Ricavi minimi per l’azienda e redditi risibili per i soci: legittimo l’accertamento del Fisco

Inutile l’opposizione dei componenti di una società che si occupa della vendita di prodotti ortofrutticoli. Fondata, invece, secondo i Giudici, la pretesa avanzata dall’Agenzia delle Entrate. Poco plausibile il risultato finale d’esercizio.

Ricavi troppo bassi per la società e redditi risibili per i soci. Legittimo l’accertamento operato dall’Agenzia delle Entrate. Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza n. 3238/21 depositata il 10 febbraio A finire sotto i riflettori del Fisco è un’ azienda ortofrutticola . Consequenziali sono gli avvisi di accertamento per Irpef, Irap ed Iva per l’anno di imposta 2003 traenti origine da operazioni di verifica formalizzate in un processo verbale di constatazione che hanno porto alla luce violazioni per ricavi non contabilizzati e per costi non di competenza, non inerenti e non documentati . Nel contesto della Commissione tributaria provinciale, però, il ricorso proposto dai quattro soci che guidano l’azienda viene accolto in parte , con conseguente annullamento degli atti impositivi relativamente ai maggiori ricavi . Questa vittoria dei contribuenti è però depotenziata dai Giudici tributari regionali, i quali decidono di rideterminare, in via equitativa, nella misura del 50% il maggior reddito di impresa di cui agli avvisi dell’Agenzia delle Entrate impugnati . La decisione emessa in secondo grado viene ora confermata dalla Cassazione, nonostante le obiezioni e le osservazioni proposte dai quattro soci dell’azienda. Corretta, secondo i Giudici del ‘Palazzaccio’, la visione tracciata dalla Commissione tributaria regionale. A questo proposito, viene posta in evidenza, innanzitutto, la considerazione relativa all’ ammontare dei ricavi dichiarati dalla società, di poco superiori ai 12mila euro per poi rilevare la esiguità di un risultato finale d’esercizio pari a circa 37mila euro e, dunque, a circa lo 0,3% del giro d’affari . Logico, quindi, a fronte di questi numeri, domandarsi se un tale risultato possa ragionevolmente giustificare la gestione di un rilevante capitale di rischio , anche tenendo presente che la società è costituita da quattro soci con partecipazioni paritetiche e che a fronte della opera da essi prestata a favore della società medesima – in assenza di prova, da parte della società, della corresponsione di un ragionevole compenso – è risultato dagli accertamenti contestati ai singoli soci che essi hanno dichiarato redditi per importi risibili . Ebbene, per i Giudici della Cassazione, come già per i Giudici tributari regionali, è sacrosanta la pretesa del Fisco , anche facendo riferimento alla regolarità solo apparente della contabilità e alla remunerazione ragionevole e presumibile del capitale investito, della compagine sociale, del lavoro impiegato e della misura della relativa retribuzione .

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 29 settembre 2020 – 10 febbraio 2021, numero 3238 Presidente Tinarelli – Relatore Mele Rilevato che Ortofrutticola La Pe. snc di Pe. Vi. e C. oggi Ortofrutticoli La Pe. srl e i soci di detta società Pe. Vi. nato nel omissis , Ma., St. e Vi. nato nel omissis proponevano ricorso avverso avvisi di accertamento per Irpef, Irap ed Iva per l'anno di imposta 2003, traenti origine da operazioni di verifica formalizzate in un PVC, dalle quali erano emerse violazioni per ricavi non contabilizzati e per costi non di competenza, non inerenti e non documentati. Costituitasi per resistere al ricorso, l'Agenzia delle Entrate, l'adita Commissione Tributaria Provinciale di Napoli accoglieva in parte il ricorso, annullando gli atti impositivi relativamente ai maggiori ricavi, confermandoli per il resto. Proponeva appello l'Ufficio resistevano i contribuenti. La Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva il gravame. Per la cassazione della predetta sentenza parte contribuente propone ricorso, illustrato da memoria, al quale resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate. Considerato che Il ricorso consta di due motivi che recano 1 Carenza di motivazione logica, coerente, congrua ed adeguata in relazione all'art. 360 numero 5 c.p.c. 2 Violazione e falsa applicazione degli artt. 116 comma 1 e 113 comma 1 in relazione all'art. 360 comma 4 c.p.c. . I due motivi, in quanto connessi, vanno trattati congiuntamente parte ricorrente ha dedotto -arricchendo il proprio assunto con diffuse argomentazioni esposte in memoria la sussistenza di qualsivoglia potere equitativo nel giudizio tributario e l'omessa esposizione, da parte della CTR, di una verificabile motivazione riguardo alle deduzioni ed alle allegazioni probatorie proposte da Ortofrutticoli in contraddittorio e innanzi richiamate, nonché riguardo ai criteri e alle ragioni che l'hanno indotta a rideterminare, in via equitativa, nella misura del 50% il maggior reddito di impresa di cui agli avvisi dell'Agenzia delle Entrate impugnati , non risultando l'apprezzamento degli elementi presuntivi rassegnati nella sentenza rapportato ad elementi aventi effettiva valenza probatoria . Il ricorso non è fondato. Invero, non può darsi ingresso nel giudizio tributario all'equità tutte le volte in cui è del tutto assente la motivazione nella specie, però, la CTR ha offerto una motivazione della decisione in merito alla quale si rinvia alle considerazioni che saranno esposte più avanti , restando -il ricorso alla equità limitato alla sola determinazione del quantum precisato nel 50% . Così individuati i confini della valutazione equitativa, che, come operata dalla CTR, si sottrae alla censura della parte contribuente -alla stregua di un consolidato orientamento giurisprudenziale per ultimo, la recente Cass. numero 8490 del 6.5.2020 , da cui il collegio non reputa di discostarsi si osserva che la sentenza impugnata si sottrae al vizio motivazionale denunciato da parte contribuente. La CTR ha preso le mosse dalla considerazione relativa all'ammontare dei ricavi dichiarati dalla società, di poco superiori ai 12 mila Euro per rilevare la esiguità di un risultato finale d'esercizio pari a Euro 37.744,00 e, dunque, a circa l'0,3% del giro d'affari e, quindi interrogarsi se un tale risultato possa ragionevolmente giustificare la gestione di un rilevante capitale di rischio, non mancando di considerare che la società è costituita da quattro soci con partecipazioni paritetiche e che a fronte della opera da essi prestata a favore della società medesima -in assenza di prova, da parte della società, della corresponsione di un ragionevole compenso è risultato dagli accertamenti contestati ai singoli soci che i medesimi hanno dichiarato redditi per importi risibili. Sulla base delle considerazioni così riassunte, la CTR ha motivato la fondatezza della pretesa dell'Ufficio con riferimento alla regolarità solo apparente della contabilità, per via della commercializzazione, insieme al prodotto di prima scelta uva , di prodotti di scelta inferiore tali da consentire fatturazioni ridotte o inesistenti. La CTR dopo avere dunque esposto le riassunte presunzioni, ha concluso per l'accoglimento dell'appello nella misura del 50% in assenza di ulteriori elementi probatori e decidendo secondo equità nei consentiti termini sopra precisati -consapevole, infatti, della insussistenza di un potere equitativo nel giudizio tributario .non spetterebbe al giudice tributario pervenire a conclusioni equitative nella concreta determinazione del quantum debeatur, illustrata con riferimento alla remunerazione ragionevole e presumibile del capitale investito, della compagine sociale, del lavoro impiegato e della ragionevole misura della relativa retribuzione Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato. P. Q. M. Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 7.800,00 oltre spese prenotate a debito. Roma, 29 settembre 2020