Finalmente la ricerca si occupa dei professionisti

di Paolo Rosa

di Paolo Rosa * Professionisti a quali condizioni? . L'IRES, Istituto di Ricerche Economiche e Sociali, ha presentato il 27 aprile scorso il rapporto Professionisti a quali condizioni? . Si tratta di un'associazione no profit fondata dalla CGIL nel 1979 su iniziativa di Bruno Trentin, Giuliano Amato e Vittorio Foa. Nei suoi trent'anni di vita ha prodotto una vastissima mole di pubblicazioni, finalmente dedicate anche ai professionisti autonomi. La crisi economico - finanziaria che negli ultimi anni sta interessando l'economia mondiale ha visto aumentare considerevolmente il numero delle lavoratrici e lavoratori che in forma autonoma o come dipendenti sono inseriti nel mondo delle professioni. Le libere professioni si dividono tra quelle regolamentate e quelle non regolamentate. Un'ulteriore suddivisione avviene a seconda delle modalità di lavoro utilizzate dal professionista. Infatti, la maggioranza dei professionisti iscritti a Ordini, Albi o non regolamentati opera come lavoratore subordinato. Secondo il CENSIS il totale degli iscritti ad Ordini e Collegi nell'anno 2009, è pari a 2.006.015, mentre i professionisti non regolati si aggirano intorno ai 3 - 3,5 milioni. Il popolo delle partite IVA in Italia è variegato e complesso. Dai dati pubblicati sul giornale delle partite IVA ottobre 2010 in Italia ci sono 8.800.000 posizioni aperte. Di queste circa 6.500.000 sono attive e sono suddivise tra un milione di società di capitale, più di un milione di professionisti, oltre un milione di artigiani e commercianti e 3,5 milioni di professionisti non regolamentati con attività individuale. Ogni anno in Italia si aprono circa 200.000 nuove partite IVA. La ricerca dell'IRES, promossa dalla consulta delle professioni CGIL e dalla FILCAMS, si è posta l'obiettivo di conoscere le condizioni, i percorsi, i bisogni e le aspettative dei lavoratori e delle lavoratrice delle professioni, siano essi lavoratori dipendenti, autonomi o praticanti, nel tentativo di individuare azioni e proposte di intervento adeguate rispetto alle loro esigenze. Lavoratori autonomi in continua crescita. L'aumento del numero dei lavoratori autonomi viene spiegato attraverso tre motivi 1. l'evoluzione delle professioni e un nuovo svolgimento dei processi produttivi anche dovuti all'introduzione di nuove tecnologie e, quindi, anche dei modi di organizzazione del lavoro 2. l'intenzione degli imprenditori di eludere l'applicazione delle tutele proprie del diritto del lavoro 3. l'applicazione di politiche pubbliche di promozione dell'autoimprenditorialità. Dall'indagine IRES emerge chiaramente come il lavoro autonomo non sia più quello di una volta perché la capacità di contrattare del singolo nei confronti dei propri committenti non è più la stessa, non è più in equilibrio e in Italia, contrariamente al resto d'Europa, non si è intervenuti dal punto di vista legislativo o contrattuale per riequilibrare la parte contraente che si stava indebolendo. L'indagine IRES rimarca l'esistenza di tre aree specifiche tra i professionisti autonomi - area a rischio di precarietà che si attesta intorno al 20% a forte rischio di precarietà anche perché ricorrono spesso modalità di svolgimento della prestazione tipica del lavoro subordinato - area dei liberi professionisti con scarse tutele pari al 68,5%. Gli appartenenti pur ritenendosi autonomi si vedono costretti ad accettare le condizioni di mercato in cui operano con pochi strumenti di governo e di protezione sociale, sempre più esposti all'erosione della sicurezza sociale - area dei liberi professionisti affermati pari al 17,8%. Il quadro che emerge dalla ricerca IRES evidenzia i rischi della disoccupazione e del futuro previdenziale. Cosa chiedono i professionisti? Prima di tutto di avere tutele certe in caso di malattia ed infortunio e il ricongiungimento dei contributi. Un motivo in più per far capire ai professionisti che dal punto di vista previdenziale solo l'unione fa la forza. * Avvocato