L’inquilino non lascia la casa: ingiustificato comunque il mancato trasferimento della residenza. Addio bonus prima casa

Sconfitta definitiva per il contribuente. Confermato l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate. Decisiva la consapevolezza dell’acquirente sulla presenza del conduttore nell’appartamento.

Difficile estromettere il vecchio inquilino dall’appartamento. Ciò non giustifica, però, il ritardo del nuovo proprietario nel trasferimento della residenza. Di conseguenza, egli deve dire addio al bonus prima casa Cassazione, ordinanza n. 12466/21, sez. Tributaria, depositata il 12 maggio . All’origine della vicenda c’è l’avviso di liquidazione con cui l’Agenzia delle Entrate recupera la maggior imposta di registro conseguente al diniego del beneficio fiscale collegato all’acquisto della prima casa , osservando, in sostanza, che il contribuente ha dichiarato nell’atto che avrebbe trasferito la propria residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile, entro diciotto mesi dalla stipula, ma tale circostanza non si è verificata . Pronta la reazione del contribuente, che può tirare un piccolo sospiro di sollievo grazie ai giudici tributari provinciali, i quali ritengono illegittimo l’avviso di liquidazione, poiché, osservano, il mancato rispetto del termine entro cui avrebbe dovuto essere trasferita la residenza dipendeva da causa di forza maggiore , consistente nel mancato rilascio del bene da parte del conduttore, nonostante fosse stata proposta un’azione giudiziaria in tal senso . A spegnere la soddisfazione del contribuente provvedono i giudici tributari regionali, accogliendo le obiezioni proposte dall’Agenzia delle Entrate e osservando che la mancata consegna del bene da parte del conduttore non poteva costituire causa di forza maggiore , in quanto il protrarsi della causa per ottenere il rilascio dell’immobile era circostanza nota e prevedibile al momento dell’acquisto del bene . A chiudere la questione provvede ora la Cassazione, confermando in pieno la linea tracciata dalla Commissione tributaria regionale. I magistrati sottolineano che il fatto che l’immobile fosse occupato dal conduttore era noto all’acquirente al momento della stipula dell’atto ed era altresì prevedibile che nel termine previsto l’immobile stesso non sarebbe stato disponibile per trasferirvi la residenza, considerato il tempo occorrente per far valere i propri diritti in giudizio . Dunque, difetta il requisito dell’imprevedibilità dell’evento ostativo affinché possa affermarsi la sussistenza della forza maggiore tale da giustificare l’inadempimento attribuito al nuovo proprietario della casa, concludono i giudici.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria Civile, ordinanza 19 gennaio – 12 maggio 2021, n. 12466 Presidente De Masi – Relatore Zoso Ritenuto che 1. C.B. impugnava l’avviso di liquidazione con cui l’agenzia delle entrate aveva recuperato la maggior imposta di registro conseguente al diniego del beneficio fiscale collegato all’acquisto della prima casa. Ciò in quanto la contribuente aveva dichiarato nell’atto che avrebbe trasferito la propria residenza a Roma, luogo di ubicazione dell’immobile, entro 18 mesi dalla stipula, ma tale circostanza non si era verificata. La commissione tributaria provinciale dell’Aquila accoglieva il ricorso sul rilievo che il mancato rispetto del termine entro il quale avrebbe dovuto essere trasferita la residenza dipendeva da causa di forza maggiore consistente nel mancato rilascio del bene da parte del conduttore, nonostante fosse stata proposta un’azione giudiziaria in tal senso. Proposto appello da parte dell’ufficio, la commissione tributaria regionale dell’Abruzzo lo accoglieva osservando che la mancata consegna del bene da parte del conduttore non poteva costituire causa di forza maggiore in quanto il protrarsi della causa per ottenere il rilascio dell’immobile era circostanza nota e prevedibile al momento dell’acquisto del bene. 2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione E.R. , quale erede di C.B. , affidato a quattro motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso. Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. instando per l’accoglimento del ricorso. Considerato che 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non aver la CTR tenuto conto del comportamento della contribuente e per aver escluso la sussistenza dei caratteri della forza maggiore. 2. Con il secondo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso di motivare in ordine al corretto comportamento tenuto dalla contribuente volto a dare attuazione alla dichiarazione effettuata nell’atto. 3. Con il terzo motivo deduce nullità della sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per aver la CTR omesso di pronunciarsi sul secondo punto di gravame relativo all’autonomo capo della sentenza di primo grado che aveva ritenuto comunque sussistenti le condizioni per l’agevolazione fiscale in ragione del fatto che la contribuente svolgeva attività lavorativa nel Comune di ubicazione dell’immobile. 