Vince l’opposizione al decreto di liquidazione dei compensi per patrocinio a spese dello Stato: l’avvocato ha diritto alle competenze della procedura

Il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che, ai sensi degli artt. 84 e 170 d.P.R. n. 115 del 2002, proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l’entità delle somme liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale ne consegue che il diritto alla liquidazione degli onorari nel procedimento medesimo e l’eventuale obbligo delle spese sono regolati dalle disposizioni del codice di procedura civile relative alla responsabilità delle parti per le spese.

La Cassazione, con la sentenza n. 9808/13depositata il 23 aprile, affronta, ancora una volta, la tematica dei compensi spettanti all’avvocato per l’attività professionale prestata in favore di chi sia stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Trattasi, tuttavia, di un caso in cui, ratione temporis , è stato applicato il d.m. n. 127/2004 sulle vecchie tariffe forense e relativi criteri di calcolo. Il fatto . Un avvocato impugnava ai sensi dell’art. 170 d.P.R. n. 115/2002, il decreto con il quale il Tribunale gli aveva liquidato i compensi spettanti per la difesa di un cliente ammesso al patrocinio a spese dello Stato. Il procedimento concerneva l’ottenimento dello status di rifugiato. Il Tribunale accoglieva solo parzialmente le ragioni dell’avvocato, liquidandogli - a suo dire - un importo insoddisfacente. Il professionista ricorre per cassazione affidando le proprie doglianze a sette motivi di censura. Causa di valore indeterminabile di modesta importanza. L’avvocato, innanzitutto, con i primi due motivi, si duole del fatto che il Tribunale abbia calcolato diritti ed onorari valutando la causa di valore indeterminabile e di modesta importanza. Per la Cassazione entrambi i motivi sono infondati, chiarendo che la causa svoltasi nel giudizio presupposto è di valore indeterminabile in quanto vertente sull’accertamento dello status di rifugiato dello straniero. Riguardando un diritto della persona vi è insuscettibilità di valutazione ai fini economici. Peraltro lo scaglione di riferimento deve essere quello di modesta importanza , tenuto conto che la domanda è stata respinta per un profilo assorbente mancanza di prova in ordine alla stessa identità dell’attore . La Suprema Corte chiarisce che per determinare se la causa sia di basso , medio o di particolare importanza occorre riflettere, non solo sulla materia su cui si controverte, ma anche sulla sua complessità, tenuto conto delle questioni giuridiche trattate oltre alla rilevanza degli effetti e dei risultati ottenuti. Nel caso di specie quello che rileva non sono tanto le conoscenze es. di diritto internazionale impiegate dall’avvocato nello svolgimento dell’incarico, quanto la circostanza che il procedimento sia stato definito sulla base di una preliminare questione di fatto, attesa la mancanza di prova in ordine all’identità di parte attrice. La riduzione dei compensi alla metà in materia civile non è incostituzionale. L’avvocato con il terzo motivo si lamenta della incostituzionalità della norma art. 130, d.P.R. n. 115/2002 che prevede la riduzione a metà dei compensi per le prestazioni professionali forensi rese a persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in materia civile e ciò in riferimento al diverso trattamento riservato alle prestazioni forensi in ambito penale. Per la Cassazione la doglianza è infondata. Richiamate le ordinanza n. 350/2005 e n. 201/2006 emesse dalla Corte Costituzionale, gli Ermellini ritengono che l’abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe forensi non si risolva in un’irragionevole imposizione al professionista. A non essere irragionevole è il legame tra l’onorario a questi spettante ed il relativo valore di mercato della prestazione, trattandosi solo di una parzialmente diversa determinazione del compenso medesimo. Il tutto giustificato dalla considerazione dell’interesse generale che il legislatore intende perseguire nell’ambito di una normativa volta ad assicurare al non abbiente l’effettività del diritto di difesa, restando a carico dell’erario il relativo costo. Le c.d. spese generali vanno calcolate su una remunerazione ridotta alla metà. L’avvocato con il quarto motivo si duole del fatto che anche le c.d. spese generali forfettarie 12,50% siano state sottoposte alla dimidiazione di cui all’art. 130 d.P.R. n. 115/2002. Anche questo motivo è per la Cassazione infondato. Gli ermellini ritengono che anche il rimborso forfettario delle spese generali vada calcolato sulla remunerazione a titoli di onorari e di diritti ridotti della metà, e non già sull’importo di questi prima della dimidiazione. L’avvocato ha diritto ad una liquidazione dei diritti esaustiva. L’avvocato