Il pagamento degli importi risultanti dalla cartella impugnata non fa cessare la materia del contendere

La cartella di pagamento può essere impugnata anche quando il contribuente ha già concordato un piano di rateizzo con l’amministrazione finanziaria e versato alcune rate. Inoltre, l’impugnazione della cartella e il successivo pagamento della stessa in corso di causa non determina la cessazione della materia del contendere. Non è infatti una condotta che denota acquiescenza ma piuttosto mira ad evitare atti espropriativi.

Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 20962/20 del 1 ottobre, ha accolto il ricorso di una contribuente. Cartella di pagamento la richiesta di rateazione non comporta accettazione del contenuto. In materia tributaria, non costituisce acquiescenza, da parte del contribuente, l'aver chiesto ed ottenuto, senza alcuna riserva, la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d'essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione denunce, adesioni, pagamenti, domande di rateizzazione o di altri benefici , l'effetto di precludere ogni contestazione in ordine all' an debeatur , salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario cfr. Cass. 3347/2017 . Un’implicita conferma di questa chiave di lettura si è avuta anche con l’ordinanza n. 16098/18 con cui la Cassazione ha precisato che se è vero che di per sé non può costituire acquiescenza da parte del contribuente l'avere chiesto ed ottenuto, senza riserva alcuna, la rateizzazione degli importi indicati nelle cartelle di pagamento, nondimeno il riconoscimento del debito comporta in ogni caso l'interruzione del decorso del termine di prescrizione e si pone quindi in maniera incompatibile con l'allegazione del contribuente di non avere ricevuto notifica delle cartelle. Del resto, dal lato dell’ Amministrazione finanziaria , anche l’esecuzione di una sentenza sfavorevole da parte della stessa con conseguente provvedimento di sgravio non costituisce acquiescenza alla pronuncia come più volte affermato dalla Cassazione. Ai sensi dell' art. 329 c.p.c., l'acquiescenza risultante da accettazione espressa o da atti incompatibili con la volontà di avvalersi delle impugnazioni ammesse dalla legge 323 c.p.c. ne esclude la proponibilità . La giurisprudenza ha, infatti, sottolineato che il provvedimento di sgravio degli importi a seguito dell'annullamento dell'atto da parte del giudice di primo grado non costituisce acquiescenza. In tal senso si veda la sentenza 12185/2008, in cui i giudici di legittimità, in un'ipotesi di sgravio effettuato dall'Amministrazione finanziaria dopo la sentenza di merito favorevole al contribuente, affermano che È inoltre da escludersi che nella specie sia intervenuta acquiescenza, posto che [] l'acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell'impugnazione a norma dell'art. 329 c.p.c., sussiste qualora l'interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa e univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, cioè quando gli atti stessi siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell'impugnazione, ipotesi che non può ritenersi sussistente quando la parte abbia, come nella specie, agito in ottemperanza ad una disposizione di legge - d.lgs. n. 546/1992, art. 68, comma 2 . Nello stesso senso anche le sentenze 31486/2019, 23379/2007, 18187/2007 e 7680/2012 della Cassazione. Caso concreto. La società contribuente impugnava una cartella di pagamento per omesso pagamento di alcune imposte in qualità di coobbligata in solido. Nelle more del giudizio provvedeva al pagamento integrale degli importi provocando una pronuncia di cessazione della materia del contendere da parte della CTP di Cosenza. L’appello della contribuente veniva rigettato. Di conseguenza la stessa si trovava costretta a ricorrere per Cassazione denunciano violazione dell’art. 46 del d.lgs. n. 546/1992 per avere la CTR dichiarato la carenza di interesse della stessa a coltivare il giudizio per via del pagamento, che era stato eseguito solo per evitare successivi procedimenti espropriativi. Nell’accogliere il ricorso la Cassazione precisa che il pagamento come anche la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento non integra acquiescenza alla pretesa tributaria, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d'essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione, l'effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’ an debeatur , salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario, risultando irripetibile il versamento solo di quanto spontaneamente pagato cfr. Cass. 2231/2018 e 3347/2017 . Del resto il principio della inidoneità del pagamento non spontaneo bensì coatto a provocare la cessazione della materia del contendere è, del resto, speculare al principio della sussistenza dell'interesse dell'ufficio alla controversia in caso di sgravio di una cartella di pagamento in seguito a una