IRAP professionisti: l’elevato valore dei costi sostenuti non è sintomo ex se di autonoma organizzazione

Ai fini IRAP, l'entità elevata dei compensi corrisposti dal professionista a terzi non rappresenta un elemento sufficiente per la debenza dell’imposta da parte del professionista. Il valore dei costi, infatti, non è di per sé indice della sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione, anche nel rapporto percentuale con i ricavi.

Lo ha stabilito la Cassazione ordinanza n. 21762 del 7 settembre 2018 con cui ha accolto il ricorso di un geometra. IRAP professionisti e costi sostenuti. Con le circolari n. 45/2008 e n. 28/2010 è stato evidenziato che l’affidamento a terzi, in modo non occasionale, di incombenze tipiche dell’attività artistica o professionale deve essere valutato positivamente ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione. La giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che agli effetti impositivi IRAP ciò che rileva è la sussistenza di una organizzazione autonoma, restando indifferente il mezzo giuridico col quale quest’ultima è attuata dipendenti ovvero società di servizi e che rende possibile lo svolgimento complesso dell’attività complessa dei professionisti . cfr. Cassazione, sentenza 27 febbraio 2015, n. 4060. Negli stessi termini sentenza 7 maggio 2014, n. 9790 sentenza 12 aprile 2013, n. 8962. In termini, anche le ordinanze 16 luglio 2012, n. 12175 19 giugno 2012, n. 10088 3 aprile 2012, n. 5320 28 dicembre 2011, n. 29128, nonché le sentenze 16 aprile 2007, n. 8971 2 aprile 2007, n. 8166 16 febbraio 2007, n. 3680 . Nella sentenza 15 aprile 2016, n. 7520, la Corte di Cassazione ha censurato la sentenza della CTR per aver omesso di esaminare specificamente, dandone conto in motivazione, la natura dei compensi, di importo non trascurabile, erogati a terzi, al fine di valutarne l'incidenza sull'attività professionale del contribuente, e di verificare se tali costi fossero correlati all'utilizzo, in modo non occasionale, di prestazione lavorativa di terzi, anche in assenza di un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato Cass. 22674/2014 . In particolare, è soggetto ad IRAP il professionista che, per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività, eroga elevati compensi a terzi, a nulla rilevando il mancato impiego da parte del contribuente di personale dipendente . Ciò accade, ad esempio, in presenza di contratto di outsourcing, che impegna le parti a collaborare affinché la clientela percepisca l’attività come organizzazione unitaria fornitrice di più servizi. A tal fine, gli Uffici valorizzano la presenza nei modelli di dichiarazione in particolare, nel quadro RE di spese sostenute per l’erogazione di compensi a terzi, salvo che il relativo importo possa ritenersi del tutto trascurabile. Come già evidenziato con circolare n. 45 del 2008, non rileva invece l’eventuale prestazione fornita da terzi per attività estranee a quelle professionali o artistiche ad esempio, consulenza ed assistenza tributaria ai fini dell’assolvimento degli obblighi fiscali di un artista o di un professionista . Per quanto concerne la valorizzazione da parte degli uffici dei costi sostenuti dal professionista, soprattutto se di importo rilevante, secondo un interessante valutazione della recentissima sentenza della Cassazione 9431/2018 in senso conforme cfr. 4851/2018 e 23557/2016 il valore assoluto dei compensi e dei costi così come il loro reciproco rapporto percentuale non fornisce sempre elementi utili per desumere l’esistenza del presupposto impositivo, posto che i compensi alti possono essere sintomo anche del mero valore ponderale specifico dell’attività professionale si pensi al chirurgo plastico delle dive dello spettacolo ” mentre l’elevato ammontare delle spese può dipendere da costi strettamente collegati all’aspetto personale dell’attività professionale spese alberghiere o di rappresentanza, carburante utilizzato per il veicolo strumentale etc. e costituenti mero elemento passivo per l’esercente l’attività professionale, non funzionali allo sviluppo della produttività e non correlate pertanto all’implementazione dell’aspetto organizzativo, e perciò stesso inidonee a descrivere il modo in cui l’attività è concretamente esercitata”. Il caso concreto. La Cassazione, applicando l’orientamento da ultimo richiamato, ha quindi ribaltato l’esito della CTR Friuli Venezia Giulia che aveva desunto il presupposto dell’autonoma organizzazione esclusivamente dall’entità dei compensi corrisposti a terzi par ad un importo tra i 20 e i 30mila euro nel triennio 2007-2009, preso a base degli avvisi di accertamento. L’entità dei compensi è stata considerata elevata anche in rapporto ai ricavi, di poco eccedenti i cento mila euro nel triennio di riferimento. Nel caso di specie poi i costi sostenuti si riferivano a prestazioni estranee alle competenze professionali del ricorrente ed erano quindi inidonei ad accrescerne la capacità di produrre profitti. Tale acclarata circostanza ha indotto la Cassazione a decidere il ricorso nel merito annullando definitivamente gli avvisi di accertamento impugnati.