Non sussiste l’effetto preclusivo dello scudo fiscale sull'accertamento iniziato prima della presentazione della dichiarazione riservata

Lo scudo fiscale non salva il contribuente dall'accertamento avviato dal Fisco prima della dichiarazione di presentazione delle attività emerse. Tale assunto è stato statuito dalla Corte di cassazione con l'ordinanza n. 28375 del 5 novembre 2019.

Vicenda. Il Fisco ha configurato i versamenti in banca di un contribuente come ricavi in nero detenuti all'estero. Il giudice del gravame ha ritenuto tardiva la dichiarazione di presentazione delle attività emerse ex d.l. n. 78/2009. Il contribuente ha proposto ricorso in Cassazione sostenendo che la decisione di secondo grado aveva in modo errato applicato il d.l. n. 78/2009 infatti , nel caso di specie l'adesione allo scudo fiscale precludeva il potere impositivo dell'amministrazione finanziaria ed inoltre l'inizio delle attività di accertamento amministrativo era comunque successivo alla presentazione della dichiarazione riservata, tramite il conferimento al commercialista incaricato di ricevere il deposito o amministrare le attività rimpatriate e di versare, così, l'imposta straordinaria. Pronuncia. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno precisato che, nel caso concreto, il giudice del gravame, con un apprezzamento di fatto, sindacabile, in sede di legittimità, entro gli stretti limiti dell'art. 360 c.p.c., ha negato il detto effetto preclusivo dello scudo fiscale sull'accertamento tributario, per essere iniziato quest'ultimo prima che venisse presentata la dichiarazione riservata. Nell'affermare detto assunto gli Ermellini ne hanno ribadito un altro per cui, in tema di imposte sui redditi, l'esclusione originaria dei proventi da attività illecite dalla base imponibile ai sensi dell'art. 14, comma 4, l. n. 537/93, ove sottoposti a sequestro o confisca penale, opera a condizione che il provvedimento ablatorio sia intervenuto, al più, entro la fine del periodo di imposta cui il provento si riferisce, e non anche in caso di eventi posteriori alla realizzazione del presupposto impositivo, con i conseguenti obblighi di dichiarazione e di versamento, per i quali si pone solo una questione di diritto al rimborso dell'imposta versata divenuta indebita. Conclusioni. Ai sensi dell'art. 13 bis d.l. n. 78/2009 è stata prevista la possibilità di fare emergere, mediante rimpatrio o regolarizzazione , le attività finanziarie e non finanziarie detenute all'estero in violazione delle norme tributarie, attraverso la presentazione ad un intermediario di una dichiarazione riservata con la quale si procedeva all'emersione degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all'estero da una data non successiva al 31 dicembre 2008 in violazione delle norme sul monitoraggio fiscale, ed al versamento di un'imposta straordinaria. Scudo fiscale. Lo Scudo fiscale rientra nella categoria dei condoni in senso improprio che, a differenza dei condoni propriamente detti, non perseguono le finalità tipiche dell'indulgenza fiscale, ma hanno effetti sostitutivi dei normali parametri di determinazione del debito d'imposta. Si tratta di un condono di tipo premiale nel quale il premio consiste nella preclusione dell'azione di accertamento tributario e contributivo c.d. Scudo e nell'applicazione di un parametro più favorevole di determinazione del tributo. La regolare adesione allo scudo fiscale ter determina l'inibizione dei poteri di accertamento dell'Agenzia delle Entrate in materia tributaria e previdenziale per tutti gli imponibili correlati alle somme o alle attività oggetto della sanatoria per i periodi d'imposta che avevano termine al 31 dicembre 2008. Cass. civ. Sez. V Ord., 31/10/2018, n. 27894 I limiti entro i quali è consentito all'Agenzia delle Entrate operare accertamenti circa le some rimpatriate in Italia mediante adesione allo scudo fiscale risultano individuati dagli artt. 14 e 15, d.l. n. 350/2001, nella parte in cui stabiliscono che il rimpatrio di denaro dall'estero non preclude gli accertamenti tributari e contributivi, a condizione che, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, sia stata già contestata la violazione