La normativa sui nuovi parametri, applicabili alle cause decise dopo il 23 agosto 2012, è incostituzionale?

Le sentenze in esame hanno il pregio di sancire che essa si applica a tutte le cause decise dopo il 23 agosto 2012 e di sollevare dubbi sulla sua costituzionalità soprattutto circa la previsione che le spese competenze ed onorari liquidati dal giudice di pace non possono superare il valore della domanda e relativamente alle ipotesi di esclusione della loro refusione. Attribuito il forfait del 12,50%.

La sentenza n. 3629 del GDP di Salerno, depositata lo scorso 19 settembre ed il decreto n. 1252 emesso dal Tribunale di Varese, il 17 settembre 2012 affrontano un tema di grande attualità, evidenziando presunte incostituzionalità e chiarendo alcuni dubbi l’applicazione delle nuove tariffe forensi ex D.M. n. 140/12 e L. n. 10/12. I casi. La prima riguarda la domanda avanzata contro le Poste da un cittadino che aveva dovuto pagare una tassa di € 3,30 per poter ritirare la cartolina di avvenuta notifica C.A.N. relativa ad un atto giudiziario esente in particolare atto intimazione testi per una causa di lavoro . In sintesi, rinviando al testo della sentenza per l’approfondimento dell’interessante vicenda, il G.I. stabilisce che nulla è dovuto dall’attore l’importo doveva essere posto a carico dell’ufficio NEP che aveva provveduto alla notifica dell’atto non ritirato. L’altro riguarda un’ingiunzione con richiesta di provvisoria esecuzione, per quanto si può desumere dal decreto, visto che manca la narrazione dei fatti. Entrambe pongono dubbi sulla nuova normativa sulle tariffe forensi cui forniscono risposte talvolta in contrasto tra loro. Quadro normativo generale. Dette disposizioni hanno attuato l’abolizione delle tariffe forensi, causando non pochi disagi ed ambiguità. Le principali critiche sono dovute alla modifica degli artt. 82 e 91 c.p.c., ai sensi dell’art. 13, DL n. 212/11, convertito nella L. n. 10/12, che innalza da € 516,46 a 1.100,00 il valore delle cause dove le parti possono stare in giudizio personalmente anziché avvalersi obbligatoriamente della difesa tecnica di un avvocato e stabilisce che l’importo massimo liquidabile alla parte vittoriosa non può superare quello della lite. Il successivo D.M. n. 140/12 ha indicato ulteriori parametri che il giudice è tenuto a seguire nel rifondere le spese di giudizio artt. 2-14 e 19 ss . Quali sono le voci liquidabili? Si applica alla attività giudiziale civile, amministrativa e tributaria che è distinta nelle seguenti fasi fase di studio della controversia fase di introduzione del procedimento fase istruttoria fase decisoria fase esecutiva e per ognuna di queste sono indicate dettagliatamente le voci da prendere in considerazione per il conteggio delle spettanze. Infatti gli onorari ed i diritti, prima conteggiati separatamente, vengono considerati come un unico importo. Sono rimborsabili, poi, solo il contributo unificato, una spesa fissa invariabile a seconda del valore della lite e le spese vive documentate, ma non più il forfait del 12,5% artt. 4-8 e 17 . Il G.I. è obbligato a rispettare tali criteri? Come detto dall’interpretazione letterale di queste disposizioni è palese che la sua autonomia è subordinata a tale onere e che le eventuali fluttuazioni, entro i limiti stabiliti dalle disposizioni citate, saranno subordinate all’attività svolta, alla natura e alla complessità della vertenza. La libertà di scelta, quindi, è solo apparente. Ciò nonostante alcuni la rivendicano apertamente e liquidano le competenze in aperta deroga alla legge. Quale dies a quo? Uno dei principali dubbi, sollevato dalle prime sentenze, è quello dell’applicabilità della presente normativa alle cause ancora pendenti. Il G.I. varesotto lo ha risolto sancendo che essa attiene a tutte le cause decise dopo il 23 agosto, data della sua entrata in vigore, ai sensi dell’art. 41. Esso, infatti, indica non il momento in cui si è conclusa l’attività del professionista momento statico ma il momento in cui il giudice deve provvedere a liquidare il compenso momento dinamico . Ciò vuol dire che è irrilevante il referente temporale che fa da sfondo all’attività compiuta e rileva, invece, la data storica vigente al momento dell’attività giudiziale-procedimentale di quantificazione del compenso spettante . Profili di incostituzionalità. Lo scopo della novella è scoraggiare il contenzioso seriale evitando che la parte soccombente possa essere condannata a rimborsare alla parte vincitrice spese legali per un ammontare superiore al valore della posta in gioco nel processo . Ciò, però, come evidenziato dal GDP di Salerno, ha sortito l’effetto opposto con una chiara lesione all’effettività della tutela giudiziaria dei diritti e, quindi, all’effettività delle norme di diritto sostanziale . Se applicata alla lettera, quindi, renderebbe l’azione legale troppo onerosa con la conseguenza che le parti meno abbienti vi rinuncerebbero. In effetti, qualora il valore della causa fosse inferiore alla soglia minima individuata dalla legge € 45,00 , si verificherebbe un paradosso il vincitore della lite dovrebbe sobbarcasi le spese legali, senza possibilità di rimborso alcuno. A ben vedere, anche negli altri casi, l’esiguità delle voci liquidabili potrebbe portare ad una refusione irrisoria a fronte di effettive spese di importo superiore di decine di volte. Ciò finirebbe per premiare i convenuti con la possibilità di favorire abusi e precludere i giudizi in tema di tutela dei consumatori, nel settore bancario ed assicurativo, contro la PA, contro le truffe televisive e similia perché sarebbero antieconomiche. In breve il mancato rimborso delle spese legali limita rispetta al meno abbiente l’esercizio del diritto di azione, e stabilisce nell’esercizio del potere di agire in giudizio tutelato dall’art. 24 della Cost., dall’art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dall’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, una differenza tra ricco e povero che l’art. 3 in termini generali ripudia per tutti i cittadini C.Cost. n. 223/01 e perciò la norma non deve essere applicata, riequilibrando così le posizioni dei contendenti cfr. anche C.Cost. nn. 345 e 397/07 sull’abrogazione delle norme che non raggiungono gli scopi prefissi . Il potere interpretativo del giudice. Il giudice, prima di sollevare l’eccezione di non manifesta infondatezza della costituzionalità di una norma ex art. 101 Cost., ha il dovere di valutare se può fornire un’esegesi costituzionalmente orientata della disposizione censurata, come nella fattispecie C.Cost. nn. 356/62, 269 e 340/98 e 285/90 , disattendendo le norme contrarie alla Costituzione ed alla normativa UE. In caso contrario solleverà la questione di incostituzionalità. Si rinvia al testo per le altre critiche responsabilità dello Stato, diritto al risarcimento danni,gratuito patrocinio, criteri di liquidazione delle spese stragiudiziali necessarie e giustificate etc. . Conclusioni del GDP di Salerno. Alla luce di quanto sinora esplicato e della riforma degli artt. 91 e 96 c.p.c. ha deciso che è equo attribuire all’attore non solo le spettanze riconosciute alle cause di valore superiore agli € 45,00, ma anche il forfait del 12,50% espressamente escluso dalla normativa in esame.

Tribunale di Varese, sez. I Civile, decreto 17 settembre 2012, n. 1252 Presidente Paganini - Estensore Buffone Fatto e diritto omissis La parte creditrice produce propria nota spese per il pagamento delle competenze. Successivamente alla presentazione del decreto del 21 maggio 2012 , è entrato in vigore il nuovo Regolamento per la liquidazione giudiziale dei compensi, contenuto nel Decreto del Ministero della Giustizia 20 luglio 2012 , n. 140, pubblicato nella GU n. 195 del 22 agosto 2012 ed entrato dunque in vigore il 23 agosto 2012, in virtù dell’art. 42 del D.M. medesimo. L’art. 41 del decreto contiene una espressa norma di diritto intertemporale in cui è previsto che le disposizioni di nuovo conio si applichino alle liquidazioni successive alla entrata in vigore” del DM stesso quindi, dal 23.8.2012 . Il regolamento, ai fini della applicabilità ai processi pendenti, indica, dunque, quale parametro di riferimento, non il momento in cui si è conclusa l’attività del professionista momento statico ma il momento in cui il giudice deve provvedere a liquidare il compenso momento dinamico . Ciò vuol dire che è irrilevante il referente temporale che fa da sfondo all’attività compiuta e rileva, invece, la data storica vigente al momento dell’attività giudiziale-procedimentale di quantificazione del compenso spettante. Nel caso di specie, pertanto, il compenso va liquidato giusta il DM 140/2012. Per quantificare il compenso del professionista, occorre attingere al bacino della tabella A allegata al regolamento che prevede criteri ad hoc per il procedimento per ingiunzione. Per le controversie il cui valore supera euro 1.500.000,00 si applicano, anche al procedimento per ingiunzione, i parametri di cui all’art. 4 commi da II a V v. art. 11, comma 9, secondo periodo, DM liquidazione compensi . Il compenso, poi, è regolato per scaglioni, secondo il valore della causa, con l’introduzione di una forbice tra un minimo e un massimo . La liquidazione complessiva, in materia di ingiunzione di pagamento, comprende 1 costo fisso variabile in ragione dello scaglione Contributo Unificato 2 costo fisso invariabile per le spese diverse dal C.U. euro 37,00 3 compenso unica voce corrispondente alle vecchie voci di onorari e diritti . Non è, invece, dovuta la vecchia voce del rimborso forfetario ex art. 15 Tariffe – espunta – ed il compenso va liquidato unitariamente, essendo stata rimossa la vecchia distinzione tra onorari e diritti. Nel caso di specie, il valore della causa è di Euro 18.015,84. Per lo scaglione da euro 5.001 a euro 500.000, il compenso dovuto è tra euro 400 ed euro 2.000 euro. Vanno aggiunte le spese vive documentate euro 8,00 oltre euro 103,00 per contributo unificato . P.Q.M. letti ed applicati gli artt. 633, 641 c.p.c. INGIUNGE A X e A Come identificati in ricorso di pagare alla parte ricorrente la somma di euro 18.015,84 oltre interessi al saggio legale con decorrenza dalla notifica della ingiunzione ai destinatari. Vanno, anche, riconosciute le spese del procedimento che, atteso il valore del credito il giudice Liquida per le spese e le competenze ai sensi dell’art. 641, comma III, c.p.c. e ne ingiunge il pagamento in Euro 111,00 per spese, euro 800,00 per competenze. Ordina A parte ricorrente di notificare pure il decreto interlocutorio e la memoria integrativa Autorizza in mancanza di immediato pagamento, l’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo ai sensi degli artt. 642, comma II, c.p.c., 63 disp. att. c.c. Avverte ai soli fini dell’opposizione, che il destinatario dell’ingiunzione, entro il termine di quaranta giorni 40 gg può proporre opposizione al decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e che in caso di mancanza di opposizione si procederà ad esecuzione forzata art. 641, comma I, c.p.c. .

Giudice di Pace di Salerno, sentenza 2 – 19 settembre 2012, numero 3629 Giudice di Pace Luigi Vingiani Fatto e diritto Con atto di citazione ritualmente notificato, Tizio Tizio Tizio conveniva in giudizio, innanzi all’intestato Giudice di Pace, Poste Italiane s.p.a. al fine di sentirla condannare al pagamento della somma di euro 3,30 oltre interessi e rivalutazione tale somma costituiva la tassa pagata dall´istante alla convenuta per poter ritirare la cartolina di avvenuta notifica C.A.N. relativa ad un atto giudiziario esente” in particolare atto intimazione testi per una causa di lavoro. All´udienza di prima comparizione parte convenuta, regolarmente citata, si costituiva ed impugnava la domanda sotto vari profili. In primis sosteneva che l´operato delle Poste era stato conforme a quanto disposto dalle disposizioni legislative che impongono l´emissione della C.A.N. qualora la notifica di un atto giudiziario non avvenga nelle mani del destinatario. Tale emissione della C.A.N. costituisce un procedimento estraneo a quello in base al quale le parti hanno intentato il giudizio e, quindi, come tale rappresenta un costo euro 3,30 che deve essere versato alla convenuta, che dà vita ad un nuovo procedimento costituito dalla registrazione dell´atto presso i registri interni di Poste, dalla spedizione fino all´ufficio di destino, e dal conseguente passaggio dello stesso al portalettere che, come agente notificatore, deve recapitare l´atto al mittente. Poste s.p.a., quindi, concludeva per il rigetto della domanda attorea con vittoria di spese. Senza nessuna istruttoria, se non quella documentale, rese le conclusioni, la causa veniva riservata a sentenza. In via preliminare si precisa che la presente controversia viene decisa secondo equità. Si rileva che la domanda, così come proposta, va dichiarata ammissibile poiché l´attore ha rispettato il contenuto dei combinati disposti dagli articolo 163 e 164 nonché 316, 318 e 319 c.p.c. Dalla documentazione prodotta risultano altresì provate sia la legittimazione attiva dell´attore che la legittimazione passiva del convenuto. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni preliminari di prescrizione ex articolo 2951 c.c. giacchè il termine annuale non è decorso l’avviso CAN è del 6.12.2011 mentre la citazione è del 5.3.2012 nonché quella di violazione del d.leg.vo numero 28/2010 giacchè la presente controversia non rientra in quelle disciplinate espressamente dalla predetta norma. Nel merito la domanda è fondata e va accolta. Ed invero la richiesta all´istante da parte delle Poste s.p.a. di far pagare la Comunicazione di Avvenuto Deposito detto CAD o la Comunicazione di Avvenuta Notifica detta CAN è assolutamente illegittima per violazione della legge 890/82 e successive modifiche. La legge 890/82, infatti, all´articolo 8, comma 7, espressamente prevede che I costi derivanti dalla spedizione della raccomandata e del relativo avviso di ricevimento di cui al secondo comma dell´articolo 8 della legge 20 novembre 1982, numero 890, e successive modificazioni, sono posti a carico del mittente indicato nell´avviso di ricevimento stesso, secondo previsioni tariffarie vigenti, fatti salvi i casi di esenzione delle spese di notifica previsti dalle leggi vigenti . La Circolare delle Poste Italiane s.p.a. del 22.06.1999, prot. numero 16780 stabilisce poi che, per gli atti esenti, l´avviso inerente alla seconda raccomandata dovrà comunque essere restituito alla parte che ha richiesto la notifica, ma le spese di tale invio devono essere sempre poste a carico dell´Erario,con addebito sul conto con pagamento differito intestato all´Ufficio NEP, che ha provveduto all´inoltro della prima raccomandata insomma è fatto divieto di addebitare al destinatario, con il sistema della tassa a carico, le spese dell´invio della seconda raccomandata. La Circolare delle Poste