La notifica dell’atto di appello presso la residenza coniugale esclude l’ignoranza incolpevole del giudizio

La notifica dell’atto di appello alla parte presso la residenza coniugale, anziché presso il domicilio eletto, esclude in ogni caso l’ignoranza del giudizio, necessaria condizione per il ricorso tardivo di legittimità. Resta irrilevante il fatto che sia in corso la procedura di separazione dei coniugi.

Sul tema la Corte di legittimità con l’ordinanza n. 23468/20, depositata il 26 ottobre. Una contribuente, attinta da avviso di accertamento per mancato versamento di plusvalenza da cessione di una azienda, impugnava l’atto impositivo unitamente all’ex marito, il quale aveva a suo tempo compilato la dichiarazione congiunta dei redditi. La CTP accoglieva parzialmente il ricorso riducendo la somma ripresa a tassazione. L’Ufficio proponeva ricorso dinanzi alla CTR che accoglieva il gravame. I contribuenti erano rimasti intimati nel giudizio di seconde cure. La contribuente ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo di non aver mai ricevuto la notifica dell’atto di appello e di aver saputo della sentenza solo nell’ambito della corrispondenza con il legale del marito nel procedimento di separazione. Il ricorso risulta privo di fondamento. Sottolineando che la difesa erariale ha prodotto in giudizio la copia della relata di notifica dell’appello consegnata presso la residenza dei due contribuenti e non nel domicilio eletto, la Corte ricorda che non serve una copia dell’atto per ogni appellato nel medesimo domicilio . Il luogo dell’avvenuta notifica era la residenza coniugale dei due contribuenti come si evince dalla sentenza gravata. Ne consegue che la notifica alla parte presso la residenza, anziché presso il domicilio eletto, esclude in ogni caso l’ignoranza del giudizio, necessaria condizione per il ricorso tardivo di legittimità. La giurisprudenza ha infatti affermato che l’impugnazione tardiva di cui all’art. 327 c.p.c. è consentita non già per il solo fatto che si sia verificata una nullità nella notificazione dell’atto introduttivo del giudizio, ma quanto tale nullità abbia causato l’incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio in capo al destinatario, con la conseguenza che la parte alla quale l’atto di appello sia stato notificato personalmente, invece che presso il domicilio eletto ex art. 170 c.p.c., non può avvalersi della impugnazione tardiva ex art. 327 c.p.c. Cass.Civ. n. 12004/11 . Per questi motivi, la Corte rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 5 dicembre 2019 – 26 ottobre 2020, n. 23468 Presidente Locatelli – Relatore Fracanzani Fatti di causa 1. La contribuente era attinta da avviso di accertamento per mancato versamento di plusvalenza da cessione di una azienda nell'anno di imposta 1984. Più in particolare il corrispettivo di detta operazione non era stato esposto nella dichiarazione congiunta compilata dal sig. A.B., in allora coniuge della qui ricorrente P.M.A Avverso l'atto impositivo i coniugi proponevano unico ricorso alla CTP di Roma che ne accoglieva parzialmente le ragioni, rimodulando al ribasso la ripresa a tassazione. Donde ricorreva in appello l'Ufficio, ottenendo piena ragione del proprio operato all'esito di un processo dove rimanevano intimati entrambi i contribuenti e definito con sentenza n. 25/03/06 pronunciata dalla terza sezione della CTR di Roma e depositata il 18 luglio 2006. 2. Sull'assunto di non aver mai avuto notificato l'atto di appello e di aver avuto contezza dell'esistenza della qui gravata sentenza solo nel maggio 2014, giusta corrispondenza con il legale del marito per l'instauranda procedura di separazione, la sig. P.M.A. portava a notifica ricorso per cassazione il 8 luglio 2014, affidandosi a due motivi, cui replica con controricorso l'Avvocatura generale dello Stato. In prossimità dell'udienza la parte privata ha depositato memoria a sostegno delle proprie ragioni. Ragioni della decisione Vengono proposti due motivi di ricorso. 1. I due motivi possono essere trattati congiuntamente in ragione della loro stretta connessione. Con il primo motivo si prospetta il vizio di cui all'art. 360, n. 4 error in procedendo per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, artt. 49,20,16 e 17, nella sostanza lamentando non sia stato notificato l'appello a tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, presso il domicilio eletto nello studio del difensore, il commercialista Dott. G.G., deducendone la nullità dell'intero secondo grado del giudizio. Con il secondo motivo si lamenta ancora violazione dell'art. 360 c.p.c., n. 4 error in procedendo per violazione art. 331 c.p.c., poichè il giudice del gravame non avrebbe ordinato l'integrazione della notificazione, trattandosi di appello fra cause inscindibili o tra loro interdipendenti. Occorre primieramente scrutinare l'eccezione di inammissibilità avanzata dal patrono erariale, ove riproduce ai fini dell'autosufficienza copia di relata di notifica dell'appello indirizzato ai due contribuenti, presso la loro residenza e non nel domicilio eletto. Ricordato che non serve una copia dell'atto per ogni appellato nel medesimo domicilio cfr. Cass. I, n. 14094/04 VI-1, n. 18761/11 , il luogo dell'avvenuta notifica era ancora la residenza coniugale dei contribuenti, come si evince dalla stessa sentenza gravata la notifica alla parte presso la residenza invece che nel domicilio eletto presso il difensore esclude in ogni caso l'ignoranza del giudizio, necessaria per rendere ammissibile il ricorso tardivo. In tal senso, questa Corte ha statuito che l'impugnazione tardiva di cui all'art. 327 c.p.c., è consentita non già per il solo fatto che si sia verificata una nullità nella notificazione dell'atto introduttivo del giudizio, ma quando tale nullità abbia causato l'incolpevole ignoranza della pendenza del giudizio in capo al destinatario, con la conseguenza che la parte alla quale l'atto di appello sia stato notificato personalmente, invece che presso il domicilio eletto ex art. 170 c.p.c., non può avvalersi della impugnazione tardiva ex art. 327 c.p.c., cfr. Cass. V, 12004/2011 . In definitiva, il ricorso è infondato e dev'essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza, liquidate come in dispositivo. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore dell'Agenzia delle entrate, che liquida in Euro quattromilacento/00, oltre spese prenotate a debito. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.