degli obblighi dichiarativi, ovvero siano già iniziati accessi, ispezioni e verifiche, ovvero altre attività di accertamento tributario e contributivo. Cass. civ. Sez. V Ord., 31/10/2018, n. 27899 . L'adesione al c.d. scudo fiscale ter , previsto e disciplinato dall'art. 13 bis d.l. n. 78/2009, inibisce l'attività di accertamento, anche con riferimento ad annualità precedenti, con l'unica eccezione rappresentata dalla circostanza che una delle violazioni che si intende regolarizzare è già stata constatata, ovvero sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o intraprese altre attività di accertamento tributario formalmente notificati al contribuente. Ne consegue l'illegittimità di un avviso di accertamento notificato al contribuente, che si è avvalso dello scudo fiscale, ancorché lo stesso si riferisca a una annualità precedente all'adesione Cass. civ. Sez. V, 31/10/2018, n. 27893 . In tema di reati tributari, l'adesione alla procedura di rimpatrio dei capitali cd. scudati di cui al d.l. n. 78 del 2009 convertito in L. n. 102 del 2009 , possibile solo in relazione ai procedimenti non iniziati alla data del 3 agosto 2009, determina l'esclusione della punibilità solo con il pagamento dell'imposta e non con la mera dichiarazione riservata, sempre che, alla data di presentazione di tale dichiarazione, le violazioni non siano già state contestate e non siano comunque già iniziate attività di indagine e/o accertamento di cui gli interessati abbiano avuto formale conoscenza Cass. pen. Sez. III Sent., 22/09/2016, n. 55106 . Lo scudo fiscale di cui all'art. 13 del d.l. 1° luglio 2009, n. 78, garantisce l'immunità solo per alcuni reati fiscali, rimanendo per le restanti fattispecie, caratterizzate da condotte che nulla hanno a che fare con il trasferimento e il possesso di capitali all'estero, l'ordinaria rilevanza penale non è, dunque, escluso il sequestro preventivo delle somme scudate qualora si proceda per condotte integranti ipotesi di riciclaggio Cass. pen. Sez. II, 17-11-2015, n. 49191 . L'adesione allo scudo fiscale non determina un'immunità soggettiva relativamente ai reati fiscali nella cui condotta non rilevino i capitali trasferiti e posseduti all'estero e poi rimpatriati in quanto, la causa di non punibilità, prevista dell'art. 13-bis del d.l. n. 78/2009, si riferisce alle sole condotte afferenti i capitali oggetto della procedura di rimpatrio e si applica esclusivamente ai reati tributari di dichiarazione fraudolenta o infedele, al delitto di omessa dichiarazione ed a quello di occultamento o distruzione di scritture contabili. In conclusione, l'esonero dalla punibilità va inteso in termini rigorosamente restrittivi, riferendosi alle sole condotte concernenti i capitali rimpatriati Cass. pen. Sez. III, 06-10-2015, n. 2221 . Ai fini della applicazione della speciale causa di non punibilità introdotta dall'art. 13 bis , d.l. 1 luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 agosto 2009, n. 102, come ulteriormente modificato dal D.L. 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla Legge 3 ottobre 2009, n. 141, relativa al rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute irregolarmente fuori dal territorio dello Stato cosiddetto scudo fiscale , è preciso onere dell'interessato indicare gli specifici elementi e le circostanze dai quali poter desumere che le somme rimpatriate o regolarizzate corrispondono a quelle oggetto della condotta incriminata o comunque hanno attinenza con il reato contestato Cass. pen. Sez. III Sent., 06/10/2015, n. 2221 . In materia di scudo fiscale, la dichiarazione riservata contemplata dall'art. 6, d.l. n. 282 del 2002, consegnata dall'istituto di credito all'interessato, costituisce l'unica modalità per dimostrare il completamento della procedura di rientro. Detta dichiarazione, pertanto, deve ritenersi certificazione del tutto idonea ai fini della prova dell'avvenuto rimpatrio della somma oggetto della procedura anzidetta Cass. civ. Sez. VI 5 Ord., 02/11/2015, n. 22369 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 18 settembre – 5 novembre 2019, n. 28375 Presidente Sorrentino – Relatore Guida Rilevato che M.M. impugnò, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Bergamo, gli avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione IRPEF, per le annualità 2006 e 2007, ai sensi dell'art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, i versamenti compiuti dal contribuente sui propri conti correnti, perché non giustificati o costituenti proventi illeciti derivanti dall'acquisto illecito di materiale ferroso tramite società di capitali a tal fine costituite la CTP di Bergamo, con sentenza n. 2/2/2012, in parziale accoglimento della domanda, dichiarò legittimo l'avviso relativo al 2006 e annullò quello del 2007 avverso tale decisione hanno interposto appello entrambi i contendenti, per la parte di rispettiva soccombenza, e la CTR della Lombardia, sezione staccata di Brescia, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il gravame del contribuente e, per converso, ha accolto l'appello incidentale dell'Agenzia, dichiarando legittimi i due atti impositivi il giudice d'appello, innanzitutto, ha disatteso la censura del contribuente, per la quale la sua adesione al c.d. scudo fiscale avrebbe impedito l'attività accertatrice dell'erario, sul rilievo che, nel caso concreto non trovava applicazione la preclusione all'accertamento fiscale descritta dall'art. 14, comma 7, del d.l. 25 settembre 2001, n. 350, richiamato dall'art. 13-bis, del d.l. 10 luglio 2009, n. 78, perché l'interessato aveva dato incarico all'intermediario di trasmettere la dichiarazione riservata delle attività emerse in data 30/04/2010, allorché la verifica fiscale era già iniziata e al contribuente era stato notificato l'invito ex art. 32, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 ed era stato consegnato il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza in secondo luogo, non ha ritenuto persuasiva la giustificazione del contribuente, secondo cui il versamento, sul proprio conto corrente, della somma di euro 326.362,25 in data 21/04/2006 non era avvenuto in contanti, ma tramite assegno, a titolo di pagamento di un credito in contenzioso da parte di A. R, Srl nei confronti di A.R. Srl in liquidazione, non trovando tale versamento alcuna corrispondenza nella contabilità della società accipiens infine, ha disatteso la doglianza dell'appellante principale , in merito alla non assoggettabilità a tassazione dei proventi, derivanti da fatti illeciti, sottoposti a sequestro o a confisca penale, rilevando che, secondo l'indirizzo costante della giurisprudenza di legittimità, una simile preclusione è configurabile a condizione che il provvedimento ablatorio rappresentato, nella specie, dalla confisca per equivalente , sia intervenuto nel medesimo periodo d'imposta nel quale è stato realizzato il provento illecito, quale circostanza in concreto non verificatasi, essendo intervenuta la confisca per equivalente nel 2010, in relazione ad avvisi relativi ai periodi d'imposta 2006 e 2007 il contribuente ricorre per la cassazione, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria ex 380-bis. 1., cod. proc. civ., cui l'Agenzia resiste con controricorso Considerato che con il primo motivo del ricorso, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 13-bis, del di. n. 78/2009, si censura la sentenza impugnata per avere negato che l'adesione del ricorrente al c.d. scudo fiscale precludesse il potere impositivo dell'Amministrazione finanziaria, trascurando che l'inizio dell'attività di accertamento amministrativo risalente al 24/03/2010 era successivo alla presentazione della dichiarazione riservata delle attività emerse, ai sensi dell'art. 13-bis, cit., avvenuta il 19/03/2010, tramite il conferimento all'intermediario abilitato dell'incarico di ricevere in deposito o amministrazione le attività rimpatriate e di versare la relativa imposta straordinaria il motivo è infondato l'art. 14, comma 7, del d.l. n. 350/2001, richiamato dall'art. 13-bis, del d.l. n. 78/2009, così dispone 7. Il rimpatrio delle attività non produce gli effetti di cui al presente articolo quando, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, una delle violazioni delle norme indicate al comma 1 è stata già constatata o comunque sono già iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza. Il rimpatrio non produce gli effetti estintivi di cui al comma 1, lettera c , quando per gli illeciti penali ivi indicati è già stato avviato il procedimento penale, di cui gli interessati hanno avuto formale conoscenza. in altre parole, l'effetto preclusivo dell'accertamento amministrativo fiscale conseguente al rimpatrio delle attività finanziarie è soggetto alla condizione che quando l'interessato aderisce al c.d. scudo fiscale non sia già in corso una verifica tributaria nel caso concreto, la CTR, con un apprezzamento di fatto - sindacabile, in sede di legittimità, entro gli stretti limiti dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. che, nella specie, sarebbero resi ancor più angusti dalla presenza di una sentenza d'appello, in parte qua doppia conforme rispetto alla pronuncia di primo grado , quale motivo di ricorso per cassazione neppure dedotto dal contribuente - ha negato il detto effetto preclusivo dello scudo fiscale sull'accertamento tributario, per essere iniziato quest'ultimo in data 24/03/2010 con la notifica all'interessato dell'invito ex art. 32, del d.P.R. n. 600/1973 , prima che venisse presentata la dichiarazione riservata ciò che avvenne solo il 30/04/2010 con il secondo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 4, della legge n. 537/1993, 38, comma 3, del d.P.R. n. 600/1973, 2697, 2727, 2729 cod. civ., il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere omesso di esaminare gli ulteriori elementi di fatto diversi da quelli riportati nel PVC della Guardia di Finanza , quali la riferibilità delle movimentazioni finanziarie contestate a operazioni legittime e, in ogni caso, per non avere rilevato l'assenza di elementi di prova idonei a dimostrare la riconducibilità delle somme contestate all'attività asseritamente illecita del contribuente il motivo è inammissibile sotto l'egida della violazione di legge, infatti, in modo non consentito, questa Corte, alla quale è demandato il controllo di legittimità della decisione, è sollecitata a effettuare una ricostruzione dei fatti di causa diversa rispetto a quella compiuta dalla CTR che, come suaccennato, ha disatteso le giustificazioni addotte dal contribuente in merito alle movimentazioni dei suoi conti correnti personali con il terzo motivo, denunciando, in relazione all'art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'art. 14, comma 4, della legge n. 537/93, dell'art. 23, Cost., e dell'art. 1, comma 1, della legge 27 luglio 2000, n. 212, il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere disatteso il suo motivo d'appello concernente la non assoggettabilità a tassazione di proventi, derivanti da fatti illeciti, sottoposti a sequestro o a confisca penale il motivo è infondato si deve richiamare il condivisibile orientamento di legittimità, per il quale, in tema di imposte sui redditi, l'esclusione originaria dei proventi da attività illecite dalla base imponibile ai sensi dell'art. 14, comma 4, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ove sottoposti a sequestro o confisca penale, opera a condizione che il provvedimento ablatorio sia intervenuto, al più, entro la fine del periodo di imposta cui il provento si riferisce, e non anche in. caso di eventi posteriori alla realizzazione del presupposto impositivo, con i conseguenti obblighi di dichiarazione e di versamento, per i quali si pone solo una questione di diritto al rimborso dell'imposta versata divenuta indebita Cass. 20/12/2013, n. 28519 nel caso concreto, la CTR, uniformandosi a questo principio di diritto, ha negato che il provvedimento ablatorio penale confisca per equivalente , adottato nel 2010, potesse rilevare come causa d'esclusione dell'imponibilità in ragione della dirimente circostanza che gli accertamenti fiscali si riferiscono ad annualità pregresse periodi d'imposta 2006 e 2007 rispetto a quella in cui è avvenuta la confisca periodo d'imposta 2010 ne consegue il rigetto del ricorso le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza P.Q.M. la Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente a pagare all'Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.800,00, a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13.