Il verbale di contestazione della Guardia di Finanza è sufficiente per raddoppiare i termini di accertamento

Il termine quadriennale per l'accertamento può essere raddoppiato di altri quattro anni sulla sola base del verbale con il quale la Guardia di Finanza contesta al contribuente una frode fiscale per uso di fatture per operazioni inesistenti. E’ lecito il raddoppio dei termini anche quando la denuncia penale non è presentata oppure è tardiva. Ciò che rileva è che in astratto vi siano le condizioni di punibilità.

Tale assunto è stato statuito dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 30656 del 25 novembre 2019. Vicenda. Il Fisco ha notificato ad un contribuente un atto impositivo fuori termine ovvero due anni più tardi del consentito, invocando le norme sul raddoppio dei termini dal momento che nel verbale della Guardia di Finanza era stata contestata una presunta frode fiscale. I giudici tributari di merito hanno ritenuto tale circostanza del tutto insufficiente per giustificare il raddoppio del termine di accertamento. Pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno accolto il ricorso in cassazione del fisco sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. Ai fini del solo raddoppio dei termini per l'esercizio dell'azione accertatrice rileva l'astratta configurabilità di un'ipotesi di reato e non rileva l'esercizio dell'azione penale da parte del PM, ai sensi dell'art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione. Il giudice del gravame ha commesso un errore nell’escludere il raddoppio di tali termini, senza considerare il contenuto del PVC dal quale emergeva che, sottesa all'accertamento tributario, riprodotto in stralcio all'interno del secondo motivo di ricorso per cassazione ,vi era una contestata operazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti .Il giudice del gravame non ha considerato che detto raddoppio, in relazione all'epoca della notifica dell'accertamento, escludeva la tardività dell'azione accertativa. Gli Ermellini hanno rinviato tutti gli atti al giudice del gravame che dovrà riconsiderare la tempestività dell'accertamento alla luce del fatto che l'ufficio poteva usufruire del raddoppio dei termini in quanto la Guardia di finanza aveva avviato ufficialmente e verbalizzato un'indagine su una presunta frode fiscale. Conclusioni. Il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, d.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 3, d.P.R. n. 633/1972, nei testi applicabili ratione temporis , presuppone unicamente l'obbligo di denuncia penale, ai sensi dell'art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 247/2011 Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 28/06/2019, n. 17586 . Il raddoppio dei termini di accertamento deve ritenersi consentito in presenza di seri indizi di reato che facciano sorgere l'obbligo di presentazione di denuncia penale indipendentemente dall'effettiva presentazione della stessa , in ossequio al principio costituzionale di cui all'art. 53 e 112 Cost., tutte le volte in cui tale raddoppio non incida su diritti fondamentali del contribuente, come il diritto di difesa. In tale contesto, la disposizione di cui all'art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128/2015, va interpretato in maniera costituzionalmente orientata alla luce della suddetta ratio nonché in virtù di una interpretazione piana e lineare della norma, la quale consente il raddoppio del termine ove gli atti recanti la pretesa impositiva siano comunque notificati entro il 31 dicembre 2015 Cass. civ. Sez. V, Ord., 04-04-2019, n. 9440 . Infatti, il raddoppio dei termini previsto dagli artt. 43, comma 3, D.P.R. n. 600/1973 e 57, comma 3, D.P.R. n. 633/1972, nei testi applicabili ratione temporis, presuppone unicamente l'obbligo di denuncia penale, ai sensi dell'art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal d.lgs. n. 74/2000, e non anche la sua effettiva presentazione. In particolare, in relazione agli avvisi di accertamento per i periodi d'imposta precedenti a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, non incidono le modifiche introdotte dalla l. n. 208/2015, il cui art. 1, comma 132, ha introdotto, peraltro, un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell'ambito applicativo del precedente regime transitorio - non oggetto di abrogazione - di cui all'art. 2, comma 3, d.lgs. n. 128/2015, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica né agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015, né agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell'atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015 Cass. civ. Sez. V, Ord., ud. 13/03/2019 04-04-2019, n. 9440 . L'unica condizione per il raddoppio dei termini è costituita dalla sussistenza dell'obbligo di denuncia penale, indipendentemente dal momento in cui tale obbligo sorga ed indipendentemente dal suo adempimento. Il giudice tributario è, dunque, tenuto a controllare, se richiesto con i motivi di impugnazione, la sussistenza dei presupposti dell'obbligo di denuncia, compiendo, al riguardo, una valutazione ora per allora circa la loro ricorrenza ed accertando, quindi, se l'Amministrazione finanziaria abbia agito con imparzialità od abbia, invece, fatto uso pretestuoso e strumentale delle disposizioni denunciate al fine di fruire ingiustificatamente di un più ampio termine di accertamento Cass. civ. Sez. V Ord., 13/02/2019, n. 4205 . Ai fini del solo raddoppio dei termini per l'esercizio dell'azione accertatrice, rileva l'astratta configurabilità di un'ipotesi di reato e non rileva né l'esercizio dell'azione penale da parte del PM, ai sensi dell'art. 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione, né la successiva emanazione di una sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, atteso anche il regime di doppio binario tra giudizio penale e procedimento e processo tributario Cass. civ. Sez. VI - 5 Ord., 29/11/2018, n. 30966 .