Italiane s.p.a. del 22.06.1999, prot. numero 16780, poi, chiarisce la procedura ed infatti stabilisce che tutti gli Uffici NEP provvedono ad apporre sulle buste verdi,contenenti atti esenti, un timbro recante la dicitura `atto esente´ di modo che l´operatore postale, che accetterà la raccomandata comunicazione di avvenuto deposito, predisposta dal portalettere per gli atti non potuti recapitare, non tasserà l´avviso di ricevimento ma anzi provvederà a farne copia che tasserà con segnatasse o in pronta Hasler per l´importo dovuto e trasmetterà con MOD77 all´Ufficio Postale che ha accettato l´atto originario per l´addebito delle relative tasse sul conto differito intestato all´Ufficio NEP mittente. Il comma 2 quater dell´articolo 36 della legge 28.02.2008 numero 31 che ha convertito con modifiche il decreto legge 31.12.2007, numero 248 così detto decreto mille proroghe ha aggiunto,dopo il 5 comma dell´articolo 7 della legge 28.11.1982 il seguente Se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell´atto, l´agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell´avvenuta notificazione dell´atto a mezzo di raccomandata cd. C.A.N. ed ha abrogato i commi 3 e 4 del predetto articolo 7. Anche questo secondo tipo di raccomandata per evidente analogia segue la disciplina dettata per la C.A.D. per cui deve andare esente per le spese di notifica. L´applicazione analogica dell´articolo 8 comma 7 legge 890/82 che prevede la non addebitabilità al mittente della CAD per gli atti esenti alla CAN è consentito dalla evidente similitudine tra le due situazioni in quanto entrambe le comunicazioni sono effettuate nell´ambito di procedure notificatorie di atti esenti non recapitati personalmente al destinatario e dal fatto che la prima norma non ha carattere eccezionale. Alla CAN, quindi, per analogia si applicano le stesse norme previste per la CAD in quanto il principio regolatore della materia è quello della non addebitabilità al mittente di qualsiasi spesa di notifica, sia per la prima che per la seconda raccomandata, in quanto l´esenzione da tali spese si estende, per le ipotesi in cui l´atto non possa essere recapitato personalmente al destinatario o alle altre persone previste dalla legge, anche ai costi della comunicazione al destinatario di avvenuto deposito CAD , essendo evidente l´intento del legislatore di sollevare il mittente da qualunque spesa di notifica,quando l´atto ne è esente per legge. Nel caso che ci occupa, l´attrice ha dato prova di aver versato la somma di euro 3,30 per il pagamento della CAN alle Poste Italiane s.p.a., per poter ritirare l´avviso di ricevimento relativo all´atto giudiziario esente Tribunale del lavoro , depositato nella produzione attorea segnatamente atto di intimazione testi diretto a Trotta Mario . Sulla somma riconosciuta di euro 3,30, conseguono gli interessi legali dalla domanda. ***** In ordine alle spese del giudizio si osserva che,non può essere accolta l’eccezione sollevata dalla convenuta secondo cui alla fattispecie sarebbe è applicabile l’articolo 13 decreto legge numero 212 del 22.12.2011 convertito in legge 17.2.2012 numero 10 secondo cui le spese competenze ed onorari liquidati dal giudice di pace non possono superare il valore della domanda”. In effetti il citato decreto legge ha apportato due modifiche al codice di procedura civile. Il primo comma modifica l’articolo 82 c.p.c. innalzando da 516,46 euro a 1.100 euro il valore delle cause dove le parti possono stare in giudizio personalmente anziché avvalersi obbligatoriamente della difesa tecnica di un avvocato. Il secondo comma, poi, introduce un nuovo ultimo comma all’articolo 91 in materia di condanna alle spese in base al quale nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda . Secondo una prima interpretazione si è ritenuto che lo scopo del legislatore di urgenza nell’adozione di tale norma fosse quello di non voler favorire il contenzioso seriale evitando che la parte soccombente possa essere condannata a rimborsare alla parte vincitrice spese legali per un ammontare superiore al valore della posta in gioco nel processo. Tuttavia,sembra del tutto evidente che tale interpretazione rappresenta un grave vulnus all’effettività della tutela giudiziaria dei diritti e, quindi, all’effettività delle norme di diritto sostanziale. Seguendo tale interpretazione ,nel caso concreto, accadrà che la parte vittoriosa avrà diritto al rimborso di una somma di soli Euro 3,30 inferiore a quella che sarebbe stata liquidata in base alla tariffa professionale ed addirittura inferiore al costo del contributo unificato di Euro 37,00 corrisposto per l’iscrizione a ruolo della causa con la conseguenza che la differenza resta a carico della parte stessa che di fatto resterà soccombente in giudizio per una somma maggiore di circa cento volte rispetto alla pretesa azionata. In altre parole,posto che il costo minimo per la sola iscrizione a ruolo è di almeno 45,00 Euro costituiti dalla somma di Euro 37,00 per il contributo unificato e dagli ulteriori diritti di Euro 8,00 per la marca da bollo , in ipotesi di controversie inferiori all’importo di Euro 45,00 l’attore ,non solo, non potrebbe ottenere nemmeno il rimborso del contributo unificato ma, nonostante l’esito favorevole del giudizio, dovrebbe sobbarcarsi anche, il costo delle spese del proprio legale . E’ evidente il diverso trattamento che tale interpretazione riserverebbe alle parti in causa negativo per l’attore che seppur vittorioso e quindi per colui che in sentenza vede riconosciuto un proprio diritto il quale deve subire l’aggravio di un costo non solo da anticipare, ma anche all’esito del giudizio positivo per il convenuto che seppur riconosciuto colpevole di aver violato norme di diritto viene premiato con una condanna limitata al valore della controversia. E’ ,altresì ,evidente che tale interpretazione si appalesa ancora più ingiusta e contraria ai principi dell’ordinamento proprio nelle cause cosiddette seriali” in cui il comportamento negativo del convenuto è esteso nei confronti di una moltitudine di persone e protratto nel tempo per il cui l’esiguo valore non è più tale se viene moltiplicato il numero di utenti destinatari. Si pensi ad una grande impresa nel settore bancario, assicurativo telefonico o energetico o da un ente pubblico economico che pretenda illegittimamente un compenso di pochi euro da migliaia di utenti o consumatori per prestazioni indebite o per contributi non dovuti o alla sedicente maga truffaldina o al disonesto rivenditore televisivo che venda merce taroccata per importi modesti. Purtroppo, la cronaca giudiziaria degli ultimi anni ha dimostrato che tali ipotesi non sono solo meramente scolastiche . Orbene, quale cittadino,sapendo di non aver diritto al rimborso delle spese legali intenterà mai una causa nei confronti di queste grandi imprese o dei truffatori televisivi? Proporre l’azione sarà economicamente svantaggioso. La parte avrà di fronte a sé una scelta che razionalmente la porterà a desistere dalla lite perché le spese legali che dovrà sopportare sono ben superiori al valore del bene cui ha diritto in base alle norme di diritto sostanziale. Inoltre, tale interpretazione potrebbe costituire un incentivo a violare le norme per la controparte abituale. Ed ancora, se i soggetti sono portati a desistere dal far valere i propri diritti, potrebbe essere che la loro controparte non sia per nulla incentivata nel rispettare le norme di diritto sostanziale perché il numero dei casi in cui soccomberà saranno ben pochi. Inoltre non si può mettere sullo stesso piano il singolo e organizzazioni come possono essere molte imprese e le amministrazioni le quali possono disporre di uffici legali interni e la possibilità di ripartire i costi del contenzioso ovvero, se amministrazioni, possono disporre anche di funzionari di altri Ministeri. In conclusione, una siffatta interpretazione della norma in questione, oltre a rappresentare un disincentivo alle azioni legali fondato esclusivamente sulla minor convenienza del processo rispetto al non esercitare l’azione in giudizio – tenuto anche conto del sistema processuale italiano – appare, quindi, del tutto inefficiente rispetto alla tutela dei diritti essendo questo peraltro l’obiettivo – o uno degli obiettivi – del processo civile . Il costo delle spese legali rappresenta un fattore determinante nella scelta in ordine a se agire e/o resistere in giudizio ma non può costituire un fattore disincentivante all’azione giudiziaria come quello oggi ipotizzato. Alla stregua delle suesposte considerazioni, tale interpretazione non solo favorisce una parte rispetto ad un’altra ma favorisce l’aggressore” rispetto alla vittima”. Nessun ordinamento giuridico degno di tale nome può tutelare un siffatto principio. Il mancato rimborso delle spese legali limita rispetta al meno abbiente l’esercizio del diritto di azione , e stabilisce nell’esercizio del potere di agire in giudizio tutelato dall’articolo 24 della Cost. , dall’articolo 6 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea , una differenza tra ricco e povero che l’articolo 3 in termini generali ripudia per tutti i cittadini. In definitiva una siffatta interpretazione rende praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti ai singoli violando il principio della tutela giurisdizionale effettiva sancito sia dalla Costituzione Italiana e sia dall’ordinamento comunitario ed essendo gravemente lesiva del diritto alla tutela giurisdizionale, costituzionalmente garantito, il quale si estende anche alle spese che devono essere sostenute per agire in giudizio” vedi sentenza Corte cost. numero 223/2001 . E’ indubitabile ed ormai generalmente riconosciuto che se alla Corte Costituzionale spetta il potere di accertare e dichiarare in via definitiva e vincolante il significato delle formule costituzionali e quello di determinare il corretto bilanciamento tra le regole, i principi ed i valori che essi