Sulla validità degli atti sanzionatori tributari firmati digitalmente

La Commissione Tributaria Provinciale di Pescara ha chiarito che, ai sensi dell’art. 2, comma 1 lett. e del d.lgs. n. 217/2017, a partire dal 27 gennaio 2018 è prevista la possibilità di sottoscrivere digitalmente gli atti di natura sanzionatoria tributaria, anche in assenza di decreti attuativi.

Un contribuente impugnava l‘avviso di irrogazione delle sanzioni emesso dall’ufficio di segreteria della sezione distaccata di Pescara della CTR Abruzzo chiedendone l’annullamento poiché esso non risultava sottoscritto. Infatti, a parere del ricorrente, la possibilità di sottoscrivere solo digitalmente l’atto era stata consentita anche per gli atti di natura sanzionatoria tributaria art. 2, comma 1 lett. e , del d.lgs. n. 217/2017 ma tale estensione era subordinata all’emanazione di successivi decreti attuativi, i quali però non erano stati promulgati. Sulla base di ciò il ricorrente rilevava l’inapplicabilità del suddetto art. 2, comma 1 lett. e dunque sosteneva che l’atto impugnato fosse privo di firma e dunque inesistente. La Commissione ritiene che l’atto impugnato è stato correttamente sottoscritto con modalità digitale sulla base dell’art. 2, comma 1 lett. e del d.lgs. n. 217/2017, in vigore dal 27 gennaio 2018, che ha aggiunto il comma 6-bis all’art. 2 del d.lgs. n. 82/2005. Precisano i Giudici che la successiva previsione di decreti attuativi non va ad inficiare l’applicabilità della normativa agli atti tributari emessi dopo la sopradetta data e dunque è valido l’atto sanzionatorio tributario firmato digitalmente. Svolte tali considerazioni, la Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, con la sentenza n. 279 del 20 maggio 2019, rigetta il ricorso della società contribuente. Fonte ilprocessotelematico.it

Commissione Tributaria Provinciale di Pescara, sez. I, sentenza 13 – 20 maggio 2019, n. 279 Presidente e Relatore Perla Fatto Con ricorso inviato in data 31.12.2018 D.R.S. impugnava il suindicato avviso di irrogazione sanzioni, emesso dall'ufficio di segreteria della Sezione distaccata di Pescara della Commissione Tributaria Regionale dell'Abruzzo, in relazione a parziale omesso versamento di contributo unificato dovuto in relazione ad un ricorso in appello, n. 22/18 R.G.A. in particolare l'atto era motivato in base al fatto che nel detto ricorso introduttivo erano contenute distinte richieste di annullamento di atti diversi, un atto di pignoramento e le prodromiche cartelle di pagamento, ed in relazione a queste richieste era dovuto, secondo l'ufficio che aveva emesso l'atto, il contributo unificato richiesto al contribuente. La richiesta di annullamento era formulata in base ai seguenti motivi 1. L'atto non portava alcuna sottoscrizione, in quanto la possibilità di sottoscriverlo solo digitalmente era subordinata, ex art. 2, comma 6-bis D. lgs 82/2005, esteso anche agli atti di natura sanzionatoria tributaria dall'art. 2, comma 1, lett. e d. lgs 13.12.2017 n. 217, in vigore dal 27.1.2018, alla successiva emanazione di decreti attuativi, mai promulgati, e di conseguenza l'atto impugnato doveva ritenersi inesistente. 2. L'atto non conteneva alcuna motivazione sufficiente a giustificare la pretesa tributaria, ed anzi la motivazione era del tutto apparente 3. nel merito evidenziava che molti degli atti indicati avevano un ammontare pari a zero e per questi nulla sarebbe stato dovuto quale contributo le tabelle allegate al decreto istitutivo del Contributo unificato infatti non contemplavano alcun pagamento per tale ipotesi. Si costituiva l'ufficio, chiedendo il rigetto del ricorso eccepiva che la normativa richiamata era applicabile dal 27.1.2018 e quindi l'atto era stato correttamente formato, che lo stesso conteneva idonea motivazione e che la pretesa tributaria era del tutto fondata, avendo la parte impugnato espressamente distinti atti tributari, per i quali era dovuto il contributo. Sulla base di tali conclusioni, all'odierna udienza, la parti concludevano poi come da verbale e il Collegio si ritirava in camera di Consiglio per la decisione. Ritiene il Collegio che le eccezioni formali formulate dal difensore della società ricorrente siano del tutto infondate l'atto è stato correttamente sottoscritto digitalmente in base alla normativa applicabile dal 27.1.2018 e la successiva previsione di decreti successivi non incide in alcun modo sulla applicabilità della stessa agli atti tributari emessi successivamente a tale data in ogni caso nessuna violazione o compromissione delle garanzie del contribuente deve ritenersi integrata nel caso in esame, nel quale la riferibilità dell'atto all'autorità fiscale emittente appare del tutto evidente. Alla stessa maniera deve essere rigettato il motivo di ricorso inerente la mancata motivazione dell'atto, chiaramente riferito al ricorso introduttivo e alle domande contenute nello stesso, con riferimento alla normativa in esame la pretesa tributaria era esplicitata con chiarezza nello stesso, e ancor prima nel preliminare invito al pagamento, che conteneva tutti gli elementi necessari per ritenere completa la motivazione dell'atto successivo, ed infatti il contribuente è stato posto in condizioni di difendersi adeguatamente in sede processuale. Deve alla stessa maniera ritenersi infondata la eccezione di merito, relativa alla effettiva debenza del tributo non occorre eccessivo sforzo motivazionale, in base al noto principio ermeneutico per il quale in claris non fit interpretatio per evidenziare che la espressione di cui al decreto istitutivo di cui si è detto, relativa al primo scaglione fino ad Euro 2.582,38 comprenda ogni valore da zero fino a tale cifra, e quindi comprenda anche i ricorsi con valore eventualmente pari a zero, ai quali ha fatto il riferimento il difensore. Va quindi confermata la piena legittimità della richiesta di pagamento contenuta nell'atto impugnato, applicando il disposto normativo sia relativamente alla debenza che alle sanzioni, come per legge. Va quindi rigettato il ricorso, con condanna alle spese, quantificate in Euro 200,00 oltre oneri ed accessori, come per legge. PQM Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, quantificate in Euro 200,00 oltre oneri ed accessori, come per legge.