Curatore fallimentare contesta la liquidazione del suo compenso: chiarimenti necessari

Gli orientamenti relativi all’insussistenza del potere del giudice delegato e del tribunale in sede di reclamo di ridurre oltre i minimi gli onorari sulla base della qualità e della corrispondenza all’interesse del fallimento dell’attività professionale prestata non sono applicabili alla fattispecie. La determinazione deve essere effettuata sulla base dell’integrità dei parametri normativi applicabili.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nell’ordinanza numero 1908 del 29 gennaio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Lodi accoglieva parzialmente il reclamo presentato da un avvocato contro il provvedimento del giudice delegato del Fallimento e relativo al suo compenso per l’attività svolta in qualità di curatore fallimentare. Il giudice riteneva giustificata la diminuzione della somma richiesta dal difensore, visto il comportamento negligente e non professionale dell’avvocato Il giudice del reclamo riformava la decisione con riguardo ai diritti, stabiliti in misura fissa per legge, e alle spese riconosciute al difensore, liquidando in definitiva un compenso ben inferiore a quello richiesto. L’avvocato ricorre in Cassazione. Nessun vizio di ultrapetizione. L’avvocato contesta il fatto che sia stata effettuata una seconda liquidazione complessiva dei compensi, senza che il Fallimento avesse sollevato alcuna contestazione sulla qualità e sulla quantità dell’attività svolta e in misura inferiore ai minimi tabellari. Tra l’altro, erano stati eliminati dalla liquidazione diritti inderogabili per prestazioni compiute e la cui esistenza non era stata messa in discussione. Occorre, innanzitutto, precisare che nella decisione impugnata, resa in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato, emesso ai sensi dell'art. 25 l.f., non si ravvisa il denunciato vizio di ultrapetizione, in quanto oggetto dell'impugnazione è specificamente la valutazione della legittimità e fondatezza della liquidazione dei compensi al ricorrente effettuata dall'organo della procedura fallimentare giudice delegato titolare ex lege del potere esclusivo, ancorché sindacabile, di provvedere, sulla base di una specifica contestazione di parte. Il sindacato del Tribunale in sede di reclamo investe, di conseguenza, complessivamente la decisione impugnata, e non può che fondarsi sulla valutazione della quantità, della qualità e della corrispondenza all'interesse della parte dell'attività svolta, attesa la peculiarità della funzione svolta, in prima battuta, dal giudice delegato e, successivamente controllata dal Tribunale in sede di reclamo, da ritenersi del tutto diversa e non comparabile con quella riguardante i procedimenti ordinari o speciali. Potere di determinazione degli onorari. Gli orientamenti richiamati dalla parte ricorrente inumero ordine all'insussistenza del potere del giudice delegato e del tribunale in sede di reclamo di disporre nella. specie la riduzione oltre i minimi degli onorari sulla base della qualità e corrispondenza all'interesse del fallimento dell’attività defensionale prestata non risultano applicabili alla fattispecie, in quanto il procedimento in questione non è equiparabile né alle controversie relative alla determinazione e liquidazione degli onorari né all'impugnazione di una statuizione giudiziale relativa alla liquidazione delle spese processuali sulla base della soccombenza in un ordinario giudizio di cognizione, trattandosi dell'esercizio di un potere determinativo che deve essere svolto sulla base dell'integrità dei parametri normativi applicabili. Al caso di specie si applica, quindi, l'art. 4 del d.m. numero 127/2004 con conseguente ulteriore inapplicabilità degli orientamenti richiamati dal ricorrente. Ne deriva il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 settembre 2013 – 29 gennaio 2014, n. 1908 Presidente Di Palma – Relatore Acierno Fatto e diritto Rilevato che è stata depositata la seguente relazione in ordine al procedimento civile iscritto al R.G 24413 del 2012. Il Tribunale di Lodi accoglieva parzialmente il reclamo ex art. 26 L.F. presentato dall'avv. B.A. contro il provvedimento del giudice delegato del Fallimento Tecno Pallets, con cui era stato liquidato in complessivi 21.0006 di cui 1.100 Euro per contributo unificato, 4.0006 per diritti e 16.0006 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori il compenso in favore del legale per l'attività svolta nell'ambito di un giudizio nel quale era parte il fallimento in persona del curatore. Si osservava che con riferimento agli onorari liquidati non sussisteva alcuna necessità di modificare il provvedimento reclamato in quanto la diminuzione, operata dal giudice ai sensi dell'art. 4 del D.M. 127 del 2004, della somma richiesta dal difensore 100.0006 risultava giustificata dal comportamento negligente e non professionale dell'avv. B. , desumibile da svariate circostanze puntualmente indicate in motivazione tra le quali l'inefficacia del ricorso per il primo sequestro conservativo causata da non meglio precisate difficoltà nella sua esecuzione, la rimessione della causa sul ruolo per un supplemento istruttorio derivata da una non chiara percezione delle problematiche delle azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori, la mancata prospettazione al curatore fallimentare dell'opportunità di impugnare la sentenza in punto di spese di lite, l'ordine impartito dal giudice istruttore con provvedimento espresso di disporre i documenti prodotti in un elenco progressivo, nonostante tale compito fosse già imposta dal codice di procedura civile . Il giudice del reclamo riformava invece la decisione con riguardo ai diritti, stabiliti in misura fissa per legge, e alle spese riconosciute al difensore sul presupposto che le anticipazioni erano provate e le spese imponibili documentate ed usuali in qualsiasi attività difensiva, sebbene leggermente eccessive in merito alle spese degli atti di copia. In conseguenza di ciò i diritti venivano definitivamente liquidati in 12.000,006, le anticipazioni in 1.0808,546 escluse quelle per il primo sequestro e le spese imponibili in 600,006 oltre spese generali, IVA e CPA. Avverso tale decreto ricorre in cassazione l'avv. B.A. , affidandosi ai seguenti motivi nel primo è stata denunciata la violazione dell'art. 112 cpc, perché il tribunale, senza che fosse stata sollevata dal Fallimento alcuna contestazione sulla qualità e quantità dell'attività difensiva svolta, avrebbe operato ex officio una seconda liquidazione complessiva dei compensi nel secondo è stata lamentata la violazione degli artt. 4, 5 e 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e dell'art. 4 del D.M. 8 aprile 2004, n. 127, dal momento che il tribunale avrebbe eliminato dalla liquidazione diritti inderogabili per prestazioni compiute, la cui esistenza non era stata contestata nel terzo e nel quarto, è stato dedotto che il Tribunale avrebbe liquidato onorari inferiori ai valori minimi tabellari, in assenza di contestazioni sulla spettanza degli stessi nella misura minima richiesta al giudice delegato e in mancanza di esibizione del parere del Consiglio dell'ordine degli Avvocati competente. Secondo il ricorrente, inoltre, il Tribunale avrebbe arbitrariamente ed illegittimamente ridotto di circa il 50% l'importo residuo dei complessivi onorari ed escluso dalla liquidazione voci di diritti, spese ed onorari relativi al primo ricorso per sequestro conservativo e voci di onorario per la redazione della seconda comparsa conclusionale. Ritenuto che il primo motivo è in parte inammissibile, ed in parte manifestamente infondato, in quanto, per un verso, la censura è stata dedotta in maniera del tutto generica, con particolare riferimento alla supposta seconda liquidazione del compenso che sarebbe stata effettuata dal Tribunale, per l'altro il provvedimento impugnato ha adeguatamente ed esaurientemente evidenziato le ragioni, consistenti in inesattezze e negligenze ripetute del legale, della riduzione degli onorari in ossequio al parametro normativo che il secondo motivo è inammissibile per genericità, non essendo neanche stata accennata la ragione per cui l'aumento operato dei diritti nel provvedimento impugnato sarebbe inadeguato o non corrispondente alle voci tabellari che il terzo e quarto motivo sono inammissibili, perché si limitano a reiterare le ragioni esposte nel primo motivo di ricorso, ovvero il giustificato abbattimento dei minimi inderogabili relativi agli onorari ritenuto, infine, che, ove si condividano i predetti rilievi, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ritenuto che il Collegio aderisce senza rilievi alla relazione depositata con le seguenti integrazioni, sollecitate anche dalla memoria depositata dal ricorrente ex art. 378 cod. proc. civ a Nella decisione impugnata, resa in sede di reclamo avverso un provvedimento del giudice delegato, emesso ai sensi dell'art. 25 della legge fallimentare, non si ravvisa il denunciato vizio di ultrapetizione, in quanto oggetto dell'impugnazione è specificamente la valutazione della legittimità e fondatezza della liquidazione dei compensi al ricorrente effettuata dall'organo della procedura fallimentare giudice delegato titolare ex lege del potere esclusivo, ancorché sindacabile, di provvedere, sulla base di una specifica contestazione di parte. Il sindacato del Tribunale in sede di reclamo investe, di conseguenza, complessivamente la decisione impugnata, e non può che fondarsi sulla valutazione della quantità, della qualità e della corrispondenza all'interesse della parte dell'attività svolta, attesa la peculiarità della funzione svolta, in prima battuta, dal giudice delegato e, successivamente controllata dal Tribunale in sede di reclamo, da ritenersi del tutto diversa e non comparabile con quella riguardante i procedimenti ordinali o speciali artt. 28/29/30 r.d. n. 794 del 1942, art. 633 n. 2 cod. proc. civ., attualmente regolate dal rito sommario di cognizione ex art. 14 d.lgs n. 150 del 2011 promossi dagli avvocati per la determinazione e quantificazione dei compensi professionali b Gli orientamenti richiamati dalla parte ricorrente in ordine all'insussistenza del potere del giudice delegato e del tribunale in sede di reclamo di disporre nella specie la riduzione oltre i minimi degli onorari sulla base della qualità e corrispondenza all'interesse del fallimento del'attività defensionale prestata, non risultano applicabili alla fattispecie, in quanto il procedimento in questione non è equiparabile, come già osservato né alle controversie relative alla determinazione e liquidazione degli onorari né all'impugnazione di una statuizione giudiziale relativa alla liquidazione delle spese processuali sulla base della soccombenza in un ordinario giudizio di cognizione, trattandosi dell'esercizio di un potere determinativo che deve essere svolto sulla base dell'integrità dei parametri normativi applicabili c Al caso di specie si applica l'art. 4 del d.m. n. 127 del 2004 e non l'art. 4 del r.d. n. 794 del 1942 con conseguente ulteriore profilo d'inapplicabilità degli orientamenti richiamati dal ricorrente d Il parere del Consiglio dell'ordine, ancorché previsto dall'art. 4 sopracitato, è richiesto esclusivamente per le controversie indicate sub a ed in particolare, come costantemente ribadito da questa Corte, nei giudizi che originano da un provvedimento monitorio opposto ex multis Cass.236 del 2011 . P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso.