Se l’attività dell’avvocato non è contestata, il Giudice non può escludere il relativo compenso

Se l’ex cliente contesta solo l’entità della parcella, le attività indicate dall’avvocato vanno considerate pacifiche perché non contestate, e quindi il Giudice le deve considerare nella liquidazione del compenso.

La Sesta Sezione civile della Cassazione si è di nuovo occupata, con l’ordinanza n. 15458 del 20 giugno 2013, del tema, sempre caldo ed attuale, della liquidazione delle parcelle degli avvocati, i cui importi vengono contestati dai clienti meglio ex clienti . Le questioni sono invero sempre un po’ le stesse contestazione dello scaglione del tariffario utilizzato per la quantificazione contestazione della prova delle attività effettivamente svolte. Il caso. Un avvocato otteneva un decreto ingiuntivo nei confronti dell’ ex cliente, una Comunità montana, per circa euro 12.000. L’ ex cliente si opponeva, ai sensi dell’art. 28, legge n. 794/1942, sostenendo che il difensore aveva fatto riferimento, nella determinazione delle sue spettanze, ad uno scaglio di valore errato. Il Tribunale accoglieva l’opposizione, nel senso che riduceva il compenso a poco più di euro 4.000. L’avvocato, scarsamente soddisfatto di questa decisione, la impugnava in Cassazione, facendo valere due profili la contraddittorietà della decisione motivo accolto e l’errata interpretazione circa il corretto scaglione di valore da applicarsi motivo respinto . Il procedimento speciale citato nella decisione e l’attualità. Una premessa l'art. 28, l. n. 794/1942 Onorari di avvocato [e di procuratore] per prestazioni giudiziali in materia civile , era stato abrogato, a far data dal 16 dicembre 2009, dall'art. 2, comma 1, d.l. 22 dicembre 2008, n. 200, e successivamente ripristinato dall'art. 1, l. 18 febbraio 2009, n. 9, in sede di conversione. L’attuale testo dell’art. 28 Forma dell'istanza di liquidazione degli onorari e dei diritti , prevede Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli artt. 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 . L’appena citato art. 14 Delle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato così stabilisce 1. Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo. 2. E' competente l'ufficio giudiziario di merito adito per il processo nel quale l'avvocato ha prestato la propria opera. Il tribunale decide in composizione collegiale. 3. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. 4. L'ordinanza che definisce il giudizio non è appellabile . La prova delle attività svolte può essere soddisfatta anche in base al criterio della non contestazione. Il Tribunale, in sede di opposizione, aveva affermato che l’avvocato, parte opposta ma parte attrice in senso sostanziale, avrebbe dovuto dare prova dell’attività effettivamente svolta. Prova che secondo il Giudice di merito sarebbe mancata. Il difensore replicava affermando che, pur non essendo stata depositata copia della comparsa di costituzione e risposta, dei verbali di udienza e dei verbali attestanti l’attività conciliativa prestata, in base al noto principio della non contestazione la prova doveva intendersi comunque raggiunta. In effetti l’ex cliente, nel proporre l’opposizione, non aveva contestato le attività svolte. La Cassazione accoglie questa censura, sotto il profilo della contraddittorietà della decisione. Infatti, osserva la Suprema Corte, il Tribunale aveva sottolineato come l’ex cliente avesse contestato solo l’entità della parcella ma non anche lo svolgimento dell’attività professionale. Per questo il Tribunale ha errato nell’escludere dal compenso la partecipazione alle quattro udienze indicate nella parcella e l’attività conciliativa posta in essere. Peraltro, precisa la Cassazione, la mancata produzione dei verbali d’udienza e dei documenti attinenti all’attività conciliativa avrebbe potuto al più orientare la liquidazione del compenso tra il livello minimo e massimo delle tariffe, ma non ad escluderlo del tutto. Il valore da attribuire alla controversia ciò che conta è quello della transazione che chiude il contenzioso. Con la seconda censura, l’avvocato ribadiva di aver fatto correttamente riferimento allo scaglione di valore utilizzando quello iniziale della controversia. Ma la Cassazione la pensa diversamente essendo infine intervenuta una transazione. Infatti, in tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell'avvocato, il principio generale secondo cui il valore della causa si determina in base alle norme del codice di procedura civile avendo riguardo all'oggetto della domanda considerato al momento iniziale della lite, trova un limite alla sua applicabilità nei casi in cui, al momento dell'instaurazione del giudizio, non sia possibile indicare il quantum , rendendosi in tale ipotesi indispensabile il riferimento al valore definito e, quindi, al quantum stabilito dalle parti in altro modo. Classico esempio a tale proposito la transazione. In questi casi - ribadisce la Cassazione - il valore della causa va determinato proprio sulla base dell’importo indicato nell’atto transattivo.