sentenza favorevole al contribuente, in quanto trattasi di comportamento che può fondarsi anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese del procedimento espropriativo cfr. Cass. 18976/2019 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 10 luglio – 1° ottobre 2020, n. 20962 Presidente Greco – Relatore D’Aquino Rilevato Che La società contribuente ha impugnato una cartella di pagamento relativa al periodo di imposta dell’anno 2011 per IRAP, ritenute alla fonte, addizionali e accessori, quale responsabile in solido per debito del terzo Iper Gas Service SRL a termini del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 14, commi 1 e 2 e successivamente provvedendo, nelle more del giudizio, al pagamento degli importi. La CTP di Cosenza ha dichiarato l’estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere e la CTR della Calabria, con sentenza in data 23 luglio 2018, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello che il versamento effettuato dalla contribuente ha natura di adempimento di obbligazione pecuniaria, non revocabile, con conseguente improcedibilità del giudizio per carenza di interesse, salva l’istanza di rimborso del contribuente. Ha proposto ricorso la società contribuente affidato a un unico motivo resiste con controricorso l’ente impositore l’agente della riscossione non si è costituito in giudizio. La proposta del relatore è stata comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c Considerato Che 1 - Con l’unico motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 46 D.Lgs. n. 31 dicembre 1992, n. 546, nella parte in cui la sente a di appello ha ritenuto carenza di interesse della contribuente a coltivare il giudizio per effetto del pagamento dell’importo della cartella. Deduce parte ricorrente come il pagamento sia stato eseguito allo scopo di evitare successivi procedimenti espropriativi e non quale adempimento spontaneo dell’obbligazione tributaria. 2.1 - Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità articolata dal controricorrente, non ricorrendo nella specie un nuovo accertamento in fatto, bensì trattandosi di errore di sussunzione per insussistenza dei presupposti in base ai quali è stata ritenuta cessata la materia del contendere. 2.2 - Il ricorso è fondato. È principio comunemente affermato quello secondo cui la cessazione della materia del contendere presuppone che le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongono conclusioni conformi in tal senso al giudice Cass., Sez. U., 26 luglio 2004, n. 13969 . Principio, questo, applicabile, anche nel processo tributario, occorrendo che la parte che ha agito in giudizio per la tutela dei propri interessi ne abbia conseguito l’integrale soddisfacimento direttamente ad opera della controparte Cass., Sez. V, 18 gennaio 2006, n. 909 Cass., Sez. VI, 10 dicembre 2013, n. 27598 e che, ove il fatto sopravvenuto sia assunto da una sola parte in assenza di conclusioni conformi, il giudice ha il compito di valutare l’avvenuto soddisfacimento Cass., Sez. VI, 16 marzo 2015, n. 5188 . 2.3 - Invero, il pagamento come anche la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento non integra acquiescenza alla pretesa tributaria, atteso che non può attribuirsi al puro e semplice riconoscimento d’essere tenuto al pagamento di un tributo, contenuto in atti della procedura di accertamento e di riscossione, l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario Cass., Sez. V, 8 febbraio 2017, n. 3347 , risultando irripetibile il N. 6399 G. 3 di 4 versamento solo di quanto spontaneamente pagato Cass., Sez. V, 30 gennaio 2018, n. 2231 . 2.4 - Il principio della inidoneità del pagamento non spontaneo bensì coatto a provocare la cessazione della materia del contendere è, del resto, speculare al principio, anch’esso affermato da questa Corte, della sussistenza dell’interesse dell’Ufficio alla controversia in caso di sgravio di una cartella di pagamento in seguito a una sentenza favorevole al contribuente, in quanto trattasi di comportamento che può fondarsi anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese del procedimento espropriativo Cass., Sez. V, 1 aprile 2016, n. 6334 Cass., Sez. VI, 16 luglio 2019, n. 18976 . 2.5 - Nella specie, parte contribuente ha allegato sin dal primo grado di giudizio che il pagamento, intervenuto in corso di causa, è avvenuto non spontaneamente, ma per evitare successivi atti espropriativi in proprio danno, il che non può essere qualificato come comportamento di acquiescenza alla pretesa tributaria. 3 - La sentenza impugnata, nell’avere ritenuto cessata la materia del contendere, non si è, pertanto, attenuta a tali principi e va cassata, con rinvio al giudice a quo per l’esame della controversia, oltre che per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTR della Calabria, in diversa composizione, anche per la regolazione e liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.