esprimono, l’interpretazione delle leggi è attività affidata ai giudici in piena indipendenza ed autonomia ai sensi dell’articolo 101, comma II della Costituzione . L’attività interpretativa è un momento imprescindibile della funzione giurisdizionale , la legge vive nell’ordinamento nel momento della sua applicazione per cui non esiste un’interpretazione unica ed oggettiva se non in casi rarissimi mentre nella maggior parte dei casi è possibile ricavare più norme da una singola interpretazione. I giudici utilizzano i tradizionali criteri di soluzione delle antinomie e gli strumenti ermeneutici previsti dalle disposizioni sulla legge in generale interpretazione letterale, interpretazione logico-sistematica, interpretazione teleologica, estensiva o analogica . A partire dalla sentenza numero 356/1962 della Corte Costituzionale, costituisce un principio consolidato della giurisprudenza costituzionale che sia obbligo del Giudice,prima di sollevare l’eccezione di non manifesta infondatezza della costituzionalità di una norma, di valutare se sia possibile effettuare una diversa interpretazione costituzionalmente orientata della norma ribadendo il principio per cui una legge si dichiara costituzionalmente illegittima non perché sia possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perché sia impossibile darne interpretazioni conformi a Costituzione. Il giudice ha l’onere di interpretare sec und um constitutionem” le disposizioni legislative prima ed in luogo di devolvere l’esame alla Corte. In altre parole, al giudice, nel caso in cui la possibile interpretazione susciti dubbi consistenti di incostituzionalità, viene richiesto di verificare se il testo legislativo possa avere un significato compatibile con quello costituzionale offrendo un’adeguata motivazione in quanto costituzionalmente orientata. Inoltre, non va sottaciuto, che in un sistema giuridico che non è più solo interno ma che deve essere compatibile con quello comunitario,il giudice deve confrontarsi anche con la legislazione comunitaria che è tenuto a conoscere ed applicare in un continuo dialogo con il Giudice Costituzionale e la Corte di Giustizia. E’ appena il caso di ricordare che costituisce principio consolidato della giurisprudenza comunitaria che qualsiasi giudice nazionale ha l’obbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli,disapplicando le disposizioni eventualmente contrastanti della legge interna, sia anteriore che successiva alla norma comunitaria. Inoltre, la Corte di Giustizia con i casi Kobler e Francovich ha sancito che in ipotesi di violazione della norma comunitaria e di nesso causale diretto tra la violazione ed il danno subito dalle parti lese, scatta la responsabilità dello Stato. ***** In applicazione dell’orientamento costituzionale sancito tra l’altro nelle sentenze nnumero 269 e 340/1998 e 285/1990 è compito del giudice seguire l’interpretazione compatibile con il testo e con il sistema normativo,più aderente ai principi costituzionali,escludendo invece l’interpretazione che altrimenti ne determinerebbe la violazione. Passando ad esaminare il sistema normativo, e’ opportuno richiamare il principio sancito dalla S.C. in ordine alla liquidazione delle spese stragiudiziali. La Corte sentenza 997/2010 ha chiarito che tali spese sono a tutti gli effetti configurabili come danno emergente e che tale configurabilità non può essere esclusa per il solo fatto che l'intervento stragiudiziale non abbia poi portato alla definizione della controversia. Ciò che rileva, piuttosto è verificare se le spese stragiudiziali siano state necessarie e giustificate”. Nella parte motiva della sentenza la Corte richiama una sua precedente decisione in cui aveva affermato che In tema di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, nella speciale procedura per il risarcimento del danno da circolazione stradale, introdotta con legge numero 990 del 1969 e sue successive modificazioni, il danneggiato ha facoltà, in ragione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione bonaria della vertenza, di farsi riconoscere il rimborso delle relative spese legali se invece la pretesa risarcitoria sfocia in un giudizio nel quale il richiedente sia vittorioso, le spese legali sostenute nella fase precedente all'instaurazione del giudizio divengono una componente del danno da liquidare e, come tali devono essere chieste e liquidate sotto forma di spese vive o spese giudiziali. Cass. numero 2775 del 2006 . Analogo principio è stato sancito in tema di rimborso spese per il gratuito patrocinio ribadendo che l’onere posto a carico dello Stato è giustificato in quanto sia preordinato a soddisfare l’esigenza di assicurare il ricorso alla tutela giurisdizionale nel caso in cui la pretesa del cittadino non abbiente non risulti manifestamente infondata” Cass. numero 24729/2011 . Si richiama infine l’orientamento consolidato della S.C. in ordine al divieto di compensazione delle spese legali per la limitata attività difensiva” svolta dalla parte, alla natura della controversia, nonché alla materia oggetto di causa ammettendola soltanto se vi è soccombenza reciproca o se concorrono altre” gravi ed eccezionali ragioni ”, esplicitamente indicate nella motivazione . In particolare è stato condiviso il precedente orientamento secondo cui ”non è sufficiente che il giudicante fornisca una qualsiasi motivazione, ma è necessario che esponga argomentazioni giuridiche o di fatto idonee a giustificare la statuizione di compensazione adottata in concreto, potendo solo in tal caso ritenersi che la disposizione di legge sia stata osservata” Cass. II, sentenza 21521 del 2010 . Pertanto, le gravi ed eccezionali ragioni che giustificano la compensazione delle spese legali, dovranno essere indicate esplicitamente nella motivazione, non potendo essere desunte dalla struttura del tipo di procedimento contenzioso applicato, né dalle particolari disposizioni processuali che lo regolano, ma devono riferirsi a concreti e particolari aspetti della controversia decisa. La giurisprudenza della S.C. di recente ha ritenuto che il principio di refusione delle spese costituisca una fattispecie indennitaria rispondente al principio di causalità da rapportare all’infondatezza nel merito della posizione assunta Cfr. Cass. sez.III, 30.3.2010 numero 7625 .- La pregnanza che l’abuso del ricorso al processo ha inevitabilmente acquistato con l’aumento delle liti degli ultimi anni ha dato una diversa visione della responsabilità per le spese processuali in particolare a seguito della riforma dell’articolo 96 c.p.c. , e dell’articolo 151 disp. att. c.p.c., per come novellato dal Decreto Legislativo 2 febbraio 2006, numero 40,” ed una più costante applicazione del principio di lealtà processuale sancito dall’articolo 88 c.p.c. nell’ottica sostanziale del dovere di solidarietà sancito dall’articolo 2 Cost. e nell’ottica processuale della garanzia del giusto processo assicurata dall’articolo 111 Cost. – Ma l’uso appropriato o distorto dello strumento processuale deve essere valutato tanto in chiave attiva che di resistenza alle pretese avanzate. V. Cass. S.U.20.8.2010 numero 18810 rv.614316 . La valutazione del giudicante non può prescindere dal fondamento della pretesa e dalla correlativa mancanza di pregio giuridico delle eccezioni sollevata dalla parte convenuta. Dunque, il principio della sostanziale” soccombenza è un principio cardine del nostro sistema giuridico e tutela valori costituzionali sanciti dagli articolo 3 e 24 Cost. e dall’articolo 6 della Cedu e dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. La riduzione o compensazione delle spese è consentita solo al giudice con adeguata motivazione e ricorrendo gravi motivi relativi al caso concreto e quindi ex post non in astratto e prima della proposizione del giudizio. Una interpretazione della norma che non rispetti tale principio incidendo sulle modalità di esercizio dell’azione e di tutela dei diritti, suscita consistenti dubbi di incostituzionalità per cui si rende necessario per il giudice valutare se siano possibili diverse interpretazioni in linea con i principi costituzionali e comunitari. Orbene, in primo luogo si ribadisce che il secondo comma, dell’articolo 13 della normativa in esame decreto legge numero 212 del 22.12.2011 convertito in legge 17.2.2012 numero 10 ha introdotto un nuovo ultimo comma all’articolo 91 in materia di condanna alle spese in base al quale nelle cause previste dall’articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda . Dunque gli articolo 82 e 91 c.p.c. a seguito della modifica legislativa sono i seguenti Art. 82. Patrocinio Davanti al giudice di pace le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede € 1.100 Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore. Il giudice di pace tuttavia, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona. Salvi i casi in cui la legge dispone altrimenti, davanti 3 al tribunale e alla corte d'appello le parti debbono stare in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente e davanti alla Corte di cassazione col ministero di un avvocato iscritto nell'apposito albo. Art. 91. Condanna alle spese Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell’altra parte e ne liquida l’ammontare insieme con gli onorari di difesa. Se accoglie la domanda in misura non superiore all’eventuale proposta conciliativa, condanna la parte che ha rifiutato senza giustificato motivo la proposta al pagamento delle spese del processo maturate dopo la formulazione della proposta, salvo quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 92. Le spese della sentenza sono liquidate dal cancelliere con nota in margine alla stessa quelle della notificazione della sentenza del titolo esecutivo e del precetto sono liquidate dall’ufficiale giudiziario con nota in margine all’originale e alla copia notificata. I reclami contro le liquidazioni di cui al comma precedente sono decisi con le forme