Liti fiscali definibili ex art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011

La lite fiscale può essere rottamata ex art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011 qualora il contribuente abbia impugnato la cartella di pagamento notificata senza accertamento.

Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 20058/20 depositata il 24 settembre. Ad un contribuente è stata notificata, senza preventivo accertamento, una cartella ai fini IRAP. Il giudice del gravame, in via preliminare, ha dichiarato non applicabile alla controversia instaurata dal contribuente avverso la citata cartella, la definizione delle cd. liti minori di cui all’articolo 39 comma 12 del d.l. n. 98/2011. Gli Ermellini, con la pronuncia citata , hanno annullato il diniego alla definizione della lite , in accoglimento del ricorso in Cassazione del contribuente, sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. In tema di condono fiscale rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell'art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36- bis del d.P.R. n. 600/1973, che non sia stata preceduta da avviso di accertamento e costituente, quindi, il primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente con le quali si denuncino non già - o non solo - i vizi propri della cartella, ma motivi attinenti alla legittimità della pretesa tributaria, facendo eventualmente valere il diritto alla emendabilità della dichiarazione. Normalmente non sono definibili, ex art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011 , l’avviso di liquidazione e il ruolo, in considerazione della natura di tali atti, non riconducibili alla categoria degli atti impositivi , in quanto finalizzati alla mera liquidazione e riscossione del tributo e degli accessori. Gli avvisi di liquidazione, in particolare, attengono a procedimenti che non prevedono l’autoliquidazione dei tributi. Essi non presuppongono, di norma, operazioni di rettifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti, ma si limitano a trarre le necessarie conseguenze dai dati in esse dichiarati. L’unica eccezione a tale principio si ha qualora uno dei predetti atti assolva anche funzione impositiva”, oltre che di liquidazione e riscossione. In particolare, non sono definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. Non sono definibili le liti aventi ad oggetto i ruoli emessi per imposte e ritenute indicate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta nelle dichiarazioni presentate, ma non versate. Il recupero delle predette imposte non versate non costituisce atto impositivo che presuppone la rettifica della dichiarazione , ma atto di mera riscossione di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione. Il recupero delle imposte non versate non costituisce, infatti, atto impositivo che presuppone la rettifica della dichiarazione, ma atto di mera riscossione di quanto indicato dal contribuente o dal sostituto nella dichiarazione. Peraltro, secondo diverso orientamento, l'impugnazione della cartella di pagamento con cui l'Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente dà origine ad una controversia definibile in forma agevolata, ai sensi dell'art. 16 l. n. 289/2002, in quanto detta cartella di pagamento, essendo l'unico atto portato a conoscenza del contribuente con cui si rende nota la pretesa fiscale e non essendo preceduta da avviso di accertamento, è impugnabile non solo per vizi propri della stessa, ma anche per questioni che attengono direttamente al merito della pretesa fiscale ed ha, quindi, natura di atto impositivo, di talché è di per sé irrilevante la circostanza che la cartella di pagamento contenga la liquidazione di imposte dichiarate e non versate, una volta che, da un lato, si tratti del primo atto con cui l'Amministrazione finanziaria abbia esercitato la propria pretesa nei confronti del contribuente, e, dall'altro, quest'ultimo abbia instaurato una controversia effettiva, facendo valere, nell'impugnare la cartella, il proprio diritto alla emendabilità, in sede contenziosa, della dichiarazione Cass. civ. Sez. V, 27/09/2018, n. 23269 . Qualora uno dei predetti atti assolva, ex art. 19 del d.lgs. n. 546/92, anche alla funzione d’accertamento si pensi all’impugnazione contestuale dell’avviso di accertamento con notifica inesistente e della relativa iscrizione a ruolo a titolo definitivo la lite è definibile . Nell’ipotesi in cui la cartella di pagamento deve essere preceduta dall’avviso di accertamento, la lite è definibile se il contribuente ha proposto ricorso avverso la