Corte di Cassazione, sez. VI Civile T, ordinanza 11 luglio – 25 novembre 2019, numero 30656 Presidente Mocci Relatore Conti Fatti e ragioni della decisione L'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti Ma. Ca. impugnando la sentenza resa dalla CTR Marche indicata in epigrafe. Il giudice di appello nel rigettare l'appello proposto dall'ufficio avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso dei contribuenti contro la pretesa concernente la rideterminazione di IRPEF e altri tributi in relazione a redditi da partecipazione accertati nei confronti della società CMP s.a.s. di Ma. Ma. e c. nel dare atto che era cessata la materia del contendere in ordine alla valutazione di un capannone e che residuava la controversia quanto all'accertamento relativo ai detti tributi per l'anno 2003, precisava che il potere accertativo era stato esercitato nell'anno 2012 oltre il termine di decadenza, non potendo nemmeno il raddoppio dei termini, nel caso in esame peraltro illegittimo, salvare l'atto impugnato . La CTR rigettava pertanto l'appello dell'Agenzia e condannava la stessa al pagamento delle spese del giudizio, liquidandole in Euro 3.000,00. La parte intimata non si è costituita. Con il ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate si profila la violazione dell'articolo 43 D.P.R. numero 600/73, nonché dell'articolo 57 D.P.R. numero 33/1972. La CTR avrebbe erroneamente considerato tardiva la pretesa fiscale, considerando che con il raddoppio dei termini, l'accertamento relativo all'anno 2003, correlato alla dichiarazione dei redditi presentata nell'anno 2004, doveva considerarsi tempestivo in relazione all'originario termine di decadenza di 4 anni decorrente dall'anno successivo di presentazione della dichiarazione, al quale andava sommato il raddoppio dei termini di anni 4. Ragion per cui l'accertamento notificato il 14.12.2012 avrebbe dovuto ritenersi tempestivo. Con il secondo motivo si deduce la nullità della sentenza impugnata che avrebbe escluso la legittimità del raddoppio dei termini con una motivazione inesistente. Con il terzo motivo si deduce la violazione dell'articolo 43 D.P.R. numero 600/73, evidenziando che la CTR avrebbe dovuto riconoscere il raddoppio del termine di decadenza in relazione alla natura fraudolenta dell'operazione sottesa all'emissione di fatture per operazioni inesistenti contestate nel pvc riprodotto in stralcio nella parte relativa alla seconda censura esposta in ricorso. Il secondo motivo di ricorso, che merita un esame prioritario per ragioni di ordine logico è infondato, risultando la sentenza comunque orientata a ritenere l'intervenuta decadenza del potere accertativo non potendosi considerare rilevante, a dire della CTR, il raddoppio dei termini, peraltro illegittimo, in relazione ad una pretesa relativa all'anno 2003 e fatta oggetto di accertamento nell'anno 2012. Sono invece entrambi fondati il primo ed il terzo motivo di ricorso. La CTR, nell'escludere la legittimità del raddoppio dei termini e nel ritenere l'Ufficio decaduto dalla potestà accertativa ha totalmente tralasciato di considerare, per l'un verso che l'anno di imposta al quale si riferiva la pretesa anno 2003 era stato oggetto della dichiarazione dei redditi resa nell'anno successivo e che il termine quadriennale di decadenza ordinario andava conseguentemente a scadere il 31.12.2008. La stessa CTR ha poi errato nel ritenere illegittimo il raddoppio dei termini in relazione a quanto previsto dagli articolo 43, c.3 D.P.R. numero 600/73, 57, c.3 D.P.R. numero 633/72. Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini del solo raddoppio dei termini per l'esercizio dell'azione accertatrice rileva l'astratta configurabilità di un'ipotesi di reato e non rileva né l'esercizio dell'azione penale da parte del p.m., ai sensi dell'articolo 405 c.p.p., mediante la formulazione dell'imputazione Cass. numero 9974/2015 Cass. numero 20043/2015 Cass. nnumero 7805, 9725, 9727, 11181 e 27392 del 2016 . Si è ancora di recente precisato, esaminando il tema della portata dei successivi interventi legislativi di cui al D.Lgs. 128/2015 ed alla I. 208/2015, che In tema di termini per l'accertamento tributario stabiliti dagli articolo 43 del D.P.R. numero 600 del 1973 per le imposte sui redditi e 57 del D.P.R. numero 633 del 1972 per l'IVA a il regime transitorio introdotto dal comma 3 dell'articolo 2 del D.Lgs. numero 128 del 2015 in vigore dal 2 settembre 2015 non è abrogato dal successivo regime transitorio previsto dal comma 132 dell'articolo 1 della legge numero 208 del 2015 in vigore dal 10 gennaio 2016 b il primo regime transitorio D.Lgs. numero 128 del 2015 stabilisce che i commi 1 e 2 dell'articolo 2 del D.Lgs. numero 128 del 2015 non si applicano né in relazione agli avvisi di accertamento, ai provvedimenti che irrogano sanzioni amministrative tributarie ed agli altri atti impugnabili con i quali l'Agenzia delle entrate fa valere una pretesa impositiva o sanzionatoria, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione agli inviti a comparire di cui all'articolo 5 del D.Lgs. numero 218 del 1997, notificati alla data del 2 settembre 2015, né in relazione ai processi verbali di constatazione redatti ai sensi dell'articolo 24 della legge numero 4 del 1929, dei quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza entro il 2 settembre 2015, sempre che i relativi atti recanti la pretesa impositiva o sanzionatoria siano notificati entro il 31 dicembre 2015 e il secondo regime transitorio legge numero 208 del 2015 disciplina diversamente il regime ordinario del raddoppio dei termini di accertamento previsto dai commi 1 e 2 dell'articolo 2 del D.Lgs. numero 128 del 2015, disponendo che i commi 130 e 131 dell'art, i della legge numero 208 del 2015 non si applicano agli avvisi relativi ai periodi d'imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2016 e introducendo per tali periodi d'imposta anteriori una specifica normativa transitoria per le sole ipotesi in cui a detti periodi non sia applicabile il precedente regime transitorio dettato dal D.Lgs. numero 128 del 2015 Cass. numero 26037/2016 -. Orbene, a tali principi non si è affatto uniformato il giudice di appello, allorché ha ritenuto di dovere escludere il raddoppio dei termini senza considerare il contenuto del pvc dal quale emergeva che sottesa all'accertamento tributario vi era una contestata operazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti come emerge dall'accertamento riprodotto in stralcio all'interno del secondo motivo di ricorso per cassazione -, né ha considerato che detto raddoppio, in relazione all'epoca della notifica dell'accertamento 14.12.2012 v. pag.11 del ricorso per cassazione, nel quale è riportato in stralcio il ricorso introduttivo presentato dal Ma. con indicazione della data di notifica dell'accertamento avrebbe dovuto escludere la tardività dell'azione accertativa. Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso dell'Agenzia delle entrate, disatteso il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla CTR Marche che provvederà a liquidare anche le spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il primo ed il terzo motivo del ricorso proposto dall'Agenzia delle entrate, rigetta il secondo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Marche anche per la liquidazione delle spese del giudizio.