Necessità delle gravi incongruenze nell’applicazione degli studi di settore

Tra i presupposti per procedere ad accertamenti da studi di settore vi è anche la necessaria presenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili dagli stessi studi. Il principio di proporzionalità opera del resto nel diritto interno anche per le imposte dirette, quale corollario del principio costituzionale di capacità contributiva, richiamando dunque la sussistenza di divergenze significative anche ai fini dell'accertamento delle imposte sui redditi, laddove il requisito delle gravi incongruenze è comunque tuttora richiesto in base all'art. 62-sexies, comma 3, d.l. n. 331/1993.

Le significative divergenze non possono essere peraltro ricavate da precise soglie quantitative fisse di scostamento, ma comportano una valutazione multifattoriale”, relativa alla situazione economica e storia commerciale del contribuente, e alla situazione del mercato e del settore di operatività, non disgiunta da opportuni termini di raffronto. Il caso. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 16259 del 18/06/2019, ha chiarito alcuni rilevanti profili in tema di studi di settore e concetto di gravi incongruenze ai fini della loro concreta applicabilità. Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate ricorreva avverso la sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva confermato la pronuncia del giudice di primo grado, avente ad oggetto la rideterminazione del reddito d'impresa accertato nei confronti di una società, per gli esercizi relativi agli anni 2004-2005-2006. In particolare, per quanto di interesse, la CTR aveva fondato la proprio pronuncia sui seguenti presupposti a l'art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600/73, attribuisce, per la rettifica del reddito da parte dell'Ufficio , preminente rilievo ai dati indicati nelle dichiarazioni rese dal contribuente, che vanno comparati con altri elementi con essi contrastanti, desumibili anche dalle presunzioni di cui all'art. 2729 c.c., dotate dei requisiti della gravità, precisione e concordanza b la quantificazione analitica dei maggiori ricavi accertati non può avere come presupposto il semplice scostamento tra quanto dichiarato dal contribuente e le risultanze dello studio di settore, atteso che l'accertamento di cui all'art. 39, comma 1, d.P.R. n. 600/73, non può operare in presenza di semplice scostamento, non significativo, tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'applicazione degli studi di settore c l'Ufficio non aveva esplicitato le valutazioni che, a seguito dell'esperito contraddittorio, lo avevano condotto a ritenere attribuibili i maggiori ricavi contestati. Avverso tale sentenza, ricorreva l'Agenzia delle Entrate, deducendo la violazione dell'art. 39, comma 1, lett. d , d.P.R. n. 600/73, e dell'art. 2697 c.c., per avere la CTR errato nel ritenere che l'Ufficio non potesse motivare gli accertamenti in rettifica sulla base di una semplice incongruenza tra ricavi, compensi, corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, considerato, anche, che l'accertamento in questione non era stato basato sullo studio di settore, come erroneamente ritenuto dal giudice d'appello, bensì su presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti. La decisione. Secondo la Suprema Corte, la censura era infondata. Evidenziano infatti i Giudici di legittimità che il thema decidendum consisteva, nel caso di specie, nello stabilire quali fossero i presupposti in presenza dei quali l'Amministrazione era legittimata, ai sensi del predetto art. 39 d.P.R. n. 600/73, ad emettere l'avviso di accertamento in rettifica, ed in particolare, se tra detti presupposti dovesse e potesse essere annoverata una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili dagli studi di settore. La Cassazione sul punto ritiene dunque di condividere e dare continuità ai principi già affermati da una recente pronuncia Cass. n. 8855/19 , secondo la quale, a seguito della sentenza della CGUE/648/2018, è consentito accertare, ai fini IVA, gli effettivi ricavi del contribuente a fronte di gravi incongruenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore. E poiché il principio di proporzionalità, evocato dalla CGUE, opera nel diritto interno anche per le imposte dirette, quale corollario del principio costituzionale di capacità contributiva, e ricorre sostanziale parallelismo accertativo tra imposizione sui redditi e sul valore aggiunto, la sussistenza di divergenze significative, secondo la Corte, caratterizza anche l'applicazione degli studi di settore per l'accertamento delle imposte dirette. Peraltro, aggiunge la Corte, anche, in base alla normativa nazionale sugli studi di settore, il requisito delle gravi incongruenze è tuttora richiesto espressamente, laddove l'art. 62- sexies , comma 3, d.l. n. 331/1993, tuttora vigente, contiene ancora il riferimento alle gravi incongruenze , atteso che menziona espressamente, tra l'altro, non solo la disciplina sull'accertamento delle imposte dirette di cui all'art. 39 d.P.R. 600/1973, ma anche quella relativa all'IVA, di cui all'art. 54 d.P.R. n. 633/1972. Tale conclusione, secondo la Cassazione, era inoltre corroborata dall'art. 10, comma 1, l. n. 146/1998 modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento , che continua a fare riferimento all'art. 62- sexies d.l. n. 331/1993, e quindi, anche, alle gravi incongruenze e dal comma 4- bis del citato art. 10 l. n. 146/1998, che ribadisce l'applicabilità della disciplina di accertamento sia alle imposte dirette che all'IVA. In conclusione, sulla base di tali riferimenti normativi, emergeva che, non essendovi stata abrogazione dell'art. 62- sexies , comma 3, d.l. n. 331/1993, che richiama tuttora le gravi incongruenze , le significative divergenze devono sussistere anche per gli avvisi notificati da 1° gennaio 2007, come era quello in esame, notificato nel 2009. E del resto, sottolinea la Corte, le significative divergenze non possono essere ricavate da precise soglie quantitative fisse di scostamento, ma comportano una valutazione multifattoriale” situazione economica e storia commerciale del contribuente, situazione del mercato e del settore di operatività , non disgiunta da opportuni termini di raffronto vedi anche l’art. 2, comma 1, lett. a , b , d.P.R. n. 570/1996, in tema d'inattendibilità della contabilità per scostamenti superiori al 10% . Osservazioni. Lo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli studi di settore deve in sostanza testimoniare una grave incongruenza, come peraltro espressamente prevista dall'art. 62- sexies d.l. 30 agosto n. 331/93, aggiunto in sede di conversione nel quadro di una lettura costituzionalmente orientata al rispetto del principio della capacità contributiva. La stessa Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5327 del 22/02/2019, aveva già affermato questo principio, evidenziando anche che la procedura di accertamento tributario standardizzato, mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, ai sensi dell'art. 62- bis e segg. del d.l. n. 331/1993, costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standards in sé considerati - meri strumenti di ricostruzione per elaborazione statistica della normale redditività -, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente, che, in tale sede, ha l'onere di provare, senza limitazione alcuna di mezzi e di contenuto, la sussistenza di condizioni che giustificano l'esclusione dell'impresa dall'area dei soggetti cui possono essere applicati gli standards , o la specifica realtà dell'attività economica nel periodo di tempo in esame. La motivazione dell'atto di accertamento, quindi, non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell'applicabilità in concreto dello standard prescelto. Certo, ogni qual volta il contraddittorio sia stato regolarmente attivato e il contribuente abbia omesso di parteciparvi, oppure, anche partecipando, non abbia allegato alcunché per spiegare lo scostamento, la rilevazione dello stesso scostamento assumere la dignità di indizio grave e preciso, idoneo, pur se unico, a supportare la dimostrazione del fatto ancora sconosciuto, ai sensi dell'art. 2729 c.c., non esimendo e non vincolando comunque il giudice da un’analisi dei dati eventualmente emergenti anche nel contenzioso. Il concetto di gravi incongruenze non può in ogni caso essere automaticamente ancorato alla percentuale di scarto, dovendo tale percentuale essere calata nel contesto complessivo della realtà aziendale del soggetto accertato. Gli Indici di affidabilità sintetica. Gli Isa, che sostituiranno ora gli studi di settore, rappresentano una metodologia volta a definire il grado di affidabilità/compliance, o di anomalia, di imprese e professionisti, valutando la loro affidabilità fiscale su una scala da 1 a 10. E riconoscendo, sulla base di questi parametri, alcuni benefici premiali, tra cui, ad esempio, anche la riduzione dei termini per gli accertamenti, o rimborsi fiscali erogati in via prioritaria. Già da tempo, del resto, si parlava di abolire gli studi di settore, in quanto mezzo non idoneo a rilevare la realtà economica delle imprese, soprattutto in tempi di crisi. Se pure è vero che anche il calcolo degli indici di affidabilità si basa su un metodo statistico-economico, mentre però gli studi di settore si basavano su un calcolo statistico uguale per tutte le attività rientranti nello stesso cluster, gli Isa prevedono ora un calcolo basato su specifici indicatori per ogni attività individuata, a loro volta differenziati in indicatori elementari di affidabilità e indicatori elementari di anomalia. Ad indici bassi corrisponderà dunque una bassa affidabilità fiscale del soggetto, mentre più alto è il valore e più alta sarà l’attendibilità fiscale del soggetto. Una delle più importanti novità rispetto agli studi di settore è poi che nel calcolo viene applicato un modello di regressione che prende in considerazione i dati di 8 anni in tal modo, utilizzando un periodo temporale più ampio per gli studi di settore si misurava solo un anno le informazioni dovrebbero essere più accurate. Insomma, senz’altro uno strumento molto più raffinato rispetto agli studi di settore.

Corte di Cassazione, sez. Tributaria, ordinanza 14 febbraio – 20 giugno 2019, n. 16259 Presidente Cirillo – Relatore Perinu Rilevato che l'Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 57/11/12, depositata in data 29/6/2012, con la quale la CTR della Puglia ha confermato la pronuncia del giudice di primo grado avente ad oggetto la rideterminazione del reddito d'impresa accertato nei confronti della Relax S.r.l., per gli esercizi relativi agli anni 2004-2005-2006 in particolare, per quanto di interesse, la CTR ha fondato la pronuncia oggetto di impugnativa sui seguenti presupposti a il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, attribuisce, per la rettifica del reddito da parte dell'Ufficio , preminente rilievo ai dati indicati nelle dichiarazioni rese dal contribuente, che vanno comparati con altri elementi con essi contrastanti, desumibili anche dalle presunzioni di cui all'art. 2729 c.c., dotate dei requisiti della gravità, precisione e concordanza b la quantificazione analitica dei maggiori ricavi accertati non può avere come presupposto il semplice scostamento tra quanto dichiarato dal contribuente e le risultanze dello studio di settore, atteso che l'accertamento di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, non può operare in presenza di semplice scostamento, non significativo, tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dall'applicazione degli studi di settore c l'Ufficio non avrebbe esplicitato le valutazioni che a seguito dell'esperito contraddittorio lo hanno condotto a ritenere attribuibili i maggiori ricavi contestati avverso tale sentenza, ricorre l'Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico motivo. La Relax S.r.l., ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio. Considerato che 1. con l'unico motivo dedotto viene denunciata in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d , e dell'art. 2697 c.c., per avere la CTR errato nel ritenere che l'Ufficio non possa motivare gli accertamenti in rettifica sulla base di una semplice incongruenza tra ricavi, compensi, corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, considerato, anche, che l'accertamento in questione non è stato basato sullo studio di settore, come erroneamente ritenuto dal giudice d'appello, bensì fondato su presunzioni semplici, gravi, precise e concordanti 2. il motivo è infondato 3. il thema decidendum consiste nello stabilire quali siano i presupposti in presenza dei quali l'amministrazione è legittimata ai sensi del predetto D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ad emettere l'avviso di accertamento in rettifica, ed in particolare, se tra detti presupposti debba essere annoverata una grave incongruenza tra i ricavi dichiarati dal contribuente e quelli desumibili dagli studi di settore 4. sul punto il Collegio ritiene di condividere e dare continuità ai principi affermati da una recente pronuncia di questa Corte Cass. n. 8855/2019 , secondo la quale, a seguito della sentenza della CGUE/648/2018, è consentito accertare, ai