cartella, eccependo l’invalidità della notifica del relativo atto impositivo e sempre se quest’ultimo non costituisca oggetto di distinto giudizio il contribuente può avvalersi della chiusura qualora abbia impugnato il ruolo sostenendo che non ha ricevuto una valida notifica dell’accertamento e che quindi la cartella è il primo atto attraverso il quale è pervenuto a conoscenza della pretesa impositiva. In buona sostanza, se la cartella di pagamento deve essere necessariamente preceduta dall’avviso di accertamento, la lite è definibile nell’ipotesi in cui il contribuente propone ricorso avverso la cartella, eccependo l’invalidità della notifica del relativo atto impositivo e sempre se quest’ultimo non costituisce oggetto di distinto giudizio il contribuente può avvalersi della chiusura qualora abbia impugnato il ruolo sostenendo di non aver ricevuto una valida notifica dell’accertamento e che quindi la cartella è il primo atto attraverso il quale è pervenuto a conoscenza della pretesa impositiva. Per atto impositivo ” si intende qualsiasi atto o provvedimento che, a prescindere dalla sua denominazione, spieghi efficacia nei confronti del soggetto passivo del tributo accertando o dichiarando il debito di imposta, avendo l’ufficio l’alternativa tra imporre e non imporre. Per decidere sulla riconducibilità di una specifica lite nel novero di quelle definibili non bisogna fermarsi all’individuazione dell’atto impugnato ma occorre aver riguardo alla reale portata giuridica dell’impugnazione ovvero al fatto se l’impugnazione dell’atto abbia condotto o meno anche alla contestazione dei presupposti dell’imposizione valutazione da effettuare caso per caso . Sono escluse dalla chiusura le liti concernenti l’ omesso versamento dei tributi ad esempio, articolo 36- bis del d.P.R. n. 600/1973 , ciò in perfetta armonia con il principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria. Tuttavia, la definizione interessa anche le cartelle di pagamento, emesse ai sensi degli articoli 36- bis e 36- ter del d.P.R. n. 600/1973 e ai sensi dell’articolo 54- bis del d.P.R. n. 633/1972, che assolvono anche a una funzione di provvedimento impositivo si pensi alla riduzione o esclusione di deduzioni o di detrazioni . Oltre al controllo dei versamenti, le disposizioni di cui agli articoli 36- bis e 36-ter del d.P.R. n. 600/1973 e 54- bis del d.P.R. n. 633/1972, disciplinanti la liquidazione e il controllo formale delle dichiarazioni, consentono, nelle ipotesi previste, di procedere alla rettifica delle dichiarazioni e di iscrivere a ruolo le imposte dovute in misura superiore rispetto a quella dichiarata e liquidata dai contribuenti. In tali circostanze il ruolo non è soltanto atto di riscossione , ma assolve anche ad una funzione impositiva”, diversa dal mero recupero di imposte dichiarate e non versate. Si pensi alla riduzione o all’esclusione di deduzioni e detrazioni non spettanti sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti, mediante la procedura di cui agli articoli 36- bis e 36- ter del d.P.R. n. 600/1973, ovvero alle correzioni effettuate ai sensi dell’articolo 54- bis del d.P.R. n. 633/1972. Dal momento che consegue alla rettifica della dichiarazione, tale ruolo non va confuso con l’atto di mera liquidazione dell’imposta dichiarata, liquidata e non versata dal contribuente. Così come per la generalità degli atti impositivi , anche i ruoli in esame che presuppongono una rettifica del dichiarato sono suscettibili, pertanto, di definizione ai sensi dell’articolo 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011. In tema di imposte, in caso di cartella di pagamento emessa ai sensi dell'art. 36- bis del d.P.R. n. 600/1973, l'atto non rappresenta la mera richiesta di pagamento di una somma definita con precedenti atti di accertamento, autonomamente impugnabili e non impugnati, ma riveste anche natura di atto impositivo, trattandosi del primo ed unico atto mediante il quale la pretesa fiscale è esercitata nei confronti del dichiarante, conseguendone la sua impugnabilità, ex art. 19 del d.lgs. n. 546/1992, anche per contestare il merito della pretesa impositiva Cass. civ. Sez. V Ord., 24/10/2019, n. 27271 . Rientra nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell'art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, conv. in l. n. 111/2011, anche la controversia avente ad oggetto l'impugnazione della cartelle emessa in sede di controllo cartolare ex art. 36- bis del d.P.R. n. 600/1973, ove come di regola non preceduta da un atto di accertamento, e, come tale, impugnabile