4. Con il quarto motivo deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR omesso qualsiasi motivazione con riferimento al profilo relativo all’esercizio dell’attività professionale e di studio da parte della contribuente nel Comune ove è sito l’immobile. 5. Il primo ed il secondo motivo necessitano di trattazione congiunta in quanto sono connessi. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno avuto modo di pronunciarsi sulla rilevanza della forza maggiore in materia di agevolazioni tributarie previste dalla L. n. 388 del 2000, art. 33, comma 3, Sez. U, Sentenza n. 8094 del 23/04/2020 ed è stato così affermato il principio secondo cui la mancata realizzazione dell’intento da cui dipende l’agevolazione deve derivare, affinché operi la forza maggiore, non da un comportamento direttamente o indirettamente ascrivibile all’acquirente, tempestivamente attivatosi, ma da una causa esterna, sopravvenuta, imprevedibile ed inevitabile, ciò rendendo inesigibile, secondo una regola generale immanente nell’ordinamento, il comportamento richiesto dalla norma nel termine da essa previsto. Tale principio può trovare applicazione anche nel caso di specie ove si controverte di agevolazione prima casa , ricorrendo la medesima ratio. Reputa questo collegio che il fatto che l’immobile fosse occupato dal conduttore era noto all’acquirente al momento della stipula dell’atto ed era altresì prevedibile, che nel termine previsto l’immobile stesso non sarebbe stato disponibile pe trasferire ivi la residenza, considerato il tempo occorrente per far valere i propri diritti in giudizio. Dunque difetta il requisito dell’imprevedibilità dell’evento ostativo affinché possa affermarsi la sussistenza della forza maggiore. 6. Il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono infondati. Questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 8355 del 2016 Sez. 5-6, Ordinanza n. 2777 del 2016 ha già avuto modo di osservare che, per quanto il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 1, nota II bis, prescriva indefettibilmente, ed a pena di decadenza, che sia dichiarata in atto la sola intenzione della parte acquirente di trasferire la residenza nel comune di ubicazione dell’immobile entro il termine di 18 mesi, e nulla di analogo preveda a proposito della sussistenza degli altri requisiti alternativi ai quali è pure subordinato il riconoscimento del requisito, purtuttavia, non vi è dubbio alcuno che la prospettazione nell’atto di acquisto di detto specifico requisito a fondamento della richiesta di applicazione del beneficio non sia surrogabile a posteriori a mezzo della dimostrazione dell’esistenza di un qualsivoglia altro tra quelli analogamente previsti. Dunque è da escludere che la medesima agevolazione, originariamente invocata in ragione dell’esistenza di uno specifico presupposto, possa poi essere recuperata in ragione di un differente presupposto, una volta che si sia accertato inesistente quello su cui si confidava. Ciò in quanto da un lato la necessità della specifica indicazione dei presupposti dai quali consegue il diritto all’agevolazione discende dai principi generali in tema di dichiarazione fiscale e, segnatamente, dalla generale subordinazione dell’agevolazione alla formulazione da parte del contribuente di specifica ed inequivoca istanza che ha contenuto di dichiarazione non di mera scienza, ma di volontà, in quanto orientata all’esercizio di un diritto soggettivo, dall’altro lato in quanto la natura provvisoria inizialmente attribuibile al riconoscimento dei benefici in questione implica la necessità che l’amministrazione finanziaria venga posta in condizione di successivamente verificare la sussistenza dei presupposti agevolativi, se ed in quanto questi ultimi siano stati dedotti nell’atto prima della sua sottoposizione a registrazione. Tale sola considerazione, ovvero la mancata specificazione in atto del presupposto l’esercizio di attività lavorativa nel Comune in cui si trova l’immobile da cui la parte ha inteso far conseguire l’agevolazione, determina l’infondatezza dei motivi proposti, considerato che la contribuente ha palesato tale circostanza all’agenzia delle entrate solamente dopo aver ricevuto l’avviso di liquidazione. 7. Il ricorso va, dunque, rigettato e le spese processuali, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è respinto, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato Legge di stabilità 2013 , che ha aggiunto al testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, l’art. 13, comma 1 quater - della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. La corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere all’agenzia delle entrate le spese processuali che liquida in Euro 2.300,00, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.