Causa per la demolizione di immobile? In assenza di elementi utili, il valore è indeterminabile

La determinazione della competenza per valore, secondo cui le domande dirette alla demolizione di opere costruite in violazione delle norme sulle distanze legali, avendo natura reale, e non personale, soggiacciono al criterio stabilito dall’ultimo comma dell’art. 15 c.p.c., con la conseguenza che, se mancano elementi per la stima, la causa va ritenuta di valore indeterminabile.

La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con la sentenza n. 463 depositata il 13 gennaio 2014, ha ribadito il principio di diritto di cui alla massima, traendo spunto da una delle tante opposizione a decreto ingiuntivo in questa materia. Materia che, a fronte di un utilizzo sempre più massiccio degli accordi preventivi, dovrebbe in futuro scemare, o, quanto meno, cambiare connotati essenziali. Non a caso, la controversia esaminata dalla Cassazione risaliva a circa 20 anni fa. Il caso. Nel 1994 un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo contro un condominio per l’assistenza professionale prestata in merito ad una causa complessa ed articolata avente ad oggetto la richiesta di abbattimento di un fabbricato. La somma ingiunta, pari a lire 35 milioni, era la parte residua di un maggior credito vantato di lire 75 milioni l’avvocato aveva quindi già percepito 40 milioni di lire. Due condomini proponevano opposizione e il Tribunale la accoglieva, revocando il decreto ingiuntivo. L’avvocato, poco soddisfatto dalla pronuncia, proponeva appello, chiedendo sia il rigetto dell’opposizione avversaria, sia, in subordine, la determinazione degli onorari secondo tariffa. Anche l’appello veniva rigettato e il leguleio proponeva ricorso per cassazione. La Cassazione conferma la decisione d’appello il parametro normativo preso a riferimento dall’avvocato era erroneo. Lo scaglione di valore preso a riferimento per la determinazione della parcella era una delle questioni più rilevanti. Ma la determinazione delle spettanze da parte del ricorrente soffriva dell’errore di prendere a riferimento lo scaglione relativo alle cause di valore pari a decine di miliardi, attestandosi sul valore dell’immobile della cui demolizione si verteva in causa. Criterio invero non utilizzabile. Trovava applicazione l’art. 15 c.p.c Secondo gli Ermellini, era dunque corretta la decisione della Corte d’appello laddove aveva dimostrato di fare applicazione di un consolidato principio in materia. Infatti, la determinazione della competenza per valore, secondo cui le domande dirette alla demolizione di opere costruite in violazione delle norme sulle distanze legali, avendo natura reale, e non personale, soggiacciono al criterio stabilito dall’ultimo comma dell’art. 15 c.p.c., con la conseguenza che, se mancano elementi per la stima, la causa va ritenuta di valore indeterminabile. Tutto questo, in particolare, dopo l’entrata in vigore del d.p.r. n. 597/1973, abolitivo di ogni forma di imposizione diretta di natura reale. Del resto, il Giudice d’appello aveva comunque adeguatamente valorizzato l’opera del professionista. Fa notare la Suprema Corte, che la valutazione svolta dal giudice di appello teneva conto, pure correttamente e doverosamente, del valore indeterminabile della causa considerata di particolare importanza , trattandosi pur sempre di un fabbricato. La Corte d’appello aveva così tenuto in considerazione la complessità delle questioni trattate, delle attività compiute ricerca di documenti comparse partecipazione ad udienza collegiale, e via dicendo , del rilievo determinante che, ai fini della decisione della causa, ebbe l’eccezione dallo stesso sollevata. Il diritto alla ritenzione del compenso giù percepito. In definitiva, secondo i Giudici di Piazza Cavour, la decisione d’appello era corretta, anche laddove, in conclusione, riconosceva il diritto dell’avvocato ad un compenso pari a Lire 40 milioni, guarda caso proprio la cifra che il leguleio aveva già percepito, e che pertanto era infine legittimato a trattenere in via definitiva.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 27 giugno 2013 – 13 gennaio 2014, n. 463 Presidente Triola – Relatore San Giorgio Svolgimento del processo 1. - Con atti di citazione ritualmente notificati, A.D. e Sc.Ra. proposero distinte opposizioni, successivamente riunite, avverso il decreto emesso dal Tribunale di Napoli l'11 luglio 1994, con il quale si ingiungeva loro di pagare, a favore dell'avv. S.S. , la somma residua di lire 35.000.000 per l'opera professionale prestata in favore del condominio sito in Casoria, alla Via S. Giovanni Bosco n. 14, di cui essi facevano parte, in una causa grave e complessa avente ad oggetto l'abbattimento di fabbricato. 2. - Il Tribunale di Napoli accolse le opposizioni, e revocò il decreto opposto. Propose appello l'avv. S.S. nei confronti del solo A.D. chiedendo il rigetto della opposizione o, in subordine, la determinazione degli onorari, secondo la tariffa applicabile, per la prestazione espletata. 3. - La Corte d'appello di Napoli, con sentenza depositata il 7 giugno 2006, rigettò il gravame. Osservò il giudice di seconde cure che se, per un verso, alla stregua di quanto disposto dall'art. 2233 cod.civ., per le prestazioni d'opera intellettuale, ai fini del compenso dovuto, la convenzione tra le parti ha carattere preferenziale fra i vari criteri di liquidazione, per altro verso la mera presentazione al condominio, da parte dell'avv. S. , ad incarico eseguito, della parcella secondo tariffe e la successiva decisione dell'assemblea di ripartire la spesa tra tutti i condomini in base alle quote millesimali, non si inquadrava nel paradigma del patto negoziale che vincola il condominio stesso o i singoli condomini al punto tale da inibire a costoro di confutare la corretta quantificazione delle somme richieste e la giusta applicazione delle tariffe. Infatti, la delibera assembleare è un atto che spiega effetti meramente interni e vincola i condomini al riconoscimento della condominialità del debito e al criterio di riparto, ma non ha il contenuto oggettivo dell'accettazione di una proposta negoziale. Pertanto, indipendentemente dalla delibera assembleare e dai suoi risvolti interni, al condomino non è preclusa la possibilità di opporsi al pagamento di somme richieste dal terzo, ritenute incongrue o non correttamente calcolate rispetto all'opera prestata, tanto più che tali somme, nel caso di specie, per espressa previsione delle parti al momento del conferimento dell'incarico, come emergeva dal verbale di assemblea, andavano rapportate alle tariffe professionali all'epoca vigenti. Conseguentemente spettava al giudice valutare se l'opposizione fosse fondata o meno. Ciò posto, rilevò la Corte di merito che la determinazione delle spettanze in lire 75.000.000 da parte dell'avv. S. conseguiva all'applicazione delle tariffe professionali, prendendosi a riferimento 10 scaglione per le cause di valore pari a varie decine di miliardi, perché tale, secondo il professionista, era il valore dell'edificio condominiale. Ma - osservò la Corte partenopea - le controversie aventi ad oggetto la demolizione di opere, come quella di cui si tratta, avendo natura reale e non personale, soggiacciono, quanto alla determinazione del loro valore, dopo l'entrata in vigore del D.p.r. n. 597 del 1973, con il quale è stata abolita ogni forma di imposizione diretta di natura reale, al criterio stabilito dall'ultimo comma dell'art. 15 cod.proc.civ., con la conseguenza che, se mancano elementi per la stima, la causa va ritenuta di valore indeterminabile. Nel caso in esame, trattandosi di fabbricato, si doveva far riferimento al valore indeterminabile di particolare importanza, sicché il compenso spettante all'avv. S. , per il giudizio di appello sostenuto in favore del condominio, andava rideterminato alla stregua delle tariffe professionali corrispondenti allo scaglione di valore suddetto. Al riguardo la Corte di merito rilevò che non risultavano in atti né la precedente parcella redatta dall'avv. S. con la specifica indicazione delle spese e dei diritti di procuratore in relazione all'attività espletata, né i verbali di udienze alle quali il professionista aveva partecipato, né i documenti afferenti alla specifica opera da lui prestata. L'unico documento utile era costituito dalla sentenza emessa all'esito del giudizio di appello, dalla quale era possibile desumere il rilievo, decisivo, dell'eccezione proposta dall'avv. S. nel giudizio stesso e le questioni trattate nonché talune attività che egli aveva necessariamente compiute, quali lo studio della controversia, la corrispondenza con il cliente, la ricerca di documenti, le comparse di costituzione e conclusione, l'udienza collegale di discussione. Sulla base di tali dati, applicando le tariffe professionali corrispondenti alle cause di valore indeterminabile rilevante, ritenne la Corte che le spettanze dovute all'avv. S. rientrassero nella somma di lire 40.000.000 già percepita. 4. - Per la cassazione di tale sentenza ricorrono gli avvocati S.B. , S.V. , S.G. , e la signora Concetta Conte sulla base di quattro motivi. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 2233 cod.civ. Si contesta l'affermazione della Corte di merito secondo la quale la delibera condominiale spiegherebbe effetti meramente interni e non avrebbe il contenuto oggettivo dell'accettazione della proposta negoziale. I ricorrenti ritengono, per contro, che nella specie non potrebbe escludersi l'esistenza di un accordo negoziale sulle somme da liquidare al legale nominato, accordo originato dalla presentazione della parcella da parte dell'avv. S. e dall'approvazione, previa riduzione dell'importo da lire 80.000.000 a lire 75.000.000, da parte dell'assemblea condominiale donde la ritenuta inapplicabilità nella specie delle tariffe professionali, che vengono in considerazione quando l'onorario non sia stato oggetto di pattuizione. 