Il timbro postale prova il perfezionamento della notifica dell’atto d’appello

Nell’ambito del processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica dell’atto d’appello risulta validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro postale.

Lo ribadisce la Corte di legittimità con ordinanza n. 232/19, depositata l’8 gennaio. Il caso. La Commissione tributaria della Calabria dichiarava inammissibile l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado che aveva annullato il diniego di rimborso IVA alla società contribuente. Il motivo dell’inammissibilità constava nel mancato deposito, entro il termine di legge, della ricevuta di spedizione dell’atto d’appello presso la segreteria della commissione tributaria, non bastando a tal proposito né la costituzione in giudizio dell’appellato, né la produzione dell’avviso di ricevimento dell’atto o della copia fotostatica dell’elenco dei plichi raccomandati consegnati all’ufficio postale. Timbro postale. Esaminando l’appello incidentale proposto dall’Agenzia delle Entrate, la Cassazione ribadisce che nel processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste . La veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro è presidiata dal reato di falso ideologico in atto e si riferisce all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione, non rilevando la mancanza di sottoscrizione. Infatti, qualora la sottoscrizione manchi, la qualificazione di atto pubblico del timbro non verrebbe meno, in quanto resterebbe la possibilità di identificarne la provenienza e, inoltre, la legge non la richiede ad substantiam . Pertanto, essendo la sentenza impugnata difforme agli arresti giurisprudenziali, la Corte accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito quello incidentale, provvedendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - T, ordinanza 24 ottobre 2018 – 8 gennaio 2019, n. 232 Presidente Napolitano – Relatore Esposito Fatto La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 - bis, comma 1, lett. e , convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016, osserva quanto segue La Commissione tributaria della Calabria, con sentenza in data 23 maggio 2017, ha dichiarato inammissibile - con compensazione delle spese processuali - l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la decisione di primo grado che aveva annullato il diniego di rimborso IVA opposto alla Negozio s.r.l. per l’anno 2003, poiché non era stata depositata, entro il termine di legge, la ricevuta di spedizione dell’atto di appello presso la segreteria della commissione tributaria, non potendo tale deposito essere surrogato né dalla costituzione in giudizio dell’appellato, né dalla produzione dell’avviso di ricevimento dell’atto o dalla copia fotostatica dell’elenco dei plichi raccomandati consegnati all’ufficio postale. Avverso la suddetta sentenza la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, con un motivo, limitatamente alla disposta compensazione delle spese del giudizio. L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, affidato ad un motivo. Occorre esaminare con priorità, per ragioni di ordine logico, il ricorso incidentale, con il quale si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53. Il ricorso è fondato. Va ribadito che - Nel processo tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello è validamente fornita dal notificante mediante la produzione dell’elenco delle raccomandate recante il timbro delle poste, poiché la veridicità dell’apposizione della data mediante lo stesso è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, riferendosi all’attestazione di attività compiute da un pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni di ricezione, senza che assuma rilevanza la mancanza di sottoscrizione, che non fa venir meno la qualificazione di atto pubblico del detto timbro, stante la possibilità d’identificarne la provenienza e non essendo la stessa richiesta dalla legge ad substantiam Cass. n. 14163 del 2018 . - Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale Cass. n. 22878 del 2017 . La sentenza impugnata è del tutto difforme dai principi di diritto espressi in tali arresti giurisprudenziali, tenendo conto che l’Agenzia delle entrate appellante aveva depositato le distinte riportanti l’elenco delle raccomandate consegnate per la notifica il 29 ottobre 2015 e il 5 novembre 2015, come attestato da timbro dell’ufficio postale, tra le quali risultano quelle relative all’atto di appello destinato al legale rappresentante e al difensore della società contribuente. L’appello risulta tempestivo, essendo stata la sentenza della commissione tributaria provinciale depositata il 14 luglio 2015. Il ricorso incidentale va dunque accolto. Resta assorbito l’esame del ricorso principale, concernente il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle spese del giudizio di impugnazione. In conclusione, in accoglimento del ricorso incidentale, assorbito il ricorso principale, la sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio al giudice a quo per nuovo esame. P.Q.M. accoglie il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.