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – T, ordinanza 22 maggio – 7 settembre 2018, n. 21762 Presidente Cirillo – Relatore Napolitano Ragioni della decisione La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e , dell'art. 1 - bis del D.L. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197/2016, osserva quanto segue Con sentenza n. 185/4/2016, depositata il 25 maggio 2016, non notificata, la CTR del Friuli Venezia Giulia accolse l'appello proposto dall'Agenzia delle Entrate nei confronti del geom. El. Co. avverso la sentenza della CTP di Udine, che aveva invece accolto il ricorso del contribuente avverso avvisi di accertamento per IRAP relativi agli anni 2007, 2008 e 2009. Avverso la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo, ulteriormente illustrato da memoria critica alla proposta del relatore depositata in atti ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c. L'Agenzia delle Entrate ha dichiarato di costituirsi al solo fine di partecipare all'eventuale udienza di discussione. 1. Con l'unico motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 446/1997 e dell'art. 2697 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione, quale presupposto impositivo dell'IRAP, desumendolo in sostanza da un'unica circostanza, l'entità dei compensi corrisposti a terzi per importi compresi nel triennio di riferimento tra i ventimila ed i trentamila Euro annui, anche in rapporto all'entità dei ricavi di poco eccedenti i centomila Euro annui nell'arco temporale di riferimento. 2. Appare al riguardo opportuno premettere che, in tema di giudizio di cassazione, anche dopo le novità introdotte nell'art. 380-bis c.p.c. dal D.L. n. 168 del 2016, conv., con modif., dalla L. n. 197 del 2016, il procedimento può essere definito con rito camerale ove ricorra un'ipotesi diversa da quella opinata nella proposta del relatore, atteso che la detta disposizione stabilisce che la Corte deve rimettere la causa alla pubblica udienza soltanto se ritiene che non ricorrano le ipotesi previste dall'art. 375, comma 1, nn. 1 e 5, c.p.c. cfr. Cass. sez. 6-2, ord. 23 marzo 2017, n. 7605 cfr., già, prima della riforma del 2016, Cass. sez. unite ord. 16 aprile 2009, n. 8999 . 3. Ciò premesso, il motivo è manifestamente fondato in relazione alla denuncia di violazione o falsa applicazione degli artt. 2 e 3 del D.Lgs. n. 446/1997, mentre deve ritenersi infondato nella parte relativa alla denuncia della violazione dell'art. 2697 c.c. in punto di riparto dell'onere della prova sulla sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione, che parte ricorrente cfr., in particolare pag. 4 del ricorso e tale prova non può dirsi raggiunta sembra in effetti, contrariamente ai principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte in materia cfr., per tutti, Cass. sez. unite 10 maggio 2016, n. 9451 , riferire all'Amministrazione, laddove è il contribuente che deve provare l'insussistenza degli elementi che portino invece a configurare detto requisito. 3.1. Peraltro, nella restante parte dell'articolazione del motivo, la doglianza del ricorrente è fondata, atteso che la sentenza impugnata ha dedotto la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione sulla base di un solo elemento, cioè l'entità dei compensi corrisposti a terzi in ciascuno degli anni oggetto di accertamento, riferiti a prestazioni estranee alle competenze professionali del geometra, ritenendo l'entità dei compensi, sia in termini assoluti tra i ventimila ed i trentamila Euro annui sia in rapporto all'entità dei ricavi dell'attività professionale di poco superiore ai centomila Euro per ciascun anno , rappresentativa di per sé del requisito dell'autonoma organizzazione come presupposto dell'imposizione ai fini IRAP. 3.2. In tal modo la sentenza impugnata si è posta, infatti, in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui l'entità anche elevata di compenso corrisposto dal contribuente ad altro professionista non fa scattare automaticamente l'imposizione IRAP cfr. Cass. sez. 6-5, ord. n. 16368/17, Cass. sez. 6-5, ord. 12 ottobre 2016, n. 20610 né è di per sé indice della sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione il valore dei costi, anche nel rapporto percentuale degli stessi con i ricavi cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 1. marzo 2018, n. 4851 e Cass. sez. 6-5, ord. 1. marzo 2018, n. 4783 . 3.3. L'essere poi i compensi oggettivamente riferiti ad attività che vanno oltre le competenze professionali proprie del geometra induce la Corte a ritenere che non necessitino ulteriori accertamenti di fatto ai fini della decisione e che la causa possa essere pertanto decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, comma 2, ultima parte, c.p.c. con l'accoglimento dell'originario ricorso del contribuente. 4. Avuto riguardo all'andamento del giudizio, possono essere compensate tra le parti le spese del doppio grado di merito, ponendosi, secondo soccombenza, a carico dell'Amministrazione le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l'originario ricorso del contribuente. Dichiara compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio di merito e condanna l'Amministrazione resistente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.