudice delegato, con la conseguenza che il reclamo era respinto. 3. - L'avv.to R. ha proposto ricorso straordinario ex art. 111, settimo comma, Cost., sulla base di quattro motivi. Il Fallimento della Deter Napoli s.a.s. di N. G., nonché di costui in proprio, è rimasto intimato. Considerato in diritto 1. - Il ricorso è parzialmente fondato. 1.1. - Con il primo, complesso motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 127 del 2004, assumendo che il Tribunale avrebbe liquidato i diritti e gli onorari in misura inferiore ai minimi tariffari ed avrebbe omesso del tutto di liquidare alcune voci. Ai sensi dell'art. 366-bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis , è formulato il seguente quesito di diritto [ ] se vi è stata violazione e falsa applicazione del d.m. 8 aprile 2004, n. 127 Tabella A-II e Tabella B-I e II, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il GD prima ed il Collegio poi liquidato un compenso inferiore ai minimi previsti dalla normativa vigente, posto che tali minimi sono inderogabili”. 1.2. - La doglianza è fondata nei termini di seguito esposti. Risulta liquidata in misura inferiore al minimo la voce 19 della Tabella A, riguardante gli onorari per la redazione delle difese comparse conclusionali e repliche il Tribunale ha indicato l'importo di Euro 1.290,00 anziché di Euro 2.445,00, che costituisce il minimo dello scaglione di riferimento. Analogamente, risultano liquidate sotto i minimi tariffari le voci 23 e 31 della Tabella B del medesimo d.m. n. 127 del 2004, che riguardano rispettivamente i diritti per notifica di atto e per deposito di atto. Il Tribunale ha riconosciuto per entrambe le predette voci l'importo di Euro 25 anziché di Euro 42. 1.3. - Quanto alle denunciate omissioni, la ricorrente censura innanzitutto il mancato riconoscimento degli onorari per l'attività di ricerca documenti voce 14 , che invece sarebbe stata liquidata in riferimento ai diritti. Si osserva in proposito che la voce 12 dei diritti, liquidata nel minimo Euro 84 , diversamente da quanto affermato dalla ricorrente, non riguarda la ricerca di documenti bensì l'esame della documentazione prodotta dalla controparte, e pertanto non è simmetrica alla voce 14 degli onorari, che ha ad oggetto appunto la ricerca di documenti. La censura è dunque infondata. 1.3.1. - Risulta invece fondata la censura riguardante l'omessa liquidazione della voce corrispondente ai diritti di partecipazione alle udienze, simmetrica alla voce 16 degli onorari, che è stata riconosciuta dal Tribunale. Sono del pari fondate le censure di omessa liquidazione dei diritti per la partecipazione alle udienze, di cui alla voce 19 - simmetrica alla voce 16 degli onorari, che è stata riconosciuta -, e di omessa liquidazione dei diritti per la precisazione delle conclusioni voce 38 , trattandosi di attività liquidata con la già indicata voce 16 degli onorari, ove è fatto esplicito riferimento all'udienza del 5 giugno 2007. 1.4. - Le ulteriori censure prospettate all'interno del primo motivo sono inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza del ricorso. La ricorrente lamenta l'erronea quantificazione delle attività corrispondenti alle voci 15 e 80 della Tabella B, e alle voci 16 e 18 della Tabella A, nonché l'omessa liquidazione dei diritti e delle spese riguardanti la notifica del titolo giudiziale e l'omessa liquidazione di voci di onorari e diritti della fase esecutiva. Si tratta di censure che violano il principio di autosufficienza del ricorso in quanto la mancata allegazione dei verbali e della documentazione delle indicate attività non consente di verificare gli assunti della ricorrente. 2. - Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 127 del 2004, Tabella D, lamentando che il compenso liquidato per la redazione del parere sarebbe al di sotto dei minimi tariffari. Il corrispondente quesito di diritto è formulato nei seguenti termini [ ] se vi è stata violazione e falsa applicazione del d.m. 8 aprile 2004, n. 127 Tabella D [ ] per avere il GD prima ed il Collegio poi liquidato un compenso inferiore ai minimi previsti dalla normativa vigente, posto che tali minimi sono inderogabili”. 2.1. - La doglianza è infondata. La liquidazione effettuata dal Tribunale Euro 500,00 rispetta i minimi tariffari previsti per i pareri nell'ambito dello scaglione di riferimento Euro 425 per il parere orale, Euro 385 per il parere scritto . Va poi osservato che la censura, prospettata come violazione di legge, si risolve in realtà in una diversa valutazione dell'attività professionale rispetto a quella espressa dal Tribunale in esito all'esame degli atti e con motivazione adeguata. 3. - Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del d.m. n. 127 del 2004, per omessa liquidazione delle spese generali nella misura del 12,50, sull'assunto che tali spese sono previste per legge e sono sempre dovute al professionista. Il quesito di diritto è formulato nei seguenti termini se vi è stata violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del d.m. 8 aprile 2004, n. 127 in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere il GD prima e il Collegio poi omesso di liquidare le spese generali nella misura del 12,50%, atteso che il rimborso di tali spese è previsto per legge ed esse spettano sempre al professionista”. 3.1. — La doglianza è inammissibile in quanto la ricorrente non precisa se aveva svolto domanda sul punto. Il principio della spettanza automatica del rimborso forfetario delle spese generali, senza bisogno di apposita richiesta, opera nei casi in cui il giudice, con la sentenza che chiude il processo, condanni la parte soccombente al rimborso delle spese processuali a favore dell'altra parte. Al di fuori dei casi di condanna alle spese, non v'è spazio per una liquidazione ex officio del compenso forfetario, essendo necessaria la domanda del professionista Cass., sez. 2, sentenza n. 24081 del 2010 . 4. - Con il quarto motivo, la ricorrente deduce la nullità del provvedimento impugnato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., assumendo che la motivazione espressa dal Tribunale sarebbe frutto di presunzioni legate al convincimento personale del giudice, non seguirebbe l'esame degli atti. Il quesito di diritto è formulato nei seguenti termini [ ] se vi è nullità della sentenza [ ] per avere il Collegio omesso una logica e conferente motivazione in ordine alla riduzione degli onorari richiesti”. 4.1. - La doglianza è infondata. Il Tribunale ha esaminato la documentazione che aveva a disposizione e che poteva consultare, ed ha motivato adeguatamente le scelte compiute in ordine alla liquidazione del compenso contenuto nei minimi tariffari. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, per quanto di ragione, e rigetta gli altri. Rinvia, anche per le spese, al Tribunale di Napoli.