con il quinto motivo di impugnazione lamenta la mancata liquidazione dei diritti relativi a numerose attività professionali tabellate es. costituzione in giudizio, esame verbale, etc. , avendo provveduto il Tribunale ad una ricognizione lacunosa. Gli Ermellini riconosco che, pur a fronte delle specifiche doglianze del professionista, il Tribunale nulla abbia deliberato a tal riguardo nel corso del giudizio presupposto, incorrendo così in un vizio di omessa pronuncia su uno specifico motivo di opposizione. Non è dovuto il rimborso delle spese di trasporto in metropolitana se non documentate . Con il sesto motivo l’avvocato si lamenta del mancato rimborso delle spese, pur se non documentate, affrontate nella causa per gli spostamenti in metropolitana dal proprio studio alla sede del Tribunale . Gli Ermellini ritengono infondata la doglianza alla luce dell’art. 55, comma 2, d.P.R. n. 115/2002 trattandosi di norma speciale riferibile solo agli ausiliari del magistrato ed insuscettibile di estensione in via analogica. Per gli avvocati, invece, valgono i principi generali il rimborso delle spese vive è condizionato all’allegazione di idonea documentazione e specifica nota. L’avvocato ha diritto alle competenze di lite secondo il principio di soccombenza. Con l’ultimo motivo l’avvocato si duole del fatto che il Tribunale, pur avendo accolto parzialmente l’opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, non gli abbia liquidato le spese e le competenze di lite. Gli ermellini, richiamando una loro recente decisione Cass. civ. n. 17247/2011 ritengono fondata la doglianza. Il professionista, infatti, quando contesta le somme liquidate agisce a tutela di un proprio diritto soggettivo patrimoniale. Da ciò consegue il suo diritto alla liquidazione degli onorari e delle spese del procedimento secondo i comuni canoni del principio di soccombenza artt. 91 e 92, primo e secondo comma, c.p.c. .

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 21 marzo – 23 aprile 2013, n. 9808 Presidente Oddo – Relatore Giusti Svolgimento del processo L'Avv. G A. ha impugnato, ai sensi dell'art. 170 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia , il decreto con il quale il Tribunale di Roma gli aveva liquidato i compensi spettanti per l'attività professionale prestata in favore di B G. , ammesso al patrocinio a spese dello Stato nel procedimento svoltosi davanti allo stesso Tribunale per l'ottenimento dello status di rifugiato. Il Tribunale ha parzialmente accolto l'opposizione e ha liquidato l'importo di Euro 1.129,50 per onorari e diritti, importo ridotto della metà ex art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, oltre a spese generali, IVA e CPA. Per la cassazione di questa ordinanza l'Avv. A. ha proposto ricorso, sulla base di sette motivi, illustrati con memorie. Il Ministero della giustizia e il Ministero dell'economia e delle finanze hanno resistito con controricorso. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva in questa sede. Considerato in diritto 1. - Preliminarmente, va dichiarato, in accoglimento dell'eccezione della difesa erariale, il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze, che non è parte del giudizio di opposizione nelle controversie relative alla liquidazione dei compensi al difensore per l'opera professionale prestata in favore di soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, tale legittimazione spettando al Ministero della giustizia Cass., Sez. Un., 29 maggio 2012, n. 8516 . 2. - Con il primo motivo omessa motivazione e conseguente violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., e 111 Cost. in subordine, violazione dell'articolo unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051, in combinazione con l'art. 6, quinto comma, del d.m. n. 127 del 2004 ci si duole che il Tribunale abbia calcolato gli onorari sulla base della tariffa professionale per le cause di valore indeterminato di modesta importanza senza darne adeguata motivazione, non potendo il riferimento al risultato raggiunto nella controversia costituire giustificazione dell'individuato scaglione di valore. Con il secondo motivo omessa motivazione e conseguente violazione degli artt. 132, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ., e 111 Cost. in subordine, violazione dell'articolo unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051, in combinazione con l'art. 6, sesto comma, del d.m. n. 127 del 2004 si censura che il Tribunale abbia calcolato anche i diritti sulla base della tariffa professionale per le cause di valore indeterminato di modesta importanza. 