La definizione delle liti fiscali non si applica alle cartelle di pagamento per omesso versamento

In tema di definizione agevolata delle controversie, l'art. 6 del d.l. n. 119/2018, conv. in l. n. 136/2018, è applicabile ai soli giudizi aventi ad oggetto atti impositivi e non anche a quelli di impugnazione della cartella di pagamento ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600/1973, che non si fonda su un accertamento discrezionale dell'Amministrazione bensì, avendo riguardo ai versamenti effettuati, ad una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente nella dichiarazione.

Lo ha ribadito la Cassazione con ordinanza 321/21, depositata il 13 gennaio, con cui ha dichiarato inammissibile in quanto tardivo il ricorso per cassazione proposto da un’associazione professionale avverso una sentenza di CTR in tema di cartella di pagamento per omesso versamento IRAP. Nozione di atto impositivo ai fini della normativa agevolativa. La nozione di atto impositivo non ha natura formale ma si qualifica per il contenuto sostanziale del provvedimento interessato. Questo significa che non rileva il nomen ma bisogna verificare in concreto la portata della pretesa se si sostanzia in una rettifica dei dati comunicati dal contribuente allora potrà qualificarsi come atto impositivo, altrimenti si avrà un atto avente funzione liquidatoria. Ad esempio, una cartella di pagamento emessa in base all'art. 36- bis d.P.R. n. 600/1973, per recuperare imposte dichiarate e non versate ovvero per correggere errori commessi dal contribuente ad esempio, erronea indicazione degli acconti versati non ha natura impositiva e dunque non potrà essere definita con le nuove regole. Caso diverso invece quando si proceda attraverso la riduzione o l’esclusione di deduzioni e detrazioni non spettanti sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti, mediante la procedura di cui agli artt. 36- bis e 36- ter del d.P.R. n. 600/1973, ovvero alle correzioni effettuate ai sensi dell’articolo 54- bis del d.P.R. n. 633/1972. In tali circostanze il ruolo si differenzia dall’atto di mera riscossione dell’imposta, già dichiarata, liquidata e non versata dal contribuente e, dal momento che scaturisce dalla rettifica della dichiarazione, esso assolve anche una funzione di provvedimento impositivo. Non vi sono dubbi inoltre sul fatto che le cartelle emesse per i controlli formali, ex art. 36- ter del d.P.R. n. 600/1973, hanno un contenuto sostanzialmente accertativo e quindi sono ricomprese nella attuale sanatoria delle liti. Recentemente la Cassazione con ordinanza n. 28064/18, in relazione al simile istituto di cui all’art. 16 l. n. 289/2002, ha stabilito che la norma, consentendo la definizione agevolata delle sole liti aventi ad oggetto un atto impositivo comunque denominato, non si applica alle controversie riguardanti la cartella emessa ai sensi dell'art. 36- bis del d.P.R. n. 600/1973 e dell'art. 54- bis del d.P.R. n. 633/1972, con cui l'Amministrazione finanziaria richiede il pagamento di versamenti omessi e delle conseguenti sanzioni, poiché tale atto non ha natura impositiva, ma meramente liquidatoria e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell'omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell'Amministrazione. In senso contrario si richiama l’orientamento secondo cui, in caso di cartella di pagamento emessa ai sensi del d.P.R. n. 600/1973, art. 36- bis , l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex art. 19 del d.P.R. n. 546/1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva cfr. Cass. 27271/2019, 24772/2015 e 1263/2014 . In senso conforme si segnala l’ordinanza n. 23269/18 secondo cui la cartella di pagamento per omesso versamento delle imposte scaturente da controllo automatizzato rappresenta un atto impositivo, di talché è di per sé irrilevante la circostanza che la cartella di pagamento contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, si tratti del primo atto con cui l'Amministrazione finanziaria abbia esercitato la propria pretesa nei confronti del contribuente. Il caso concreto. Ai sensi del predetto art. 6 le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda dei soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ed il successivo comma 10 dispone che le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019 . Dalla lettura di tali norme, secondo i Giudici, deve desumersi che la sospensione opera soltanto con riferimento alle controversie che abbiano ad oggetto atti impositivi , restandone, quindi, esclusa la presente controversia che ha ad oggetto una cartella di pagamento ex art. 36- bis del d.P.R. n. 600/73, che non si fonda su un accertamento discrezionale dell’amministrazione