L’adesione alla rottamazione ter non sospende il procedimento sull’impugnazione della cartella

La sospensione di cui all’art. 6 d.l. n. 19/2018, conv. in l. n. 136/2018, può operare solo con riferimento alle controversie che abbiano ad oggetto atti impositivi.

Il caso. Con l’ordinanza n. 20071/19, depositata il 25 luglio, la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza con cui la CTR accoglieva l’appello di una contribuente che aveva impugnato un avviso di rettifica. Nelle more del procedimento di terze cure, la società contribuente ha depositato istanza di sospensione del giudizio dichiarando di aver aderito alla definizione agevolata della controversia ex art. 6 d.l. n. 19/2018, conv. in l. n. 136/2018, con copia della domanda presentata all’Agenzia e prova del pagamento di quanto dovuto. Rottamazione. La richiesta di sospensione del giudizio non viene accolta dai Supremi Giudici. Richiamando testualmente la norma invocata dalla contribuente, l’ordinanza in commento sottolinea come la sospensione possa operare solo con riferimento alle controversie che abbiano ad oggetto atti impositivi, restando esclusa la possibilità di applicare l’istituto alla controversia in esame che ha ad oggetto una cartella di pagamento con iscrizione a suolo di somme risultanti da una sentenza della CTR nella quale non si fa questione del merito dell’originaria pretesa fiscale. Passando infine all’esame del merito della controversia, la Corte ritiene fondato il ricorso e cassa la sentenza impugnata senza rinvio, decidendo nel merito con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 27 marzo – 24 luglio 2019, n. 20071 Presidente Greco – Relatore Luciotti Fatto e diritto La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1-bis, comma 1, lett. e , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue 1. In controversia avente ad oggetto l’impugnazione di una cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo delle imposte risultanti dalla sentenza n. 118/16/2009 emessa dalla medesima CTR, oltre interessi e sanzioni D.Lgs. n. 471 del 1997, ex artt. 5 e 13, detratto l’importo precedentemente versato dalla. società contribuente, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR ha accolto l’appello proposto da quest’ultima avverso la sfavorevole sentenza di primo grado, sostenendo che la L. n. 193 del 2001, entrata in vigore il 9 giugno 2001, e quindi prima della notifica alla società contribuente dell’avviso di rettifica oggetto del giudizio di cui alla citata sentenza della CTR , aveva abrogato i quattro commi successivi al primo del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, che prevedeva il pagamento di un terzo dell’ammontare accertato dall’ufficio dopo la proposizione del ricorso avverso l’accertamento, con la conseguenza che era inapplicabile la sanzione di cui all’art. 13 cit 2. Avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui replica con controricorso e memoria soltanto la società contribuente, restando intimata Vagente della riscossione. 2.1. Sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art. 380 bis c.p.c., regolarmente costituito il contraddittorio, questa Corte nell’adunanza del 27/03/2019 ha deciso il ricorso. Successivamente, nelle more della pubblicazione dell’ordinanza pronunciata a detta adunanza, la società contribuente ha depositato una prima istanza di sospensione del giudizio dichiarando di aver aderito alla definizione agevolata della controversia ex art. 6 cit., provvedendo al deposito deha copia della domanda avanzata all’Agenzia delle entrate, corredata dalla prova del pagamento di quanto dovuto ed ha chiesto la sospensione del giudizio. Il Collegio, riunitosi nella medesima composizione, nelle camere di consiglio del 12/06/2019 e del 26/06/2019 ha provveduto come da dispositivo. 3. Va preliminarmente rigettata la richiesta di sospensione del giudizio avanzata dalla società contribuente ai sensi del D.L. n. 119 del 2018, art. 6, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 136 del 2018, in data 21/03/2019 e con successiva istanza del 31/05/2019. 3.1. L’art. 6 cit., rubricato Definizione agevolata delle controversie tributarie , al comma 1, prima parte, prevede che Le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia delle entrate, aventi ad oggetto atti impositivi, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, con il pagamento di un importo pari al valore della controversia ed il successivo comma 10 dispone che Le controversie definibili non sono sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere delle disposizioni del presente articolo. In tal caso il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019 . 3.2. È, pertanto, evidente, in base al chiaro tenore letterale di tali disposizioni, che la sospensione opera soltanto con riferimento alle controversie che abbiano ad oggetto atti impositivi, restandone, quindi, esclusa la presente controversia che ha ad oggetto un cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo di somme risultanti da una sentenza della Commissione tributaria regionale, in cui non si fa questione del merito della originaria pretesa fiscale. 3.3. Né i termini della questione risultano modificati dalla proposizione, - nelle more della pubblicazione dell’ordinanza pronunciata all’adunanza del 27/03/2019 - di una nuova istanza di sospensione del giudizio. 4. Sempre in via preliminare va esaminata l’eccezione di giudicato interno che la controricorrente sostiene essersi formato con riferimento all’imposta, agli interessi e alla sanzione D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 5, avendo la CTR annullato in toto la cartella di pagamento che recava l’iscrizione a ruolo anche di tali voci. L’eccezione è infondata e va rigettata atteso che la CTR nella sentenza impugnata dà atto che la società appellante lamentava la sola violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 1 e che quello della contestata sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 era l’ unico oggetto della causa e, conseguentemente, applicando il principio giurisprudenziale giusto il quale L’interpretazione del giudicato, sia esso interno od esterno, va effettuata alla stregua non soltanto del dispositivo della sentenza, ma anche della sua motivazione Cass., Sez. 6 - 5, Ordinanza n. 769 dei 16/01/2014 Cass., Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 19252 del 19/07/2018 , la statuizione di annullamento della cartella non può che essere riferita alle sole sanzioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13. Ne consegue, piuttosto, che su tali imposte, interessi e sanzioni D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 5, si è formato il giudicato interno sfavorevole alla società contribuente che non ha impugnato, neanche incidentalmente, il predetto deliberato. 5. Ciò precisato, osserva il Collegio che il motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13 e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 1, è fondato e va accolto alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui In tema di IVA, l’omissione o il ritardo del pagamento dell’imposta in pendenza del giudizio risulta sanzionato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471, art. 13, fino al 9 giugno 2001, momento in cui il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60, comma 2 a 5, che rendevano possibile tale ipotesi dr riscossione, sono stati abrogati dal D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 37, come modificato dal D.Lgs. 27 aprile 2001, n. 193, art. 2. Tale ultima normativa, limitandosi a regolare in modo diverso le sole condizioni per la riscossione dell’imposta richiedendo, in particolare, come nuovo presupposto l’iscrizione a ruolo , non ha modificato la disciplina sanzionatoria né tantomeno previsto un’ipotesi di abolitio criminis e non incide, quindi, sui, comportamenti commessi in precedenza Cass., Sez. 5, Sentenza n. 9540 del 29/04/2011 . In senso analogo si è espressa anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 25754 del 05/12/2014, secondo cui In tema di tributari, connessi all’accertamento ed alla riscossione di un’imposta, può configurarsi un’ abolitio criminis solo quando la stessa venga radicalmente meno e non possa essere più pretesa neppure in riferimento alle annualità pregresse, mentre, qualora la legge istitutiva di un tributo venga abrogata a decorrere da una data, permanendo l’obbligo a carico del contribuente per il periodo anteriore, non sono abrogate le norme sanzionatorie che assistono tale obbligazione tributaria. Ne consegue che l’abrogazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 60, comma 2, n. 1, a far data dal 9 giugno 2001, non ha inciso retroattivamente sulla norma, che continua a regolare, ratione temporis , i rapporti sorti sotto la sua vigenza, né ha comportato alcuna modifica del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, continuando ad essere sanzionate, pur dopo detta abrogazione, le condotte concernenti l’omissione ed il ritardo nei pagamenti delle imposte, secondo i termini e le scadenze previste dalle norme in vigore al tempus commissi delicti . 6. Pertanto, non essendosi la CTR attenuta ai suddetti principi, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, potendo la causa essere decisa nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, con il rigetto dell’originario ricorso della società contribuente che, essendo rimasta soccombente, va condannata al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, con compensazione di quelle dei gradi di merito in ragione dei profili sostanziali della vicenda processuale. P.Q.M. rigetta l’istanza di sospensione avanzata dalla controricorrente, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società contribuente che condanna al pagar, iento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spesi, dei gradi di merito.