previste negli articoli 287 e 288 dal capo dell’ufficio a cui appartiene il cancelliere o l’ufficiale giudiziario. Nelle cause previste dall'articolo 82, primo comma, le spese, competenze ed onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda. I suddetti articoli vanno interpretati unitariamente e sistematicamente per cui secondo un’interpretazione letterale e logica in ossequio ai principi dettati dall’articolo 12 delle preleggi, e in ossequio ai principi costituzionali e comunitari, rimane il principio di liquidazione spese a carico del soccombente ed il richiamo espresso di cui all’articolo 82 primo comma c.p.c. fa si che tale articolo si applichi soltanto in ipotesi in cui l’attore si sia costituito di persona, abbia anticipato il contributo unificato e sia rimasto soccombente. Le spese competenze ed onorari pari al valore della domanda sono soltanto quelle da liquidarsi in favore del convenuto vittorioso che nonostante la possibilità di costituirsi personalmente , così come ha fatto l’attore, abbia deciso invece di rivolgersi ad un legale. Diversamente il legislatore avrebbe detto nelle cause di valore inferiore ai millecento euro” e non già nei giudizi di cui all’articolo 82 primo comma”. Il richiamo espresso all’articolo 82 primo comma è maggiormente incisivo e pregnante allorchè si consideri che il legislatore poteva limitarsi ad affermare un principio generale dicendo semplicemente che le spese competenze ed onorari non possono superare il valore della domanda” per cui in una causa del valore di 50 Euro le spese complessive liquidabili non potevano superare tale valore. E’ evidente che invece, con il citato richiamo all’articolo 82 primo comma c.p.c. il legislatore abbia,invece, voluto limitare tale principio soltanto ad alcune cause e cioè quelle in cui l’attore abbia scelto di difendersi personalmente. ***** L’analisi della singolarità della vicenda processuale contribuisce a chiarire maggiormente la questione giuridica esaminata e consente di valutare il comportamento delle parti in causa anche ai fini della liquidazione del spese del giudizio. Invero, l’attore ha proposto una singola domanda che all’esito del giudizio è risultata pienamente fondata. Per fare ciò si è rivolto ad un legale che ha dovuto esaminare la normativa in materia e svolgere un’attività difensiva difficilmente esperibile dalla parte personalmente e che ,comunque, si ritiene necessaria e funzionale all’accoglimento della domanda attorea. Ora considerato il valore esiguo della domanda secondo l’interpretazione dell’articolo 91 c.p.c. fornita dalla parte convenuta, parte attorea dovrebbe ricevere un compenso per spese legali di Euro 3,30 sobbarcandosi il costo del contributo unificato del valore di circa dieci volte la domanda ed il costo delle spese legali sicuramente superiore al valore della domanda. Invece la parte convenuta, la quale probabilmente ha già affrontato questioni analoghe, e che ,considerata la parva materia e gli esiti sfavorevoli di precedenti giudizi, poteva evitare l’insorgere della controversia versando l’esigua somma e definire stragiudizialmente la controversia almeno pro bono pacis senza il riconoscimento del principio di diritto , o che poteva agevolmente difendersi a mezzo di proprio funzionario locale, ha , incomprensibilmente, preferito approntare invece una difesa tecnica, spendendo una somma maggiore della sorta capitale di Euro 3,30 pur essendo convinta, sostenendo tale tesi, di poter ottenere in caso di rigetto della domanda un rimborso spese pari alla sola sorta capitale. In definitiva, alla luce delle suesposte considerazioni, tenuto conto della serialità e della natura delle questioni trattate,non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’articolo 91 c.p.c. in tema di spese di lite , che liquidate come da dispositivo ed al minimo tariffario, sono quindi poste a carico della parte soccombente convenuta ed a favore della vittoriosa parte attrice, con attribuzione ex articolo 93 c.p.c. al procuratore distrattario. P.Q.M. Il Giudice di Pace dott. Luigi Vingiani , ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa,definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da Tizio Tizio Tizio nei confronti di Poste Italiane s.p.a. così provvede 1. Accoglie la domanda e per l’effetto condanna la convenuta, Poste Italiane s.p.a., al pagamento, in favore dell´istante Tizio Tizio Tizio , della somma di euro 3,30 oltre interessi dalla domanda all´effettivo soddisfo 2. Condanna la convenuta Poste Italiane s.p.a alla rifusione in favore dell´istante Tizio Tizio Tizio delle spese processuali da quest´ultimo sostenute per il presente procedimento, e che liquida in complessivi €. 207,00 di cui Euro 37,00 per spese Euro 100,00 per diritti ed euro 70,00 per onorari, oltre al rimborso forfettario 12,50% per spese generali soltanto sull'importo di diritti ed onorari , nonché accessori di legge, con attribuzione all´avv. Raffaele Persico dichiaratosi antistatario.