bensì, avendo riguardo ai versamenti effettuati, ad una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente nella dichiarazione cfr. Cass. 7099/2019 e 3604/2019 . In senso contrario c’è una pronuncia isolata, la 27271/19 secondo cui anche la cartella di pagamento derivante dal controllo automatizzato è atto impositivo e come tale la relativa lite può essere definita in via agevolata. Si tratta, infatti, del primo atto ricevuto dal contribuente e pertanto non rappresenta una mera liquidazione di somme già pretese con pregressi provvedimenti La pronuncia, resa in relazione alla definizione delle liti fiscali minori di cui all’art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, si applica anche alla nuova edizione della definizione delle liti fiscali di cui all’art. 6 del d.l. n. 119/2018. Secondo tale pronuncia l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex art. 19 d.P.R. n. 546/1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva cfr. anche 23269/18 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 25 novembre 2020 – 13 gennaio 2021, n. 321 Presidente Mocci – Relatore La Torre Ritenuto che Con ricorso notificato in data 11 luglio 2019 l'associazione professionale Studio Legale Mi. N.C. & amp associati in liquidazione, ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Campania n. 3706/26/18 dep. il 19.4.2018 usufruendo della sospensione dei termini D.L. n. 119 del 2018, ex art. 6, comma 11 conv. in L. n. 136 del 2018 in relazione a impugnazione di cartella di pagamento per omesso versamento dell'Irap anno 2011. La CTR ha preso atto che l'associazione aveva svolto attività per il recupero dei compensi professionali, attività da considerare rientrante nella professione forense. Rileva che dalla documentazione in atti emerge l'esistenza di autonoma organizzazione con notevole impiego di risorse, lavoro dipendente, compensi a terzi, spese relative a immobili e altre spese. L'Agenzia si costituisce con controricorso, deducendo la tardività del ricorso e la sua infondatezza. Lo Studio Legale Mi. N.C. & amp associati deposita successiva memoria, ritenendo tempestivo il ricorso, potendo beneficiare della sospensione di cui al D.L. n. 119 del 2018, art. 6 e deducendo che non ricorre nella fattispecie, relativa ad associazione professionale in fase di liquidazione, l'esercizio abituale della professione, in quanto lo studio è stato sciolto il 12.10.2009. Considerato che Va preliminarmente esaminata e accolta l'eccezione preliminare di tardività del ricorso. Va premesso che il D.L. n. 119 del 2018, art. 6, comma 1, dispone che possono essere definite con modalità agevolate, le controversie instaurate dinanzi alla giurisdizione tributaria, pendenti in ogni stato e grado del giudizio in cui è parte l'Agenzia delle Entrate, aventi ad oggetto atti impositivi. Per atti impositivi vanno intesi, secondo la norma citata, non modificata dalla legge di conversione, 17 dicembre 2018, n. 136, gli avvisi di accertamento, i provvedimenti di irrogazione delle sanzioni e ogni altro atto di imposizione, dovendosi escludere dal novero delle controversie definibili quelle aventi ad oggetto atti di mera riscossione, ricognitivi di quanto indicato dal contribuente nella dichiarazione, quali i ruoli e le cartelle di pagamento. Nel caso in esame, l'oggetto della controversia è l'impugnazione di una cartella di pagamento, emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis a seguito di omesso o carente versamento dell'IRAP anno 2011 la deriva dunque da una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente nella dichiarazione e, con riferimento alle sanzioni, da un riscontro puramente formale dell'omissione, senza alcuna autonomia e discrezionalità da parte dell'Amministrazione cfr. tra le altre Cass. n. 28064 del 02/11/2018 . Va pertanto confermata la giurisprudenza di questa Corte Cass. n. 7099/2019 n. 25519/2019, in motivazione , secondo cui in tema di definizione agevolata delle controversie, il D.L. n. 119 del 2018, art. 6 conv. in L. n. 136 del 2018, è applicabile ai soli giudizi aventi ad oggetto atti impositivi e non anche a quelli di impugnazione della cartella di pagamento D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis che non si fonda su un accertamento discrezionale dell'Amministrazione bensì, avendo riguardo ai versamenti effettuati, ad una mera liquidazione dei tributi già esposti dal contribuente nella dichiarazione . Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile. Le spese vanno compensate, essendosi la giurisprudenza formata successivamente alla proposizione del ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Compensa le spese. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.