2.1. - I due motivi - i quali, in relazione alla loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente - non sono meritevoli di accoglimento. La causa svoltasi nel giudizio presupposto è stata correttamente ritenuta e sul punto non v'è controversia di valore indeterminabile, vertendo sull'accertamento dello status di rifugiato dello straniero, e quindi riguardando un diritto della persona non suscettibile di valutazione economica. Quel che è in discussione - e su questo vertono i due motivi di ricorso - è, invece, l'individuazione di quale sia la fascia applicabile all'interno della classe delle cause di valore indeterminabile. Ai sensi dell'art. 6, comma 5, della tariffa per le prestazioni giudiziali in materia civile, approvata con il d.m. n. 127 del 2004, per le cause di valore indeterminabile, gli onorari minimi sono quelli previsti per le cause di valore da Euro 25.900,01 ad Euro 51.700,00, mentre gli onorari massimi sono quelli previsti per le cause di valore da Euro 51.700,01 a Euro 103.300,00 qualora poi le cause siano di particolare importanza, gli onorari possono essere liquidati fino al limite massimo previsto per le cause di valore fino a Euro 516.500,00. Agli effetti della determinazione dei diritti, le cause di valore indeterminabile si considerano - secondo quanto prevede il comma 6 del citato art. 6 - di valore eccedente Euro 25.900,00 ma non Euro 103.300,00, a seconda dell'entità dell'interesse dedotto in giudizio. Tanto premesso, occorre innanzitutto evidenziare che non sussiste il lamentato vizio di motivazione, perché il giudice dell'opposizione, confermando la valutazione espressa dal giudice della liquidazione, ha ritenuto corretto l'inquadramento della causa tra quelle di valore indeterminato basso o di modesta importanza , anche considerando, sotto il profilo del risultato raggiunto, che la domanda è stata respinta per un profilo assorbente, ossia per la mancanza di prova in ordine alla stessa identità dell'attore. Il ricorrente contesta questa conclusione anche sotto il profilo della violazione o della falsa applicazione di legge, rivendicando il superiore inquadramento della causa nella fascia di particolare importanza o, almeno, in quella media . Non v'è dubbio che, al fine di stabilire se il valore indeterminato della causa sia basso , medio o di particolare importanza , occorra guardare non solo alla materia di cui si controverte, ma anche alla complessità della controversia, con particolare riguardo alla difficoltà delle questioni giuridiche trattate e alla rilevanza degli effetti e dei risultati ottenuti. Sennonché, il ricorrente si limita ad asserire che la causa del giudizio presupposto era di notevole importanza e che le questioni giuridiche trattate, richiedenti conoscenze di diritto internazionale, di diritto amministrativo e di diritto civile, erano complesse, ma non descrive, specificamente, quali particolari questioni siano state affrontate nel concreto, e quindi finisce con il porre, inammissibilmente, una questione astratta, che non si confronta adeguatamente con il rilievo, contenuto nell'ordinanza impugnata, che la domanda è stata decisa e respinta sulla base di una preliminare considerazione di fatto, ossia per la mancanza di prova in ordine alla stessa identità dell'attore. 3. - Con il terzo motivo omessa pronuncia e conseguente violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. violazione dell'art. 2, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 in subordine, illegittimità costituzionale dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, per violazione degli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, 36, primo comma, e 111, primo e secondo comma, Cost. illegittimità costituzionale degli artt. 82 e/o 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 per violazione degli artt. 3, 35, 36, 42 e 53 Cost. si censura che il Tribunale abbia applicato la riduzione della metà di cui all'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, senza considerare che questa disposizione sarebbe stata implicitamente abrogata dall'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006. In via subordinata, il ricorrente dubita della legittimità costituzionale della norma che prevede la dimidiazione dei compensi per le prestazioni professionali forensi rese a persona ammessa al beneficio del patrocinio a spese dello Stato in materia civile, in riferimento, tra l'altro, al diverso trattamento riservato alle prestazioni forensi in materia penale. 3.1. - La censura è infondata, sotto entrambi i profili in cui è articolata. 