Non riscossi i crediti vantati nei confronti di enti pubblici: nessuna attenuante per l’omesso versamento dell’IVA

Respinta definitivamente la tesi difensiva, che pure era stata accolta dai Giudici tributari. Legittima la cartella dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una società. Impossibile, secondo i magistrati della Cassazione, giustificare” l’omesso versamento dell’IVA con una crisi di liquidità connessa alla mancata riscossione dei crediti vantati dalla società nei confronti di diversi enti pubblici.

Nessuna attenuante nella battaglia col Fisco per la società che non è riuscita a riscuotere i rilevanti crediti vantati nei confronti di diversi enti pubblici Cassazione, ordinanza n. 27416/20, depositata il 1° dicembre . All’origine del contenzioso c’è il controllo automatizzato operato dall’Agenzia delle Entrate sulla dichiarazione dei redditi presentata dalla società per l’anno d’imposta 2012. Passaggio successivo è l’ufficializzazione della cartella di pagamento relativa ad omesso versamento dell’IVA , cartella subito impugnata dalla società, che riesce a respingere le pretese del Fisco grazie alle valutazioni dei Giudici tributari, che riconoscono la causa di forza maggiore nella crisi di liquidità subita dalla società e frutto della mancata riscossione di rilevanti crediti vantati nei confronti di diversi enti pubblici . Il pronunciamento dei Giudici tributari regionali viene fortemente contestato dall’Agenzia delle Entrate. Col ricorso in Cassazione la difesa erariale sostiene che in secondo grado sia stato commesso un errore clamoroso, ritenendo che la crisi di liquidità che aveva impedito alla società contribuente di adempiere l’obbligazione tributaria del versamento dell’IVA fosse incolpevole e tale da integrare la causa di non punibilità della forza maggiore . Questa obiezione è ritenuta corretta dai Giudici del Palazzaccio, i quali ribadiscono che si deve negare rilievo, ai fini della configurabilità della suddetta causa di non punibilità, a situazioni di disagio economico, ancorché riconducibile a fattori esterni, perché, essendo un sostituto d’imposta il soggetto obbligato al versamento, lo stesso è tenuto ad accantonare l’IVA riscossa dall’acquirente del bene o servizio per poi riversarla all’erario, non potendo, dunque, venire in rilievo situazioni di difficoltà, seppur non prevedibili . Inutile, quindi, il richiamo difensivo alla mancata riscossione di rilevanti crediti vantati dalla società nei confronti di enti pubblici . Ciò alla luce del principio secondo cui in materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all’operatore , e di un elemento soggettivo, costituito dall’ obbligo dell’interessato di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l’esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità . Tirando le somme, quindi, i Giudici della Cassazione chiudono il caso riconoscendo la legittimità della cartella di pagamento emessa dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della società.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 25 settembre – 1 dicembre 2020, n. 27416 Presidente Greco – Relatore Luciotti Rilevato che - l'Agenzia delle entrate ricorre con un unico motivo nei confronti della FIMA s.r.l., che rimane intimata, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, in controversia relativa ad impugnazione di una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato, ex artt. 36 D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 D.P.R. n. 633 del 1972, della dichiarazione reddituale relativa all'anno d'imposta 2012, ha rigettato l'appello proposto dall'ufficio avverso la sfavorevole pronuncia di primo grado ed ha confermato l'annullamento delle sanzioni amministrative pecuniarie applicate alla società contribuente ritenendo sussistente la causa di forza maggiore ravvisata nella mancata riscossione di rilevanti crediti vantati dalla predetta società contribuente nei confronti di diversi enti pubblici - che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio Considerato che 1. La difesa erariale con il motivo di ricorso deduce, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell'art. 6 del D.Lgs. n. 472 del 1997, sostenendo che aveva errato la CTR nel ritenere che la crisi di liquidità che aveva impedito alla società contribuente di adempiere l'obbligazione tributaria del versamento dell'IVA fosse incolpevole e tale da integrare la causa di non punibilità della forza maggiore di cui al comma 5 della citata disposizione. 2. Il motivo è fondato e va accolto. 3. Invero, l'orientamento giurisprudenziale in materia è costante nel negare rilievo, ai fini della configurabilità della suddetta causa di non punibilità, a situazioni di disagio economico ancorché riconducibile a fattori esterni perché, essendo il soggetto obbligato al versamento un sostituto di imposta, lo stesso è tenuto ad accantonare l'IVA riscossa dall'acquirente del bene o servizio per poi riversarla all'erario, non potendo, dunque, venire in rilievo situazioni di difficoltà seppur non prevedibili. In tal senso si è espressa Cass. n. 22153 del 2017 che, proprio in situazione del tutto analoga, richiamando un conforme orientamento unionale cfr. Corte di Giustizia CE, sent. 18/12/2007, in causa C/314/06, punto 24 ord. 18.1.2005 in causa C-325/03, punto 25 sent. 15/12/1994 in causa C-195/91, punto 31, nonché sent. 17.10.2002 causa C-208/01, punto 19 ha affermato il principio secondo cui In materia tributaria e fiscale, la nozione di forza maggiore richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, relativo alle circostanze anormali ed estranee all'operatore, e di un elemento soggettivo, costituito dall'obbligo dell'interessato di premunirsi contro le conseguenze dell'evento anormale adottando misure appropriate senza incorrere in sacrifici eccessivi, dovendo la sussistenza di tali elementi essere oggetto di idonea indagine da parte del giudice, sicché non ricorre in via automatica l'esimente in esame nel caso di mancato pagamento dovuto alla temporanea mancanza di liquidità conf. Cass. n. 28063 del 2018 e n. 7850 del 2018 che ha richiamato la parallela giurisprudenza penale di questa Corte che, relativamente alle fattispecie delittuose di cui al D.Lgs. 74/2000, ha uniformemente escluso la sussistenza della scriminante de qua appunto nel caso della allegazione difensiva della sussistenza di crisi aziendale - v. Cass., Sez. 3, n. 37528 del 2013, Corliano', Rv.25768301 Sez. 3, n. 3124 del 2013, Murari, Rv. 25884201 Sez. 3, n. 8352 del 2014, Schirosi, Rv. 26312801 . 4. In conclusione, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisa nel merito con rigetto dell'originario ricorso della società contribuente che, in applicazione del principio della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, mentre vanno compensate quelle di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso della società contribuente che condanna al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito.