Regali di nozze, donazione paterna e risarcimenti assicurativi

I regali di nozze, la donazione paterna e le somme riscosse a titolo di risarcimento assicurativo possono giustificare l'incremento patrimoniale in tema di accertamento sintetico?

L'accertamento sintetico è illegittimo se gli incrementi patrimoniali possono essere giustificati dai regali di nozze, dalla donazione paterna e dalle somme riscosse a titolo di risarcimento assicurativo. Costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta i regali di nozze, la donazione paterna e le somme riscosse a titolo di risarcimento assicurativo risultanti da idonea documentazione. Tale assunto è stato precisato dalla Corte di Cassazione sez. 5 con la ordinanza n. 21783 del 7 settembre 2018. Il caso. Un contribuente, la cui attività consisteva nella compravendita di terreni agricoli e partecipazioni mobiliari, ha assunto, per contrastare l’accertamento sintetico del Fisco che nel corso del periodo che andava dal 2002 al 2005 aveva ricevuto una donazione di euro 88.000 dal padre quale lascito ricevuto a sua volta dalla madre, regali matrimoniali per euro 13.750, risarcimenti assicurativi per euro 6.249, nonché redditi agrari annuali derivanti dalle proprietà agricole per euro 20.000. Il Giudice d'Appello ha ritenuto, quanto alla donazione paterna, che la dichiarazione giurata del padre non aveva alcuna valenza se essa non era provata costituiva in effetti una prova testimoniale, che, per quanto suffragata dal giuramento, non era ammessa nel processo tributario. Per provare la donazione della somma il contribuente avrebbe dovuto quanto meno presentare l'atto pubblico, anche per intendere il periodo nel quale l'atto di liberalità era stato effettuato, se era cioè stato effettuato nell'imminenza degli anni 2002/2005, e così doveva dirsi per i regali matrimoniali. Né poteva costituire fonte di reddito la convivenza nella famiglia di origine, per quanto fosse benestante. Il Giudice del gravame ha, pertanto, confermato l'accertamento sintetico, ai sensi dell'art. 38 d.P.R. n. 600/1973, con il quale era stato determinato ai fini dell'IRPEF un maggior reddito a seguito dell'accertamento di incrementi patrimoniali per l'anno 2002, non suffragati da adeguata dichiarazione dei redditi per quell'anno. La Suprema Corte, con la pronuncia citata, ha ribaltato il verdetto di merito, sulla base delle seguenti articolate argomentazioni. In tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall'art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600/1973, non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ma anche l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. Il Giudice del gravame è incorso in errore, per non aver ammesso alla prova contraria i fatti allegati, già in sede di contraddittorio, con idonea documentazione , ovvero la donazione paterna, i regali di nozze e la somma a titolo di risarcimento proveniente dall'assicurazione. Il Giudice del gravame è incorso in vizio di motivazione per non avere dato adeguata giustificazione, o non aver dato alcuna giustificazione, all'esclusione dalla prova contraria di taluni redditi. Conclusioni. Secondo un preciso orientamento la parte contribuente, seppur non debba dare la prova dell’effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali, deve comunque dare la dimostrazione dell’esistenza di tali redditi oltre che dell’entità degli stessi e della durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta . Si chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi, ovvero che l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione , e, quindi non il loro semplice transito” nella disponibilità del contribuente un tale tipo di prova non può ritenersi particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la durata” di quel possesso. L’esistenza di tali redditi l’entità degli stessi e la durata del loro possesso, costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, Non è sufficiente dimostrare la mera disponibilità di ulteriori redditi o il semplice transito della disponibilità economica, in quanto, pur non essendo esplicitamente richiesta la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, si ritiene che il contribuente sia onerato della prova in merito a circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere Qualora l’Ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, ai sensi dell’art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600/1973, ed il contribuente deduca che tale spesa sia il frutto di liberalità o di altra provenienza, la relativa prova deve essere fornita dal contribuente con la produzione di documenti, dai quali emerga non solo la disponibilità all’interno del nucleo familiare di tali redditi, ma anche l’entità degli stessi e la durata del possesso in capo al contribuente interessato dall’accertamento, pur non essendo onere del contribuente dare la prova rigorosa e puntuale dell’impiego proprio di detti redditi per l’acquisizione degli incrementi patrimoniali, attesa la fungibilità delle diverse fonti di provvista economica. Corte di Cassazione ordinanza del 28 marzo 2018, n. 7757 . Ai fini della prova liberatoria per l’accertamento sintetico non è sufficiente da parte del contribuente la dimostrazione di una mera disponibilità finanziaria pregressa, essendo richiesto, ai fini dell’assolvimento dell’onere probatorio, la prova della durata del possesso in capo al contribuente protratta fino al momento dell’impiego dei proventi. Si pensi alla percezione del mutuo nel luglio 2008 idonea a giustificare gli incrementi e le spese di manutenzione riferibili all’anno 2008 Cass. n. 26333/2017 sez. T. . La prova documentale contraria ammessa per il contribuente non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, ma anche l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso . In virtù di tale principio, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 8043/2017, ha affermato che non è sufficiente, a vincere la presunzione di cui all’art. 38, comma 4, d.P.R. n. 600/1973 nella versione precedente la modifica apportata dal d.l. n. 78/2010 , la dimostrazione, da parte del contribuente, dell’esistenza di redditi derivanti, in ipotesi, dallo smobilizzo di investimenti, ma occorre anche un’indagine al fine di verificare se, sulla base degli elementi sintomatici in atti, i redditi oggetto del disinvestimento siano stati effettivamente utilizzati in funzione del mantenimento del tenore di vita . Si chiede espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere . In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova risultante da idonea documentazione della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della ‘durata’ del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi di tipo quantitativo e temporale la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate ai fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perché in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati . Secondo un diverso orientamento il contribuente può limitarsi a provare di avere avuto la disponibilità di redditi idonei, quali i redditi esenti o sottoposti a tassazione separata, a giustificare le spese accertate Nessun'altra prova deve dare la parte contribuente circa l'effettiva destinazione del reddito esente o sottoposto a tassazione separata agli incrementi patrimoniali se non la dimostrazione dell'esistenza di tali redditi. Cass., sez. V, sentenza n. 6396/2014 .

Corte di Cassazione, sez. V, ordinanza 7 luglio – 7 settembre 2018, n. 21783 Presidente Virgilio – Relatore Greco Fatti di causa M.R. propone ricorso per cassazione con due motivi, illustrati con successiva memoria, nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania che, accogliendo l'appello dell'Agenzia delle entrate, ha confermato l'accertamento sintetico, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, con il quale era stato determinato ai fini dell'IRPEF un maggior reddito a seguito dell'accertamento di incrementi patrimoniali per l'anno 2002, non suffragati da adeguata dichiarazione dei redditi per quell'anno. Il contribuente, la cui attività consisteva nella compravendita di terreni agricoli e partecipazioni mobiliari, assumeva che nel corso del periodo che andava dal 2002 al 2005 aveva ricevuto una donazione di euro 88.000 dal padre quale lascito ricevuto a sua volta dalla madre, regali matrimoniali per euro 13.750, risarcimenti assicurativi per euro 6.249, nonché redditi agrari annuali derivanti dalle proprietà agricole per euro 20.000. Il giudice d'appello ha ritenuto, quanto alla donazione paterna, che la dichiarazione giurata del padre non aveva alcuna valenza se essa non era provata costituiva in effetti una prova testimoniale, che, per quanto suffragata dal giuramento, non era ammessa nel processo tributario. Per provare la donazione della somma il contribuente avrebbe dovuto quanto meno presentare l'atto pubblico, anche per intendere il periodo nel quale l'atto di liberalità era stato effettuato, se era cioè stato effettuato nell'imminenza degli anni 2002/2005, e così doveva dirsi per i regali matrimoniali. Né poteva costituire fonte di reddito la convivenza nella famiglia di origine, per quanto fosse benestante. L'Agenzia delle entrate ha depositato atto di mera costituzione ai fini della partecipazione all'udienza di discussione. Ragioni della decisione Col primo motivo il contribuente denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 38, quinto comma, del d.P.R. n. 600 del 1973 per avere il giudice d'appello dichiarato non ammissibili le prove addotte dal contribuente in sede di contraddittorio, vale a dire la copia dell'estratto conto da cui risultava accreditata dal padre del contribuente, G., la somma di euro 88.000,00 in data 22/04/05, e copia del testamento del nonno paterno per documentare l'articolata vicenda successoria nella quale tale donazione si inseriva l'estratto del conto corrente relativo alle somme accreditate come regali di nozze nel luglio 2004 la quietanza 3 luglio 2003 della R. Bank relativa alla somma derivante da un risarcimento assicurativo. Quanto ai redditi da attività agricola e alla circostanza che egli viveva con il padre benestante, deduceva non poter offrire prova documentale. Col secondo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, dolendosi della mancata o insufficiente motivazione in ordine alla ritenuta inammissibilità della circostanza relativa ai regali matrimoniali, ai redditi derivanti dall'esercizio dell'attività agricola, alla convivenza con la famiglia, alla somma ricevuta a titolo di risarcimento assicurativo. I due motivi del ricorso sono fondati, nei limiti indicati. L'art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, nel testo vigente ratione temporis, stabilisce al quinto comma che qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei quattro precedenti. La presunzione dunque non è assoluta, perché il successivo sesto comma riconosce al contribuente la facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione. Questa Corte ha in proposito più volte affermato come in tema di accertamento delle imposte sui redditi, qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la prova documentale contraria ammessa per il contribuente dall'art. 38, sesto comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella versione vigente ratione temporis , non riguarda la sola disponibilità di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ma anche l'entità di tali redditi e la durata del loro possesso, che costituiscono circostanze sintomatiche del fatto che la spesa contestata sia stata sostenuta proprio con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta Cass. n. 25104 del 2014 si veda anche, con un accento parzialmente diverso, Cass. n. 6396 del 2014 . Il giudice d'appello è quindi incorso negli errori addebitatigli in primo luogo per non aver ammesso alla prova contraria i fatti allegati - già in sede di contraddittorio, come previsto dal sesto comma dell'art. 38 il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento - in relazione ai quali il contribuente offrisse idonea documentazione , categoria cui sono ascrivibili, in astratto, la donazione paterna, i regali di nozze e la somma a titolo di risarcimento proveniente dalla R. Bank, redditi tutti asseritamente risultanti da idonea documentazione. Ed è, in secondo luogo, incorso in vizio di motivazione per non avere dato adeguata giustificazione, o non aver dato alcuna giustificazione, all'esclusione dalla prova contraria di taluni redditi. Il ricorso deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in diversa composizione, perché proceda ad un nuovo esame della controversia. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Campania in differente composizione.