Il Giudice vuole ridurre la parcella dell’avvocato? La motivazione deve essere analitica e puntuale, altrimenti la decisione è illegittima

Va cassata la decisione con la quale il giudice procede ad una liquidazione sintetica delle spettanze di un avvocato, indicando solo l’importo per diritti ed onorari, ecc., senza in alcun modo indicare le voci eventualmente escluse - peraltro specificate nella notula presentata dal professionista -, e i relativi motivi.

La Seconda sezione Civile della Cassazione sentenza n. 12822 del 23 maggio 2013 è tornata ad occuparsi di liquidazione dei compensi professionali a favore di un avvocato. Tema sempre più ricorrente. Questa volta l’ha spuntata il legale, nel senso che la decisione di prime cure è stata ritenuta meritevole di essere cassata per vizio di motivazione. Il caso. Un avvocato agiva contro il suo ex cliente azionando il procedimento speciale di cui agli artt. 28 e 29, Legge n. 794/1942, per ottenere la liquidazione degli onorari relativi ad giudizio civile. La liquidazione non accontentava il leguleio che impugna il provvedimento in Cassazione. Prima contestazione un difetto di motivazione. Secondo il ricorrente, il Giudice non avrebbe considerato l’attività svolta avrebbe erroneamente applicato la tariffa del 1994 anziché quella del 2004 avrebbe in ogni caso, quindi anche volendo considerare le tariffe del 1994, liquidato le spettanze al di sotto dei minimi tariffari. In questo scenario, per i Giudici di legittimità il ricorso deve ritenersi fondato nella parte in cui, in buona sostanza, viene fatto valere un vizio di motivazione. Anzitutto la Cassazione ribadisce che in tema di determinazione del compenso spettante al difensore nel caso di successione di tariffe professionali nel corso del processo, mentre gli onorari di avvocato devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento in cui l'opera complessiva è stata condotta a termine con l'esaurimento o la cessazione dell'incarico professionale, i diritti di procuratore, invece, vanno liquidati alla stregua delle tariffe vigenti al momento delle singole prestazioni, le quali si esauriscono nell'atto stesso in cui sono compiute. Ebbene, l’ordinanza impugnata non ha fatto applicazione di questi principi, posto che risulterebbe in ogni caso una liquidazione al di sotto dei minimi di tariffa. Ma a tale riguardo è apparso prevalente, agli occhi dei Giudici di Piazza Cavour, il dedotto vizio di motivazione. Infatti, pur avendo dato conto analiticamente di tutti i presupposti necessari ai fini della richiesta liquidazione, l’ordinanza impugnata ha proceduto ad una liquidazione sintetica, indicando solo l’importo per diritti ed onorari, ecc., senza in alcun modo indicare le voci eventualmente escluse e i relativi motivi, peraltro specificate nella notula presentata dal professionista ed accompagnata anche dal parere del competente ordine professionale. E gli interessi di mora? Esclusi, come la rivalutazione monetaria. Con il secondo motivo di ricorso, l’avvocato lamenta il mancato riconoscimento degli interessi di mora al tasso legale, decorrenti dalla costituzione in mora, nonché il mancato ed immotivato riconoscimento della rivalutazione monetaria. Ma la Cassazione rigetta questa censura ricordando un proprio precedente in materia, a tenore del quale, quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28, l. 13 giugno 1942 n. 794 che è di particolare, sollecita definizione , sicché è da quella data — e nei limiti di quanto liquidato dal giudice — e non da prima che va riportata la decorrenza degli interessi.