3.1.1. - Va innanzitutto escluso che l'art. 2, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248 del 2006, secondo il quale il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di . gratuito patrocinio, sulla base della tariffa professionale”, abbia comportato un'abrogazione implicita dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, che stabilisce la riduzione alla metà degli importi spettanti al difensore in caso di patrocinio a spese dello Stato nel processo civile. Infatti, l'indicazione della tariffa professionale quale base di calcolo per la liquidazione giudiziale dei compensi spettanti al difensore di chi sia ammesso al patrocinio a spese dello Stato non impedisce che tale indicazione sia integrata da altre equiordinate disposizioni normative che, senza contraddirlo, modulino, in funzione di specifiche esigenze, il predetto criterio generale Corte cost., ordinanza n. 270 del 2012 . 3.1.2. - La questione di legittimità costituzionale, sollevata in via subordinata, è manifestamente infondata. Ribadendo conclusioni alle quali era già pervenuta con le ordinanze n. 350 del 2005 e n. 201 del 2006, la Corte costituzionale, con la citata ordinanza n. 270 del 2012, ha dichiarato manifestamente infondata analoga questione di costituzionalità dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, secondo e terzo comma, 53, primo comma, 111, primo comma, e 111, primo comma, Cost Le ragioni in base alle quali il giudice delle leggi ha respinto il dubbio di costituzionalità valgono anche in relazione agli ulteriori parametri indicati dal ricorrente nel motivo di censura. Né può essere accolta la richiesta, avanzata con la seconda memoria illustrativa, di rimessione alla Corte costituzionale del sospetto di illegittimità costituzionale dell'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 per violazione della tutela della proprietà contenuta nell'art. 1 del Protocollo 1 della CEDU, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost Invero, il denunciato criterio di determinazione del compenso spettante al professionista che difende la parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato in un giudizio civile, con la previsione dell'abbattimento nella misura della metà della somma risultante in base alle tariffe professionali, non impone al professionista un sacrificio tale da risolvere il ragionevole legame tra l'onorario a lui spettante ed il relativo valore di mercato, trattandosi, semplicemente, di una, parzialmente diversa, modalità di determinazione del compenso medesimo, tale da condurre ad un risultato sì economicamente inferiore a quello cui si sarebbe giunti applicando il criterio ordinario, e tuttavia ragionevolmente proporzionato, e giustificato dalla considerazione dell'interesse generale che il legislatore ha inteso perseguire, nell'ambito di una disciplina, mirante ad assicurare al non abbiente l'effettività del diritto di difesa in ogni stato e grado del processo, nella quale la liquidazione degli onorari professionali è suscettibile di restare a carico dell'erario. 4. - Il quarto motivo pone il quesito se, ritenendo di dovere applicare anche alle c.d. spese generali la dimidiazione di cui all'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, il Tribunale abbia o meno violato e falsamente applicato l'art. 130 medesimo e l'art. 14 del d.m. n. 127 del 2004. 4.1. - Il motivo è infondato. Ai sensi dell'art. 14 della tariffa professionale, approvata con il d.m. 8 aprile 2004, n. 127, all'avvocato è dovuto un rimborso forfettario delle spese generali in ragione del 12,50% sull'importo degli onorari e dei diritti ripetibile dal soccombente. Poiché l'art. 130 del d.P.R. n. 115 del 2002 prevede che, in caso di ammissione al beneficio della difesa a spese dello Stato del non abbiente in controversie in materia civile, i compensi spettanti al difensore sono ridotti della metà, il rimborso forfettario delle spese generali, dovuto al professionista, va calcolato sulla remunerazione a titolo di onorari e di diritti ridotti della metà, e non sull'importo di questi prima della dimidiazione. 5. - Con il quinto motivo omessa pronuncia e conseguente violazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e, in subordine, violazione dell'articolo unico della legge n. 1051 del 1957, in combinazione con il d.m. n. 127 del 2004, Tabella B - Diritti di avvocato, I, processo di cognizione, nn. 10, 15, 16, 30, 31 e 32 ulteriore violazione dell'articolo unico della legge n. 1051 del 1957, in combinazione con il d.m. n. 127 del 2004, tabella B - diritti di avvocato, VII, diritti di collazione degli scritti, n. 80 l'Avv. A. fa presente di avere denunciato, con il motivo n. 3 dell'opposizione, la mancata liquidazione dei diritti relativi a numerose attività professionali svolte e lamenta che, pur a fronte delle specifiche doglianze, il Tribunale, quale giudice dell'opposizione, nulla ha deliberato con riguardo a talune attività quelle di cui alle lettere b, d, e, f, i, l, m , provvedendo poi a liquidare del tutto lacunosamente le attività di cui alle lettere a e c con riguardo, rispettivamente, alla battitura della citazione e della comparsa conclusionale . 