Concessa in gestione a una s.r.l. l’area per la sosta a pagamento: legittima la pretesa del Comune della TARSU

Vittoria definitiva per l’ente locale, che può passare all’incasso della TARSU. Presupposto della tassa è la produzione di rifiuti che, spiegano i giudici, può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune. E comunque i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti.

Il Comune può passare all’incasso della TARSU anche nei confronti della società a cui ha affidato in concessione la gestione di un’area per la sosta a pagamento. Decisivo il principio secondo cui i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti . Cassazione, ordinanza n. 29020/20, sez. VI Civile - T, depositata il 17 dicembre . A dare il ‘la’ al contenzioso è l’ avviso di accertamento con cui il Comune richiede a una s.r.l. il pagamento della Tarsu riferita all’anno 2012 e relativa ad aree urbane adibite a sosta di veicoli e affidate in concessione proprio dal Comune alla società per il servizio di parcheggio a pagamento con delimitazione delle aree di sosta e gestione di parcometri . La società impugna l’avviso di accertamento e si difende osservando che il servizio svolto per conto del Comune non implicava occupazione di suolo pubblico né produzione di rifiuti , e, quindi, la tassa non era dovuta . Questa osservazione convince i giudici tributari. Sia in primo che in secondo grado, difatti, l’avviso emesso dal Comune è azzerato, poiché la società contribuente non occupa e non detiene le aree in maniera esclusiva e dette aree non producono rifiuti , osservano i giudici. A smentire i giudici tributari provvede la Cassazione , accogliendo il ricorso proposto dal Comune e sancendo, in via definitiva, l’obbligo della s.r.l. di provvedere al pagamento della TARSU. Il legale del Comune censura le valutazioni dei giudici tributari regionali, rilevando che essi hanno ritenuto non assoggettabile alla tassa sui rifiuti le aree di parcheggio gestite dalla società contribuente sull’erroneo presupposto che le aree adibite alla sosta dei veicoli non sono destinate ad uso esclusivo della società e hanno anche sostenuto che quelle stesse aree di parcheggio non producono rifiuti , pur non avendo la società contribuente fornito alcuna prova di tale circostanza , osserva il legale, né avendo effettuato alcuna comunicazione al Comune . Per spazzare via ogni incertezza i giudici della Cassazione ribadiscono il principio secondo cui in tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani il presupposto impositivo è costituito dal solo fatto oggettivo della occupazione o della destinazione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti . Ciò significa che è dovuta la tassa dal soggetto che occupi o detenga un’area per la gestione di un parcheggio affidatagli dal Comune in concessione, restando del tutto irrilevante l’eventuale attinenza della gestione stessa alla fase sinallagmatica del rapporto con il Comune . Peraltro, presupposto della Tarsu è la produzione di rifiuti che può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte , aggiungono dalla Cassazione. Respinta in modo netto, invece, la posizione assunta dai giudici tributari regionali e concretizzatasi nell’affermazione che le aree di parcheggio non generano rifiuti . Invece, i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva , concludono dalla Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 8 ottobre – 17 dicembre 2020, n. 29020 Presidente Greco – Relatore Luciotti Rilevato che 1. La T.M.P. Unipersonale s.r.l. impugnava l'avviso di accertamento con cui il Comune di Cassino aveva richiesto il pagamento della Tarsu riferita all'anno 2012 relativamente ad aree urbane adibite a sosta di veicoli sulle quali la predetta società gestiva il servizio di parcheggio a pagamento con delimitazione delle aree di sosta e la gestione di parcometri. Assumeva la ricorrente che il servizio svolto per conto del Comune non implicava occupazione di suolo pubblico né produzione di rifiuti di talché la tassa non era dovuta. 2. La commissione tributaria provinciale di Frosinone accoglieva il ricorso con sentenza che era confermata dalla CTR del Lazio, che sosteneva che la società contribuente non occupa e non detiene le aree in maniera esclusiva e dette aree non producono rifiuti . 3. Avverso tale statuizione il Comune di cassino ricorre per cassazione sulla base di tre motivi, cui replica l'intimata con controricorso. 4. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio. Considerato che 1. Con il primo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 62, comma 1, e 63, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993 per avere la CTR ritenuto non assoggettabile alla tassa sui rifiuti le aree di parcheggio gestite dalla società contribuente sull'erroneo presupposto che le aree adibite alla sosta dei veicoli non sono destinate ad uso esclusivo della TMP . 2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell'art. 62, comma 2, del D.Lgs. n. 507 del 1993 per avere la CTR ritenuto non assoggettabile alla tassa sui rifiuti le predette aree di parcheggio sull'erroneo presupposto che dette aree non producono rifiuti , nonostante la società contribuente, che era gravata del relativo onere, non avesse fornito alcuna prova di tale circostanza. 3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la carenza motivazionale della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di appello affermano che le aree gestite dalla società contribuente non producevano rifiuti, senza dare conto delle ragioni della decisione e delle argomentazioni difensive dell'Ente circa la necessità che tale circostanza doveva costituire oggetto di comunicazione da effettuarsi al Comune a cura della società contribuente con l'originaria denuncia o con successiva variazione. 4. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione, sono fondati e vanno accolti. 5. Questa Corte, proprio con riferimento a fattispecie analoga, ha affermato che, in tema di tassa per lo smaltimento di rifiuti solidi urbani, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi dell'art. 62 del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della destinazione del locale o dell'area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, quindi, del tutto dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l'area o il locale sono occupati o detenuti. Ne consegue che è dovuta la tassa dal soggetto che occupi o detenga un'area per la gestione di un parcheggio affidatagli dal Comune in concessione, restando del tutto irrilevante l'eventuale attinenza della gestione stessa alla fase sinallagmatica del rapporto con il Comune Cass. n. 13185 del 2019 cfr., inoltre, Cass. n. 7654 del 2012 Cass. n. 1179 del 2004 Cass. n. 3829 del 2009 . Si è quindi precisato che la previsione di cui all'art. 62, comma 1, del D.Lgs. n. 507 del 1993, ha carattere generale e subisce solo le deroghe indicate nel comma secondo dello stesso articolo le quali non operano automaticamente al verificarsi delle situazioni previste, ma devono essere di volta in volta dedotte ed accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione. Presupposto della Tarsu è, dunque, la produzione di rifiuti che può derivare anche dall'occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte, come appunto stabilisce l'art. 62, comma 1, D.Lgs. n. 507 cit. Cass. n. 13185 del 2019 cfr., anche, Cass. n. 1847 del 2017 Cass. n. 7916 del 2016 Cass. n. 19152 del 2003 . 6. Orbene, la CTR si è immotivatamente discostata da tali insegnamenti, non avendo neppure indicato quale logica sottende l'affermazione che le aree di parcheggio non generano rifiuti , discordante con il condivisibile insegnamento di questa Corte secondo cui i parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva in termini Cass., Sez. 5, 15 novembre 2000, n. 14770 Cass., Sez. 5, 13 marzo 2015, n. 5047 Cass., Sez. 5, 16 maggio 2019, n. 13185 così Cass. n. 6569, n. 6571 e n. 8338 del 2020, in motivazione . 7. Conclusivamente, dall'accoglimento del ricorso discende la cassazione della sentenza impugnata e, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con rigetto dell'originario ricorso della società contribuente che va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate le spese dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge, compensando le spese dei gradi di merito.