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 5 febbraio - 23 maggio 2013, n. 12822 Presidente Oddo – Relatore Bursese Fatto e diritto 1. - L'avvocato V. impugna l'ordinanza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, pubblicata il 22 dicembre 2006, che ha definito la procedura dallo stesso avvocato proposta ai sensi degli articoli 28 e 29 della legge 794 del 1942 per la liquidazione degli onorari spettantigli per aver assistito e difeso, in un giudizio civile, il cliente M C. . 2. Al riguardo, il ricorrente articola due motivi di ricorso. 2.1 - Con il primo lamenta violazione di legge e vizi di motivazione del provvedimento impugnato, che a non ha considerato l'attività svolta, risultante dal fascicolo di causa e dalla notula prodotta b ha applicato per gli onorari la tariffa del 1994 invece che quella del 2004, posto che l'attività processuale si era conclusa in data 8 giugno 2004 e che le tariffe del 2004 erano entrate in vigore il 2 giugno 2004 decreto ministeriale 8 aprile 2004, Gazzetta Ufficiale n. 115 del 18 maggio 2004 c ha infine operato una liquidazione al di sotto dei minimi, anche a voler considerare come applicabili le tariffe del 1994. Il provvedimento impugnato, inoltre, era errato per non aver riconosciuto nella misura del 12,5% le spese generali così come previsto dall'articolo 14 del decreto ministeriale del 2004, posto che tali spese vanno calcolate con riguardo al momento finale della prestazione, che ricadeva appunto nella vigenza di tale ultimo decreto ministeriale. 2.2 - Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento degli interessi di mora al tasso legale a decorrere dalla costituzione in mora, avvenuta il 17 luglio 2006, nonché il mancato ed immotivato riconoscimento della rivalutazione monetaria. 3. Nessuna attività in questa sede ha svolto l'intimato. 4. Il ricorso è fondato e va accolto limitatamente alla censura, contenuta nel primo motivo, di vizio di motivazione, essendo invece infondato nel resto, per quanto di seguito si chiarisce. 4.1 - Il primo motivo va accolto sotto il dedotto profilo del vizio di motivazione. Occorre premettere che questa Corte ha già avuto più volte occasione di affermare che in tema di determinazione del compenso spettante al difensore nel caso di successione di tariffe professionali nel corso del processo, mentre gli onorari di avvocato devono essere liquidati in base alla tariffa vigente al momento in cui l'opera complessiva è stata condotta a termine con l'esaurimento o la cessazione dell'incarico professionale, i diritti di procuratore, invece, vanno liquidati alla stregua delle tariffe vigenti al momento delle singole prestazioni, le quali si esauriscono nell'atto stesso in cui sono compiute. Cass. n. 11814 del 1998, Rv. 52095 nonché Cass. 2005 n. 5426, Cass. 2010 n. 11482 ” . L'ordinanza impugnata non sembra aver fatto applicazione di tali principi, posto che, come osservato dal ricorrente, anche utilizzando le tariffe precedenti, risulterebbe una liquidazione al di sotto dei minimi, aspetto anche questo censurato. Ma, al riguardo occorre rilevare che appare prevalente il dedotto vizio di motivazione. Infatti, pur avendo dato atto analiticamente di tutti i presupposti necessari ai fini della richiesta liquidazione, l'ordinanza impugnata ha proceduto poi ad una liquidazione sintetica indicando solo l'importo per diritti, per onorari ecc senza in alcun modo indicare le voci eventualmente escluse e i relativi motivi , pure specificate nella notula presentata dal professionista ed accompagnata anche dal parere del competente ordine professionale. 4.2 - Infondato risulta, invece, il secondo motivo, relativo alla decorrenza degli interessi di mora e della rivalutazione, posto come questa Corte ha già avuto occasione di affermare il condiviso principio secondo cui . quando insorge controversia tra l'avvocato ed il cliente circa il compenso per prestazioni professionali, il debitore non può essere ritenuto in mora prima della liquidazione del debito, che avviene con l'ordinanza che conclude il procedimento ex art. 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794 che è di particolare, sollecita definizione , sicché è da quella data - e nei limiti di quanto liquidato dal giudice - e non da prima che va riportata la decorrenza degli interessi” . Sez. 2, Sentenza n. 2431 del 02/02/2011, Rv. 616494 . 5. Il ricorso va accolto nei limiti indicati, il provvedimento impugnato cassato, e la causa va rimessa per nuovo esame al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in altra composizione, cui è anche demandato, ex art. 385 cpc, di pronunziare anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie in parte il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo cassa in relazione al motivo accolto il provvedimento impugnato e rinvia al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in altra composizione anche per le spese.