Omessa dichiarazione: il contribuente può portare in detrazione il credito fiscale l'anno successivo senza ricorrere all'istanza di rimborso

In caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA è consentita l'iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 d.P.R. n. 633/1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

Se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava, sull'amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili, l'onere della relativa contestazione e della consequenziale prova. Diversamente, se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall'ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell'esistenza delle condizioni. Se il credito può essere utilizzato non sono dovute le sanzioni da omesso versamento ex art. 13 d.lgs. n. 471/1997. Se il credito esiste non hanno ragione di esistere sanzioni e interessi. Gli interessi sul debito tributario, in ipotesi di compensazione con un credito del contribuente , sono dovuti solo fino al momento della nascita di quest’ultimo credito .Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la ordinanza n. 25288/19, depositata il 9 ottobre. La vicenda. Un contribuente ha proposto ricorso contro una cartella di pagamento con la quale è stato chiesto il pagamento di un importo complessivo di € 11.938,27 con riferimento all'annualità 2007, ai fini IRAP, IRPEF ed IVA. Il giudice del gravame, in accoglimento dell’appello del contribuente, ha affermato che il contribuente poteva fare valere in sede di opposizione alla pretesa tributaria il suo credito di imposta risultante dalla sua dichiarazione per il 2006, tardivamente presentata e, quindi, da considerare omessa. Il fisco in sede di ricorso in cassazione ha eccepito che il contribuente avendo omesso la dichiarazione per il 2006 poteva solo chiedere il relativo rimborso con le modalità previste dopo aver versato il dovuto. Omessa dichiarazione. Gli Ermellini, con la pronuncia citata, hanno rigettato il ricorso principale del fisco e accolto il ricorso incidentale del contribuente sulla base delle seguenti argomentazioni. In caso di dichiarazione omessa, il contribuente può recuperare il credito d’imposta nella dichiarazione dell’anno successivo. Il contribuente può sia compensare sia riportare a nuovo il credito d'imposta derivante da una dichiarazione omessa, essendo irrilevante, ai fini dell'esistenza del credito, detta omissione dichiarativa, così come l'omessa indicazione nella dichiarazione dell'anno successivo per dimenticanza o per omissione dichiarativa del credito derivante da una dichiarazione regolarmente presentata. In primo luogo, devono essere osservati gli eventuali termini di legge per l'utilizzo del credito così, se si tratta di credito IVA, occorre il rispetto del termine di cui all'art. 19 d.P.R. n. 633/72 per il diritto di detrazione. L'utilizzabilità del credito deve pur sempre essere eccepita rispettando le preclusioni processuali del caso. Il contribuente deve essere in grado di dimostrare l’esistenza contabile del credito es. fatture, registri IVA, liquidazioni periodiche . Conclusioni. In caso di controllo formale, ai sensi degli artt. 54- bis e 60 d.P.R. n. 633/1972 che evidenzia l’omessa presentazione della dichiarazione IVA il contribuente può lo stesso provare con mezzi adeguati l’esistenza di un credito a suo favore. La risoluzione 74/E del 19 aprile 2007 della stessa Agenzia delle Entrate, ha riconosciuto il diritto del contribuente a computare il credito IVA relativo ad una annualità in cui risulti omessa la dichiarazione finale. Il contribuente, pertanto, può portare in detrazione l’eccedenza d’imposta anche in assenza della dichiarazione annuale finale e fino al secondo anno successivo a quello in cui è sorto il diritto purché essa risulti dalle dichiarazioni periodiche e siano rispettati i requisiti sostanziali per poter fruire della detrazione. La mancata presentazione di una dichiarazione fiscale, costituisce circostanza idonea a rappresentare una di quelle notizie che rilevano come dato storico e fattuale e consentono l’avvio della procedura automatizzata, dovendo il fisco provvedere in sede di controllo sulla base dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni fiscali presentate e di quelli in possesso dell’anagrafe tributaria , che registra appunto la presentazione e, dunque, l’omissione delle dichiarazioni medesime. L’infrazione è da ritenersi emendabile sul piano del rapporto impositivo laddove si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo Cass. n. 3586/16 , in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l’imposta pagata a titolo di rivalsa Cass. n. 25871/15 , sempreché non risulti in concreto impedita la prova dell’adempimento dei requisiti sostanziali Cass. n. 4612/16 . Giova evidenziare, del resto, che se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava sull’Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova mentre, se a tali obblighi non si attiene, spetta al contribuente fornire adeguata prova dell’esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l’insorgenza del diritto alla detrazione, dimostrando che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell’IVA e titolare del diritto di detrarre l’imposta Cass. n. 7576 del 2015 . Si tratta di circostanze che restano riservate a quell’accertamento in fatto da parte del giudice di merito Cass. n. 5072 del 2015 , che è da compiersi con la latitudine suggerita, in tesi generale, dalla stessa Corte di giustizia v. in causa C-85/95, Reisdorf Pertanto, ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito. Ai fini della detraibilità occorre la effettività degli acquisti da un soggetto passivo e l’utilizzazione di detti beni per finalità proprie operazioni imponibili . Altro è la violazione formale dell’omessa dichiarazione Iva che però non implica l’impossibilità di detrazione nel caso in cui vi siano altre prove a sostegno. Il giudice tributario dovrà pertanto riconoscere il credito Iva se il contribuente dimostra che sostanzialmente ha diritto alla detrazione in tali casi il fisco potrà provvedere alla correzione del credito anche mediante controllo automatizzato. In tali ipotesi omessa dichiarazione annuale il controllo automatizzato è comunque legittimo pertanto l’Ufficio può procedere all’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta ed emettere la conseguente cartella di pagamento. Tale controllo automatizzato non attiene alla sostanza e non ha carattere valutativo, ma rappresenta lo strumento mediante il quale si riscontra la correttezza dei dati dichiarati in raffronto con quelli già presenti nell’anagrafe tributaria. Ed ancora, la legittimità di tale controllo deriva dal fatto che in ogni caso al contribuente è garantita la possibilità di dimostrare in altro modo il proprio credito. Occorre consentire al contribuente di dimostrare l’esistenza del credito Iva non dichiarato attraverso altre prove e idonea documentazione fatture, registri IVA . Dai principi comunitari si evince che ai fini della detraibilità occorra la effettività degli acquisti da un soggetto passivo e l’utilizzazione di detti beni per finalità proprie operazioni imponibili .L’intervenuta decadenza dei termini per l’azione accertatrice determina la preclusione per l’Amministrazione finanziaria allo svolgimento di attività di accertamento di un credito fiscale, a proprio favore, maggiore di quello risultante dalla dichiarazione non determina, invece, alcuna preclusione alla facoltà della Amministrazione di contestare la sussistenza di un proprio debito qualora sia destinataria di una richiesta di rimborso di un presunto credito di imposta. È legittimo per l’Erario che decade dall’accertamento contestare un proprio debito se è destinatario di una richiesta di rimborso di un presunto credito di imposta. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 10479 del 20 maggio 2016 .

Corte di Cassazione, sez. V Civile, ordinanza 23 maggio – 9 ottobre 2019, numero 25288 Presidente Chindemi – Relatore Cavallari Svolgimento del processo C.P. ha proposto ricorso contro la cartella di pagamento numero 01720100020574356 con la quale le era stato chiesto il pagamento di un importo complessivo di € 11.938,27 con riferimento all'annualità 2007, di cui € 192,00 per IRAP, € 7.681,00 per IRPEF ed € 727,00 per IVA. La CTP di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza numero 78/01/2013, ha respinto il ricorso. C.P. ha appellato la decisione. La CTR di Napoli, nel contraddittorio delle parti, con sentenza numero 4554/17/14, ha in parte accolto l'appello. L'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo. C.P. ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale fondato su un motivo. La sola C.P. ha depositato memoria ex articolo 380 bis 1 c.p.c. Motivi della decisione 1. Con un unico motivo l'Agenzia delle Entrate lamenta la violazione e falsa applicazione degli articoli 2, comma 7, del d.P.R. numero 322 del 1998, 30, 54 bis e 55 del d.P.R. numero 602 del 1973, 36 bis e 38 del d.P.R. numero 600 del 1973 poiché la sentenza gravata avrebbe errato nell'affermare che la contribuente poteva fare valere in sede di opposizione alla pretesa tributaria il suo credito di imposta risultante dalla sua dichiarazione per il 2006, tardivamente presentata e, quindi, da considerare omessa. La doglianza è infondata. Nella specie, C.P. sostiene che dalla sua dichiarazione per i redditi del 2006 emergeva un suo credito complessivo di € 7.982,00 per IRPEF, IVA ed IRAP e che, non essendo stata detta dichiarazione presentata nei tempi di legge detto credito era stato portato in detrazione nella dichiarazione del 2008 per l'anno 2007. L'Agenzia delle Entrate, peraltro, non ha riconosciuto il credito della contribuente, sostenendo che essa, avendo comunque omesso la dichiarazione per il 2006, avrebbe dovuto chiedere il relativo rimborso con le modalità previste, dopo avere versato il dovuto. Il motivo va respinto. In tema di IVA, si è affermato che la neutralità dell'imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l'eccedenza d'imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d'impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili Cass., SU, numero 17757 dell'8 settembre 2016 . Inoltre, si è precisato che In caso dì omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA, è consentita l'Iscrizione a ruolo dell'imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento, potendo il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi nonché da atti di indagine diversi dal mero raffronto con dati ed elementi dell'anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. numero 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio di impugnazione della cartella, l'eventuale dimostrazione, a cura del contribuente, che la deduzione d'imposta, eseguita entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d'imposta, assoggettati ad IVA e finalizzati ad operazioni imponibili Cass., SU, numero 17758 dell'8 settembre 2016 . Infatti, deve ritenersi che, in presenza di una violazione formale - intesa come inadempimento di un obbligo distinto dalle condizioni essenziali previste dalle direttive IVA per l'esercizio della detrazione - la questione da risolvere è esclusivamente di natura probatoria. L'infrazione è da ritenersi emendabile sul piano del rapporto impositivo laddove si disponga ugualmente delle informazioni necessarie per dimostrare che il soggetto passivo Cass., Sez. 5, numero 3586 del 2016 , in quanto acquirente, ha il diritto di recuperare l'imposta pagata a titolo di rivalsa Cass., Sez. 5, numero 25871 del 2015 , sempreché non risulti in concreto impedita la prova dell'adempimento dei requisiti sostanziali Cass., Sez.5, numero 4612 del 2016 . Sulla scorta di tali conclusioni generali, si è affermato nella giurisprudenza di legittimità che, se il contribuente si attiene agli obblighi formali-contabili prescritti dalla normativa interna grava, sull'Amministrazione fiscale che intenda disconoscere il diritto a detrazione negando la corrispondenza della realtà effettuale a quella rappresentata nelle scritture contabili l’onere della relativa contestazione e della consequenziale prova. Diversamente, se il contribuente non si attiene alle prescrizioni formali e contabili disciplinate dall'ordinamento interno, è onere dello stesso, a fronte della contestazione di omissioni o irregolarità, fornire adeguata prova dell'esistenza delle condizioni sostanziali cui la normativa comunitaria ricollega l'insorgenza del diritto alla detrazione Cass., Sez.5, numero 11168 del 2014 Cass., Sez. 5, numero 18924 del 2015 . Il contribuente, quindi, deve dimostrare che, in quanto destinatario di transazioni commerciali, è debitore dell'IVA e titolare del diritto di detrarre l'imposta Cass., Sez. 5, numero 7576 del 2015 . Il relativo accertamento è riservato, però, al giudice di merito Cass., Sez. 5, numero 5072 del 2015 . Queste considerazioni, che riguardano l'IVA, possono essere estese pure all'IRPEF ed all'IRAP. Le Sezioni Unite di questa Corte Cass., SU, numero 13378 del 30 giugno 2016 hanno affermato che In caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui all'art. 43 del d.P.R. numero 600 del 1973 se diretta ad evitare un danno per la P.A. art. 2, comma 8, del d.P.R. numero 322 del 1998 , mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d'imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell'Amministrazione finanziaria . La giurisprudenza pone in evidenza che la dichiarazione dei redditi, nei limiti in cui costituisca dichiarazione di scienza, non è un elemento intangibile ma, di fronte alle richieste del Fisco, è suscettibile di emenda e ritrattazione, così da influire sulla pretesa dell'erario. L'emendabilità degli errori di fatto o di diritto, anche omissivi e pure non meramente materiali o di calcolo, commessi dal contribuente nelle dichiarazioni fiscale come gli errori di calcolo o liquidazione degli importi dei componenti positivi e negativi del reddito, l'inesatta qualificazione giuridica dei componenti di reddito, l'errata collocazione delle singole poste nelle voci del modello di dichiarazione ecc. , laddove da essi possano derivare oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli imposti dalla legge, rappresenta l'espressione di un principio generale del sistema tributario, ispirato all'articolo 53 Cost. Cass. numero 11396 del 2015 . Ciò non solo nei limiti temporali in cui la legge prevede il diritto al rimborso, ai sensi dell'articolo 38 del d.P.R. numero 602 del 1973, ovvero la dichiarazione integrativa nel termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d'imposta successivo, ex articolo 2, comma 8-bis, del d.P.R. numero 322 del 1998, ma, altresì, in sede contenziosa, per opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria Cass. numero 3574 del 2014 , fatti salvi i limiti temporali derivanti dall'esaurimento della fattispecie per trascorrere del tempo, o dal sopravvenire di decadenze Cass., Sez. 5, 27562 del 2018, non massimata . Tale possibilità per il contribuente è stata pacificamente riconosciuta anche nei casi di diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, quando l'opposizione miri a limitare o contrastare la pretesa fiscale che si sia tradotta nell'emissione di una cartella esattoriale o di altro atto impositivo, ma non per introdurre una nuova e contrapposta richiesta di rimborso ovvero per far valere un credito da parte del contribuente Cass. numero 21730 del 20 settembre 2017 Cass. numero 21242 del 13 settembre 2017 . Infatti, dinanzi alla posizione del contribuente quale titolare di diritti soggettivi perfetti derivanti dalla legge nazionale e dal diritto dell'UE, è il processo tributario il contesto privilegiato nel quale l'esigenza della giusta imposizione trova la sua armonica realizzazione a prescindere da moduli procedimentali diretti a garantire ed agevolare l'azione amministrativa. Questa conclusione è rafforzata dal fatto che la giurisdizione sul rapporto fiscale è piena ed esclusiva Cass., SU, numero 6315 del 2009 , trattandosi di un giudizio di impugnazione-merito Cass. Sez.5, numero 21759 del 2011 , dai principi costituzionali di capacità contributiva e legislativi di collaborazione e buona fede nei rapporti tra contribuente e fisco, nonché dai principi eurounitari sulla primazia dei requisiti sostanziali dei diritto di deduzione e della neutralità fiscale. Si tratta, in sostanza, di porre rimedio a errori e omissioni del contribuente, in presenza di situazioni legali e veritiere, in via di eccezione direttamente nel processo tributario in sede di impugnazione dell'atto di controllo formale dell'Amministrazione finanziaria, così come pure il fisco può contestare in giudizio l'esistenza di un credito anche laddove siano decorsi i termini per l'accertamento Cass., SU, numero 5069 del 2016 . L'Agenzia delle Entrate afferma nel suo ricorso che la contribuente non avrebbe dimostrato la sussistenza del suo credito. Tale doglianza è, però, inammissibile per difetto di specificità poiché parte ricorrente non ha indicato, a fronte dell'affermazione, contenuta nella sentenza di appello, della non contestazione del credito in esame, in quale grado ed atto del giudizio avrebbe sollevato la relativa censura. 2. Deve essere esaminato, quindi, il ricorso incidentale. Con un unico motivo la contribuente lamenta l'omesso esame di alcune doglianze da essa sollevate in appello, finalizzate ad ottenere l'annullamento dell'atto impositivo e del ruolo. Tale doglianza, prospettata ex articolo 360, comma 1, numero 5, c.p.c., va intesa come volta a criticare l'omessa motivazione della CTR di Napoli in ordine al non accoglimento dell'appello con riferimento alla richiesta di annullamento dell'atto impositivo e del ruolo. Il motivo è fondato. Al riguardo, si deve precisare che il riconoscimento del diritto della contribuente a vedere scomputato il proprio credito, riconosciuto dalla CTR di Napoli, ha effetto pure sui profili concernenti gli interessi e le sanzioni. Infatti, nell'ipotesi in cui l'Amministrazione finanziaria recuperi, ai sensi degli articoli 36 bis del d.P.R. numero 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. numero 633 del 1972, un credito esposto nella dichiarazione oggetto di liquidazione, maturato in una annualità per la quale la dichiarazione risulti omessa, il contribuente può dimostrare, mediante la produzione di idonea documentazione, l'effettiva esistenza del credito non dichiarato, ed in tale modo viene posto nella medesima condizione in cui si sarebbe trovato salvo sanzioni ed interessi qualora avesse presentato correttamente la dichiarazione, atteso che, da un lato, il suo diritto nasce dalla legge e non dalla dichiarazione e, da un altro, in sede contenziosa, ci si può sempre opporre alla maggiore pretesa tributaria del Fisco, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull'obbligazione tributaria Cass., Sez. 5, numero 31433 del 5 dicembre 2018 . Per l'esattezza, quando, come nella specie, gli interessi sono stati richiesti per il mancato pagamento di una somma con riferimento alla quale la contribuente vanta un credito d'imposta fatto valere in compensazione, il giudice del merito, qualora riconosca la sussistenza del credito de quo, non può limitarsi a questo accertamento, ma deve valutare se l'atto impositivo concerna anche tali interessi. Infatti, per la giurisprudenza di legittimità detto credito assume valore dal momento in cui è sorto e siffatto momento va individuato non nella presentazione della dichiarazione, ma in quello di verificazione dei suoi presupposti. Più precisamente, a norma dell'articolo 1242, comma 1, c.c. la compensazione produce il suo effetto estintivo dal giorno della coesistenza dei due debiti, mentre a questo fine sono indifferenti il momento in cui essi sono sorti Cass., Sez. 3, numero 4983 dell'11 marzo 2004 e la dichiarazione della parte, limitandosi la pronuncia del giudice che accerti detta coesistenza a dare atto dell'avvenuta estinzione dei contrapposti debiti e crediti con effetto ex tunc Cass., Sez. 1, numero 2037 del 5 giugno 1976 . Se ne ricava che gli interessi sul debito tributario, in ipotesi di compensazione con un credito del contribuente, sono dovuti solo fino al momento della nascita di quest'ultimo credito. Analoghe considerazioni vanno svolte quanto alle sanzioni, dovendosi tenere conto che, nel presente giudizio, queste sono state inflitte ex articolo 13 del d.lgs. numero 471 del 1997, disposizione che concerne gli omessi versamenti o le ipotesi nelle quali siano offerti in compensazione crediti inesistenti. C. Pertanto, la CTR di Napoli avrebbe dovuto valutare se, avendo accertato che il credito opposto in compensazione esisteva sin dal 2006, fosse configurabile un omesso versamento, considerato che l'effetto estintivo della compensazione opera retroattivamente. Nella presente controversia, invece, la CTR di Napoli ha del tutto omesso di spiegare il rigetto dell'appello nella parte in cui erano domandati l'annullamento dell'atto impositivo e del ruolo, nonostante al riconoscimento del diritto della contribuente a scomputare il suo credito conseguisse, in linea di principio, il venire meno pure della pretesa del Fisco agli interessi ed alle sanzioni. Ne consegue l'accoglimento del ricorso incidentale. 3. Se ne ricava che il ricorso principale va respinto, mentre quello incidentale è accolto. All'accoglimento del ricorso incidentale consegue la cassazione della decisione della CTR di Napoli. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384 c.p.c., dovendosi accogliere, alla luce dell'esito del ricorso principale e di quello incidentale, l'originario ricorso della contribuente. 4. Le spese dei gradi di merito vanno compensate ex art. 92 c.p.c., in ragione dello sviluppo della vicenda processuale. Le spese di legittimità, invece, seguono la soccombenza in virtù dell'art. 91 c.p.c. e sono liquidate come in dispositivo. Non sussistono, a carico dell'Agenzia delle Entrate, trattandosi di amministrazione statale, le condizioni per dare atto, ai sensi dell'articolo 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1 - quater all'articolo 13 del d.P.R. numero 115 del 2002, dell'obbligo di versamento dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione integralmente rigettata. P.Q.M. - Rigetta il ricorso principale - accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie l'originario ricorso della contribuente - compensa le spese dei gradi di merito - condanna l'Agenzia delle Entrate a rifondere le spese in favore della contribuente, che liquida in € 2.300,00, oltre accessori di legge e spese generali nella misura del 15%.