non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva, trattandosi del primo e unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente Cass. civ. Sez. V Ord., 12/12/2018, n. 32132 . L'istanza di definizione della lite pendente, ai sensi dell'art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011, conv. in l. n. 111/2011, è ammissibile anche ove abbia ad oggetto un atto della riscossione, come la cartella di pagamento che, emesso a seguito di controllo automatizzato ed in assenza di previo avviso di accertamento, rappresenta il primo ed unico atto con il quale la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente, mentre detta istanza non è ammissibile se la controversia attiene all'impugnazione di una cartella successiva ad un avviso di accertamento del quale costituisce mero atto esecutivo di una pretesa impositiva ormai definitiva Cass. civ. Sez. V Ord., 08/02/2019, n. 3759 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 17 dicembre 2019 – 24 settembre 2020, n. 20058 Presidente Virgilio – Relatore Succio Fatto e Diritto Rilevato che - con la sentenza di cui sopra il giudice di seconde cure ha rigettato l'appello del contribuente e confermato per l'effetto la sentenza del primo giudice che aveva respinto in parte il ricorso contro la cartella originariamente impugnata per omesso versamento di IRAP, addizionale IRPEF ed IVA anno 2004, accogliendolo solo nella parte relativa all'IRAP la pronuncia della CTR preliminarmente dichiarava non applicabile alla controversia in esame la definizione delle c.d. liti minori di cui all'art. 39 comma 12 d.L. n. 98 del 2011 - tal diniego era stato oggetto di impugnazione unitamente al gravame proposto contro la sentenza della CTP - avverso la sentenza di seconde cure propone ricorso per cassazione il .e contribuente con atto affidato a due motiv', resiste con controricorso l'Amministrazione Finanziaria - con il primo motivo di ricorso il contribuente censura la sentenza impugnata denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 30 comma 12 d.-t. n. 98 del 2011 come convertito in L. 111 del 2011 per avere la CTR erroneamente ritenuto inapplicabile la disciplina condonistica di cui sopra agli atti di liquidazione quindi alla cartella impugnata , in quanto detta disciplina troverebbe applicazione solo per gli atti di accertamento - il motivo è fondato - questa Corte ha già ripetutamente affermato che in tema di condono fiscale, rientrano nel concetto di lite pendente, con possibilità di definizione agevolata ai sensi dell'art. 39, comma 12, del d.l. n. 98 del 2011, conv. in-e. n. 111 del 2011, le controversie relative a cartella esattoriale emessa ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, che non sia stata preceduta da avviso accertamento e costituente, quindi, il primo ed unico atto con cui la pretesa fiscale viene comunicata al contribuente con le quali si denuncino non già - o non solo - vizi propri della cartella, ma motivi attinenti alla legittimità della pretesa tributaria, facendo eventualmente valere il diritto alla emendabilità della dichiarazione Cass. n. 23269 del 2018 n. 32132 del 2018 n. 31049 del 2018, in motivazione in ultimo anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 3759 del 08/02/201910 m. 27271 0 11/ 24 140/201t - il Collegio intende dare continuità a tale orientamento e, pertanto deve dichiararsi illegittimo e caducarsi il diniego di definizione ai sensi del citato art. 39 il secondo motivo, con il quale ci si duole dell'omessa pronuncia ex art. 112 c.p.comma sulla domanda, svolta in via subordinata, diretta a ottenere in caso di conferma della illegittimità della definizione la restituzione della somma versata per l'accesso alla disciplina condonistica, è assorbito nella decisione del precedente mezzo, restando la somma definitivamente appresa dall'Erario quale contropartita prevista dalla legge di condono dell'effetto estintivo delle pretese tributarie azionate con l'atto impugnato - conseguentemente il primo motivo di ricorso merita accoglimento il secondo motivo è assorbito l'impugnato diniego è per l'effetto annullato le spese dei gradi di merito, stante la sussistenza di giuste ragioni, sono compensate le spese del giudizio di Legittimità seguono la soccombenza P.Q.M. accoglie il primo motivo di ricorso dichiara assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata annulla il diniego alla definizione della lite compensa le spese dei gradi del merito condanna l'Agenzia delle Entrate a rifondere alla ricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre a spese forfettarie e ad accessori di legge.