Patto di quota lite, illegittimo il supplemento sproporzionato rispetto al risultato conseguito

Il supplemento di compenso richiesto dal professionista patto di quota lite è illegittimo se non è proporzionato al particolare impegno profuso o alla particolare bontà del risultato. In tema di procedimento a carico di avvocati, la censura di irregolare composizione del consiglio dell'Ordine per mancata rituale convocazione di tutti i membri dello stesso, ove la relativa eccezione non sia già stata sollevata nel corso del procedimento disciplinare dinanzi al medesimo Consiglio dell'ordine, non può essere dedotta, come motivo di impugnazione, dinanzi al Consiglio Nazionale Forense, né, tanto meno, per la prima volta, dinanzi alle Sezioni Unite della cassazione. Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, per incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge nonché per vizio di motivazione. Nel procedimento disciplinare, il diritto alla difesa dell'incolpato è garantito dalla regolare formulazione dell'imputazione consistente nella completa e dettagliata esposizione dei fatti. Il caso. Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati contestava ad un professionista di aver pattuito con un suo assistito, oltre al compenso dovuto, un compenso aggiuntivo non contenuto in limiti ragionevoli e non giustificato dal risultato conseguito. Per l'effetto, il COA rilevava la violazione dell'art. 45 C.D.F. e comminava la sanzione della sospensione. Il professionista impugnava il provvedimento innanzi al Consiglio Nazionale Forense che, in parziale riforma, revocava la sospensione e comminava la sanzione della censura. L'Avvocato sanzionato, si rivolgeva alle S.U. della Cassazione affinché ponessero nel nulla la decisione del C.N.F. La S. C. ha rigettato le doglianze e confermato la decisione del C.N.F. Il patto di quota lite prima delle riforme del 2008. L'art. 45 del Codice deontologico, nella formulazione precedente al giugno 2008, poneva il divieto di pattuire con il cliente accordi che prevedessero il versamento di un compenso in misura percentuale al bene controverso o al valore della lite. Tuttavia, consentiva l'accordo che prevedesse, a carico del cliente, in caso di esito favorevole della lite, il pagamento di una somma aggiuntiva, purché contenuta in limiti ragionevoli ovvero proporzionali all'importanza del risultato conseguito. Sotto tale profilo, si segnala la pronuncia del C.N.F. n. 138/2005 Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante e rientrante nel c.d. patto di quota lite l'avvocato che concordi con il cliente il compenso in una percentuale dell'importo percepito in risarcimento, a nulla rilevando che il compenso così stabilito sia stato riscosso oppure no, essendo sufficiente, ai fini della responsabilità disciplinare, la sussistenza dell'intervenuta pattuizione . La nuova formulazione dell'art. 45 consentiti gli accordi tra avvocato e cliente. Delibera CNF 12 giugno 2008 , La nuova formulazione dell'art. 45, invece, consente all'avvocato di pattuire con il cliente un compenso che sia parametrato agli obiettivi conseguiti e proporzionato all'attività svolta. Il caso di specie, ratione temporis, è disciplinato dalla vecchia formulazione dell'art. 45. Tuttavia, ciò non toglie importanza ed attualità alla pronuncia in commento. Infatti, tanto la vecchia quanto l'attuale formulazione consentono, rispettivamente, un aumento-supplemento di compenso e l'intera determinazione del compenso, in misura proporzionale all'attività svolta ed agli obiettivi perseguiti. In entrambi i casi ciò che rileva è la proporzionalità rispetto all'attività svolta. Il concetto di proporzionalità, tanto del compenso quanto del supplemento, deve essere individuato avendo a mente l'attività professionale svolta ed il risultato conseguito. In tal senso il riconoscimento economico assume valore di remunerazione della attività professionale e, ove trattasi di supplemento, di maggiore remunerazione in ragione del particolare impegno richiesto dalla pratica o della particolare bontà del risultato. A tal proposito merita menzione la pronuncia del C. N. F. n. 71/2009 - Posto che per patto di quota lite deve intendersi quell'accordo secondo cui il compenso del professionista varia in funzione dei benefici ottenuti in conseguenza dell'esito favorevole della lite, non possono ravvisarsi i tratti di una siffatta convenzione nell'atto scritto con cui il professionista ed i propri clienti convengano una determinazione fissa percentuale, dal momento che il compenso dovuto è materialmente determinato . Nel caso in commento, la S.C. ha di fatto confermato la valutazione del C.N.F. che riteneva il supplemento richiesto dal professionista come richiesta non giustificata in ragione della vittoria processuale. Dal testo della sentenza, sembrerebbe che il supplemento richiesto sia stato valutato come sproporzionato rispetto al valore della lite. La Corte, ha anche chiarito che il maggior compenso non può mai costituire un ingiusto ed immotivato aggravio posto a carico del cliente ed a favore del professionista, scaturente dalla sola e semplice vittoria della lite. Per questi motivi, le S.U. hanno rigettato il ricorso dell'avvocato, così confermando la pronuncia del C.N.F.