ICI/IMU e separazione di fatto

In tema d'imposta comunale sugli immobili, ai fini della spettanza della detrazione prevista per le abitazioni principali, occorre che il contribuente provi che l'abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. A tali fini, pertanto, la separazione di fatto dei coniugi è irrilevante.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 18367/19, depositata il 9 luglio. Il caso. La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 18367 del 09/07/2019, ha chiarito rilevanti profili in tema di ICI/IMU e concetto di abitazione principale in caso di separazione di fatto. Nel caso di specie, a Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in accoglimento dell'appello del Comune, confermava l'avviso di accertamento ICI 2006 a carico della contribuente, reputando insussistenti i presupposti per riconoscere l'agevolazione ICI, a norma dell'articolo , secondo comma, del d.P.R., n. 504/1992, non avendo la contribuente dimostrato di utilizzare l'abitazione sita nel Comune come abitazione principale, qualifica spettante solo all'abitazione goduta a titolo di proprietà o altro diritto reale e utilizzata dai componenti il nucleo familiare come dimora abituale, posto che il nucleo familiare della stessa, costituito solo dal marito risiedeva in altro Comune. La contribuente proponeva quindi ricorso per cassazione, deducendo due motivi di ricorso 1 violazione e/o falsa applicazione dell'articolo comma 2, d.lgs. numero /1992, lamentando che si fosse data per scontata l'irrilevanza della separazione di fatto dei coniugi, in assenza di separazione legale, avendo ella dichiarato di essere separata di fatto dal coniuge e di aver fissato, in solitudine, la propria residenza nell’immobile sito nel Comune opponente. 2 violazione e/o falsa applicazione dell'articolo , comma 2, d.lgs. n. 504/1992 e dell'articolo c.c., laddove il giudice di appello aveva dato, immotivatamente, per scontato che la residenza della famiglia fosse quella anagrafica del marito e non quella anagrafica della moglie. A tal proposito la ricorrente prospettava anche la questione di legittimità costituzionale dell'articolo , comma 2, d.lgs. numero /1992, nel caso in cui fosse considerato non applicabile al caso di coniugi separati di fatto, con abitazioni poste in luoghi diversi. La decisione. Secondo la Suprema Corte i due motivi, vertendo entrambi sulla interpretazione dei concetti di abitazione principale e di dimora abituale, anche in presenza di una separazione di fatto dei coniugi, potevano essere esaminati congiuntamente ed erano infondati. Premesso che l'art. 8, comma 2, d.lgs. 504/92 prescrive che Dalla imposta dovuta per l'unità immobiliare direttamente adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si detraggono, fino alla concorrenza del suo ammontare, lire 180.000 rapportate al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione se l'unità immobiliare è adibita ad abitazione principale da più soggetti passivi la detrazione spetta a ciascuno di essi proporzionalmente alla quota per la quale la destinazione medesima si verifica. Per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente e che l'art. 1, comma 173, lett. b , l. n. 296/2006, con decorrenza dal 1 gennaio 2007, ha previsto che dopo le parole adibita ad abitazione principale del soggetto passivo sono inserite le seguenti , intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, , i Giudici di legittimità, tenuto conto di tali imprescindibili parametri normativi, ribadiscono, come già affermato in altri precedenti, che, in tema d'imposta comunale sugli immobili, ai fini della spettanza della detrazione prevista per le abitazioni principali per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica , occorre che il contribuente provi che l'abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo cfr., Cass. n. 15444 del 21/06/2017 . Rileva inoltre la Corte che le doglianze della ricorrente, che prospettava una separazione di fatto coniugale e rivendicava il proprio diritto di fissare in autonomia la dimora abituale, valevole anche per ottenere l'agevolazione richiesta, erano del resto formulate in termini meramente assertivi e privi di un valido supporto probatorio. E anche l'eccezione di incostituzionalità era formulata in termini generici e non giuridicamente circostanziati con riferimento agli articoli denunciati ed al relativo quesito. Osservazioni. In tali casi, in conclusione, non è il venir meno della convivenza tra i coniugi a consentire l'accesso al trattamento di favore, bensì la necessaria dimostrazione della frattura del rapporto coniugale. In definitiva, la differente dimora/residenza dei coniugi non implica automaticamente che detto distacco sia causato dalla rottura del rapporto familiare, ben potendo derivare da altre cause. La suddetta interpretazione dell'art. 8 cit., caratterizzata dal rigore richiesto per le norme di agevolazione fiscale in ragione della loro natura eccezionale, deve tenere conto che il concetto di abitazione principale richiama quello tradizionale di residenza della famiglia', desumibile dall'art. 144, comma 1, c.c., come inteso nell'elaborazione giurisprudenziale e, dunque, quale luogo di ubicazione della casa coniugale, perché tale luogo individua presuntivamente la residenza di tutti i componenti della famiglia, salvo che tale presunzione sia superata dalla prova che lo spostamento della propria dimora abituale sia stato causato dal verificarsi di una frattura del rapporto di convivenza vedi. Cass., 15/06/2010, n. 14389 . Ne deriva quindi, come detto, che bisogna distinguere l'ipotesi in cui il presupposto di fatto, in relazione al quale valutarsi l'applicabilità del beneficio per la casa principale, sia costituito dalla mera circostanza che due coniugi abbiano la propria abitazione in due differenti immobili, da quella, ben diversa, in cui risulti accertato che il trasferimento della dimora abituale di uno dei coniugi sia avvenuto per la frattura del rapporto di convivenza, cioè di una situazione di fatto consistente nella inconciliabilità della prosecuzione della coesistenza, sotto lo stesso tetto, delle persone legate dal rapporto coniugale, con conseguente superamento della presunzione di coincidenza tra casa coniugale e abitazione principale v. Cass., 17/5/2018, n. 12050 . Nel primo caso, infatti, al fine di impedire che la fittizia assunzione della dimora, o della residenza, in altro luogo da parte di uno dei coniugi crei la possibilità per il medesimo nucleo familiare di godere due volte dei benefici per la abitazione principale, il nucleo familiare resta unico, ed unica, pertanto, dovrà essere anche l'abitazione principale ad esso riferibile. Nel secondo caso, invece, la frattura del rapporto di convivenza tra i coniugi, può comportare una disgregazione del nucleo familiare e, conseguentemente, l'abitazione principale non potrà essere più identificata con la casa coniugale. L’effettivo distacco dal nucleo familiare, per effetto di una rottura del rapporto di convivenza, desumibile con valore di presunzione legale in caso di separazione legale convalidata dal giudice, deve però essere dimostrato da parte del contribuente in caso di mera separazione di fatto. Prova in sé peraltro abbastanza complicata, dato che la separazione di fatto, è una situazione transeunte, suscettibile di essere revocata in qualsiasi momento dagli stessi coniugi e che, ex art. 144 c.c., i coniugi sono tenuti alla coabitazione fino alla separazione legale , Il tema dell’abitazione principale, in generale, è comunque sempre stato argomento molto controverso. Ancora la Cassazione vedi Sent. n. 8627 del 28/03/2019 aveva del resto anche affermato che, ai fini dell’agevolazione ICI per abitazione principale, le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo, e più precisamente di presunzione legale relativa, ammettendosi pertanto la prova contraria.

Corte di Cassazione, sez. V Civile, sentenza 6 marzo 9 luglio 2019, n. 18367 Presidente Zoso Relatore Taddei Rilevato che Con la sentenza n. 1454/22/14 del 03 luglio 2014 la Commissione Tributaria Regionale del Veneto, in accoglimento dell'appello del Comune di Borca di Cadore ed in riforma della sentenza numero .02. 2013 della CTP di Padova del 21.02.2013, confermava l'avviso di accertamento ICI 2006 del predetto Comune a carico di Ve. Ma La CTR accoglieva l'appello del Comune di Borca di Cadore reputando insussistenti i presupposti per riconoscere alla Ve. l'agevolazione ICI a norma dell'articolo secondo comma D.P.R, numero del 30.12.1992, non avendo la contribuente dimostrato di utilizzare l'abitazione sita in Borea di Cadore come abitazione principale qualifica che spetta solo all'abitazione, goduta a titolo di proprietà o altro diritto reale, utilizzata dai componenti il nucleo familiare come dimora abituale, posto che il nucleo familiare della contribuente, costituito solo dal marito,, risiedeva nel comune di Battaglia Terme e la Ve. non aveva provato che l'intero nucleo familiare abitualmente dimorava in Borea di Cadore. Considerato che Con il ricorso per cassazione la contribuente deduce due motivi di ricorso 1 Violazione e /o falsa applicazione dell'articolo comma 2, del D.Lgs. numero /1992 D.Lgs. e 360 numero c.p.c. .Lamenta la ricorrente che si sia data per scontata l'irrilevanza della separazione di fatto dei coniugi/m assenza di separazione legale, avendo ella dichiarato, al fine della dimostrazione del nucleo familiare residente, di essere separata di fatto dal coniuge e di aver fissato, in solitudine, la propria residenza in Borea di Cadore. 2 Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo comma 2, del D.Lgs. numero /1992, dell'articolo cod.civ. e dell'articolo numero cod.proc.civ. Lamenta la ricorrente che il giudice di appello abbia dato, immotivatamente, per scontato che la residenza della famiglia sia quella anagrafica del marito e non quella anagrafica della moglie. A tal proposito prospetta la questione di legittimità costituzionale dell'articolo comma 2, del D.Lgs. numero /1992 D.Lgs. che non può essere applicato al caso di coniugi separati di fatto, con abitazioni poste in luoghi diversi. Ciò comporta violazione degli articolo e 53 della Costituzione attesa la palese disparità di trattamento di medesime capacità contributive. La ricorrente ha ribadito i contenuti del ricorso con tempestiva memoria Il Comune non si è costituito. Il P.G. ha concluso come da intestazione Il due motivi possono essere esaminati congiuntamente essendo connessi e vertendo entrambi sulla interpretazione dei concetti di abitazione principale e di dimora abituale anche in presenza di una separazione di fatto dei coniugi. Premesso che l'art. 8, comma 2, D.Lgs. 504/92 prescrive che & lt & gt e che l'art. 1, comma 173, lett. b , della L. n. 296 del 2006, con decorrenza dall'1 gennaio 2007 ha previsto che < < dopo le parole adibita ad abitazione principale del soggetto passivo sono inserite le seguenti , intendendosi per tale, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica, > > ,tenuto conto di tali imprescindibili parametri normativi, questa Corte ha già deciso che & lt Anche l'eccezione di incostituzionalità è formulata in termini generici e non giuridicamente circostanziati con riferimento agli articoli denunciati ed al relativo quesito. Da tanto consegue che il ricorso della contribuente va rigettato. Alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano secondo dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese che liquida in Euro 450,00 oltre rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge. Ai sensi dell'articolo comma 1 quater del D.P.R. numero del 2002, da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.