L'agevolazione ICI prima casa non spetta per l’immobile dove vive il coniuge separato

Per poter beneficiare dell'agevolazione ICI per l'abitazione principale, il contribuente deve provare che l'immobile costituisce dimora abituale non solo propria ma anche dei suoi familiari. Se manca il requisito della coabitazione, l'agevolazione non sussiste.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 21611/20, depositata il 7 ottobre. La controversia è scaturita da un avviso di accertamento , ai fini Ici, per l'anno 2008, con il quale un ente locale ha preteso il pagamento dell'imposta in relazione all'immobile di proprietà di un contribuente, che risultava già beneficiario dell'agevolazione sulla prima casa per un'altra abitazione, di proprietà della moglie. Il contribuente ha sostenuto di poter godere dell'esenzione su due unità abitative, in base alla separazione di fatto non formalizzata con il coniuge. Il contribuente ha ritenuto di aver diritto di godere dell'agevolazione anche per la casa di sua proprietà, in quanto lo stesso era separato di fatto dalla moglie, la quale viveva con la figlia nell'abitazione già beneficiaria dell'agevolazione. Un Comune ha preteso, quindi, il versamento dell’ICI non versata, in relazione a un’unità abitativa di proprietà del contribuente. L’Ente, infatti, ha ritenuto non spettante il beneficio prima casa, ossia l’esenzione del versamento dell’imposta, in quanto si trattava di un immobile in cui risiedeva da solo, senza la figlia e la moglie. Tra i due coniugi era in corso un procedimento di separazione non ancora concluso. I giudici tributari di merito hanno ritenuto valide le doglianze del contribuente, sostanzialmente affermando che la separazione, anche se non formalizzata, era sufficiente per consentire di godere dell' agevolazione ICI per entrambi gli immobili . Secondo il giudice del gravame si trattava di due abitazioni definibili contemporaneamente come principali di un nucleo familiare regolarmente formato inoltre, la separazione anche se non ancora definita legalmente, non pregiudicava il diritto all’agevolazione. In sede di ricorso per cassazione il Comune ha invocato la violazione da parte del giudice del gravame dell'art. 8 d.gs. n. 504/1992, applicabile al caso di specie, posto che l'agevolazione ICI prima casa non può applicarsi anche in ipotesi di scissione del nucleo familiare in due abitazioni distinte, difettando in tal caso il requisito della coabitazione. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno condiviso la censura del Comune, evidenziando che i giudici tributari hanno effettuato una malintesa interpretazione non solo dell'istituto del matrimonio, dal quale discende ai sensi dell'art. 143 c.c. il dovere di coabitazione , ma anche del fenomeno sociale della convivenza . In particolare , il Giudice di legittimità ha ricordato, infatti, che l'agevolazione ICI per la prima casa spetta all'abitazione principale identificabile in quella in cui non solo risiede il proprietario, ma anche i suoi familiari. Se così non è il beneficio non spetta. Gli Ermellini, in accoglimento del ricorso in cassazione del comune hanno cassato la sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto hanno rigettato nel merito l’originario ricorso del contribuente. La detrazione dell’ICI, ai sensi e per gli effetti dell’art. 8 d.lgs. n. 504/1992, è ammessa per le abitazioni costituenti la dimora abituale del richiedente e della propria famiglia. Pertanto, il contribuente che vive in un immobile da solo e il resto della famiglia in un altro, a seguito di un processo di separazione, è tenuto a versare l’imposta ordinaria. Chi è separato di fatto non ha diritto alle agevolazioni fiscali sull’abitazione principale, in questo caso quella sull’Ici, se la norma rinvia alla famiglia tradizionale. Non vi è alcuna disparità di trattamento con i conviventi more uxorio. In tema di Ici, ai fini della spettanza dell'agevolazione prevista, per le abitazioni principali per tale intendendosi quella di residenza anagrafica , dall'art. 8 d.lgs. n. 504/1992, occorre che il contribuente provi che l'abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. E’ del tutto erroneo l'argomento sulla irrilevanza della separazione di fatto. Infatti, la convivenza di fatto , anche prima di ricevere riconoscimento legislativo dalla l. n. 76/2016, si connotava come formazione sociale tutelabile proprio in ragione della imitazione del costume matrimoniale e cioè per la stabile coabitazione e l'assistenza materiale e morale. È, quindi, una contraddizione in termini parlare di convivenza di persone che mantengono due abitazioni abituali, e in ogni caso ciò non sposta i termini della questione, poiché la norma applicabile conferisce rilievo, al fine di ottenere la agevolazione fiscale, alla sussistenza di una abitazione principale identificabile come quella in cui risiede non solo il proprietario, ma anche i suoi familiari. Se così non è, il beneficio non spetta atteso che l'art. 8 citato , come tutte le norme che prevedono un beneficio fiscale in deroga alla norma generale, è di stretta interpretazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 4 settembre – 7 ottobre 2020, n. 21611 Presidente Greco – Relatore Russo Rilevato che 1.-. Il contribuente ha impugnato l’avviso di accertamento con il quale il Comune di Novara ha preteso l’ICI per l’anno 2008 in relazione alla unità abitativa di sua proprietà sita in omissis , eccependo la prescrizione e deducendo di avere diritto alla agevolazione fiscale prevista per l’abitazione principale. Il ricorso del contribuente è stato accolto in primo grado. Ha proposto appello il Comune e la CTR del Piemonte con sentenza del 25 ottobre 2018 ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo che a l’eccezione di prescrizione si può superare atteso che il provvedimento è stato notificato all’interessato entro cinque anni previsti dalle norme vigenti a partire dall’anno in cui doveva essere presentata la dichiarazione b quanto al merito della agevolazione fiscale, non è rilevante la circostanza che il contribuente abbia chiesto l’esenzione sia per la casa di sua proprietà sia per quella di proprietà della moglie, trattandosi di due abitazioni definibili contemporaneamente come principali di un nucleo familiare regolarmente formato e che la separazione, anche se non ancora definita legalmente, non pregiudica il diritto alla agevolazione. 2. Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di Novara affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso il contribuente. Assegnato il procedimento alla sezione sesta, su proposta del relatore è stata fissata l’adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. notificando la proposta e il decreto alle parti. Ritenuto che 3. Con il primo motivo del ricorso il Comune lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8, comma 2, ratione temporis applicabile nonché dell’art. 2967 c.c Il Comune deduce che ha errato la CTR decidendo sul presupposto di una asserita separazione di fatto, non dedotta dal contribuente, e ritenendo applicabile il regime di favore anche in ipotesi di scissione del nucleo familiare in due abitazioni distinte con ciò ha violato l’art. 8 citato, il quale prevede che per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente e i suoi familiari abitualmente risiedono, mentre nel caso di specie il contribuente risiedeva all’epoca nella casa di via Podgora, di sua proprietà, e la moglie con la figlia risiedevano in una altra abitazione e pertanto la agevolazione non poteva essere richiesta per entrambi. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in quanto la CTR al fine di legittimare la fruizione della duplice esenzione in relazione due diverse unità immobiliari nello stesso Comune e per lo stesso nucleo familiare ha dato rilievo ad un fatto non dimostrato e neppure dedotto dal contribuente e cioè una pretesa separazione non formalizzata. Il controricorrente, nel resistere, deduce preliminarmente la intervenuta prescrizione dei tributi osservando che nè il giudice di primo grado nè la CTR hanno inteso pronunciarsi in ordine alla sollevata eccezione e ciò non importa che la stessa debba intendersi rigettata, avendo altresì la CTR accolto la tesi del contribuente nel merito. Così non è perché la CTR ha esplicitamente respinto la eccezione di prescrizione affermando che risulta dagli atti che l’avviso è stato notificato all’interessato entro i cinque anni previsti dalle normative applicabili in materia. Pertanto il controricorrente aveva l’onere di proporre specifico ricorso incidentale sul punto, sul quale è rimasto soccombente in grado di appello, esponendo le ragioni della censura nei termini previsti dall’art. 360 c.p.c In difetto la eccezione di prescrizione qui riproposta -peraltro genericamente senza trascrivere l’avviso di accertamento e la relata di notifica non può essere esaminata. I motivi di ricorso posso esaminarsi congiuntamente e sono fondati. Questa Corte ha già affermato il principio, cui il Collegio odierno intende dare continuità, che in tema di ICI, ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica , dal D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 8 come modificato dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 173, lett. b , con decorrenza dall’1 gennaio 2007 , occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo Cass. 15444/2017 . Si tratta di un principio desumibile dalla norma di legge applicabile alla fattispecie e che pertanto nessun regolamento comunale può derogare. Del resto non è in tal senso la previsione del regolamento del Comune di Novara che ha semplicemente posto all’art. 6 il criterio di identificazione della abitazione principale come luogo ove la persona dimora abitualmente, di regola coincidete con la residenza anagrafica, salo prova contraria. Del tutto erroneo è poi è l’argomento esposto dalla CTR sulla irrilevanza della presunta separazione di fatto, poiché non è in tal senso la difesa del controricorrente egli sostiene piuttosto la non necessità della coabitazione familiare per godere del beneficio perché altrimenti si introdurrebbe una disparità rispetto alle coppie di fatto e in particolare quelle che non possono regolarizzare la loro posizione davanti all’ufficio di stato civile, e che ben potrebbero mantenere abitazioni formalmente separate beneficiando ciascuno dalla agevolazione di 1CI. Si tratta di una malintesa interpretazione non solo dell’istituto del matrimonio, dal quale discende ai sensi dell’art. 143 c.c. il dovere di coabitazione, ma anche del fenomeno sociale della convivenza. La convivenza di fatto, anche prima di ricevere riconoscimento legislativo dalla L. n. 76 del 2016, si connotava per ricostruzione giurisprudenziale come formazione sociale tutelabile proprio in ragione della imitazione del costume matrimoniale e cioè per la stabile coabitazione e l’assistenza e materiale morale. È quindi una contraddizione in termini parlare di convivenza di persone che mantengono diverse abitazioni abituali , e in ogni caso ciò non sposta i termini della questione, poiché la norma ratione temporis applicabile, come sopra si è detto, conferisce rilievo, ai fini di ottenere la agevolazione fiscale, alla sussistenza di una abitazione principale identificabile come quella in cui risiede non solo il proprietario, ma anche i suoi familiari. Se così non è, il beneficio non spetta, atteso che l’art. 8, come tutte le norme che prevedono un beneficio fiscale in deroga alla norma generale, è di stretta interpretazione. Ne consegue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto può decidersi il merito, rigettando l’originario ricorso del contribuente. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, mentre le spese del doppio grado di merito si compensano tra le parti. P.Q.M. Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’originario ricorso del contribuente condanna parte controricorrente alle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 510,00 oltre rimborso spese forfetarie ed accessori di legge. Compensa le spese del doppio grado di merito.