2. - Con il secondo motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1137, 1130 e 1294 cod.civ Avrebbe ancora errato la Corte partenopea nel ritenere non preclusa al condomino la possibilità di opporsi al pagamento di somme approvate e poi richieste dal terzo, in violazione del principio generale della vincolatività delle delibere per tutti i condomini e della ripartizione tra tutti costoro delle spese di interesse comune, salva impugnazione da parte di chi non abbia espresso voto favorevole alla delibera. Nella specie, la delibera era stata, invece, approvata all'unanimità dall'assemblea. Né questa era incorsa, nell'approvare la delibera, in alcun errore, come sostenuto da controparte, e come ritenuto dal primo giudice, secondo il quale l'assemblea condominiale si era determinata ad approvare il pagamento al legale della somma di lire 75.000.000 sulla base di un presupposto errato, quello, cioè, che la parcella redatta dal legale non fosse conforme alle tariffe professionali, poiché la quantificazione delle spettanze si sarebbe dovuta operare in rapporto allo scaglione per le cause di valore indeterminato, e non a quello, superiore, di varie decine di miliardi applicando così impropriamente la teoria della presupposizione. 3. - Con il terzo motivo, proposto in via subordinata, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 15 cod.proc.civ. La Corte di merito avrebbe errato nel ritenere la causa curata dal S. di valore indeterminabile di particolare importanza, ai fini della liquidazione del compenso, laddove questo sarebbe stato da stabilire in base al valore di un immobile costituito da circa quaranta appartamenti, oggetto del giudizio valore aggirantesi, sulla base di nozioni di comune esperienza, intorno ai dieci miliardi di vecchie lire. 4. - Con il quarto mezzo si lamenta la violazione degli artt. 2967 e 1988 cod.civ., denunciandosi l'errore in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado nel ritenere non provata l'attività giudiziale espletata dal S. in favore del condominio, in presenza di una lettera dell'amministratore del condominio al professionista, avente il contenuto di una promessa di pagamento o di riconoscimento di debito, tale da dispensare colui a favore del quale è rivolta dall'onere di provare il rapporto fondamentale, la cui esistenza in tal caso, ai sensi dell'art. 1988 cod. civ., si presume fino a prova contraria. 5.- Le censure - che possono essere esaminate congiuntamente per la stretta connessione, volte come sono tutte a contestare il quantum del compenso liquidato all'avv. S. in relazione alla sua prestazione professionale in favore del Condominio - non sono meritevoli di accoglimento. 5.1. - Esse ripropongono sostanzialmente i motivi di gravame presentati innanzi alla Corte di merito, ai quali questa ha già fornito adeguata risposta nella sentenza impugnata. Il giudice di secondo grado ha fondato la propria decisione sulla possibilità del condomino di opporsi al pagamento di somme richieste dal terzo e non correttamente calcolate, là dove la non correttezza è stata desunta dalla circostanza che esse, per previsione espressa delle parti, andavano rapportate alle tariffe professionali vigenti all'epoca. Dunque, era proprio l'accordo negoziale invocato dai ricorrenti a disporre l'applicazione, nella specie, di tali tariffe. 5.2. - Gli è che, secondo la Corte territoriale, la determinazione delle spettanze da parte dell'avv. S. soffrì dell'errore di prendere a riferimento lo scaglione relativo alle cause di valore pari a varie decine di miliardi, attestandosi sul valore dell'immobile della cui demolizione si verteva nella causa di cui si tratta. Il giudice dell'appello ha, invece, richiamato l'orientamento giurisprudenziale espresso con riferimento alla questione della determinazione della competenza per valore, secondo il quale le domande dirette alla demolizione di opere costruite in violazione delle norme sulle distanze legali, avendo natura reale, e non personale, soggiacciono, dopo l'entrata in vigore del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 597 abolitivo di ogni forma di imposizione diretta di natura reale , al criterio stabilito dall'ultimo comma dell'art. 15 cod. proc. civ., con la conseguenza che, se mancano elementi per la stima, la causa va ritenuta di valore indeterminabile v., tra le altre, Cass., sent. n. 1065 del 1983 . Ed ha poi aggiunto che doveva, nella specie, ai fini della liquidazione della parcella, aversi riguardo al valore indeterminabile di particolare importanza, avuto riguardo al valore dell'oggetto della causa, che era pur sempre un fabbricato. Quindi, essa ha tenuto doverosamente conto della complessità delle questioni trattate, delle attività compiute dall'avv. S. ricerca di documenti, comparse, partecipazione all'udienza collegiale, etc. , del rilievo determinante che, ai fini della decisione della causa, ebbe l'eccezione dallo stesso sollevata elementi tutti che la Corte partenopea ha dichiarato di avere attinto dalla sentenza emessa a definizione della causa di cui si tratta. 5.3. - Il giudice di secondo grado, si è attenuto, nella liquidazione del compenso all'avv. S. , a criteri corretti e consolidati, della cui applicazione ha dato conto in modo esaustivo ed ampiamente articolato. 6. - Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Non v'è luogo a provvedimenti sulle spese del presente giudizio, non avendo l'intimato svolto alcuna attività difensiva. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.