fini IVA, gli effettivi ricavi del contribuente a fronte di gravi incongruenze tra i redditi dichiarati ed i redditi stimati sulla base di studi di settore 5. di conseguenza, poichè il principio di proporzionalità, evocato dalla CGUE, opera nel diritto interno anche per le imposte dirette, quale corollario del principio costituzionale di capacità contributiva, e ricorre sostanziale parallelismo accertativo tra imposizione sui redditi e sul valore aggiunto, la sussistenza di divergenze significative caratterizza anche l'applicazione caratterizza anche l'applicazione degli studi di settore per l'accertamento delle imposte 6. peraltro, anche, in base alla normativa nazionale sugli studi di settore, il requisito delle gravi incongruenze è tuttora richiesto espressamente 7. infatti, il D.L. n. 331 del 1993, art. 62, comma 3 sexies, tuttora vigente, contiene ancora il riferimento alle gravi incongruenze , atteso che menziona espressamente, tra l'altro, non solo la disciplina sull'accertamento delle imposte dirette di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, ma anche quella relativa all'IVA, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 8. tale disposizione concernente attività di accertamento nei riguardi dei contribuenti obbligati alla tenuta delle scritture contabili prevede che Gli accertamenti di cui al D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1, lett. d , e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull'esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell'art. 62 bis del presente decreto 9. tale conclusione, è, ulteriormente, corroborata dalla L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1 modalità di utilizzazione degli studi di settore in sede di accertamento che, dopo le modifiche di cui alla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, in vigore dall'1/1/2007, ai sensi della stessa legge, art. 1, comma 24 continua a fare riferimento al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, e quindi, anche, alle gravi incongruenze Gli accertamenti basati sugli studi di settore, di cui al D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, sono effettuati nei confronti dei contribuenti con le modalità di cui al presente articolo, qualora l'ammontare dei ricavi o compensi dichiarati risulta inferiore all'ammontare dei ricavi o compensi determinabili sulla degli studi stessi , e dalla citata L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 4 bis, che ribadisce l'applicabilità della disciplina di accertamento sia alle imposte dirette che all'iva, mediante il richiamo al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d , ed al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 10. sulla base di tali riferimenti normativi, emerge, pertanto, che non essendovi stata abrogazione del D.L. n. 331 del 1993, art. 62 sexies, comma 3, che richiama tuttora le gravi incongruenze , da parte della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 23, che ha modificato la L. n. 146 del 1998, art. 10, comma 1, le significative divergenze devono sussistere anche per gli avvisi notificati da 1 gennaio 2007, come quello che occupa, notificato nel 2009 11. va, infine, rilevato che, le significative divergenze non possono ricavate da precise soglie quantitative fisse di scostamento, ma comportano una valutazione multifattoriale situazione economica e storia commerciale del contribuente, situazione del mercato e del settore di operatività non disgiunta da opportuni termini di raffronto D.P.R. n. 570 del 1996, art. 2, comma 1 - lett. a - b , in tema d'inattendibilità della contabilità per scostamenti superiori al 10% 12. risultano, infine, inammissibili le censure dedotte in riferimento all'art. 2697 c.c., atteso che le stesse chiedono, sostanzialmente, un riesame nel merito della vicenda processuale, ciò che esula dal potere di valutazione del giudice di legittimità che, attiene, invece, al controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, e di verificarne l'attendibilità e la concludenza 13. per quanto precede il ricorso va rigettato, mentre la mancanza di attività defensionale da parte del controinteressato esime il Collegio dal pronunciare sulla regolamentazione delle spese del giudizio. Nulla è dovuto per Ndr testo originale non comprensibile , trattandosi di Ndr testo originale non comprensibile . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso in epigrafe.