5.1. - Il motivo è fondato, sotto entrambi i profili. Risulta dagli atti che in effetti l'Avv. A. ha denunciato, con il motivo n. 3 dell'opposizione, la mancata liquidazione dei diritti relativi a numerose attività professionali svolte, in particolare a costituzione in giudizio b esame del provvedimento a verbale dell'8 marzo 2006 c esame del provvedimento a verbale del 23 giugno 2006 d esame del testo integrale della sentenza n. 23413/07 e richiesta di n. 2 copie di atti verbale e sentenza f n. 3 depositi in cancelleria del fascicolo della citazione, dell'intimazione del teste e della comparsa conclusionale g ritiro del fascicolo di parte. Pur a fronte delle specifiche doglianze, il Tribunale nulla ha deliberato al riguardo, incorrendo nel vizio di omessa pronuncia su un motivo di opposizione. Lacunosamente, ed in violazione della tariffa professionale, il Tribunale ha poi liquidato i diritti con riguardo alle attività di battitura della citazione del 5 gennaio 2005 e della comparsa conclusionale tabella B - diritti di avvocato - VII - diritti di collazione degli scritti , giacché ha tenuto presente un solo foglio, quando la citazione si compone di 10 fogli e la comparsa conclusionale di 6 fogli. 6. - Il sesto motivo pone il quesito se, respingendo la domanda di rimborso delle spese di trasporto, pur se non documentate, dovute affrontare nella causa per gli spostamenti in metropolitana dallo studio alla sede del Tribunale di Roma, quest'ultimo sia incorso o meno nella violazione dell'art. 55, comma 2, del d.P.R. n. 115 del 2002 . 6.1. - La doglianza è infondata. L'art. 55, secondo comma, del d.P.R. n. 115 del 2002, secondo cui Le spese di viaggio, anche in mancanza di relativa documentazione, sono liquidate in base alle tariffe di prima classe sui servizi di linea, e-sclusi quelli aerei , è norma speciale che si riferisce agli ausiliari del magistrato, insuscettibile di estendersi in via analogica agli avvocati che difendono una parte ammessa al patrocinio a spese dello Stato. In favore di costoro, infatti, il rimborso delle spese vive è condizionato al fatto che le stesse risultino, secondo i principi generali, documentate ed oggetto di specifica nota ad essi, inoltre, ove iscritti in un elenco degli avvocati di un distretto di corte d'appello diverso da quello in cui ha sede il magistrato competente a conoscere del merito o il magistrato davanti al quale pende il processo, non sono dovute, per specifica previsione contenuta nell'art. 82, secondo comma, del d.P.R. n. 115 del 2002, le spese e le indennità di trasferta previste dalla tariffa professionale . 7. - Con il settimo motivo il ricorrente censura la mancata condanna delle controparti al rimborso delle spese, delle competenze e degli onorari relativi al giudizio di opposizione al decreto di pagamento. 7.1. - Il motivo è fondato. Questa Corte Sez. VI-2, 12 agosto 2011, n. 17247 ha già statuito che il difensore di persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato che, ai sensi degli artt. 84 e 170 del d.P.R. n. 115 del 2002, proponga opposizione avverso il decreto di pagamento dei compensi, contestando l'entità delle somme liquidate, agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale ne consegue che il diritto alla liquidazione degli onorari del procedimento medesimo e l'eventuale obbligo del pagamento delle spese sono regolati dalle disposizioni del codice di procedura civile relative alla responsabilità delle parti per le spese artt. 91 e 92, primo e secondo comma, cod. proc. civ. . Ha pertanto errato l'ordinanza impugnata ad escludere che nel giudizio opposizione possa esservi spazio per la liquidazione delle spese della procedura. 8. - Il ricorso è accolto limitatamente al quinto ed al settimo motivo, mentre è rigettato nel resto. L'ordinanza impugnata è cassata in relazione alle censure accolte. Essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa deve essere rinviata al Tribunale di Roma, che la deciderà in persona di diverso magistrato. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze, in relazione al quale la causa termina con la pronuncia di questa Corte che ne ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva, sussistono giustificati motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione, essendo il ricorso anteriore alla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite che ha risolto il contrasto di giurisprudenza al riguardo. P.Q.M. La Corte dichiara il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'economia e delle finanze rigetta i primi quattro motivi di ricorso ed il sesto motivo, accoglie il quinto ed il settimo cassa l'ordinanza impugnata limitatamente alle censure accolte e rinvia la causa, anche per le spese, al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato. Compensa tra il ricorrente ed il Ministero dell'economia e delle finanze le spese del giudizio di cassazione.