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, sentenza 24 maggio - 20 giugno 2013 n. 15458 Presidente Goldoni – Relatore Petitti Fatto e diritto Ritenuto che l'Avvocato R.P. , mediante decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Latina, ingiungeva alla XIII Comunità Montana dei Monti Lepini-Ausoni il pagamento di Euro 12.556,57 per prestazioni professionali svolte in suo favore che la XIII Comunità Montana dei Monti Lepini-Ausoni proponeva opposizione, contestando l'entità della parcella richiesta dall'Avv. R. poiché, nella sua quantificazione, non sarebbe stato applicato correttamente lo scaglione del valore della causa che il Tribunale di Latina, adito ai sensi degli artt. 28 e ss. della legge n. 794 del 1942, accoglieva l'opposizione proposta, revocando con ordinanza il relativo decreto ingiuntivo e condannando la XIII Comunità Montana dei Monti Lepini-Ausoni al pagamento di Euro 4.102,00 che l'Avvocato R.P. ha quindi proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell'art. 111, comma settimo Cost., sulla base di due motivi che con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 134, 112, 115, 165 e 167 cod. proc. civ., nonché della legge 794 del 1942, dolendosi anzitutto del fatto che il Tribunale di Latina, pur applicando la speciale procedura prevista dalla legge 794 del 1942, abbia contestato alla parte opposta, in quanto parte attrice in senso sostanziale, di non aver fornito la prova delle sue pretese che il ricorrente ritiene altresì che la prova della esistenza dell'attività professionale in questione fosse comunque stata raggiunta poiché, pur non essendo stata depositata copia della comparsa di costituzione e risposta, dei verbali di udienza e dei verbali attestanti l'attività conciliativa che egli aveva posto in essere in favore della Comunità montana, quest'ultima, nel suo atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, non aveva in alcun modo contestato le attività professionali svolte che quindi, sostiene il ricorrente, il Tribunale di Latina, violando il disposto dell'art. 115 cod. proc. civ., non avrebbe posto a fondamento della decisione fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita e, in contrasto con l'art. 112 cod. proc. civ., avrebbe sollevato d'ufficio un'eccezione, quella di mancanza di prova, proponibile soltanto dalle parti che sotto un ultimo profilo il ricorrente lamenta la contraddittorietà e l'illogicità della motivazione dell'ordinanza impugnata in quanto il Tribunale, pur rilevando la mancanza di prova, ha tuttavia liquidato per intero i diritti relativi proprio alle prestazioni non provate, ma contestualmente ha omesso di liquidare gli onorari che con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione del D.M. Giustizia n. 127 del 2004 e dell'art. 10 cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione ex artt. 134 e 360, nn. 3 e 5, cod. proc. civ., deducendo che il Tribunale avrebbe applicato un non corretto criterio di rideterminazione della parcella che l'intimato ha resistito con controricorso che, essendosi ravvisate le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio è stata redatta relazione ai sensi dell'art. 380-bis cod. proc. civ., che è stata comunicata alle parti e al Pubblico Ministero. Considerato che il relatore designato ha formulato la seguente proposta di decisione [ ] Il primo motivo di ricorso è fondato. Il Tribunale, nella sentenza recte nell'ordinanza impugnata, sottolinea come l'appellante abbia contestato solo l'entità della parcella richiesta dall'Avv. R. e non anche lo svolgimento dell'attività professionale. Erra quindi il Tribunale nell'escludere dal compenso la partecipazione alle quattro udienze indicate nella parcella e l'attività conciliativa posta in essere. Il ricorso va quindi accolto con riferimento alla censurata contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato riconoscimento del compenso per le attività individuate. La mancata produzione dei verbali d'udienza e dei documenti attinenti all'attività conciliativa avrebbe potuto al più orientare la liquidazione del compenso tra livello minimo e massimo delle tariffe, ma non ad escluderla del tutto. Il secondo motivo di ricorso è infondato. Bene ha stabilito il Tribunale di Latina nel determinare il valore della causa non in base al petitum richiesta di risarcimento danni di Euro 149.900.000 ex art. 10 cod. proc. civ., bensì in base all'importo indicato nella successiva transazione. Invero, il principio generale secondo cui il valore della causa si determina in base alle norme del codice di procedura civile avendo riguardo all'oggetto della domanda considerato al momento iniziale della lite, trova un limite alla sua applicabilità nei casi in cui, al momento dell'instaurazione del giudizio, non sia possibile indicare il quantum, rendendosi in tale ipotesi indispensabile il riferimento al valore definito e, quindi, al quantum stabilito dalla parti in altro modo, eventualmente con transazione, sicché in definitiva il valore della causa viene ad essere determinato sulla base del predetto importo Cass., 16 dicembre 2002, n. 17354. In senso analogo, più recentemente, Cass. n. 22072 del 2009 . Per questi motivi, si ritengono sussistenti le condizioni per la trattazione del ricorso in camera di consiglio, per essere ivi dichiarato manifestamente fondato ai sensi dell'art. 375, n. 5 ” che il Collegio condivide la proposta di decisione, alla quale del resto non sono state rivolte, neanche in sede di discussione orale, critiche specifiche che quindi il primo motivo di ricorso deve essere accolto, mentre va rigettato il secondo motivo che in relazione al motivo accolto il provvedimento impugnato deve essere cassato, con rinvio al Tribunale di Latina, in diversa composizione, per nuovo esame sul punto che al giudice di rinvio è demandata altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Latina in diversa composizione.